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MIMMO ED IL MURO


SOPRA – Planimetria (tratta da Google Earth) delle relazioni tra Palazzo Citterio ed il complesso di Brera

Nel giardino di Palazzo Citterio (ampliamento della Pinacoteca dell’Accademia di Brera – https://pinacotecabrera.org/grande-brera/), che presto sarà collegato con il meraviglioso Orto Botanico di Brera (https://ortibotanici.unimi.it/orto-botanico-di-brera/), una delle opere presenti nel Giardino del Palazzo, sarà l’arcaico muro, destinato a definirne parte della recinzione, denominato dallo stesso autore Mimmo Paladino: “Dei Longobardi”.

Il muro, realizzato dall’artista originario di Paduli, con gli stessi criteri costruttivi di riuso adottati dai, così detti (erroneamente) “Barbari germanici”, definiti Longobardi. Essi hanno attraversato un po’ tutta la penisola italica, concretizzando il Regno Longobardo, tra il 568-569 d.C. (invasione dell’Italia bizantina) e il 774 d.C. (caduta del Regno a opera dei Franchi di Carlo Magno), per loro era consuetudine riutilizzare i residui delle civiltà precedenti, e nella penisola, trovarono soprattutto, i resti dell’Impero Romano (la cui caduta avvenne nel 476 d.C.), per ricostruire, per ricomporre, per definire i propri edifici, i propri muri, le città. (https://www.exibart.com/speednews/milano-art-week-8-palazzo-citterio-apre-al-contemporaneo-ne-parliamo-con-mimmo-paladino/).



SOPRA – Tre immagini che restituiscono l’attività creativa in merito al “Muro Longobardo” di Mimmo Paladino (immagini fotografate alla mostra di Palazzo Citterio)

Il Muro dei Longobardi costituito da pietre riutilizzate, sovrapposte con sapienza dall’artista, definiscono una serie di nicchie, di aperture, in cui saranno collocati dei “frammenti” di reperti archeologici, opere dello stesso Paladino.

Immagine del “Muro” tratta dal numero di Exibart del 11-04-2018, dall’articolo a firma M. B. Ferri

SOPRA – Planimetria della “Collina di Ermes”, con localizzato il “Muro” di Mimmo Paladino

https://www.raiplay.it/video/2024/11/Italia-Viaggio-nella-Bellezza-La-Grande-Brera-0c6d3c66-f0b9-4ca2-9692-a38b35717ced.html

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Villa Almerico, Capra, Valmarana detta la Rotonda a Vicenza.


UNA LIMPIDA SERATA di inizio autunno (27 settembre 2024, ore 19,00). Una collina con sopra un’ architettura epica. Un filosofo in grande forma (che discetta sulla trattatistica rinascimentale, ed il particolare sul De re aedificatoria di Leon Battista Alberti). Un cielo, al tramonto, dove gli astri fanno a gara per farsi notare……UNA FORTE SENSAZIONE, PER TUTTI, DI BELLEZZA ED INFINITO.

Il fine dell’architettura, come è nella villa del Palladio, è edificare, noi mortali, opere immortali. La villa Rotonda è come un tempio immortale, non per gli Dei, ma dove vive un uomo che considera gli Dei. Dietro la collina su cui insiste la villa Capra, c’è l’INFINITO….. è un TEMPIO ABITATO.

COMMODULATIO – L’architettura va concepita e dimensionata con i numeri “essendo scientia”, commodulando parti diverse, e riferita al corpo umano. Il canone (la canna), il “metro” deve essere chiaramente leggibile e trasmissibile. Nessun canone fisso, nulla va ripetuto, MA SUPERATO. L’architettura si dà, si offre, con un’ armonia, come una musica.

“Architecti est scientia”, quindi matematicamente trasmissibile. L’architetto deve essere un filologo, che conosce perfettamente il greco ed il latino, che ha una consuetudine con il passato della storia dell’ architettura. Che la studia quotidianamente.

L’idea matura nel tempo, non bisogna essere impazienti, per realizzare un progetto CI VUOLE TEMPO DI DECANTAZIONE.

