Ricerca

costruttoridifuturo

Builders of the future

Categoria

Arte

Robert Mallet – Stevens (1886/1945)


Nipote acquisito dell’abile finanziere belga Adolphe Stoclet, Robert Mallet-Stevens (1886 – 1945), trascorrerà molti soggiorni a Bruxelles nella casa dello zio, il Palais Stoclet, progettato dall’architetto Josef Hoffman (e decorato da Gustav Klimt), figura di spicco della Secessione viennese (https://bit.ly/3nhYEp3) . Una “opera d’arte totale” che condizionerà la formazione giovane architetto Robert.

Al Salon d’Automne del 1912, dove espose i suoi primi progetti (soprattutto arredamenti), ebbe modo di conoscere P. Chareau e altri artisti, animati dallo stesso intento di rinnovamento che porterà alla costituzione nel 1929 dell’Union des Artistes Modernes.

Dopo essersi arruolato nell’aviazione durante la prima guerra mondiale, Robert Mallet-Stevens ha progettato vetrine e negozi per l’industria e il commercio e ha creato numerosi set cinematografici. Nel 1925 progetta diversi padiglioni e allestimenti per l’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi (https://bit.ly/3AFyyiQ), che si distinguono per la loro modernità. Le linee pulite, geometriche, vengono liberate dagli ornamenti, dai decori, la luce viene trattata come materia, allo stesso modo di quelle frutto del progresso tecnologico (ferro, vetro, cemento).

Nel 1924, Robert incontra a Parigi il banchiere Daniel Dreyfus, che desidera realizzare un’operazione immobiliare per costruire un complesso residenziale su un terreno di 3.827 metri quadrati di sua proprietà nel 16° arrondissement, a pochi metri dalla sua residenza privata, situata in rue de l’Assomption.

SOPRA – Immagine tratta da Google Earth

SOPRA – Disegno a mano libera, del lotto, tratto da una planimetria presente sul posto (Dario Sironi, 2007)

Mallet-Stevens progetta quindi un insieme totalmente omogeneo, senza negozi e lontano dal rumore, interamente dedicato all’abitazione e alla calma. Dove possano insediarsi artisti, ricchi borghesi, intellettuali (https://bit.ly/44fraIB). Tutto è pensato dall’architetto, dall’arredo urbano alla decorazione d’interni, riprendendo il concetto di arte totale del Palais Stoclet.

Un complesso residenziale “lavorato” all’interno di un lotto. Un intervento di micro-urbanistica raffinato e coerente con i dettami del nascente Movimento Moderno. (https://www.villegiardini.it/robert-mallet-stevens/)

Vicino a Rue Mallet-Stevens, le Corbusier realizzò, qualche anno prima, nel 1924, la “doppia” villetta Maison La Roche – Jeanneret (8/10 Piazza du Docteur Blanche 75016 Paris); LC costruirà la “sua macchina da abitare”, in maniera ascetica e pauperistica, infischiandosene d’intrattenere un dialogo con il passato. Diverso è il caso di Mallet – Stevens, che con raffinata pazienza instaura un dialogo sapiente con la storia dell’architettura: fatto di dettagli, materiali e forme.

Purtroppo, negli anni Sessanta del Novecento, il complesso realizzato nel 1927, viene manomesso in molte parti (interni, arredo urbano, ecc.), e sopraelevato di 3 piani. Nonostante ciò il complesso consente ancora oggi di apprezzare la maestria e l’abilità architettonica dell’architetto franco-belga.

Dal 1930 Mallet – Stevens fu nel comitato direttivo de L’architecture d’aujourd’hui, la principale rivista d’architettura pubblicata in Francia.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

Segnali dal passato


L’abbazia di Mirasole, sita nel Comune di Opera, fu fondata all’inizio del Duecento dall’ordine degli Umiliati fuori Porta Vigentina. Gli Umiliati furono uno dei molti movimenti spirituali sorti nel Medioevo in contrasto ai costumi rilassati e alla ricchezza diffusa spesso ostentata dal clero, propugnando un ritorno verso una vita più austera, frugale. L’abbazia è uno dei rari casi in Lombardia, di edificio religioso parzialmente fortificato ( https://bit.ly/3L22yf4 ).

