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Builders of the future

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Filosofia

Teatro Aldo Rossi del Mondo


Aldo Rossi. Il Teatro del Mondo from Dario Zanasi LAST MINUTE FILM on Vimeo.

“24 FERMATE” – LA VIA REHBERGER TRA RIEHEN E WEIL AM RHEIN


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Sabato, 4 luglio 2020

Per una lunghezza di circa cinque chilometri, la Rehberger-Weg collega due nazioni, due comuni, due istituzioni culturali, ed innumerevoli storie. Si percorre tra Riehen e Weil am Rhein, tra la Fondation Beyeler e il Vitra Campus, tra la Svizzera e la Germania, e volendo si può arrivare fino in Francia, superata l’Autostrada E35 (la via delle Genti, come la chiamava Rino Tami) ed il Fiume Reno, al paesino di Village – Neuf e di Huningue (dove si trova il ponte ciclo pedonale autoportante più lungo del mondo – https://de.wikipedia.org/wiki/Dreil%C3%A4nderbr%C3%BCcke.  Il tutto scandito da 24 “accattivanti” piccole installazioni dell’artista Tobias Rehberger (nato nel 1966 a Esslingen am Neckar, vive e lavora a Francoforte sul Meno) – https://www.24stops.info/en/intro/

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E’ così possibile esplorare un paesaggio naturale e culturale molto diversificato, dove gli europei per centinaia di anni si sono fatti la guerra, si sono “scannati” con milioni di morti. Ci si può fermare per ammirare il paesaggio, sdraiarsi sull’erba, fare un picnic in luoghi appositamente attrezzati. Ambedue le realtà museali : Vitra e Beyeler, forniscono per pochi franchi/euro dei gustosi cestini da picnic. C’è pure un piccolo autobus elettrico, che relaziona i due luoghi, per le persone con difficoltà di deambulazione: alcuni giorni, prenotando, si può fare il percorso (aperto a tutti) con guide appositamente istruite. La Rehberger-Weg dà l’opportunità di conoscere e mettere in relazione la “ricca” storia della zona e della sua gente e contemporaneamente invita a fare un viaggio nella natura bellissima. Una natura antropizzata, più o meno saggiamente, ma che fa dei contrasti, la sua stessa bellezza. Ci si muove tra filari di vite, campi di cereali, maestosi alberi di ciliegio. E’ l’Europa, quella che tutti vorremmo, fatta di qualità, di cultura, di enogastronomia, di storia, di paesaggi sapienti, che qui ha la sua evocazione “plastica”. E’ soprattutto un percorso dove l’architettura (quella “buona” e di qualità) si inserisce, e dialoga magistralmente con l’ameno paesaggio circostante; in 5 chilometri si passa dal “Senatur” Renzo Piano della Fondation Beyeler (https://www.fondationbeyeler.ch/en/museum/architecture-and-nature), dove a fianco il “Vate” Peter Zumthor sta realizzando l’ampliamento (https://it.furniturehomewares.com/2017-05-05-peter-zumthor-extension-designs-renzo-piano-fondation-beyeler-riehen-basel-architecture-news), al Vitra Campus, dove è “collezionata” da decenni il meglio dell’architettura mondiale a firma di : Sanaa, Alvaro Siza, Frank O’ Gehry, Zaha Hadid, Tadao Ando, Herzog& De Meuron, Nicholas Grimshaw, ecc. (https://www.vitra.com/en-cn/campus/campus-architecture). Il tutto costellato da edifici e contenitori, che palesano la loro storia architettonica, magari minore, ma che costruisce un paesaggio morfologico, tipologico, particolarmente ricco e diversificato. In cinque chilometri, si passa dalle mostre d’arte del Beyeler (oggi – EDWARD HOPPER – https://www.fondationbeyeler.ch/en/exhibitions/edward-hopper), alle mostre di architettura e design della Vitra (oggi – GAETANA AULENTI, in Italia quasi dimenticata – https://www.design-museum.de/en/exhibitions/detailpages/gae-aulenti-a-creative-universe.html). E’ un percorso iniziatico, altamente istruttivo, che “spiega” la liaison tra architettura, paesaggio e natura, un atto didattico fondamentale, che qualunque essere umano dovrebbe affrontare prima o poi nella sua vita.

