Se, come me, vi capita, in questi giorni di passare per piazza del Duomo, a Milano, buttate un’occhiata in alto, verso la Madonnina, potrete così notare che è apparsa una struttura affascinante, costruttivista, direi “Tatliniana”, che ingentilisce, e proietta nel futuro, il “panettonesco” edificio che rappresenta il cuore di Milano.

Quindi non uno sfregio tecnologico (e necessario) al monumento per il suo restauro, ma un’elegante addizione, che probabilmente, con la sua forma cilindresca “spiraliforme”, fa diventare l’insieme, assolutamente accattivante.

Un ponteggio “disegnato”,  fatto apposta per non sfiorare neppure di un millimetro delle guglie, si  leva da quota + 65 metri , per un lavoro dal costo di oltre 30 milioni di euro. I lavori si protrarranno per quattro anni per salvare un capolavoro, simbolo di Milano, per il quale si usa da oltre 700 anni lo stesso marmo della cava di Candoglia.

Mi sembra quindi interessante fare una riflessione, sulla provvisorietà di un’architettura tecnologica, moderna ed innovativa, dettata dalle esigenze di sicurezza e di cantiere, che, grazie al disegno accorto ed esasperato, assurge sicuramente, ad un ruolo, non di protagonista, ma di perfetta integrazione.

Un’architettura tecnologica, che modifica il paesaggio urbano, rendendolo più adeguato, ai dinamismi ed alla “velocità” milanese. Così magicamente rivestita, la Madonnina compete con le recenti, contemporanee, architetture verticali del grattacielo Garibaldi, instaurando con esso delle ” liaisons dangereuses ” eccitanti ed innovative. Sicuramente positive nel “piatto” e grigio paesaggio urbano milanese.

Qu’ sotto un’immagine del ponteggio attorno alla Madonnina in corso di realizzazione

Quì sotto un’immagine delle “guglia” della Torre Garibaldi

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