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Labò


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Genova vista dalla "promenade paesaggistica" che conduce al Museo Chiossone

A Genova esiste una “piccola chicca architettonica”, un edificio razionalista colto ed intelligente, collocato quasi in sommità di uno dei più interessanti belvedere cittadini.

Si tratta del Museo di Arti Orientali Chiossone.  Edoardo Chiossone fu grafico ed incisore di Arenzano, stabilitosi in Giappone, divenne conoscitore dell’arte locale nonché grande collezionista.

https://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo_Chiossone

L’area dove oggi si colloca il Museo fu individuata nel luogo dell’antica villa neoclassica del marchese Gian Carlo Di Negro (1769-1857), bombardata e quindi demolita durante la II Guerra Mondiale. Il parco era stato creato ai primi del secolo XIX dallo stesso marchese Di Negro, che riconvertì un antico bastione delle cinquecentesche mura di Santa Caterina a fini residenziali, stabilendovi la propria abitazione. Il parco è stato oltre che orto botanico, anche piccolo zoo; oggi è uno splendido bellevue pubblico su parte del centro storico di Genova.

La progettazione, dell’attuale sede museale fu affidata dal Comune di Genova che ereditò la collezione Chiossone, all’architetto Mario Labò (1884-1961).

https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Lab%C3%B2

La fase costruttiva iniziò nel 1953 e fu compiuta nel 1970, nove anni dopo la morte di Labò. La collocazione del Museo all’interno del parco della Villetta Di Negro è davvero privilegiata. Immerso nel verde giardino che domina l’ottocentesca Piazza Corvetto, il Museo Chiossone si trova nel pieno centro di Genova e, tuttavia, occupa una posizione appartata e magnificamente panoramica. Un’isola felice nel caos del centro di Genova. Dal camminamento terrazzato che fiancheggia il Museo sul lato sud-ovest, si gode una splendida “landscape promenade” la veduta della città antica, con la distesa dei tetti d’ardesia, i campanili e le torri medievali stagliati sullo sfondo azzurro del Mare Ligure.

https://www.google.com/maps/d/edit?mid=z3qPDnquf1H8.kHmZu7bquORM&usp=sharing

L’edificio museale è un esempio colto e raffinato, d’architettura razionalista in cemento armato con rivestimento esterno in cotto maiolicato, formato da un avancorpo con tetto a terrazza, sede della biglietteria e del bookshop, e da un corpo principale costituente il museo. Si tratta di un magnifico spazio a volume unico con un salone rettangolare al piano terreno e sei gallerie a sbalzo sulle due pareti lunghe, collegate da rampe di scale formanti un percorso continuo. E’ come se il museo (nel suo percorso museale, seguisse l’andamento dell’altura su cui è collocato). Semplici ed al contempo “opulenti” i dettagli, governati da una scelta intelligente dei materiali e da forme essenziali

L’allestimento espositivo fu affidato nel 1967 all’ingegnere Luciano Grossi Bianchi, che lo progettò e lo realizzò in collaborazione con Giuliano Frabetti, Direttore del Museo Chiossone dal 1956 al 1990, e Caterina Marcenaro (Genova, 1906-1976), Direttore del Settore Belle Arti del Comune di Genova.

https://it.pinterest.com/dariosironi/museo-di-arti-orientali-chiossone/

Un “gioiellino” poco conosciuto assolutamente da non perdere per la sua valenza paesaggistica, culturale ed architettonica.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

Lubenice


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Di solito, quando si fa riferimento al paesaggio, si intende comunemente parlare di tutto ciò che sta collocato sulla superficie terrestre (ed anche del suolo stesso). Di solito, con il termine paesaggio, si intendono gli spazi dove l’uomo vive, antropizzati all’abbisogna. Però, solo raramente il mare, l’oceano (che coprono il 75% della superficie terrestre), vengono intesi quale paesaggio; di solito vi partecipano quale sfondo, o ci si limita alle coste. Lo stesso succede per il cielo, l’aria trasparente che tutto avvolge. In realtà il paesaggio è la biosfera, la massa biologica e chimico-fisica del pianeta Terra nel suo insieme, in cui noi umani siamo irrimediabilmente immersi.