ADDENDUM

A posteriori, appare strano che, un filosofo colto e raffinato nel suo pensiero, analizzando la trattatistica legata all’architettura, non si ponga il problema della continuità della”visione classica”, cancerogena ed umano-centrica, di una società, quella occidentale, che si è “mangiata” (codificando e legittimando) l’ecosistema planetario.

Proprio lui, il filosofo, che dovrebbe evidenziare questa contraddizione, attraverso cui rendendo tutto, ad una dimensione “matematicamente e geometricamente” trasmissibile (scientia), invece di proporre ipotesi e soluzioni alternative, in grado di restituire uno spiraglio di luce sul futuro dell’ agire umano, cerca di dare continuità a questa MACELLERIA PLANETARIA.

In tal senso, ottima la scelta dell’ora del tramonto, in grado di restituire ai convenuti, il senso di un pensiero occidentale morente, lanciato probabilmente in maniera inevitabile, verso la fine.

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GHOST DREAMS


Sono stato alla fondazione Beyeler di Riehen (Basilea), decine di volte, ed ogni volta una sorpresa nei criteri di allestimento, nella qualità della proposta museale. Ma questo “fuori/dentro” dal museo al giardino, che ho potuto apprezzare oggi, ha qualcosa di sorprendente, di meraviglioso, che lega l’arte intimamente con le regole della Natura planetaria di questa parte di Universo…..Sogni fantasma – https://www.fondationbeyeler.ch/en/exhibitions/ghost-dreams

Per la prima volta nel quarto di secolo della Fondation Beyeler gli spazi di tutto il museo e del parco vengono ripensati da artisti e curatori ma anche scienziati, filosofi, architetti, musicisti e poeti per un’esperienza espositiva sperimentale stimolante, innovativa e dinamica.

In effetti è difficile immaginare una mostra museale che muta in continuazione, che invita a leggere un libro, mentre le opere d’arte intorno vengono cambiate ogni tanto. Una patata dolce cuoce nel microonde, puoi dormire in un letto che interpreta i tuoi sogni,  e ogni tanto sei avvolto da una fitta nebbia che dà un senso di spaesamento surreale.

Sembra di partecipare ad un esperimento, incluso il titolo della mostra che cambia nelle dodici settimane di esposizione. Invece il tutto è un colto meccanismo per rendere l’arte concettuale accessibile, titillante, meravigliosa, senza ricorrere a un intrattenimento “facile” e banalmente spettacolare, come spesso succede di questi tempi, ad uso dei media. Quì al centro vi è lo spettatore/visitatore/esploratore che deve “conquistarsi” la sua personale interpretazione della mostra.

Il tutto ad iniziare dalla guida criptica della mostra  “All my love spilling over” (Tutto il mio amore si riversa), che costringe il visitatore a fare lavorare il cervello per comprendere il titolo e l’autore dell’opera che ha davanti. Spetta al visitatore creare Liaison tra opere visivamente accostate con sapienza per stimolarlo, per fare lavorare la memoria (visiva e non solo) di ognuno.

Ecco che Koo Jeong A (un giovane artista sudcoreano specializzato in installazioni e tecniche miste), con una scultura nera sospesa (Boolgasaeu Boolgasali del 2024), viene messo in relazione con il famosissimo (ed enorme) quadro ad olio su tela di Claude Monet ‘Lo stagno delle ninfee’ (1917-20); mentre fuori (basta chiedere e si può uscire), nel giardino, vicino ad un laghetto incombe la grande scultura “Hase” un’opera di Thomas Schütte che fa parte della Collezione Beyeler dal 2014. Nel laghetto Fujiko Nakaya fa vibrare con un sistema di onde d’urto, il pelo dell’acqua.

L’architettura di Renzo Piano aiuta con le grandi vetrate, l’illuminazione naturale, ed i setti in porfido, a dare un legame intimo con l’esterno, con il paesaggio circostante arricchito da “presenze” artistiche.

La spettacolare e stimolante mostra collettiva estiva della Fondation Beyeler sta riscuotendo un notevole successo, tanto da essere legittimamente definita “l’argomento principe di conversazione del mondo dell’arte 2024”.