Il complesso dell’antica grangia (Comunità agraria fondata su un’organizzazione economica ed amministrativa propria) costituisce uno degli esempi meglio conservati di corte colonica medievale; gli edifici, disposti a quadrilatero difensivo simile ad una cinta murata, erano circondati da un fossato e difesi da una torre munita di ponte levatoio. Due gli ingressi, uno dalla città, l’altro dai campi, immettevano nella corte circondata da abitazioni e laboratori per la lavorazione della lana. Accanto alla corte si trova il chiostro, strutturato su due piani, sul quale si affacciavano altri ambienti di servizio.

Mirasole era anche un luogo di ristoro e meditazione per i pellegrini, provenienti anche da tutta Europa,  collocato come era sui percorsi di devozione afferenti a Roma ed alle aree sacre del sud Italia.

I pellegrini, accolti nella struttura abbaziale, incidevano, nel corso del tempo, le copertine in cotto del chiostro al piano primo, per lasciare tracce del loro passaggio attraverso il Cammino dei Monaci ( https://bit.ly/3JjGjQv ), che è un cammino a tappe di 67 km che va da Milano alla via Francigena passando per il Po.

SITO DELLA IMPRESA SOCIALE MIRASOLE – https://bit.ly/3ygnurc

SOPRA – Immagine tratta da Google Earth

CON IL RISPETTO DEL COPYRIGHT DELLE IMMAGINI SELEZIONATE

Sexy architecture


SOPRA – Sede Mondadori a Tregarezzo di Segrate (Milano) dettaglio

Sexy si riferisce a qualcosa di provocante, di sensuale, di seducente, di erotico, ad un qualcosa che non è necessariamente bello ma che attrae per un determinato aspetto o dettaglio. Spesso per una. concomitanza di fattori difficili da spiegare.

Forme morbide, linee curve e sinuose, rendono sensuale l’architettura. Anche i materiale e l’incidenza luminosa su di essi, contribuisce a titillare l’occhio e la memoria cerebrale. Essi hanno anche una forte valenza tattile, e spesso odorosa, anche se qui a predominare e’ il profumo delicato della Mata Atlantica.

In merito alle curve morbide e libere, ad un’uso “stimolante” dei materiali, viene subito in mente la filosofia progettuale, la poetica, di uno dei più grandi architetti all’avanguardia, il brasiliano oscar Niemeyer.

Oscar Niemeyer, nato a Rio de Janeiro nel 1907 e morto nel 2012 sempre a Rio. E’ vissuto per 105 anni.

“Non è l’angolo retto ciò che mi affascina. Non la linea retta. Dura, inflessibile, creata dall’uomo. Ciò che mi affascina è la curva libera e sensuale. La curva che trovo nelle montagne del mio Paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna. Di curva è fatto tutto l’Universo.”


Le curve morbide e libere sono l’essenza stessa dell’universo in cui viviamo, ed esse sanno creare, suscitare emozioni, nela specie umana. Le opere di Oscar Niemeyer sono di una plasticità unica, con forme sinuose e fluide, a volte in perfetta mimesi e sintonia con il contesto circostante, a volte imposte all’ambiente.

Ciò vale per tutti i suoi edifici, ma in particolar modo per la Casa das Canoas a Rio (sua abitazione nella Mata Atlantica).

Vera e propria forma sensuale, di una “eroticità” quasi biologica, che dialoga con la natura circostante: con le pietre, il fiume, le piante, il paesaggio, il cielo.

I materiali sono “poveri”, semplici, nulla è ricercato, se non le forme. Essi hanno anche una forte valenza tattile, e spesso odorosa, anche se qui a predominare e’ esclusivamente il profumo delicato della Mata Atlantica.

La casa, meravigliosa, è uno spazio per gli “umani”, ritagliato nella potenza selvaggia della foresta equatoriale. E’ come una bella donna nuda e sognante, sdraiata nella Natura.

SOTTO – Casa das Canoas a Rio de Janeiro (Brasile), Oscar Niemeyer, 1951 – 1953

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

La Vittoria alata


La statua della Vittoria Alata, fu ritrovata il 29 luglio 1826, insieme ad altri bronzi, in un’intercapedine del Capitolium di Brixia (Brescia). In origine doveva appoggiare il piede sinistro sull’elmo di Marte, e trattenere con un braccio uno scudo, sul quale aveva inciso il nome del vincitore, offrendolo alla vista di chi guardava.

