Al numero 82 di Avenue Blanche de Castille, a Poissy, non molto lontano da Parigi, tra il 1928 ed il 1931, gli architetti Le Corbusier e Pierre Jeanneret, hanno edificato per i signori Eugénie e Pierre Savoye, una ricca coppia parigina, una prestigiosa villa.
L’antefatto della Villa, proprio accanto all’ingresso carraio e pedonale, è l’abitazione del custode/autista/giardiniere. Un piccolo edificio, che già esprime però, con austere dimensioni e materiali, i “cinque punti dell’Architettura Moderna (https://bit.ly/41JFC9H).
Un piccolo “gioiellino” poco trattato dagli studiosi. Solo sulla “palette” dei colori scelti dal “duo” ci si potrebbe fare un trattato.
Ma lasciamo parlare solamente le immagini………
SOPRA – Immagine aerea tratta da Google Earth
In cima alla scala esterna, al piano primo (ed unico), si trova l’ingresso della casa “Existenzminimum”, che ha una porticina d’ingresso lignea, verniciata di grigio, con maniglia di ottone, e soprastante piccola pensilina in beton. Una stanza centrale, caratterizza il piano, e da essa si ha accesso, tramite una porta scorrevole, alla cucina ed alla zona letto matrimoniale. Una piccola cameretta per bambini e un bagno “lecorbuseriano”, completano il piano, di soli 30 mq. Al piano terra è collocata una lavanderia ed un piccolo box doccia.
Proseguendo per la strada carraia in ghiaietto, superato un piccolo bosco, appoggiata su un grande prato verde, bianca appare la Villa dei Savoye.
Quasi fosse, ancora oggi, una magnifica “astronave architettonica” (Aliena ???), precipitata sul Pianeta Terra.
Rilievo sommario a vista sul posto, durante visita del 28 settembre 2017(Sironi Dario)
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Visitare il Messner Mountain Museum, all’ingresso della Val Senales, vuol dire abbandonarsi alle atmosfere che il luogo e le varie “stanze” del castello, restituiscono al visitatore. Stanze tutte arredate con i reperti dei viaggi del grande esploratore, collocati con sapienza e maestria per “comunicare”. Vuol dire fare un’immersione nel paesaggio, nel tempo e nello spazio. Al visitatore meno accorto, che si perde nelle illustrazioni dei singoli oggetti, viene restituito un progetto didattico che istruisce sui paesaggi, reali, fantastici, sognati….Un viaggio fantastico che inizia su un piccolo autobus, che da Naturno, porta in pochi minuti, grazie ad una “mitica” guidatrice scavezzacollo, all’ingresso di Castel Juval.
Un non- museo quindi, ma una bellissima abitazione/teatro/laboratorio in cui rappresentare la vita di un luogo e di un uomo – https://bit.ly/3nXEgtn . Di una famiglia – https://bit.ly/3ZOmPsx . Una grande architettura di paesaggio (fisico e mentale) che suscita empatia. Assolutamente da non perdere – https://bit.ly/3UpVqvY
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Prima di costruire la cappella sulla collina di Ronchamp, Le Corbusier si preoccupò di fare un luogo di residenza per gli operai del cantiere, che doveva durare alcuni anni. Viene così costruito, in calcestruzzo armato e in pietre, invece del legno e della terra compattata, inizialmente previsti dall’architetto, un piccolo edificio in linea. Dopo l’inaugurazione della cappella, i pellegrini, hanno potuto usufruire di questo austero, ma rlegante riparo.
L’edificio, che si sviluppa prevalentemente in lunghezza ed è orientato verso Sud-Est, è organizzato in maniera magistrale, ed austera, da LC. Due grandi dormitori con letti a castello, dei bagni e un grande refettorio con una cucina costituiscono la pianta della casa. Un piccolo appartamento, ubicato sulla facciata Ovest, è destinato al gestore che accoglie i visitatori.
Oggi, questo edificio è visitabile ma non ci si può più dormire, per ragioni di mancanza delle normative vigenti in Francia per quanto concerne l’ospitalità.
All’interno è cambiato poco o nulla, dall’epoca della costruzione.