Fondation Beyeler è uno dei più importanti musei della Svizzera, e stà per diventare uno spazio espositivo vastissimo. Alla sede principale di Piano, si aggiungeranno, tra il 2025 ed il 2026, tre edifici dell’architetto/guru svizzero, Peter Zumthor (una sede espositiva di 1500 metri quadri, un padiglione e un edificio di servizio) che sono in costruzione nel parco paesaggistico di impostazione ottocentesca in stile inglese (acquisito dai confinanti per duplicare l’estensione dei giardini, facendoli diventare una “piccola” riserva naturale).

https://www.fondationbeyeler.ch/en/museum/new-museum-building

SOTTO – Stralci dalla guida della mostra

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WOLFGANG LAIB


SOPRA – Vista di Varese dall’alto del giardino di Villa Panza

SOPRA – La corte di Villa Panza che si apre sul giardino, con l’opera Cone of water di Meg Webster, 2016

Partendo dalla visione paesaggistica della città di Varese dall’alto, che bene si può cogliere dal giardino all’italiana, di villa Panza di Biumo, oggi bene FAI (https://fondoambiente.it/luoghi/villa-e-collezione-panza); ed idealmente entrando, all’indietro, nel “contenitore museale”, attraverso la corte, una finestra, per apprezzare le stanze della meravigliosa installazione, decantata nel corso del tempo, dal sofisticato e stimolante progetto espositivo di Giuseppe Panza, si può cogliere, anche in una uggiosa e fredda giornata autunnale, la magnificenza del luogo.

Meglio se si è pure accompagnati da una colta, ed esperta studiosa della collezione, opportunamente agghindata, quasi per essere parte, essa stessa, dell’esposizione d’arte.

L’esposizione delle opere di Wolfgang Laib, che si intitola “Passageway”, bene identifica questi anni sofferti di “passaggio”, che stiamo attraversando. Passaggio da un sistema di vivere, produrre e consumare, che ci sta portando al collasso dell’ecosistema planetario, ad un’altro sistema di vita che ci sarà imposto dalle circostanze climatiche.

Nell’attività dell’artista tedesco, nato a Metzingen il 25 marzo 1950, il passaggio che attua con la sua attività artistica, è quello della materia naturale organica : riso, cera d’api, in artefatti artistici, grazie all’azione operata dalla sua attività.

E’ anche un “passaggio” tra materiale ed immateriale, tra concreto ed astratto.

Ci vogliono cinque mesi perchè dal seme del riso nascano un germoglio, e quindi una piantina. Poi che questa fiorisca, fruttifichi, in un ciclo continuo che si succede incessante da millenni.

SOPRA E SOTTO – Wolfgang Laib, Passageway Inside – Downside, 2011/2012, 52 navi in ottone

SOPRA – Nave di ottone, su letto di chicchi di riso

SOPRA – Wolfgang Laib – Brahmanda, 2016/2022, Granito indiano nero lucidato con olio di girasole

SOPRA – Wolfgang Laib – Untitled, 2023, Scultura in cera d’api e riso

SOPRA – Wolfgang Laib – Crossing the River for Bodidharma 2023, Lavori in colore bianco su sfondo bianco

Dichiara l’artista : “Per me è molto bella la sensazione di poter superare il tempo”, ed ancora : “Credo che l’arte davvero importante sia senza tempo”.

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Villa Margon


A pochi chilometri sopra Trento, immersa nel verde, ed in dominanza del paesaggio, si trova Villa Margon. Essa è una delle più interessanti residenze signorili costruite nel Rinascimento. La villa, edificata tra i boschi in località Margon alle pendici del Monte Bondone (452 m.s.l.m.), venne completata verso il 1540-50 per la delizia estiva della famiglia di origine veneta dei Basso. Estinta la famiglia dei Basso dal 1596, la villa passò di mano in mano alle antiche e nobili famiglie europee, tra le quali i Fugger (Tedeschi di Augusta), i Lodron (Trentini di Storo, valle del Chiese), i Lupis (Italiani di probabili origini franco-germaniche) e i Salvadori (originari di Mori vicino a Rovereto) che la tennero fino al 1970.