Il modello scultoreo di riferimento, ampiamente utilizzato in epoca antica, era la Dea Afrodite.

Il recente restauro (all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze) ha consentito di acclarare, con certezza, che è stata realizzata nel I secolo d.C. da un’officina specializzata, probabilmente collocata nell’Italia settentrionale.

La tecnica utilizzata è quella della fusione a cera persa indiretta in più parti( https://bit.ly/3HEXv2P ).

La Vittoria Alata è uno dei pochi bronzi di epoca romana giunti fino ai nostri tempi.

L’allestimento realizzato dall’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg (https://bit.ly/3VKT1M8 ), è a dir poco strepitoso, con una luce che, mediante led ed una lampada a “forma di Luna”, valorizza insieme al rivestimento in mattoni delle pareti, le caratteristiche scultoree dell’opera.

Nel vicino lapidarium del Capitolium, un’opera immersiva dell’artista Emilio Isgrò, una sorprendente installazione luminosa. Le api di Virgilio (2022), riprende il tema della capacità degli insetti di alterare le fattezze degli oggetti su cui si posano. La sala, completamente tappezzata di iscrizioni lapidee, diventa teatro di un evento di metamorfosi. (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Emilio_Isgr%C3%B2)

https://photos.app.goo.gl/jRD3QNiowmVJHxD89

Imprinting


SOPRA – Immagini delle Langhe nei dintorni di Dogliani

SOPRA – Città di Castello e dintorni (immagine dal canale Youtube di Città di Castello)

Attraversare le Langhe, durante i mesi invernali, per andare a vedere una mostra su Alberto Burri, alla Fondazione Ferrero ad Alba ( https://bit.ly/3gcKluK ), fa ben capire l’intimo legame che fa sì, che l’esperienza umana sia intimamente legata alle “forme antropizzate” del Pianeta su cui viviamo.

Trasformando la Natura planetaria, a nostro uso e consumo, inoculiamo in noi stessi, nella nostra specie, un senso paesaggistico, che è parte integrante ed indispensabile della nostra caratteristica di uomini in quanto specie.

Il laureato in medicina, Alberto Burri, nato a Città di Castello, divenuto pittore durante la prigionia negli Stati Uniti ( https://bit.ly/35vnLvc ), condivide con le Langhe le forme ed i colori del paesaggio.

Nei suoi quadri i colori e le forme, sono indubitabilmente condizionate, da questo “imprinting” iniziale, che lega l’Umbria al Basso Piemonte.

Nel 1963, su incarico di Giulio Einaudi (https://bit.ly/3KWlae3), lo Studio A/Z Architetti e Ingegneri di Roma progetta, con la consulenza critica di Bruno Zevi, la biblioteca di Dogliani, dedicata alla memoria di Luigi Einaudi (Presidente della Repubblica tra il 1948 ed il 1955 – https://bit.ly/3uaBIsK). Un prototipo, nelle intenzioni, da moltiplicarsi in centinaia di esemplari, per diffondere capillarmente la cultura nei comuni e nei quartieri urbani. Una delle poche architetture organiche co-firmate da Bruno Zevi (https://bit.ly/3ud0EAa).

Anche la piccola biblioteca di Dogliani, sembra rifarsi ad un rigoroso “senso del paesaggio” : nei piani orizzontali certamente mediati da Wright; ma anche nel suo disporsi a sedime lungo l’alzaia del Torrente Rea; al contempo però è anche evocazione dell’opera di Burri, nei colori, e negli accostamenti materici.