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IL VUOTO ED IL MARGINE


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Credits – https://bit.ly/2UHtVzs

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Credits – https://bit.ly/33TBabR

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Credits – https://bit.ly/2Uoe6P6

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Credits – https://bit.ly/2UsXTIF

Scrive Nicola Verlato (pittore, scultore e architetto italiano residente a Los Angeles, in California; nato nel 1965 a Verona), in merito alla preghiera del Pontefice per la fine della pandemia da coronavirus, in una Piazza San Pietro vuota, del 27 marzo 2020 : “C’è chi dice che la piazza fosse vuota…solo gli occhi callosi e incapaci di vedere affetti dalle cataratte degli odierni iconoclasti possono avvertire il vuoto in una tale pienezza di senso ritrovato. Le basi attiche delle immense semicolonne corinzie della facciata di San Pietro sono l’affermazione più potente possibile della radice Greca dell’occidente che si mostra nuovamente in tutta la sua perentorietà di fronte alla minuscola figura del Papa. L’immensa figura Bronzea del Bernini sullo sfondo annulla tempo e spazio e testimonia il potere dell’arte classica di piegare il tempo teleologico nel quale siamo gettati riportandolo alla sua origine ciclica dove tempi apparentemente lontani sono tutti compresenti, è solo durante tragiche evenienze come queste che possiamo carpire la possibilità di tornare ad essere nuovamente noi stessi.”

Il periodo classico dell’arte greca va dal sec. V a.C. fino alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), raggiungendo il maggior splendore nell’età di Pericle (495 ca-429 a.C.). Quest’arte rappresentò la conquista di valori nuovi e sconosciuti rimasti poi essenziali nella storia dell’umanità: esaltò “l’uomo come misura di tutte le cose” ed espresse equilibrio, armonia, ordine e proporzione fissandoli in canoni che delinearono un ideale di bellezza e di “perfezione formale”.

Da allora l’antropocentrismo, divenne il cuore filosofico dell’arte, oltre che dell’economia e della società occidentale; nonostante l’altissima mortalità infantile ed i gravissimi problemi ecologici nell’antichità. Come ben descritto nel libro “Smog sull’Attica” (1991) di Karl W. Weeber. La storia della Grecia ed anche di Roma in epoca classica, è flagellata da orrori ecologici, che ricordano molto quelli del giorno d’oggi: dal disboscamento forzato dell’Attica sino all’indiscriminato sfruttamento del sottosuolo (cave di travertino) da parte dei Romani, che comportò, oltre al deturpamento del paesaggio, anche condizioni di vita assolutamente inumane per le grandi masse di lavoratori impiegate. La situazione abitativa nell’Urbe era, al di fuori delle grandi ville e delle domus o dei palazzi pubblici, un affastellamento di abitazioni lignee malsane e pericolanti, spesso in preda ad incendi o crolli. L’uso su vasta scala del piombo (pentolame, condutture, ecc.), comportò un generale peggioramento della salute in Roma a causa del porfirismo; i bracieri per riscaldarsi e produrre cibo, creavano una cappa da micropolveri, che conduceva nel tempo, i più alla morte per tumori alle vie aeree. In Grecia durante l’età classica dal 510 avanti Cristo al 323 avanti Cristo: ad Atene, l’aspettativa di vita di 37-41 anni, se si sopravviveva ai primi anni dopo la nascita (un bambino aveva una mortalità, entro i 10 anni, del 60%). A Roma nel periodo dal I secolo a.C. con Augusto, al III secolo d.C., con la fine della dinastia dei Severi: prima dei 10 anni, 20-30 anni; superati i 10 anni, circa 50-60 anni.

Non bisogna neanche dimenticare le immani stragi di animali selvatici, negli spettacoli circensi: fino a 11.000 esemplari uccisi in pochi giorni; e l’inquinamento costante delle acque, sia per bere che per lavarsi.

Agli uomini dell’Umanesimo (movimento culturale nato nel XV, ispirato da Francesco Petrarca e in parte da Giovanni Boccaccio, volto alla riscoperta dei classici latini e greci), spettava il dovere di far comprendere, nella crisi del presente post-medioevale, che riaccostarsi alla Grecia è il solo mezzo di cui si dispone per conservare la nostra civiltà.