Dimora estiva nobiliare e luogo di villeggiatura, la residenza, con i suoi annessi, sorge in un paesaggio di una bellezza unica ed è immersa in un vasto parco di circa 135 ettari. Donata agli inizi degli anni ’90 alla famiglia Lunelli, i detentori del prestigioso marchio vinicolo “Ferrari”, è diventata, dopo una ristrutturazione/restauro che ne ha restituito l’antico splendore originario, sede di rappresentanza e biblioteca “Bruno Brunelli”( https://www.brunolunellilibrary.it/villa-margon/ ).

Villa Margon ha ospitato, negli anni del Concilio di Trento (1545-1563), cardinali e prelati giunti da tutta Europa per la grande assise che diede il via alla Controriforma. Tra gli ospiti la tradizione vuole anche l’imperatore Carlo V, le cui gesta, non a caso, sono raccontate in un ciclo di affreschi che impreziosiscono la villa, e il cui letto è tra gli arredi più significativi. Affrescata anche all’esterno, Villa Margon risalta in un parco che è intatto da secoli e che, per la vegetazione, soltanto in parte autoctona, è considerato un capolavoro della natura.

SOPRA – Immagini tratte da Google Earth

Si tratta di un edificio sostanzialmente residenziale a pianta rettangolare, costruito proprio di fronte ad una fortificazione merlata, si antepone ad essa con un meraviglioso portico, sormontato da eleganti loggiati di chiara ispirazione veronese, caratteristica peculiare di molte ville rinascimentali venete. Le logge sono riccamente affrescate con rappresentazioni di assedi di città.

Il sistema compositivo loggiato della facciata, palesa chiaramente, questa nuova filosofia architettonica di implementare il paesaggio circostante, che non deve più essere solamente osservato dalle minute finestre nelle murature dai residenti, ma goduto con una vera e propria “immersione” in esso.

L’interno, molto semplice nella disposizione planimetrica (sala centrale con quattro sale più piccole laterali, una per ogni lato lungo) si articola in una serie di sale riccamente affrescate da cicli pittorici che rappresentano testimonianze preziose della pittura trentina del Cinquecento. Affreschi che testimoniano della vita dell’imperatore Carlo V, che sembra sia stato ospite della villa. Altri affreschi contengono scene del Vecchio e del Nuovo Testamento ed un ciclo dei Mesi. Le decorazioni sono il frutto dell’opera di artisti attivi in loco tra il 1556 e il 1566. La villa conserva anche importanti arredi coevi al suo completamento.

La villa, ha antistante, una casa merlata con torretta munita di orologio e meridiana, ampliata e modificata nell’Ottocento, la Cappelletta della Natività di Maria Vergine, rifatta in stile neogotico dall’architetto Masera nel 1867 su quella già esistente del Cinquecento, il giardino all’inglese (con un grande parterre) e l’annesso parco, che “sfuma” in maniera sapiente nella natura “antropizzata” circostante.

L’interno si articola in una serie di ampie sale riccamente arredate e decorate: dal salone centrale si accede alle quattro sale laterali, due a sinistra e due a destra. Il salone centrale presenta, in dodici riquadri affrescati, le principali imprese militari dell’imperatore Carlo V tra le quali la battaglia di Pavia con la cattura di Francesco I nel 1515 e la vittoria, seppur parziale, sui Protestanti nel 1547 (battaglia di Mühlberg nel Brandeburgo germanico).

A sinistra si entra in una sala quadrata con soffitto a cassettoni che presenta pareti affrescate con dodici scene dell’Antico Testamento. Tra le altre, l’affresco dedicato alla Torre di Babele, quello alla creazione dell’uomo e della donna, l’alluvione con l’Arca di Noè e quello dedicato ad un episodio delle Storie della vita di San Giuseppe. La seconda sala, collegata con la precedente e il salone centrale, propone dodici riquadri affrescati con scene del Nuovo Testamento. Tra gli altri, la Moltiplicazione dei pani e l’incontro di Gesù con la Samaritana. Al centro della sala una raffinata copia marmorea della scultura di Amore e Psiche di Antonio Canova.