Siamo animali primitivi, rozzi, e se mai si potrà costruire un mondo migliore più coerente con la biosfera, questo lo si avrà a partire da una considerazione globale del paesaggio planetario. Ed un suo controllo potrà avvenire solamente con una diversa concezione di uso del tempo, nel silenzio controllato della musica, e non nella frenesia e nel rumore.

Perchè il paesaggio è innanzitutto silenzio : conquista ed ascolto della musica “silenziosa” di fondo che anima tutte le cose viventi e non. Un cuore che ritmicamente batte, una pianta che lentamente cresce, un battito di ali, il sibilo del vento, l’acqua che si infrange sulla costa. ecc..

Ecco che un’isola, stretta e lunga, di acqua, pietra, con una consistente massa biologica, può diventare l’oggetto di una riflessione sul paesaggio, a partire da un piccolo paese arroccato sulla sua cima più alta.

Un paese, Lubenice, in cima ad un costone roccioso, in dominanza del mare e dell’isola di Cherso. Un paese, dove il vento ed il clima rigido invernale, e l’arsura estiva, hanno ri-modellato la tipica architettura mediterranea, di chiara impostazione veneziana, in un’architettura sintetica (quasi un proto-razionalismo), fatta di finestre piccole, quadrate o rettangolari, volumi essenziali con sporti di gronda ridotti al minimo, intonaci grigi omogenei (che ricoprono i muri di sasso). Quì Perret o Loos avrebbero trovato le matrici delle loro poetiche.

Quì il tempo, le necessità microclimatiche e le disponibilità di materiali, hanno generato e modellato un paesaggio architettonico unico, che è la sintesi estrema del Paesaggio più ampio, della biosfera, che si stende all’orizzonte. Quì l’uomo si è ritagliato uno spazio paesaggistico bellissimo per vivere.

Quì il silenzio si è fatto Paesaggio.

Qui una mappa delle isole di Cherso e Lussino con individuati i luoghi visitati

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Il cielo e l’acqua


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Se in una giornata calda, vi rimangono nel serbatoio alcuni litri di carburante (oppure siete vicini alle Ferrovie Nord), non potete mancare di fare una visita al Lago del Segrino, tra Eupilio e Canzo, proprio sopra Erba. Sono circa 55 km. dal centro di Milano, che si percorrono agevolmente in circa 58 minuti. Se ci andate in ferrovia il tempo necessario, tra treno ed autobus è di circa 98 minuti.

Quì la natura è ancora prorompente e l’ottima sistemazione paesaggistica dell’uomo, ne fa una riserva di “delizie paesaggistiche” e di frescura. Assolutamente da evitare la domenica, per colpa di un afflusso pazzesco di turisti ed avventori, ma in qualunque altro giorno, non vi deluderà.

Quì una mappa del Lago del Segrino

Eseguire il percorso naturalistico, ciclo-pedonale, che circonda il Lago è veramente un’esperienza di paesaggio totalizzante. Ma la cosa più raccapricciante di quest’esperienza, è il paesaggio, il territorio della Brianza, che ci scorre sotto gli occhi per raggiungere il Segrino. Un Paesaggio una volta bellissimo, sistematicamente distrutto, nel corso del tempo da una congerie di cacofonie architettoniche che oggi si sono irrimediabilmente saldate tra loro. Di fatto realizzando una “città infinita” tra Milano ed Erba.  Tutto ciò, in contrasto con il luogo ancora bellissimo del Segrino, ci fa capire che siamo giunti ad un un punto di non ritorno: uomo, natura, cementificazione ormai non riescono più a coesistere in maniera sinergica ed equamente simbiotica.