Questo «danno» del pensiero, che ci ha dato il Rinascimento e tutta la cultura europea ed occidentale in genere, metteva esclusivamente l’uomo al centro, dando di fatto il via al depauperamento del Pianeta e delle sue risorse, senza veri e propri limiti.

Platone in filosofia, Paolo in religione, Leon Battista Alberti in architettura, Goethe in letteratura, attraverso i loro testi, tempereranno lo spirito degli uomini, rendendoli immuni alle malattie del presente.

Ecco quando Nicola Verlato descrive il luogo dove Francesco Papa, che officia a Roma, nel vuoto di una Piazza San Pietro deserta : “il vuoto in una tale pienezza di senso ritrovato. Le basi attiche delle immense semicolonne corinzie della facciata di San Pietro sono l’affermazione più potente possibile della radice Greca…………… L’immensa figura Bronzea del Bernini sullo sfondo annulla tempo e spazio e testimonia il potere dell’arte classica di piegare il tempo teleologico nel quale siamo gettati riportandolo alla sua origine ciclica dove tempi apparentemente lontani sono tutti compresenti, è solo durante tragiche evenienze come queste che possiamo carpire la possibilità di tornare ad essere nuovamente noi stessi.

Proprio questa ultima frase, che chiosa il pensiero di Verlato “carpire la possibilità di tornare ad essere nuovamente noi stessi”, disvela tutta l’erronea interpretazione, che continua in maniera virale, a distoglierci dalla nostra vera missione, essere umili complici asserviti al benessere planetario, e non dominatori assoluti del Pianeta, con il solo scopo di “mangiarcelo tutto fino all’osso”.

Non bisogna quindi, una volta finito tutto questo: “tornare ad essere nuovamente noi stessi”, ma semmai avere MEMORIA degli errori commessi, per migliaia di anni, dalla: “radice Greca” portata avanti fino alle estreme conseguenze, in ogni attività umana, architettura compresa.

Ricordare, avere MEMORIA, per cambiare. Quell’uomo vitruviano (matita e sanguigna su carta del 1490 all’Accademia di Venezia, a firma Leonardo da Vinci), al centro dell’universo mondo occidentale, vero e proprio LOGO della “radice Greca” è stato UN ERRORE PAZZESCO, non in grado di proteggerci adeguatamente da tutto questo, asservito a produrre soprattutto QUANTITÀ, per pochi, e non dare QUALITÀ per tutti, anche per gli ultimi. Bisogna fare altro ripartendo proprio da quel VIZIO iniziale, quel VIRUS PERVERSO, che la “classicità” ci ha trasmesso per millenni, e noi per comodità abbiamo sempre portato avanti. Un mondo di proporzioni geometriche/meccaniche, avulse dalla Natura. Bisogna tornare indietro, e pensare ad una visione sociale, economica, artistica, filosofica con la Natura planetaria al centro. Natura di cui l’uomo, con i suoi 7,7 miliardi di esemplari (https://bit.ly/2WS1v8o), è parte marginale, infatti gli esseri umani, costituiscono solo lo 0,01% della vita sulla Terra, ma abbiamo sterminato l’83% dei mammiferi selvatici. A dispetto del titolo di specie planetaria dominante, che l’uomo si è assegnato da solo, il nostro peso “fisico” è davvero scarso. In termini di biomassa i virus, ad esempio, hanno un peso combinato tre volte superiore a quello degli esseri umani, così come i vermi. I pesci pesano dodici volte di più mentre la biomassa dei funghi è duecento volte più grande (https://bit.ly/3bwdBs7) . L’antropocene, dopo il Covid19, deve definitivamente finire…..mutare…..evolvere…….. Magari prendendo esempio proprio dall’Enciclica “Laudato si” di Papa Francesco (https://bit.ly/3bFkK9H), ma non certamente da tutta quell’esibizione di simboli scultorei ed architettonici, intimamente legati alla RADICE GRECA, che “circondavano il luogo della preghiera”, costruendo l’immagine suadente, ingannevole e perversa del MARGINE di quel “vuoto”. Se cambiamento non ci sarà, tutte le decine di migliaia di morti che il Covid19 farà alla Specie umana, non avranno avuto senso, ma saranno semplicemente l’ennesimo sacrificio ad una maniera distorta di affrontare la vita degli uomini sulla Terra.