Alla destra del salone principale, la sala da pranzo. La sala presenta pareti decorate da un ciclo di affreschi che rappresentano i dodici mesi dell’anno. Protagonista degli affreschi dei mesi è l’ambiente naturale circostante. La seconda sala sulla destra del salone d’ingresso è la sala del biliardo che ospita una raccolta di vedute di Villa Margon, ed alle pareti una raffinata serie di formelle colorate a creare una decorazione che simula una tappezzeria dipinta.

Il primo piano ricalca esattamente lo sviluppo planimetrico sottostante: un grande salone centrale, che si apre sul loggiato, e quattro stanze laterali.

Come già descritto in precedenza, è proprio lo splendido loggiato, proporzionato e geometricamente ineccepibile, che testimonia della rivoluzione architettonica rinascimentale, nella tipologia della Villa, la creazione di una “Sala aperta” sul paesaggio. Un luogo sicuro, non solo di collegamento tra ambienti interni, ma uno spazio privato in cui sostare, e da cui dominare, e contemplare, la natura circostante ed il giardino.

https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2023/07/villa-margon-il-gioiello-del-rinascimento-trentino-7f9e27c4-c7d5-4a3d-9d21-429d52e5faf9.html

Come scrive Howard Burns nel libro “La villa italiana del Rinascimento” (Angelo Colla Editore, 2019). “La villa italiana rinascimentale risponde non solo al desiderio da parte dei proprietari e dei loro architetti di ricreare le forme e i piaceri delle ville degli antichi romani, con i loro colonnati e giardini, ma anche alle esigenze della sicurezza e dello sfruttamento economico delle campagne. E ci ricorda come la villa rinascimentale è spesso erede del castello medioevale, cioè luogo forte da cui dominare il territorio circostante.”

Lì vicino, ma più in basso, sulla strada di accesso alla villa da Ravina, immersa nei vigneti, la Locanda Margon, con cucina a cura di Edoardo Fumagalli chiamato a dirigere il progetto eno-gastronomico della famiglia Lunelli ( https://locandamargon.it/ ).

SOPRA – Il bel libro di Michelangelo Lupo e fotografie di Massimo Listri, sulla Villa Margon, edito da Skira

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Robert Mallet – Stevens (1886/1945)


Nipote acquisito dell’abile finanziere belga Adolphe Stoclet, Robert Mallet-Stevens (1886 – 1945), trascorrerà molti soggiorni a Bruxelles nella casa dello zio, il Palais Stoclet, progettato dall’architetto Josef Hoffman (e decorato da Gustav Klimt), figura di spicco della Secessione viennese (https://bit.ly/3nhYEp3) . Una “opera d’arte totale” che condizionerà la formazione giovane architetto Robert.

Al Salon d’Automne del 1912, dove espose i suoi primi progetti (soprattutto arredamenti), ebbe modo di conoscere P. Chareau e altri artisti, animati dallo stesso intento di rinnovamento che porterà alla costituzione nel 1929 dell’Union des Artistes Modernes.

Dopo essersi arruolato nell’aviazione durante la prima guerra mondiale, Robert Mallet-Stevens ha progettato vetrine e negozi per l’industria e il commercio e ha creato numerosi set cinematografici. Nel 1925 progetta diversi padiglioni e allestimenti per l’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi (https://bit.ly/3AFyyiQ), che si distinguono per la loro modernità. Le linee pulite, geometriche, vengono liberate dagli ornamenti, dai decori, la luce viene trattata come materia, allo stesso modo di quelle frutto del progresso tecnologico (ferro, vetro, cemento).

Nel 1924, Robert incontra a Parigi il banchiere Daniel Dreyfus, che desidera realizzare un’operazione immobiliare per costruire un complesso residenziale su un terreno di 3.827 metri quadrati di sua proprietà nel 16° arrondissement, a pochi metri dalla sua residenza privata, situata in rue de l’Assomption.

SOPRA – Immagine tratta da Google Earth

SOPRA – Disegno a mano libera, del lotto, tratto da una planimetria presente sul posto (Dario Sironi, 2007)

Mallet-Stevens progetta quindi un insieme totalmente omogeneo, senza negozi e lontano dal rumore, interamente dedicato all’abitazione e alla calma. Dove possano insediarsi artisti, ricchi borghesi, intellettuali (https://bit.ly/44fraIB). Tutto è pensato dall’architetto, dall’arredo urbano alla decorazione d’interni, riprendendo il concetto di arte totale del Palais Stoclet.