Mentre scrivo, sto seguendo, attraverso una piattaforma informatica Webinar,  uno di quei corsi obbligatori per legge a cui sono vincolati alla partecipazione gli architetti per acquisire crediti formativi. Si tratta di un corso sul paesaggio dal titolo : “Conoscenza, tutela e valorizzazione del paesaggio”, organizzato dall’ Ordine degli Architetti di Milano (OAM) e dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) – http://bit.ly/1hHTWYV – . Vi partecipano soloni ed esperti quali : Umberto Vascelli Vallara, Silvano Tintori, Sergio Cavalli, Anna Rossi, Marina Cattaneo, ecc.

Ho ormai oltre 28 anni di professione dietro le spalle, spesso esercitata in ambiti paesaggistici e/o su edifici con vincoli monumentali. Per oltre 10 anni sono stato dapprima assistente al Politecnico di Milano e poi docente a contratto. Da quattro anni sono Presidente della “Commissione per il Paesaggio” di un comune della provincia di Milano. Da qualche tempo insegno in Svizzera, dove il Paesaggio (Territorio) è implementato nello stesso percorso di preparazione degli architetti fin dal primo anno. Posso quindi tranquillamente affermare di essere un “esperto” in temi paesaggistici e nella relativa legislazione di tutela.

Quello che sento pomposamente affermare, in questo triviale corso obbligatorio, è la glorificazione sistematica di una legislazione paesaggistica italiana, monumentale e becera, che discettando per decenni sulla terminologia (è meglio Paesaggio, Territorio, Ambiente, ecc.) e pochissimo sui contenuti effettivi, ha legittimato lo scempio che ci troviamo di fronte se da Milano, ci rechiamo al Lago del Segrino.

Ma costoro si rendono conto di quello che è avvenuto e che ogni giorno sta avvenendo in tutta Italia: ogni secondo che immancabilmente passa 8 metri quadrati di suolo agricolo e/o naturale vengono irreversibilmente fagocitati, con l’avvallo di chi si occupa della tutela del Paesaggio stesso, che non possiede (per legge) autorevolezza, ne strumenti legislativi che siano in grado di interrompere questo meccanismo perverso e folle.

Quando come Commissione per il Paesaggio, respingiamo un progetto, perchè realizzato non in coerenza con il vincolo paesaggistico a cui soggiace, il dirigente del settore, può con una sua determina ad hoc, farsene un baffo del parere di esperti (cinque), non retribuiti e scelti in maniera meritocratica in seguito ad invio di curricula.

Ma ci rendiamo conto tutti quanti che lasceremo alle generazioni future, andando avanti a distruggere sistematicamente il Paesaggio più che a tutelarlo veramente, un vincolo tale per cui il loro presente non gli consentirà delle scelte. Ma ci rendiamo conto dello squallore del quadro legislativo italiano in merito al Paesaggio, rispetto ad altre realtà europee. Ma ci rendiamo conto, noi architetti, che questa non è formazione ma merda allo stato puro !

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Great Lake


OLYMPUS DIGITAL CAMERAIsola dei Pescatori

OLYMPUS DIGITAL CAMERAIsole di Brissago (Svizzera)

Mio padre lavorava per una ditta svizzera che produceva (e produce) collanti industriali e pitture. Dapprima come semplice rappresentate, poi scalando lentamente la gerarchia societaria, come dirigente. I proprietari, originari di Zurigo, ma residenti inizialmente a Lugano e poi a Milano, organizzavano tutte le estati, una gita societaria in torpedone nella confederazione elvetica. Negli anni Settanta (del Novecento) erano soliti frequentare le terre di confine, tra l’Italia e la Svizzera, a ridosso dei laghi ticinesi. Soprattutto del Lago Maggiore, dove la “bellezza” era come distillata in paesaggi ameni e fatati, sosteneva uno di questi proprietari.