I mobili sono gli stessi disegnati apposta da Le Corbusier. Il loro peso, essendo in legno massiccio, doveva probabilmente premunirli dal furto, infatti i piedi d’acciaio sono riempiti di calcestruzzo. I colori, sono accesi, e sono stati scelti appositamente dall’architetto; ciò vale sia all’interno che all’esterno. Le Corbusier all’interno, colloca anche grandi riproduzioni fotografiche di affreschi medievali, una specie di omaggio all’attività del pellegrino, nata proprio nel Medioevo.
Proprio lì vicino si trova anche, con le stesse fatture architettoniche, la Casa del Cappellano, e la piramide per osservare la Cappella, sempre coeva.
Tutti le strutture sono state realizzate tra il 1950 (inizio progettazione) ed il 1955 (fine lavori).
SOPRA –Casa del pellegrino
SOPRA – Immagine tratta da Google Earthdella collina di Ronchamp
SOPRA E SOTTO – Casa del Cappellano
SOTTO – Alcune immagini della Cappella di Ronchamp
SOTTO – La piramide per osservare la Cappella ed il paesaggio
L’edificio, costruito tra il 1923 e 1925, su progetto di Le Corbusier e di suo cugino Pierre Jeanneret (https://bit.ly/3ZbPtmO), costituisce un “meccanismo architettonico” particolare, in perfetto stile Purista (https://bit.ly/3n4SSqg). La singolarità è dovuta principalmente all’abilità, quasi equilibristica di riunire nella medesima struttura la pinacoteca del collezionista/banchiere Raoul Albert La Roche ed i suoi appartamenti privati. Una parte dell’edifico è destinata all’esposizione d’arte e alla biblioteca e l’altra parte è riservata allo spazio abitativo con le funzioni domestiche classiche; si viene così a creare una suddivisione funzionale dell’area pubblica da quella privata. Attualmente la Maison La Roche/Jeanneret è la sede della Fondation Le Corbusier (https://bit.ly/3nd7KTN).
L’edificio è ricavato in un lotto stretto e lungo, all’interno di un isolato urbano, non lontano dal Bois de Boulogne, ed ha una planimetria che s’insinua magistralmente all’interno del lotto, anche a tutelare le distanze con le altre abitazioni.
SOPRA – Immagine tratta da Google Maps
Entrando nell’abitazione, l’avventore si trova in un ingresso a tutta altezza inondato dalla luce della finestra a nastro del piano superiore. L’attenzione è titillata dal piccolo balcone avanzato che appare come sospeso nel vuoto. L’obiettivo del progettista fu quello di non ingombrare lo spazio centrale con una scala dominante l’ambiente.
Le Corbusier quindi decise di progettare due scale ai lati della hall/ingresso, una delle quali conduce alla abitazione e l’altra nella pinacoteca/libreria.
Alla verticalità del volume d’ingresso si contrappone lo sviluppo orizzontale orizzontale degli spazi della galleria d’arte, le finestre a nastro poste nella parte superiore della stanza consentono alla luce di filtrare all’interno in maniera costante ma graduale e non invasiva.
Attraverso la rampa “colorata” si accede alla biblioteca, luogo di studio e di contemplazione, uno spazio intimo, uno “studiolo rinascimentale” rivisitato, che domina la doppia altezza dell’ingresso. Studiolo, dal quale si può osservare senza essere visti. L’esposizione alla luce consente un’illuminazione naturale propria alla lettura. Una mensola si estende per il lato lungo della stanza al fine di accogliere i libri d’arte del collezionista.
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Un “circuito” stradale, nel Trentino del sud, fattibile sia in auto che in bicicletta. Un centinaio di chilometri circa, tra le due città trentine, uscendo dalla Brennero A 22 a Rovereto Sud (Lago di Garda Nord) passando per il lago di Toblino (SS 45BIS), e rientrando nella Brennero A 22 a Trento Nord………O VICEVERSA.
Un piccolo viaggio, da “sogno” tra laghi limpidi, falesie immaginifiche, splendide architetture, vigneti e paesaggi meravigliosi. Un viaggio, dove l’azione umana sulla crosta terrestre, sembra ancora avere una dimensione in cui Natura ed Artificio possano coesistere. Ovviamente, un viaggio anche di sapori, di enogastronomia, tra profumi e luci naturali indimenticabili. Una “mappa empatica”.
“Quando una città è bella, è più bella di un tempio. Ma anche un bel tempio fu sempre costruito come una città, per un fine che non era il bello.”