Un complesso residenziale “lavorato” all’interno di un lotto. Un intervento di micro-urbanistica raffinato e coerente con i dettami del nascente Movimento Moderno. (https://www.villegiardini.it/robert-mallet-stevens/)

Vicino a Rue Mallet-Stevens, le Corbusier realizzò, qualche anno prima, nel 1924, la “doppia” villetta Maison La Roche – Jeanneret (8/10 Piazza du Docteur Blanche 75016 Paris); LC costruirà la “sua macchina da abitare”, in maniera ascetica e pauperistica, infischiandosene d’intrattenere un dialogo con il passato. Diverso è il caso di Mallet – Stevens, che con raffinata pazienza instaura un dialogo sapiente con la storia dell’architettura: fatto di dettagli, materiali e forme.

Purtroppo, negli anni Sessanta del Novecento, il complesso realizzato nel 1927, viene manomesso in molte parti (interni, arredo urbano, ecc.), e sopraelevato di 3 piani. Nonostante ciò il complesso consente ancora oggi di apprezzare la maestria e l’abilità architettonica dell’architetto franco-belga.

Dal 1930 Mallet – Stevens fu nel comitato direttivo de L’architecture d’aujourd’hui, la principale rivista d’architettura pubblicata in Francia.

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Orto Botanico “Isole di Brissago”


Da Locarno, si prende un comodo battello, e circa in mezz’ora, o poco più, si raggiunge il paradisiaco Orto Botanico.

Il giardino, con più di 1700 piante, viene raccontato con un percorso ambizioso teso ad illustrare la vegetazione del Mondo.

In primavera l’Orto Botanico delle Isole di Brissago (https://www.isoledibrissago.ti.ch/it/), dà il meglio di sè, con le cime più alte, verso nord, che circondano il Lago Maggiore, ancora innevate, mentre le fioriture delle Camelie, delle Azalee, dei Rododendri, ecc., e delle perenni primaverili, restituiscono, per contrasto, inquadrature indimenticabili – https://www.ticino.ch/it/commons/details/Isole-di-Brissago-Giardino-Botanico/2636.html

Una gita “di paesaggio”, per chi apprezza i contrasti e la Natura.

https://photos.app.goo.gl/mEN72EVZDaBf43oW8

SOPRA – L’Albergo delle Api

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Sexy architecture


SOPRA – Sede Mondadori a Tregarezzo di Segrate (Milano) dettaglio

Sexy si riferisce a qualcosa di provocante, di sensuale, di seducente, di erotico, ad un qualcosa che non è necessariamente bello ma che attrae per un determinato aspetto o dettaglio. Spesso per una. concomitanza di fattori difficili da spiegare.

Forme morbide, linee curve e sinuose, rendono sensuale l’architettura. Anche i materiale e l’incidenza luminosa su di essi, contribuisce a titillare l’occhio e la memoria cerebrale. Essi hanno anche una forte valenza tattile, e spesso odorosa, anche se qui a predominare e’ il profumo delicato della Mata Atlantica.

In merito alle curve morbide e libere, ad un’uso “stimolante” dei materiali, viene subito in mente la filosofia progettuale, la poetica, di uno dei più grandi architetti all’avanguardia, il brasiliano oscar Niemeyer.

Oscar Niemeyer, nato a Rio de Janeiro nel 1907 e morto nel 2012 sempre a Rio. E’ vissuto per 105 anni.

“Non è l’angolo retto ciò che mi affascina. Non la linea retta. Dura, inflessibile, creata dall’uomo. Ciò che mi affascina è la curva libera e sensuale. La curva che trovo nelle montagne del mio Paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna. Di curva è fatto tutto l’Universo.”


Le curve morbide e libere sono l’essenza stessa dell’universo in cui viviamo, ed esse sanno creare, suscitare emozioni, nela specie umana. Le opere di Oscar Niemeyer sono di una plasticità unica, con forme sinuose e fluide, a volte in perfetta mimesi e sintonia con il contesto circostante, a volte imposte all’ambiente.

Ciò vale per tutti i suoi edifici, ma in particolar modo per la Casa das Canoas a Rio (sua abitazione nella Mata Atlantica).

Vera e propria forma sensuale, di una “eroticità” quasi biologica, che dialoga con la natura circostante: con le pietre, il fiume, le piante, il paesaggio, il cielo.

I materiali sono “poveri”, semplici, nulla è ricercato, se non le forme. Essi hanno anche una forte valenza tattile, e spesso odorosa, anche se qui a predominare e’ esclusivamente il profumo delicato della Mata Atlantica.

La casa, meravigliosa, è uno spazio per gli “umani”, ritagliato nella potenza selvaggia della foresta equatoriale. E’ come una bella donna nuda e sognante, sdraiata nella Natura.

SOTTO – Casa das Canoas a Rio de Janeiro (Brasile), Oscar Niemeyer, 1951 – 1953

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CTONIO


In Corso Venezia 52 a Milano, ha aperto al pubblico il 7 settembre 2022, un nuovo museo etrusco con nuovi spazi espositivi ricavati nella vecchia sede, appositamente restaurata e ampliata, della Fondazione Luigi Rovati. Il progetto, molto complesso per i rigorosi criteri di sostenibilità (ha il suo appeal architettonico massimo, nella parte ipogea, ispirata alle tombe di Cerveteri), è dello studio MCA Mario Cucinella Architects.

La scala che dall’Atrio, conduce agli spazi espositivi sotterranei
I ricorsi in pietra serena che caratterizzano soprattutto i sotterranei

Agli spazi sotterranei si accede direttamente dall’ingresso principale: attraverso una scala rivestita completamente di pietra serena (pietra delle cave tosco-emiliane), si arriva così allo spazio espositivo composto da tre sale circolari e una grande ellittica. In pianta la forma che ne risulta è “organica”, quasi “biologica”. Questo spazio ctonio è modellato da ricorsi di pietra che, generano uno spazio dinamico, mosso. Come puntualizza lo studio Associato di Mario Cucinella (MCA): «La scelta di una unica pietra, quella serena, racconta di una materia estratta da profonde cave di Firenzuola, che dà un senso di uno spazio scavato sottratto proprio come nelle cave; opere di architettura di inconsapevole bellezza. Le rigature orizzontali delle pietre, dovute alla dimensione del concio di cinque centimetri di spessore e un metro di lunghezza e distanziate di cinque millimetri tra loro, creano un effetto di sospensione di questa imponente massa che contrasta con i puntini lucenti dovuti alla presenza di scagliette di Mica nella miscela della pietra».

Per ricavare questi livelli ipogei, l’edificio è stato letteralmente “puntellato e sostenuto”, negli spazi superiori, per poter scavare (demolendo le fondazioni storiche) ed acquisire questi nuovi spazi museali.

Il nuovo museo conta una superficie di 3.500 mq per sette piani, due interrati che ospitano il museo vero e proprio.

Oltre al Bookshop, e ad un giardino nell’interno della corte, è stato dotato anche di un ristorante e di un caffè bistrot affidati allo chef Andrea Aprea, due stelle Michelin.

Il Museo doveva aprire nel 2018, ma le numerose difficoltà tecniche, ne hanno rallentato l’apertura fino ad oggi. I costi dichiarati da Ediltecno, l’impresa costruttrice, sono di circa 21 milioni di euro – https://bit.ly/3RKgBqn

Spazi eleganti, che bene si integrano con la funzione museale, dettagli benfatti, uno dei pochi progetti completamente convincenti di Mario Cucinella. Ottimo l’allestimento museale.

Gratuita la visita del museo, sino alla fine di settembre 2022; dopo 16,00 euro.

Sopra – Immagini dello spazio museale interrato
Gli uffici della Fondazione Luigi Rovani, posti al Piano Primo
Spazi museali posti al Piano Secondo
Spazi museali posti al Piano Secondo
Il meraviglioso giardino nel cortile retrostante
Il meraviglioso giardino nel cortile retrostante
Uno schizzo di Mario Cucinella
Un altro schizzo/sezione di Cucinella

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