Ricordo chiaramente un mio compleanno, quello dei 10 anni, passato con un meltin-pot di ragazzini coetanei svizzeri ed italiani, su un’enorme terrazza di Cannobio (Lago Maggiore), con vista a lago, a giocare a pallone.

Poi da adulto, durante gli studi universitari, mi è capitato molte altre volte di frequentare soprattutto le cittadine svizzere che si affacciano sul Lago Maggiore : Brissago, Ronco, Magadino, San Nazaro, ecc., mete preferite di lunghe gite durante i fine settimana.

Dopo l’università ho fatto un master in “Architettura del Paesaggio”, con un notissimo paesaggista milanese (Franco Giorgetta), che ha avuto quale epicentro proprio le isole Borromee del Lago Maggiore.

Dal 1995 ho iniziato una lunga esperienza universitaria, alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano, prima come assistente e poi come docente a contratto, terminata nel 2005. Il mio docente di riferimento, un signorotto di belle speranze, proveniente da una ricca famiglia varesotta poi decaduta in maniera traumatica, era solito organizzare dei “laboratori itineranti” in provincia di Varese. Ricordo molto bene un anno passato a Sesto Calende (un luogo meraviglioso) a disquisire con Marco Zanuso, Fabio Reinhart, ed altri soloni dell’architettura, di massimi sistemi architettonici tra lago, fiume e paesaggio.

Mi è capitato, sempre casualmente, come succede spesso, di trovarmi sul lago, in quella che fu la  casa di Aldo Rossi, a Ghiffa (ora in vendita per 450 mila euro), in compagnia di suoi parenti che me ne hanno raccontato i legami con il lago.

Sono stato più volte sull’Altopiano di Agra a visitare la bellissima casa progettata da Carlo Mollino, quando era in rovina e quando è stata risistemata. Come anche al Museo di Maccagno “Parisi-Valle” di Maurizio Sacripanti.

Anche la parte Svizzera del Lago Maggiore, è per me sempre stata una specie di “riserva di architettura contemporanea”, una “biblioteca architettonica a cielo aperto”, ad iniziare da Locarno. Dove più volte ho assistito a mirabili conferenze di quel “geniaccio” dell’architettura che era Livio Vacchini. Per poi passare ad Ascona ed al Monte Cardada.

Era quindi da parecchio tempo che coltivavo, l’esigenza di dare una visione organica a queste frequentazioni lacustri del Lago Maggiore. Quando un “sacranone padovano”, mentre ci trovavamo ambedue in terra svizzera,  inventandosi una serie di “balle pazzesche” (a suo esclusivo uso e consumo)  mi ha stimolato in tal senso, non me lo sono fatto ripetere due volte. In qualunque caso ci avrei guadagnato qualcosa ad ordinare i miei ricordi ed a sottoporvi questo elenco di bellissimi incontri architettonici e paesaggistici selezionati.

Cosa è la vita se non si condividono le esperienze. Ecco quindi, una mappa con individuati i luoghi “eccellenti” (secondo me), del Lago Maggiore,  a cavallo del confine italo-svizzero.

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Isola Bella

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L’anima del paesaggio


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In un paesaggio non si è solo spettatori, ma ci si sta dentro spazialmente, con una presenza e una partecipazione fisica e spirituale finanche contemplativa.

Un paesaggio ed un panorama danno l’opportunità di percepire la particolarità di una regione, ma anche della sua realtà paesistica e sociale : la simbiosi tra natura e cultura.

Basta lasciar vagare lo sguardo per rendersi conto del quadro storico alternativamente frammentato e rissoso, oppure piano e pacioso che sta dietro gli agglomerati di case e lungo le strade ed i campi. Il panorama rivela pure zone d’ombra o brutture infertigli dall’uomo. Poiché non sempre un panorama include gente di ampie vedute. Ma questo è un altro discorso.