A quel punto potremo solo aspettare, che “l’ennesimo imprevisto” ci cancelli definitivamente dalla superficie terrestre.

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Credits – https://bit.ly/2WPt4zl

Leonardo da Vinci, Uomo vitruviano, misura del Mondo, 1490 ca.

Matita ed inchiostro su carta. Gallerie dell’Accademia di Venezia

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NATURA/ARTIFICIO


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Tulipa Flair, sul mio balcone

Esiste un legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Molte delle malattie emergenti come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviara, influenza suina e il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 (COVID19) non sono catastrofi del tutto casuali, ma sono la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi naturali.

 (WWF – https://bit.ly/2WGbo9n)

Bisogna essere consapevoli che l’emergenza COVID-19 è intimamente correlata alla drammatica crisi ambientale, conseguente un modello economico capitalistico, fondato sul prelievo illimitato di risorse dal Pianeta, il loro spreco e la produzione sempre maggiore di rifiuti.

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Rivestimento in piastrelle di ceramica e pietra, Uffici Enel in via Carducci a Milano, Giò Ponti (1952)

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

BOERITUDINE gourmet


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Può essere Milano una città più serena, che persegue il raggiungimento della sostenibilità di capitali europee, già da decenni in “corsa” per raggiungere lo stesso obbiettivo per il 2025 (https://bit.ly/2C8N7NP  – ben 5 anni prima).

E mentre da noi, a Milano, si discute di qualità dell’architettura (e non di giardinaggio), distratti ad arte da Beppe Sala e Pierfrancesco Maran; il duo cela nel VERDEGGIANTE PGT 2030 di Milano, milioni di metri quadrati di slp. per l’esattezza : 4 milioni e 500 mila; pari ad oltre 15 milioni di metri cubi di cemento (con le premialità inerente la sostenibilità del Regolamento Edilizio); pari ad oltre 100 mila nuovi residenti a Milano da qui al 2030.

Un volume pari a SEI VOLTE il volume della Piramide di Cheope. Eppure nessuno dice niente in merito. Passate le osservazioni, si discute dei milioni di alberi che il Sindaco Sala ha promesso di piantare (per nascondere il cemento).

Milano è ormai da anni in preda alla “Boeritudine”, che ha dimostrato che si può nascondere un grattacielo a torre (massiccio e pesante, di una mediocre qualità architettonica) sotto alcune migliaia di piante, ed i turisti, i cittadini e gli architetti, giù a sperticarsi in complimenti senza fine.

L’architettura ormai è solo “nascondimento” nella città più INQUINATA (https://bit.ly/2q4FLYQ) ed europea d’Italia; ma è anche propaganda, effetto, stranezza, e il futuro non può essere un bosco verticale replicato all’ennesima potenza, come si legge nei documenti del PGT 2030 e nel testo del Regolamento Edilizio, che il duo Sala/Maran si accinge a modificare.

Ci vogliono PARCHI, pause nel tessuto urbano, per OSSIGENARE i cittadini che muoiono letteralmente asfissiati.

Mentre nel PGT 2030, la giunta “spaccia” il nascondimento VERDEGGIANTE di un’edificazione “prona” alle esigenze degli immobiliaristi (Coima, Hines, ecc.), letteralmente “FUMANDOSI” anche l’occasione generazionale di 1 milione e 200 mila metri quadrati degli ex Scali Ferroviari da trasformare PER MOTIVI SANITARI URGENTI, esclusivamente in aree verdi, in parchi (come il Parco Nord); mentre invece solo il 50/60% di queste enormi aree sarà trasformato in verde pubblico (ovviamente a gestione privata).

E’ la BOERITUDINE GOURMET, la ricetta perversa di mettere verde ovunque, rinunciando a costruire una città per i cittadini, fatta di piazze, parchi, case  popolari, servizi, biblioteche (non di alberi MA DI LIBRI), come si faceva qualche decennio fa con l’Urbanistica.

Oggi con il PGT (Piano di Governo del Territorio) la pubblica amministrazione ha delegato il tutto alle fameliche ricette degli immobiliaristi, mentre la BOERITUDINE convince tutti esattamente come UN SOLE INGANNATORE.