La qualità dei paesaggi, forma gli uomini, li condiziona e li caratterizza per tutta la vita: così come la materia e la poesia di cui sono fatti i luoghi.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

AEROPLANI MARINI


LEGGO – di gente entusiasta per i successi di Luna Rossa ad Auckland. Addirittura c’è chi vorrebbe essere sulla barca italica. Forse però tutto ciò, al di là del TIFO, andrebbe analizzato meglio. I tre challenger hanno mediamente speso circa 100 milioni di euro cadauno, solo per questa fase. Ogni “barca” (forse meglio aeroplano marino) è un condensato di tecnologia e materiali artificiali, NULLA DI NATURALE. Se si dovesse conferire in discarica Luna Rossa, sarebbe un bel rebus su come separare tra loro materiali artificiali accoppiati. Per produrre “simili mostri ipertecnologici”, si è inquinato a destra ed a manca…………..QUESTA NON E’ UNA GARA DI BARCHE A VELA, E’ “ALTRO” – https://www.oasport.it/2021/01/americas-cup-2021-quanto-costano-le-barche-investimenti-milionari-di-ineos-il-budget-piu-alto/ – L’ America’s Cup 2021, è il simbolo di una SOCIETA’ PLANETARIA (E DI UNA ECONOMIA, LA NOSTRA, AMMALATA), che si è “meritata” il Covid-19, spendendo a destra ed a manca senza ritegno. Inquinando come se non ci fosse un domani. Guardando alla PRESTAZIONE, più che alla qualità di quello che si fa, e di come lo si fa. Purtroppo si mitizza e si ADORA, il “Vitello d’oro”………mentre bisognerebbe cambiare totalmente strada DA SUBITO, IMMEDIATAMENTE. Forse era meglio non farla una Coppa America così, almeno quest’anno (Pandemico), e donare il denaro per le vaccinazioni, magari in Africa ! Agli entusiasti della tecnologia esasperata, bisogna ricordare che, oggi anche i satelliti spaziali, li si costruiscono in legno, per renderli ecologici e riciclabili (https://bit.ly/3jO7bdh). Non vedo perchè non lo si possa fare anche con la Coppa America……….

SOPRA – Adorazione del Vitelo d’oro, Nicolas Poussin (1634)

CON IL RISPETTO DEL COPYRIGHT DELLE IMMAGINI SELEZIONATE

DORONA


Altinum (in prossimità dell’attuale Quarto d’Altino), divenne “Municipium” quando raggiunse il suo massimo sviluppo in epoca romana a partire dal II secolo a.C. Il processo di romanizzazione ebbe inizio intorno al 131 a.C., data della costruzione della via Annia. Altinum in epoca romana era una grande e florida città, tra le più importanti dell’impero, con oltre 30.000 abitanti. Si trovava ai margini della laguna veneta, protetta dai fiumi di risorgiva Sile, Zero e Dese, ed era un’importante nodo stradale dell’Impero Romano, poiché costituita sulla Via Annia (131 a.C.), che collegava Adria ad Aquileia passando per Padova, e dalla Via Claudia Augusta (47 d.C.), che arrivava fino al Danubio, passando dall’attuale Augsburg in Germania. Altinum fu anche uno dei più importanti scali dell’Alto Adriatico e la sua fortuna è in gran parte legata alla sua posizione ed alle vie di comunicazione citate, grazie alle quali la città si ingrandì con ville, templi ed edifici pubblici, e divenne “Urbs” già dal I° secolo d.C. Dopo l’editto di Costantino (313 d.C.) che concedeva libertà di culto ai Cristiani, Altino divenne sede vescovile con Eliodoro I, vescovo di Altino fino al 407 d.C. La decadenza della città altinate cominciò con l’invasione barbarica degli Unni di Attila nel 452 d.C., e nel VII secolo i suoi abitanti si trasferirono definitivamente sull’isola di Torcello (anticamente Turricellum, nome dato dagli altinati in ricordo della Turris di Altinum), dove fu trasferita anche la sede vescovile, creando così i presupposti per la nascita di Venezia.

Trasferendosi si portarono dietro anche delle “barbine” di uva ed impiantarono sulle isole alcuni vigneti. Si trattava di vigne di antico Trebbiano e garganega, chiamate “Dorona”. La viticoltura in Laguna esiste dall’alba dei tempi e Piazza San Marco fino al 1100 era un grande giardino con orti, vigneti e frutteti, quello che è noto come brolo. I campi a Venezia si chiamano così perché di fatto erano coltivati, dato che anche le piazze in una città in cui il novanta per cento dello spazio è occupato dall’acqua andavano sfruttate per sfamare il popolo.

L’isola di Mazzorbo, per le sue caratteristiche divenne il luogo ideale per produrre vino bianco fermo. Il vino dei Dogi veneziani, prodotto con un’uva che si era adattata al terreno salino ed al clima insulare della laguna. Il vigneto, da sempre fu gestito in maniera collettiva dalla popolazione.