Trascritto da uno dei pannelli didattici che accompagnano e spiegano al visitatore  ciò che si vede dall’ Alpe Cardada sopra Locarno (Svizzera)

L’anima di un paesaggio è di fatto quello “schermo ideale” su cui, ognuno di noi, proietta la propria visione del mondo. Una visione che è suscettibile di moltissime variabili, tra cui : la cultura, lo stato d’animo, la salute, ecc..

Salendo sull’Alpe Cardada e poi sul monte Cimetta (mt. 1671 slm.), in una bella giornata limpida e ventosa, con un solo colpo d’occhio, si è in grado di spaziare a 360 gradi. E’ così che si coglie (circondati dal lucente biancore della neve) tutta la magnificenza del paesaggio, il punto più profondo ed il più alto : a sud il Lago Maggiore (con le splendide isole di Brissago), ad ovest le alte vette alpine vallesane con la Punta Dufour e la Jungfrau. E tutto ciò a solo pochi minuti al di sopra delle “mediterranee” città di Locarno ed Ascona ed a circa 135 chilometri da Milano.

Ecco forse l’anima del paesaggio è proprio questa specie di “serendipity” (come direbbero gli inglesi), che vuol dire saper cogliere qualcosa che abbiamo sotto gli occhi, che conosciamo, ma che riusciamo a vedere solamente avendo la capacità di collegare fra loro fatti apparentemente insignificanti, per arrivare ad una conclusione “preziosa”, o più in breve, forse soltanto: ad una “felice coincidenza” che ci emoziona, che ci commuove.

Quì una mappa dei luoghi descritti

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Pit Stop


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Sergio Cattaneo Architetti ha elaborato il progetto del nuovo Easy Stop, che si trova a Coldrerio in direzione nord sull’autostrada Svizzera, che da Chiasso conduce a Mendrisio. Si tratta di un progetto di ristrutturazione di una struttura esistente, un’opera di “pelle” intelligente e colta, che si può apprezzare soprattutto negli interni, che sono molto curati con ampio uso di corian bianco : tavolini, bancone bar, ecc.. Tale materiale e un’attenta gestione delle aperture, consente una luminosità che conferisce agli ambienti interni, quell’accoglienza che è ormai un fatto consolidato nelle aree autostradali svizzere dedicate al “pit stop”. Carine anche le aree dedicate al wi-fi gratuito, con tablet a disposizione degli avventori e l’ampia area esterna a foggia di gradevole terrazza schermata dal rivestimento metallico microforato. Di ottima qualità i prodotti venduti sia al banco del bar, sia nel piccolo negozio. Rallentare, scalare le marce per provare a vedere se così si vive meglio, è quello che di fatto ci suggerisce questo intervento di architettura di supporto al viaggiare in auto, a lato di una delle autostrada più trafficate d’Europa. E questa è già una conquista importante per un’intervento così piccolo e minimale.

Quì una mappa con la localizzazione dell’Easy Stop

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The Magnificent Mile


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Uscita MM Palestro

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Palazzo Saporiti

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Museo Scienze Naturali

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Villa Reale

Da un pò di tempo, mi capita di passeggiare con tranquillità e ripetutamente,  per via Palestro a Milano. E’ questo un posto magico, e come scrisse Robert Walser, nel suo romanzo “La Passeggiata” : “Lei non crederà assolutamente possibile che in una placida passeggiata del genere io m’imbatta in giganti, abbia l’onore d’incontrare professori, visiti di passata librai e funzionari di banca, discorra con cantanti e con attrici, pranzi con signore intellettuali, vada per boschi, imposti lettere pericolose e mi azzuffi fieramente con sarti perfidi e ironici. Eppure ciò può avvenire, e io credo che in realtà sia avvenuto”.

Ed in effetti, passeggiando per questi marciapiedi, s’incontrano le signorine bene della Milano borghese ed un pò fighetta, le bellissime fotomodelle straniere dal fisico alto ed asciutto come i Watussi, i signori azzimati e griffatissimi anche quando corrono.

Ma soprattutto , quì a dominare è il paesaggio.

Il paesaggio urbano, stratificatosi, nel corso del tempo, in una via, che tra architetture monumentali ed il verde, riesce ad essere anche, frammento di quella Milano, che fu impostata per essere una grande città di livello europeo (continua più in basso).

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Giardini Pubblici – Parco Montanelli

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Il PAC

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Padiglione d’Arte Contemporanea

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Le sette statue di Fausto Melotti al PAC

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Via Palestro (a lato del PAC)

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Via Palestro (Lato Giardini Pubblici)

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Giardini Pubblici (Platano)

Si tratta di un percorso della “magnificenza”, della bellezza, che all’imbrunire, sembra ancora più bello. Perchè Milano è così, sempre in grado di sorprendere, di stupire, ed anche di fare salire alto il livello della malinconia. Forse proprio per questo, che la città, non è mai diventata, pur avendo tutte le qualità embrionali, qualcosa di diverso da quello che è : caotica, inquinata, molto densa, ecc..

Ecco tutto ciò percorrendo, via Palestro, risulta chiaro, evidente. Forse il simbolo migliore di questo “mancato obbiettivo” è il bellissimo Centro Svizzero. L’incarico di costruire questo nuovo edificio che allora era considerato un vero e proprio grattacielo, fu affidato, alla fine degli anni quaranta del  Novecento, agli architetti Armin Meili e Giovanni Romano. Il complesso fu inaugurato nel 1952 e costituisce ancora oggi un bellissimo riferimento, per chi si gode il verde dei Giardini Pubblici (continua più in basso). Il complesso, costruisce il lotto urbano, ma si propone anche come riferimento paesaggistico di forte respiro compositivo europeo, con le grandi finestre, lo sviluppo austero dei corpi di fabbrica, e poi con la verticalità dell’alta torre. Una specie di “iniezione tonificante”, nell’architettura milanese, rimasta per decenni unica ed isolata. (continua più in basso)

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Palazzo Svizzero

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Palazzo Svizzero (Dettaglio)

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Palazzo Svizzero (Torre alta)

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Palazzo Svizzero

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Palazzo dei Giornali

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Palazzo dei Giornali (Dettaglio bassorilievo)

Al di la della mura, passati gli archi di Porta Nuova Medioevale, la città storica disvela tutta la sua compattezza e la sua opulenza fatta di palazzi e monumenti storici. Quì Milano, ci propone la vera Milano, quella “da bere”, quella dei negozi dell’alta moda, del design, dei costi al metro quadrato delle case che superano i 15.000 euro (o più). Via Manzoni è una via del centro di Milano facente parte del Quadrilatero della moda e considerata una delle zone più lussuose, oltreché uno dei maggiori centri dello shopping dell’alta moda a livello mondiale. Ma in fin dei conti questa è una città piccola, quasi “micragnosa”, con un paio i chilometri si percorre tutto il diametro del centro storico. Berlino o Parigi, sono 10 volte tanto, Milano assomiglia, per dimensione, più a Zurigo o Lione, pur non avendone le caratteristiche paesaggistiche qualitative complessive (presenza di elementi naturali, offerta culturale, ambiente, mobilità sostenibile, ecc.).

Ecco questo “The Magnificent Mile”, di fatto disvela quella che è una delle caratterizzazioni principali del nostro Paese, essere un luogo di occasioni perse, di opportunità mancate. Un luogo “poco fertile” da cui è più facile fuggire, che rimanere. Ideale per una vacanza,  ma impossibile (o quasi) per viverci. Viene quindi voglia, quotidianamente (ormai) di fuggire, di andare in Svizzera, paese extraeuropeo che dista solamente 55 chilometri da Milano.