No, così la città, Milano non PUO’ ESSERE SERENA.

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E’ tempo di morire


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SOPRA - Poltrona "Proust", Alessandro Mendini per Cappellini (1978)

«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:

navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,

e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.

E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,

come lacrime nella pioggia.

È tempo di morire.»

Appena il tempo fa il suo inevitabile corso, come succede a tutte le cose ed agli esseri viventi in questa parte di Universo, subito in rete c’è come un’alzata di scudi, si tenta di resistere al tempo, ricordando, incensando il morituro. Mostrando immagini della sua esistenza terrena. Esibendo che lo si è conosciuto, che si è vissuto nella sua ombra, che si è “bevuto” alla sua fonte. Si perpetua così l’illusione di un tempo infinito, si cerca collettivamente di convincersi che “tutti quei momenti non vadano perduti…come lacrime nella pioggia”.

La morte moderna, ospedalizzata e tecnologica, ci è stata sottratta. L’esperienza della morte non appartiene piú, come la percepivamo una volta, agli eventi naturali della vita. Avremmo bisogno, come allora di fermarci a pensare, ed invece esorcizziamo con un’immaginetta e “quattro frasi”.

Se non ritorneremo, al più presto, a concepire la morte come una compagna quotidiana, finiremo per dimenticarci di essere vivi (distratti come siamo).

Morire sul colpo, è il nuovo sogno, la fine che ciascuno augura a se stesso. Prepararsi non serve, la morte agognata è una passata di spugna, rapida e indolore: sei qui e un minuto dopo non ci sei più. Se tutti dobbiamo morire, la speranza è di farlo senza accorgersene. Sparire.

Più che una soluzione, sembra una fuga, un “Final Cut” da una vita che scorre sempre più veloce. Siamo così impreparati di fronte alla morte che l’unica risposta che la nostra cultura ipertecnologica sa offrirci è fingere che non esista. Ma è una scommessa: in pochi avranno la fortuna di varcare la porta a occhi chiusi, con passo leggero e svelto. E gli altri, invece soffriranno da impazzire, agonizzeranno per giorni o anni.

Costruire, ognuno, nel corso del tempo della propria vita, una cultura della morte, che non sia dominio esclusivo della medicina né rimozione di un evento inevitabile. Costruire la “propria tomba” è l’unica strada possibile praticabile.

Eppure come scrive Renè Girard (Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Adelphi, Milano 1983) “È sempre con una tomba che si elabora la cultura. La tomba non è altro che il primo monumento umano eretto intorno alla vittima espiatoria, la culla primigenia delle significazioni, quella più elementare e fondamentale. Non c’è cultura senza tomba, non c’è tomba senza cultura: la tomba è al limite il primo e l’unico simbolo culturale.»

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Meglio non fare nulla, che fare qualcosa.


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Sopra il Corsera di oggi 9 gennaio 2019 con l'articolo di Gian Antonio Stella a pagina 42.

Nel febbraio 2017, veniva bandito un concorso di progettazione, in due gradi, per l’ampliamento della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Diamanti a Ferrara (https://bit.ly/2shhSuT). Importo previsto dei lavori euro 2.615.500 per 660 metri quadrati. Risultava vincitore il progetto proposto dalla triade 3TI + Labics + Vitruvio (https://bit.ly/2RlEd9t); con un progetto minimalista e poco invasivo, che si fa alla tradizione del Moderno (Mies van der Rohe), per rispondere alle esigenze di dare compattezza e futuro alla Galleria d’Arte Moderna. Settanta i progetti ricevuti, dieci quelli selezionati per partecipare alla seconda fase, valutati dalla commissione presieduta da Maria Luisa Pacelli, dirigente del servizio Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara, e di cui erano membri, in qualità di “dotti” esperti, Giorgio Cozzolino, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e Alfonso Femia, ex socio dello studio 5+1AA e fondatore di Atelier(s) Alfonso Femia. Da allora si è sviluppato un “ginepraio” dove la così detta società civile, capitanata dai fratelli Sgarbi (Vittorio ed Elisabetta), chiede con una raccolta di firme la non esecuzione del progetto, secondo loro “distruttivo” e vero e proprio scempio ! (https://bit.ly/2SOVWTG). Tra i firmatari dei veri e propri maestri in “scempi architettonici” in luoghi sensibili : Mario Bellini (https://bit.ly/2Aywhaw), Mario Botta (https://bit.ly/2Rju6BY), ecc.; ed anche dei veri e propri “esperti” dell’architettura in luoghi ad alta sensibilità paesaggistico : Massimo D’Alema (politico in pensione), Klaus Davi (massmediologo), Furio Colombo (giornalista tuttologo), Oscar Farinetti (imprenditore), ecc. (qui l’elenco dei firmatari – https://bit.ly/2QxA1yi). Sotto, sotto (ma neanche tanto) vi sono le imminenti elezioni amministrative a Ferrara (Tagliani sindaco del centrosinistra, versus Sgarbi Family che fa l’occhiolino al centrodestra Salviniani/Leghista). A PERDERCI COME SEMPRE E’ L’ARCHITETTURA (soprattutto quella moderna) e GLI ARCHITETTI, messa/messi in mezzo per un MASSACRO. Tutto sembra tendere verso quello che è ormai il tragico motto di una nazione immota e ferma : “Meglio non fare nulla, che fare qualcosa”, il che esclude anche la possibilità di aumentare gli spazi culturali di una città importante, ad uso anche di una migliore attrattività turistica, oltre a perdere forse dei finanziamenti già acquisiti.

http://artemoderna.comune.fe.it/

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Il Bidello dell’architettura


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Parecchi anni fa, negli anni Ottanta del Novecento, all’Istituto Universitario di Venezia (IUAV) esisteva una figura nota a tutti, un bidello, una specie di factotum, che aveva acquisito fama e notorietà, anche perchè portava degli occhiali identici a quelli di Le Corbusier.

Si trattava del capo bidello, il cui tavolino era collocato nell’atrio del corridoio. Costui era considerato una sorta di “segretario generale”, di “super-bidello” della facoltà; anche perchè sapeva sempre tutto e di tutti. Nonostante le numerose mansioni che svolgeva, spesso al di fuori del proprio ruolo, quasi confondendosi con la docenza e la gestione universitaria; nonostante i numerosi “svarioni” a cui era avvezzo; nonostante le fandonie che spesso raccontava travisando la realtà, ai più risultava “simpatico”. Un male necessario ed indispensabile. Nel corso del tempo era divenuto quasi una potenza, o perlomeno così gli piaceva far credere.

Questo suo fare, intrallazone ed ai limiti della liceità, lo portò ad essere parte attiva in una vicenda di esami di stato truccati, che nel 1985 lo condusse agli arresti.

Una losca tresca tra docenti, personale della segreteria, bidelli di cui ci resoconta con dotta sapienza, Roberto Bianchin, in un’articolo della Repubblica del 27 novembre 1985.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/11/27/architettura-arrestato-un-docente.html

 

 

RE-Park


 

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SOPRA IN ALTO – il render dell’intervento / QUI’ SOPRA – l’edificio in corso di ultimazione

Il cantiere di via Chiese a Milano Bicocca, una ristrutturazione di un edificio degli anni Ottanta, è in corso di ultimazione.

Sarà la sede di Engie (energia), il progetto è stato firmato dallo studio PARK ASSOCIATI, fondato da Filippo Pagliani e Michele Rossi, che negli ultimi anni ha firmato i più raffinati ed interessanti progetti di ristrutturazione di edifici destinati a ufficio a Milano.

Un edificio, quello dei civici 72 e 74, per nulla banale e scontato, dove le nuove vitree facciate vengono re-interpretate seguendo uno schema che riconduce ai rigori della composizione e già questo non è poco vista la banalità di alcuni interventi nell’intorno.

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Filippo Pagliani e Michele Rossi si allontanano dagli schemi culturali e progettuali dell’architettura “modaiola” di questi anni :  la disciplina architettonica è per loro una sfida alle convenzioni costruttive e  alle tradizioni formali e tipologiche, che vengono continuamente reinterpretate. La progettazione è quindi un continuo rinnovo della materia, una commistione di discipline e forme, dalla musica alle arti plastiche. Park Associati non si è mai avvalso di una linea stilistica unica, ogni volta ricerca una “strada” diversa : anche occupandosi di  progetti estremamente vari, che spaziano da design alle grandi strutture.

D.S.

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