Alain (Émile-Auguste Chartier), Du style (1923)
“Mentre il funzionalista cerca il massimo possibile adeguamento a un fine il più possibile specifico, il razionalista cerca l’adattamento al più grande numero di possibilità. Niente di più comprensibile che il razionalista metta particolare enfasi sulla forma. L’uomo solitario, isolato nel mezzo della natura, non ha alcun problema formale. La questione della forma nasce con l’unione di più individui, e la forma è ciò che rende possibile la convivenza tra gli uomini.”
Adolf Behne, Der Moderne Zweckbau (1923)
“Può un insieme casuale di edifici, ognuno concepito singolarmente, ed espressivo nient’altro che la sua funzione immediata, veramente essere descritto come una città? Perché un edificio sia urbano deve avere urbanità. Ora l’urbanità, come tutti sanno, significa né più né meno che buone maniere, e la sua mancanza attesta piuttosto cattive maniere. Ci viene detto che l’arte è l’espressione di emozioni. La maggior parte degli edifici o dei quadri più esecrabili sono perdonati sulla base dell’argomento che essi rappresentino con sincerità ciò che l’artista sentiva. La dottrina che un edificio debba proclamare la personalità del suo progettista è stata la causa di molta volgarità in architettura.”
A.Trystan Edwards, Good and Bad Manners in Architecture (1924)
“La civiltà, osiamo sperare, si può trasmettere; non la si può insegnare in corsi universitari che si concludono in un esame. Quella che chiamiamo civiltà si può interpretare come una trama di giudizi di valore che sono impliciti piuttosto che espliciti”.
Ernst Gombrich, Art History and Social Sciences (1975)
“Che tradizione esiste? Una sola, quella di trasformare le cose; il tempo è misurato (è ‘creato’), solo dalla trasformazione delle cose: dove non si trasformano, non esiste il tempo, non esiste la storia”.
Gio Ponti, Amate l’Architettura (1957)
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L’ultimo edificio, ad uffici, che si sta completando nell’Area metropolitana Milanese, il VI Palazzo uffici ENI a San Donato Milanese, è forse l’ultimo pensato con un concetto di “sostenibilità ed efficienza energetica”, ormai desueto, pre Climate Change (https://www.morphosis.com/architecture/220/).
Oggi probabilmente, un edificio così non sarebbe più concepibile, nè accettato dall’opinione pubblica, per altro già molto critica con il progetto di ENI (https://bit.ly/3YpKQW1).
Il concorso internazionale, che ha proclamato la cordata Morphosis/Nemesi, quale vincitore, si è concluso a fine 2011, ed è stato concepito agli inizi degli anni Duemila (https://bit.ly/3SPwYmG).
La ricerca di forme inusitate, sia in pianta che nei prospetti, finalizzata, secondo il progettista Thom Mayne (fondatore dello studio di Culver City e Pritzker 2005 – https://www.morphosis.com/about/153/?m=person) ad ottenere la massima flessibilità interna, ed a integrare gli impianti fotovoltaici (https://bit.ly/3ZorWjt); l’utilizzo di materiali, quali il calcestruzzo e l’acciaio, ne fanno un oggetto quasi “preistorico”.
Nelle foto (SOPRA E SOTTO) si evidenziano molto bene i rivestimenti “rossicci”, i cosiddetti “a screen microforati” in acciaio inox elettro-colorato.Quasi un lavoro “sartoriale”.
Garantire le massime prestazioni in termini di rendimento energetico e di illuminazione naturale degli ambienti, realizzare costosissimi giardini pensili (Skygarden), ormai non basta più.
Certamente tale edificio non corrisponde già più, nonostante non sia ancora stato inaugurato, agli standard 2030/2035 fissati per gli edifici dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC).
“L’evidenza scientifica è inequivocabile: i cambiamenti climatici sono una minaccia al benessere delle persone e alla salute del pianeta. Ogni ulteriore ritardo nell’azione concertata a livello globale farà perdere quella breve finestra temporale – che si sta rapidamente chiudendo – per garantire un futuro vivibile”, ha detto Hans-Otto Pörtner (Ricercatore IPCC).
Ed ancora Paolo Bertoldi, IPCC e senior expert per la Commissione Europea: “Sulle città, e in particolare sugli edifici, si gioca un’importante partita. Si parla di ridisegnare la mobilità urbana, ridurre in generale i consumi di risorse degli ecosistemi cittadini e implementare soluzioni nature based per stoccare carbonio (ad esempio verde urbano). Soprattutto gli edifici di nuova costruzione dovranno tutti essere a zero emissioni, in grado di stoccare CO2, nelle strutture realizzate in legno, adottare concetti progettuali ed impianti a biofilia per il trattamento dell’aria interna agli edifici (come il caso del costruendo progetto “Welcome” di Kengo Kuma e Stefano Mancuso, sempre a Milano – https://bit.ly/3KXYbSv). Ma soprattutto bisognerà anche trovare il modo di ridurre e ottimizzare gli spazi per limitare il consumo di suoloin un pianeta sempre più popolato.
L’efficienza non basta più – puntualizza Paolo Bertoldi – s’introduce ora il concetto di Sufficienza energetica, che significa limitare la domanda (di spazi, di risorse, di energia) a ciò che può consentire il vero benessere di tutti.
La stessa forma architettonica (Fluida, decostruita, tecnologica) e le scelte materiche (acciaio microforato, ecc.) esprimono un linguaggio ormai desueto, le ARCHISCULTURE, più consono al secondo Millennio, che al terzo. Vengono in mente Zaha Hadid, Jean Nouvel, o meglio Frank O. Gehry a Bilbao (https://bit.ly/3YrrOOW).
Proprio lì di fronte, il V Palazzo ad uffici dell’Eni, progettato da Gabetti ed Isola parecchi anni fa, inaugurato nel 1991, incarna ancora oggi, nelle proprie forme e caratteristiche, un linguaggio ben più anticipatore ed innovativo, in grado di resistere al tempo, e di recepire nelle forme architettoniche le opzioni dettate dal “Climate Change”.
SOPRA –Quinto (V) Palazzo ad uffici, progetto di Gabetti ed Isola (1991)
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A partire dal 2021 è in fase di realizzazione, a Bresso (Mi), ed ormai in fase avanzata di completamento, “Open Zone” (https://www.openzone.it/) il campus, come va di moda dire adesso, scientifico e di ricerca, dedicato alle salute ideato dal Gruppo Farmaceutico Zambon, con la realizzazione di due nuovi edifici che concluderanno ilpiano di sviluppo da oltre 70 milioni di euro, iniziato nel 2018, con la creazione della “bolla” di Oxy.Gen. Con i due nuovi edifici a terziario, Open Zone avrà una superficie di oltre 37.000 metri quadraticon la possibilità di contenere fino a 1.200 persone.
I nuovi edifici denominati “Le Torri di via Campestre”, a firma AMDL CIRCLE (De Lucchi ed Associati – https://amdlcircle.com/), ospiteranno laboratori di ricerca avanzata, e spazi a tecnologia complessa, compresi ambienti dedicati a iniziative imprenditoriali per startup. Soprattutto nel Campus si insedierannoe rappresenteranno (la comunicazione è sempre più importante per il Gruppo Zambon) soluzioni innovative nel campo della salute, che si andranno ad aggiungere alle strutture già esistenti e già ampiamente collaudate come : Oxy Gen (https://oxygen.milano.it/); Sede Z-Life (https://amdlcircle.com/it/project/sede-z-life-zambon-campus-openzone).
Arcadis Italia srl per la progettazione strutturale e quella generale; i trevigiani della CARRON Spa per la costruzione, completano la squadra che sta concludendo i lavori.
Il progetto, di un biancore etereo ed ovviamente colore ormai iconico per il “sanitario”, ha una facciata con una interessante “doppia pelle”, che di fatto reinterpreta il concetto di frangisole, di “brise-soleil” di lecorbuseriana memoria.
Questo progetto, come tutti le definizioni progettuali di AMDL CIRCLE, ha un approccio alla sostenibilità, che non è ripiegato, su una qualità puramente impiantistica per sostenere il raggiungimento di tali obiettivi, come ormai spesso avviene. AMDL CIRCLE, confrontandosi con l’Agenda 2030, i cambiamenti climatici, sembra avere una definizione di “goals” da raggiungere, più seri e credibili (https://amdlcircle.com/sustainability/).
Complessivamente un bell’edificio, ben realizzato. Un edificio di terziario, che si stacca dalla ormai solita e banale poetica architettonica ricorrente, che vede gli edifici di terziario essere solamente un “pelle” di vetro trasparente.
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