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Porta medioevale

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Porta medioevale (Dettaglio)

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Piazza Cavour

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La “città che sale”

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Via Manzoni

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Via della Spiga

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Cinema/Teatro Manzoni

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Palazzo Borromeo D’Adda

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Chiesa San Francesco di Paola

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Chiesa San Francesco di Paola (Dettaglio)

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Spazio Armani con soprastante resort

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Monumento a Sandro Pertini

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Monumento a Sandro Pertini ed Edificio Armani

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Ritom


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OLYMPUS DIGITAL CAMERATra poco all’inverno, si farà strada, come sempre, la primavera. La prima volta che sono stato ai laghi Ritom, in Svizzera, era un maggio inoltrato, di una primavera calda ed assolata. Ecco qui, nella zona del “Rio Tom”, in un paesaggio meraviglioso ed ameno, un vero e proprio giardino paesaggistico d’alta quota, “costruito” d’acque e montagna, si può apprezzare cosa sia l’idea stessa del paesaggio, in cui l’uomo si inserisce, modificandolo in maniera saggia.  Quì, l’uomo, dal 1918,  ha antropizzato un sistema di laghi glaciali, a fini idrici e per produrre  energia, che forse non ha eguali come antropizzazione paesaggistica. Da quì, oltre a poter osservare l’importanza di una gestione idrica ed energetica saggia, in grado di proporre un intero territorio montano come, offerta turistica ed enogastronomica di livello europeo, si può anche osservare dall’alto, la grande arteria autostradale svizzera, definita “La via delle genti” (N2 ora E35).

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Ap 20007565

“L’autostrada, nei suoi elementi costitutivi  nonché negli oggetti integrativi dovrebbe  essere considerata non come un seguito di  strutture additive ma come un tutto armonico nelle sue espressioni formali: l’autostrada  dunque nel suo complesso, come un’opera  unitaria e, in quanto tale, debitamente inserita nel paesaggio che attraversa.” Chi scrive era Rino Tami, “consulente estetico” dell’Ufficio Strade Nazionali del Cantone Ticino (Svizzera), ruolo che svolse per un ventennio, dal 1963 al 1983.

Tami in un ventennio, meticolosamente affronta ogni aspetto, dell’inserimento nel territorio, nel paesaggio svizzero, del tracciato autostradale nel suo complesso. Ed ogni punto è  risolto attraverso un’attenta lettura del “genius loci” del sito e l’adozione degli accorgimenti più semplici e corretti, in un continuo dialogo tra preesistenze e modernità.

Un’attenzione particolare è riservata alla convinzione che un’autostrada è innanzitutto un’architettura del paesaggio in grado di proporre un nuova lettura della realtà ambientale circostante. Natura ed Artificio, convivono assieme senza distonie, ma ognuna integrandosi con il proprio reciproco.

Fonte primigenia di questa colta visione stilistica, è innanzitutto l’utilizzo di un unico materiale costruttivo, il beton (cemento armato a vista), declinato in maniera innovativa a comporre un linguaggio formale asciutto, direi quasi “spartano” alla ricerca della massima  pulizia possibile.

Il felicissimo risultato, facilmente leggibile dall’alto soprattutto dalla stazione di arrivo della funivia dei laghi Ritom, è un’opera di straordinaria bellezza e coerenza e soprattutto di altissimo valore formale, che contribuisce in misura determinante a caratterizzare, ma soprattutto a “disvelare” un’ampia porzione di territorio, da Chiasso al San Gottardo.

Il linguaggio di Rino Tami, farà scuola, divenendo, una vera e propria cifra stilistica, dell’arte di fare paesaggio in Svizzera, per le grandi infrastrutture. Infatti anche per l’alta velocità ferroviaria svizzera (AlpTransit, in corso di realizzazione) si ritrovano, negli apparati evidenti, la stessa tipologia di ricerca linguistica.

Fai clic per accedere a 11_Sperimentazioni_scheda_2.pdf

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Un pomeriggio di contrasti


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 Salendo sul Generoso 

Sole, cielo limpido, visibilità ottima. Dopo una lunga passeggiata mattutina al parco, gita al Monte Generoso. Si parte da Milano alle 13,00 e procedendo in direzione nord per la A9 dei Laghi, verso Como Sud, da qui si continua in direzione del confine italo-svizzero, uscendo dall’autostrada a Como Monte Olimpino. Si attraversa il confine a Chiasso (per evitare di pagare il bollino autostradale), poi si procede, utilizzando la strada cantonale per Lugano, fino a Capolago, dove si esce indirizzandosi per la Stazione ferroviaria. Davanti a questa, si trova la stazioncina della ferrovia a cremagliera per il Monte Generoso.

La ferrovia consente, con un costo di circa 32 euro a persona (andata e ritorno), di passare dai 305 metri di Capolago, ai 1704 della cima del monte, dove, un po’ più in sotto, stà la stazione di arrivo. Se la giornata è limpida, lo spettacolo vale assolutamente gli euro spesi, dato che il Monte Generoso, dalla parte Svizzera, è in totale dominanza della “piatta pianura padana”. Alla stazione di arrivo, inoltre un comodo self service/ristorante/bar, consente, mercè l’utilizzo di un’ampia terrazza, di godere di un maestoso panorama sia verso Milano, sia verso Lugano. Chi vuole darsi ad un comodo alpinismo, in circa 1,5 chilometri, si può risalire di altri 200 metri fino alla vetta, da dove si gode uno spettacolo incommensurabile delle Alpi. Una fattoria nelle vicinanze consente di acquistare latte e formaggini freschi. L’ultima corsa in discesa è alle 17,45 la prima in salita alle 8,45. Il tutto da marzo ad ottobre, qualche volta il collegamento è aperto anche per le festività natalizie. Con l’ultima corsa si ritorna a valle e da lì, presa l’auto, in circa un’oretta si è comodamente a Milano. 

E’ il Monte Generoso, un paesaggio di contrasti, di “magici contrasti”, tra la pianura e la montagna, tra i laghi ed il cielo. E’ soprattutto il luogo della contemplazione di questi contrasti, che magari al nostro arrivo ce li fa apprezzare in un clima caldo e secco, mentre  poco dopo, subentra velocemente vento e neve.

Ma la vita stessa di noi umani, su questo pianeta si fonda sui “contrasti”, in un eterno braccio di ferro tra la luce e la notte, tra la natura e l’artificio, tra la vita e la morte. Alla stessa maniera la democrazia, additata dai più, nel loro intimo, e non certamente dichiarandolo, quale astrazione pura, è invece la capacità fantastica di percepire e “capire” anche i milioni di individui che ci circondano quotidianamente (e di cui non possiamo provare coinvolgimento diretto), sono fatti della nostra stessa materia, carne, come lo sono i nostri amici più cari. Bisogna mettersi nella “pelle degli altri”. Si tratta di sviluppare una giusta misura, una filosofia di sopravvivenza, per praticare la sottile membrana osmotica che divide un opposto dall’altro.

Volendo si può arrivare in cima al Generoso anche a piedi, dalla Svizzera, partendo da Mendrisio e seguendo la strada per il Monte Generoso. Si lascia la macchina alla Stazione di Bellavista e poi a piedi si segue il sentiero, che porta fino alla cima. Dall’Italia   invece la partenza di solito viene effettuata dall’Alpe d’Orimento, raggiungibile con la macchina dal Lago di Como.

Nelle serate estive, la ferrovia, il sabato (solamente il sabato), è operativa anche alle 19,15, e consente di raggiungere la vetta, dove viene servito un pranzo luculliano. Poi verso le 22,00 (se la serata lo consente) un astronomo svizzero, con una specula di notevoli dimensioni, illustra il cielo. Alle 23,15 si parte per rientrare a Capolago. Costo del piccolo viaggio notturno, complessivamente, circa 65 euro a testa. Chilometri percorsi (andata e ritorno) circa 113.

http://www.montegeneroso.ch/it/13/home.aspx

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