Un muro ricostruito nel 1727, dai francesi, fu eretto per recingere i “preziosi” 10 mila metri quadrati di terra con 4000 piante d’uva Dorona, una esclusiva ed unica uva autoctona veneziana.

Oggi qui si trova la Tenuta Venissa: una vigna murata aperta al pubblico, dove passeggiare e rilassarsi nella magica atmosfera di questo luogo. La vigna murata del Venissa ospita il vigneto di Dorona di Venezia, un’uva autoctona veneziana, che era quasi scomparsa dopo la grande acqua alta del 1966. Oltre alla vigna si possono visitare gli orti, gestiti da nove pensionati dell’isola, che nei mesi primaverili producono le famose castraure (carciofi) di Mazzorbo. Parte della verdura prodotta negli orti viene utilizzata nel Ristorante Venissa, premiato con la stella Michelin, e nell’Osteria Contemporanea, che propone una cucina più informale. All’Osteria del Venissa è possibile fermarsi anche solo per bere un bicchiere di vino, godendosi la pace di quest’oasi verde nella laguna di Venezia. Sempre all’interno della tenuta, è presente il Venissa Wine Resort, che offre ai propri ospiti cinque eleganti camere, dov’è possibile soggiornare per vivere l’isola nei momenti più tranquilli e romantici: quando i turisti devono ancora arrivare, oppure rientrano in città, nelle isole di Mazzorbo e Burano si vive ancora quell’atmosfera paesana, che contraddistingue la vita dei suoi abitanti.

Al di là del muro, insistono le splendide forme architettoniche, del quartiere di Edilizia Economica Popolare, il cui progetto è degli anni 1980-87, ed è stato elaborato dal gruppo progettazione guidato Giancarlo de Carlo con Alberto Cecchetto, Paolo Marotto, Etra Connie Occhialini, Daniele Pini, Renato Trotta.

De Carlo interviene a Mazzorbo, con un doppio incarico, per il Comune di Venezia, attua la realizzazione del progetto planivolumetrico dell’area, per lo Iacp l’edificazione di 36 alloggi. La particolare delicatezza e singolarità dell’ambiente lagunare richiedono all’architetto specifici studi preliminari sull’inserimento paesistico e sulla cultura dell’abitare tipica degli isolani, che culminano nei due aspetti più rilevanti della progettazione: ricerca dell’integrazione dei percorsi di terra e acqua e sviluppo delle tipologie di alloggi, distinte in nuclei “mazzorbini” e “buranelli” a seconda della provenienza e delle esigenze degli abitanti. Al primo lotto residenziale di 36 alloggi, già costruiti e commissionati dallo Iacp veneziano, avrebbe dovuto seguire un intervento 4 volte più esteso, poi invece molto ridimensionato e ridotto a soli altri 15 alloggi Iacp, con riqualificazione del campo sportivo e una nuova palestra dotata di tribune. La complessa articolazione volumetrica ricercata per ogni unità abitativa, sottolineata da un efficace cromatismo mutuato dall’isola di Burano, rende l’insediamento residenziale nuovo per il linguaggio moderno con cui è realizzato, magnificamente inserito nel delicato equilibrio naturale di terra, acqua e cielo, spazi tradizionali e caratteristici dell’ambiente laguna.

Ai giorni nostri, il lusso esclusivo e perfetto della “Tenuta di Venissa”, che produce un vino da oltre 300 euro al litro, venduto in tutto il mondo nelle bottiglie in foglia d’oro del muranese Giovanni Moretti, e la dotta sapienza architettonica del quartiere popolare di De Carlo, lasciato “deperire” per mancanza di manutenzione, come tutte le “cose” pubbliche in Italia, si confrontano, dal punto di vista paesaggistico, proprio nel Vigneto “murato” (ma aperto al pubblico).

Ci vorrebbe un ennesimo “piccolo miracolo italiano”, facendo in modo che le due realtà collaborassero (cosa che oggi non avviene) in un sostentamento che non è solo economico, ma anche di idee e di cultura, dove architettura, paesaggio, enogastronomia, potrebbero restituire l’idea di una patria, intesa come tutto ciò che costituisce lo spirito, le radici, l’identità di un popolo : l’ Heimat direbbero i popoli germanici.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

Mausplatten


20200731_123005_HDR_resized

20200731_123822_HDR_resized

20200731_123018_resized

Münster sorge a 1390 metri s.l.m. nel Vallese superiore, attraversato dalla Furkastrasse (la strada del Passo del Furka) sulla sponda destra del Rodano, che qui viene chiamato Rotten. Il centro di questo villaggio, con la tipica struttura compatta, è caratterizzato dalle tradizionali case in legno a ridosso l’una dell’altra e rivolte verso sud. Le cosiddette «Gommer Häuser» (case del Goms) sono state costruite vari secoli fa come costruzioni omni-comprensive, che riunivano sotto un unico tetto la parte abitativa e la parte destinata alle attività lavorative. Per proteggerle dai roditori, furono costruite su palafitte e protette con grandi lastre di pietra “Mausplatten” (funghi in pietra). Nel corso del tempo, il legno di larice con cui sono state costruite ha assunto una colorazione estremamente scura per effetto dell’irraggiamento solare. Molte datano tra il 1400 ed il 1500.

Si tratta di un’architettura dove la tecnologia del legno, si fonde con un’estetica che valorizza i dettagli tecnici, facendoli diventare elementi decorativi della facciata.

20200731_125132_resized

20200731_124431_HDR_resized

20200731_124118_resized

20200731_122931_resized

DSCN4685

20200731_123056_HDR_resized

Nel XVII e XVIII secolo, la regione del Goms (e, con essa, anche Münster) ha registrato un periodo di fioritura economica e culturale. Il transito dei mulattieri e il commercio di bestiame con la Lombardia attraverso il passo Grimselpass, il Passo della Novena o il Griesspass, nonché il mercenariato, portarono ricchezza in questa valle alpina. Testimonianza di questo periodo d’oro sono le settanta chiese e cappelle costruite nel territorio di Goms. Solo nella zona di Münster-Geschinen sono pervenute fino a noi sei costruzioni sacre, fra cui la famosa Marienkirche con il sontuoso e dorato altare maggiore tardo gotico del 1509.

20200731_124642_resized

La messa in funzione delle strade di valico attraverso il Sempione e il Gottardo, come pure la ferrovia del Gottardo nel XIX secolo, hanno posto fine al transito di merci nel Goms. Al contrario, la costruzione dei collegamenti viari (collegamento alla ferrovia del Cervino-Gottardo nel 1914) ha dato impulso al turismo, oggi la fonte principale di reddito dei 400 abitanti della località.

Non lontano da Munster, il “Goms Bridge”, un ponte ciclopedonale strallato, inaugurato nell’estate del 2015, ha una lunghezza di 280 m e una larghezza di 1,40 m. Il ponte sospeso attraversa il fiume Rotten a un’altezza di 92 m. In questo premiato villaggio si possono ammirare nella piazza centrale i più antichi affreschi di Guglielmo Tell, risalenti al 1578.

Il nuovo ponte sospeso che sovrasta il Rotten (Rodano) permette di passare direttamente da Fürgangen al paesino di Mühlebach. A Fürgangen ci sono alcuni posteggi e una fermata della ferrovia della Furka.

Conclusa la visita del nucleo centrale del villaggio, con la chiesa e le case con dipinti che narrano la storia di Guglielmo Tell, il sentiero svolta sulla destra della carreggiata, prosegue lungo il pendio fino al grazioso Mühlebach con il più antico nucleo urbano con costruzioni in legno della Svizzera. Attraversando il ponte sospeso si rientra velocemente a Fürgangen.

20200731_125117_HDR_resized

20200731_123234_HDR_resized

20200731_123957_resized

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

“24 FERMATE” – LA VIA REHBERGER TRA RIEHEN E WEIL AM RHEIN


map_l

Sabato, 4 luglio 2020

Per una lunghezza di circa cinque chilometri, la Rehberger-Weg collega due nazioni, due comuni, due istituzioni culturali, ed innumerevoli storie. Si percorre tra Riehen e Weil am Rhein, tra la Fondation Beyeler e il Vitra Campus, tra la Svizzera e la Germania, e volendo si può arrivare fino in Francia, superata l’Autostrada E35 (la via delle Genti, come la chiamava Rino Tami) ed il Fiume Reno, al paesino di Village – Neuf e di Huningue (dove si trova il ponte ciclo pedonale autoportante più lungo del mondo – https://de.wikipedia.org/wiki/Dreil%C3%A4nderbr%C3%BCcke.  Il tutto scandito da 24 “accattivanti” piccole installazioni dell’artista Tobias Rehberger (nato nel 1966 a Esslingen am Neckar, vive e lavora a Francoforte sul Meno) – https://www.24stops.info/en/intro/

Foto_Rehberger_Barbara_Klemm.b.2e16d0ba.fill-1540x950

E’ così possibile esplorare un paesaggio naturale e culturale molto diversificato, dove gli europei per centinaia di anni si sono fatti la guerra, si sono “scannati” con milioni di morti. Ci si può fermare per ammirare il paesaggio, sdraiarsi sull’erba, fare un picnic in luoghi appositamente attrezzati. Ambedue le realtà museali : Vitra e Beyeler, forniscono per pochi franchi/euro dei gustosi cestini da picnic. C’è pure un piccolo autobus elettrico, che relaziona i due luoghi, per le persone con difficoltà di deambulazione: alcuni giorni, prenotando, si può fare il percorso (aperto a tutti) con guide appositamente istruite. La Rehberger-Weg dà l’opportunità di conoscere e mettere in relazione la “ricca” storia della zona e della sua gente e contemporaneamente invita a fare un viaggio nella natura bellissima. Una natura antropizzata, più o meno saggiamente, ma che fa dei contrasti, la sua stessa bellezza. Ci si muove tra filari di vite, campi di cereali, maestosi alberi di ciliegio. E’ l’Europa, quella che tutti vorremmo, fatta di qualità, di cultura, di enogastronomia, di storia, di paesaggi sapienti, che qui ha la sua evocazione “plastica”. E’ soprattutto un percorso dove l’architettura (quella “buona” e di qualità) si inserisce, e dialoga magistralmente con l’ameno paesaggio circostante; in 5 chilometri si passa dal “Senatur” Renzo Piano della Fondation Beyeler (https://www.fondationbeyeler.ch/en/museum/architecture-and-nature), dove a fianco il “Vate” Peter Zumthor sta realizzando l’ampliamento (https://it.furniturehomewares.com/2017-05-05-peter-zumthor-extension-designs-renzo-piano-fondation-beyeler-riehen-basel-architecture-news), al Vitra Campus, dove è “collezionata” da decenni il meglio dell’architettura mondiale a firma di : Sanaa, Alvaro Siza, Frank O’ Gehry, Zaha Hadid, Tadao Ando, Herzog& De Meuron, Nicholas Grimshaw, ecc. (https://www.vitra.com/en-cn/campus/campus-architecture). Il tutto costellato da edifici e contenitori, che palesano la loro storia architettonica, magari minore, ma che costruisce un paesaggio morfologico, tipologico, particolarmente ricco e diversificato. In cinque chilometri, si passa dalle mostre d’arte del Beyeler (oggi – EDWARD HOPPER – https://www.fondationbeyeler.ch/en/exhibitions/edward-hopper), alle mostre di architettura e design della Vitra (oggi – GAETANA AULENTI, in Italia quasi dimenticata – https://www.design-museum.de/en/exhibitions/detailpages/gae-aulenti-a-creative-universe.html). E’ un percorso iniziatico, altamente istruttivo, che “spiega” la liaison tra architettura, paesaggio e natura, un atto didattico fondamentale, che qualunque essere umano dovrebbe affrontare prima o poi nella sua vita.

DSCN4533

DSCN4451

DSCN4460

DSCN4457

DSCN4464

DSCN4465

DSCN4470BIS

DSCN4475

15.09.30.FB_REHBERGERWEG_38658-de.2e16d0ba.fill-1540x950

DSCN4477

DSCN4489

DSCN4494

DSCN4480

DSCN4481

DSCN4524

_24_Stops_-040.2e16d0ba.fill-1540x950

DSCN4495

csm_24Stops_3499e7967a

DSCN4497

DSCN4519

DSCN4499

DSCN4503

DSCN4504

DSCN4506

DSCN4507

DSCN4513

DSCN4509

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: