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LA VITA (e la morte) DELLE PIANTE


SOPRA – filare di Pioppi al Parco nord Milano Foto 2021

Situazione dei pioppi al 25.07.2023 – https://www.ilgazzettinometropolitano.it/2023/07/25/alberi-caduti-e-viali-bloccati-le-raccomandazioni-del-parco-nord-ai-visitatori/

“I vegetali – scrive Charles Bonnet (Recherches sur l’usage……., 1754) – sono piantati nell’aria, più o meno come sono piantati nella terra”: l’atmosfera più che il suolo, è il loro primo ambiente, il loro mondo. La fotosintesi è, dunque, l’espressione più radicale del loro essere nel mondo……noi ci nutriamo quotidianamente dell’escrezione gassosa dei vegetali, non possiamo vivere d’altro che della vita degli altri (esseri viventi, soprattutto vegetali).Tratto da Teoria della foglia. All’aperto: ontologia dell’atmosfera, in La vita delle piante, metafisica della mescolanza, di Emanuele Coccia, Il Mulino, 2018.

Le supercelle, i meso-cicloni, le violente grandinate, ed i colpi di vento, che hanno travolto i territori della Lombardia e di tutto il nord Italia, a fine luglio 2023 (https://www.milanotoday.it/meteo/temporale-nubifragio-stanotte.html), sono stati la materializzazione improvvisa, eclatante e violenta del “cambiamento climatico” in atto. – https://ipccitalia.cmcc.it/climate-change-2023-ar6-rapporto-di-sintesi/

SOPRA – Supercelle nel cielo del Nord Milano, la sera del 24 luglio 2023

A subire i maggiori danni di questi fenomeni atmosferici violenti ed improvvisi, sono state le alberature, le quali hanno subito in un’area vasta danni enormi. Grazie alle piante, c’è vita su questo bellissimo Pianeta Terra (il nostro unico vero “Paradiso”).

Scrive Emanuele Coccia, nel libro che ho già citato in precedenza : “La fotosintesi è il processo cosmico di fluidificazione dell’universo, uno dei movimenti attraverso cui il fluido del mondo si costituisce: ciò che fa respirare il mondo in continuazione e lo mantiene in uno stato di tensione dinamica”.

Le piante, ci avevano inventato, e preparato il nostro futuro, noi non lo abbiamo abbracciato, con umiltà e condivisione, ma ce ne siamo impossessati in maniera predatoria.

Noi umani, abbiamo, nel corso del tempo, consapevolmente o meno, sovvertito con bramosia questo processo: consumando a più non posso l’energia e le materie dell’ecosistema planetario, mangiando e moltiplicando gli esseri viventi senza controllo, riproducendoci in maniera dissennata e quantitativa, inquinando l’aria e l’acqua come se non ci fosse un domani; ed oggi, che il pianeta, incomincia a presentarci un conto insostenibile, incominciamo a renderci conto di quello che abbiamo commesso.

Un conto, quello del cambiamento climatico, che impone di stravolgere velocemente un sistema di consumi e di gestione delle risorse planetarie, oggi quanto mai dissennato e senza futuro.

Vedere oggi, tutti quegli annosi e meravigliosi alberi, irrimediabilmente a terra, dà la restituzione plastica della follia che stiamo perseguendo con ostinazione.

SOPRA – Giardini pubblici di P.ta Venezia, Museo di Scienze Naturali, situazione antecedente all’ondata ciclonica – Immagine tratta da Google Earth

SOPRA – Immagini della devastazione arborea nella zona del Museo di Scienze Naturali – 26.07.2023

Probabilmente piantare alberi, non serve più a molto, soprattutto nelle aree metropolitane. Certo male non fa, per migliorare il microclima locale e probabilmente, tra parecchi decenni, eventi meteorologici estremi permettendo, darà anche dei frutti, contrastando la radicalizzazione dell’atmosfera terrestre.

Però, la strada da intraprendere immediatamente, deve necessariamente essere più radicale, e richiede il sacrificio di ognuno di noi, probabilmente per alcune generazioni; se si vorrà cercare di salvare l’ecosistema in cui viviamo.

SOPRA – Alberi caduti in prossimità dell’Aeroporto di Linate (SP 15b)

SOPRA – Danni arborei al Parco Nord Milano

Il cambiamento climatico, comunque, ha un impatto significativo sugli alberi e sugli ecosistemi forestali in tutto il mondo. Alcuni degli effetti più evidenti del cambiamento climatico sugli alberi includono:

  1. Aumento delle temperature: L’aumento delle temperature medie globali può influenzare negativamente la salute degli alberi. Alcune specie potrebbero non essere in grado di sopportare condizioni più calde e potrebbero essere spinte a migrare verso aree più fresche. Allo stesso tempo, l’aumento delle temperature può favorire l’espansione di insetti nocivi e malattie che colpiscono gli alberi.
  2. Variabilità delle precipitazioni: Il cambiamento climatico porta a una maggiore variabilità delle precipitazioni in diverse regioni. Le piogge estreme o le siccità prolungate possono causare stress idrico per gli alberi, indebolendo il loro sistema immunitario e rendendoli più suscettibili a malattie e infestazioni.
  3. Disseccamento del suolo: L’innalzamento delle temperature ei cambiamenti nei modelli di precipitazione possono portare a un aumento dell’evaporazione del suolo, causando disseccamento delle radici degli alberi e riducendo la disponibilità di acqua per la vegetazione.
  4. Incremento degli incendi boschivi: Il cambiamento climatico contribuisce a creare condizioni favorevoli per gli incendi boschivi. Temperature più elevate, condizioni di siccità e venti più forti possono aumentare la frequenza e l’intensità degli incendi, danneggiando o distruggendo intere aree forestali.
  5. Migrazione delle specie: Alcune specie di alberi potrebbero essere costrette a migrare verso altitudini più elevate o latitudini diverse per cercare condizioni climatiche più adatte. Questo potrebbe causare cambiamenti nei tipi di foreste e negli ecosistemi locali.
  6. Impatto sugli ecosistemi: Gli alberi sono fondamentali per gli ecosistemi forestali, offrendo habitat per molte specie di piante e animali. Il cambiamento climatico può alterare gli equilibri ecologici, mettendo a rischio la biodiversità e la sopravvivenza di diverse specie.

Per affrontare gli effetti del cambiamento climatico sugli alberi, sono necessari sforzi per ridurre le emissioni di gas serra e adottare pratiche di gestione forestale sostenibili. La riforestazione e la conservazione delle foreste esistenti giocano un ruolo cruciale nel catturare il carbonio atmosferico e mantenere la biodiversità. Inoltre, sono fondamentali nelle strategie di adattamento per preservare gli alberi e gli ecosistemi forestali già esistenti, proteggendoli dalle minacce correlate al cambiamento climatico prima elencate.

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JUAN


Juan Martin Piaggio, Labirinto, 2012

Juan Martin Piaggio era un persona deliziosa, oltre che un architetto colto e docente valente. Era anche un eccelso chef che ho potuto apprezzare tanto tempo fa, a casa sua sui Navigli milanesi.

Era un architetto itinerante, infaticabile, mai fermo, alla ricerca di sé stesso e di quel lavoro, che spesso gli è stato negato, come racconta lui stesso in questa intervista –

https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/30/architetto-in-colombia-emigro-56-anni-causa-crisi-nostalgia-dellitalia/1178295/

L’ultima volta che l’ho incontrato è stato, qualche anno fa, alla libreria Hoepli a Milano; ambedue alla ricerca di libri. Mi ha descritto la difficoltà di trovare testi validi di architettura in Colombia. Era a Milano a cercare contatti tra il Politecnico e l’Universidad de Boyaca dove lavorava.

Qualche settimana fa, in Colombia (laddove insegnava – https://www.linkedin.com/in/juan-mart%C3%ADn-piaggio-866627a/) mentre caricava sull’auto alcuni cartoni, per l’ennesimo trasloco, questa volta verso la Toscana, è stato colto da un infarto che lo ha ucciso all’istante.

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Direzione Lavori, immagini di un cantiere


“Nel fracasso di un cantiere edile il tronco spala, impasta materia opaca, bianco di calce, grigio di cemento, rimesta a secco, aggiunge acqua, la pala va a spinta di schiena e di braccia, il polso la guida a rigirare e non si ferma, va così per le sue ore prigioniere e sembra così saggio, il corpo, che mai potrò abituarmi ad abitare dentro uno scheletro così sapiente di fatica.”

Erri De Luca, Sulla traccia di Nives, 2005

Il Direttore dei lavori, in un cantiere edile, ma probabilmente in ogni cantiere, è come un capitano, che in viaggio a rotta predeterminata, da un porto all’altro, deve condurre la propria imbarcazione, con abilità e sapienza.

Lo deve fare nei tempi prestabiliti e con i mezzi e le persone che gli sono state destinate.

Nel caso dell’edilizia odierna, il Direttore dei lavori, deve saper conseguire anche una qualità complessiva dei lavori, che non sempre corrisponde all’entità economica messa a disposizione.

Come dichiarava John Ruskin: “La qualità non è mai casuale; è sempre il risultato di uno sforzo collettivo sapiente.”

Saper instillare, nelle persone con cui si collabora, l’orgoglio di conseguire la migliore qualità possibile, per il lavoro che si fa, è un fatto molto importante, che riguarda chi dirige, ma anche l’ultimo aiuto manovale del cantiere.

L’errore più grave, che spesso si fa in un cantiere, è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che sicuramente ognuno ha.

“La costruzione è l’arte di fare un insieme significativo di molte parti. Gli edifici sono testimoni della capacità umana di costruire cose concrete. Credo che il vero nucleo di tutti i lavori di architettura risieda nell’atto di costruire.”

Peter Zumthor, Pensare architettura, 1998

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La presenza del verde


SOPRA – Edificio Sarca OPEN 336, Park Associati 2023

Una presenza fortemente rappresentativa della “verzura” è ormai un fatto consolidato nell’edificato terziario che si realizza a Milano, e ciò al di là della sostenibilità espressa per regolamenti vigenti e/o certificazioni (Leed, Breeam, Well, ecc.).

Rendere sempre più “appetibili”, dal punto di vista della percezione ambientale, i nuovi interventi è ormai un “must” irrinunciabile, all’epoca del “Disastro Climatico Planetario”.

Rendere percepibile uno sforzo (anche economico) per contrastare il “Climate Change” è un atto dovuto che deve essere trasmesso anche visivamente ai committenti, agli utenti, ma soprattutto alla Pubblica Amministrazione.

Due recenti interventi di terziario all’Ex Area Breda di Viale Sarca a Milano, bene testimoniano di questa tendenza. In ambedue i casi si sono dedicate attenzioni alla localizzazione di aree verdi : sulle facciate, sul tetto, entro gli uffici, ecc.

Anche con citazioni di tecnologie ampiamente consolidate, come il Mur Vegetal di Patrick Blanc (https://www.murvegetalpatrickblanc.com/) nel caso di OPEN 336 dei milanesi Park (https://parkassociati.com/progetti/sarca-336), edificio di nuova costruzione, che adotta anche tecnologie innovative nel campo del filtraggio dell’aria immessa nell’edificio (https://www.fervogroup.eu/case-studies/open-336-il-palazzo-che-respira).

Completamente diverso l’approccio dell’antistante edificio denominato SUPERLAB, progettato dai piemontesi Balance Architettura (http://www.blaarchitettura.it/).

Infatti, quì trattasi, di un risanamento di un edificio già esistente, sede degli uffici tecnici Breda (http://www.blaarchitettura.it/projects/2019_BLA_BREDA336/index_ita.html). La struttura è stata “scaricata” dalle facciate e dagli impianti, disvelando una struttura in cemento armato ed in ferro (reticolare), che è stata ripristinata, lasciandola a vista, ed adeguandola alle normative odierne (https://archello.com/project/superlab).

Anche quì, la natura entra dentro all’edificio, sarà posizionata nei prossimi mesi sulla copertura, ed è parte integrante della “sostenibilità” di tutto il complesso.

SOTTO – Edficio Superlab di viale Sarca 336, Balance Architettura, 2023

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L’ultimo Zucchino


L’ultimo complesso residenziale di CZA (Cino Zucchi Associati – https://www.zucchiarchitetti.com/) realizzato, tra i tanti, si trova a Turro, nella periferia Nord di Milano, in via Valtorta 32.

Si tratta di un intervento che ricalca la poetica dell’ormai notissimo architetto milanese, già codificato nell’intervento dell’area Junghans all’isola della Giudecca a Venezia (https://bit.ly/3AU8Mro), e nelle abitazioni al Portello di Milano (https://bit.ly/3LTDWFB).

Quì a Turro risulta particolarmente interessante l’edificio a torre, che nello smusso, strutturalmente ardito, denuncia l’aspetto sensuale della architettura sapiente e di scuola tipicamente milanese.

https://bit.ly/3VtdO7w

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Robert Mallet – Stevens (1886/1945)


Nipote acquisito dell’abile finanziere belga Adolphe Stoclet, Robert Mallet-Stevens (1886 – 1945), trascorrerà molti soggiorni a Bruxelles nella casa dello zio, il Palais Stoclet, progettato dall’architetto Josef Hoffman (e decorato da Gustav Klimt), figura di spicco della Secessione viennese (https://bit.ly/3nhYEp3) . Una “opera d’arte totale” che condizionerà la formazione giovane architetto Robert.

Al Salon d’Automne del 1912, dove espose i suoi primi progetti (soprattutto arredamenti), ebbe modo di conoscere P. Chareau e altri artisti, animati dallo stesso intento di rinnovamento che porterà alla costituzione nel 1929 dell’Union des Artistes Modernes.

Dopo essersi arruolato nell’aviazione durante la prima guerra mondiale, Robert Mallet-Stevens ha progettato vetrine e negozi per l’industria e il commercio e ha creato numerosi set cinematografici. Nel 1925 progetta diversi padiglioni e allestimenti per l’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi (https://bit.ly/3AFyyiQ), che si distinguono per la loro modernità. Le linee pulite, geometriche, vengono liberate dagli ornamenti, dai decori, la luce viene trattata come materia, allo stesso modo di quelle frutto del progresso tecnologico (ferro, vetro, cemento).

Nel 1924, Robert incontra a Parigi il banchiere Daniel Dreyfus, che desidera realizzare un’operazione immobiliare per costruire un complesso residenziale su un terreno di 3.827 metri quadrati di sua proprietà nel 16° arrondissement, a pochi metri dalla sua residenza privata, situata in rue de l’Assomption.

SOPRA – Immagine tratta da Google Earth

SOPRA – Disegno a mano libera, del lotto, tratto da una planimetria presente sul posto (Dario Sironi, 2007)

Mallet-Stevens progetta quindi un insieme totalmente omogeneo, senza negozi e lontano dal rumore, interamente dedicato all’abitazione e alla calma. Dove possano insediarsi artisti, ricchi borghesi, intellettuali (https://bit.ly/44fraIB). Tutto è pensato dall’architetto, dall’arredo urbano alla decorazione d’interni, riprendendo il concetto di arte totale del Palais Stoclet.

Un complesso residenziale “lavorato” all’interno di un lotto. Un intervento di micro-urbanistica raffinato e coerente con i dettami del nascente Movimento Moderno. (https://www.villegiardini.it/robert-mallet-stevens/)

Vicino a Rue Mallet-Stevens, le Corbusier realizzò, qualche anno prima, nel 1924, la “doppia” villetta Maison La Roche – Jeanneret (8/10 Piazza du Docteur Blanche 75016 Paris); LC costruirà la “sua macchina da abitare”, in maniera ascetica e pauperistica, infischiandosene d’intrattenere un dialogo con il passato. Diverso è il caso di Mallet – Stevens, che con raffinata pazienza instaura un dialogo sapiente con la storia dell’architettura: fatto di dettagli, materiali e forme.

Purtroppo, negli anni Sessanta del Novecento, il complesso realizzato nel 1927, viene manomesso in molte parti (interni, arredo urbano, ecc.), e sopraelevato di 3 piani. Nonostante ciò il complesso consente ancora oggi di apprezzare la maestria e l’abilità architettonica dell’architetto franco-belga.

Dal 1930 Mallet – Stevens fu nel comitato direttivo de L’architecture d’aujourd’hui, la principale rivista d’architettura pubblicata in Francia.

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Una portineria


Al numero 82 di Avenue Blanche de Castille, a Poissy, non molto lontano da Parigi, tra il 1928 ed il 1931, gli architetti Le Corbusier e Pierre Jeanneret, hanno edificato per i signori Eugénie e Pierre Savoye, una ricca coppia parigina, una prestigiosa villa.

L’antefatto della Villa, proprio accanto all’ingresso carraio e pedonale, è l’abitazione del custode/autista/giardiniere. Un piccolo edificio, che già esprime però, con austere dimensioni e materiali, i “cinque punti dell’Architettura Moderna (https://bit.ly/41JFC9H).

Un piccolo “gioiellino” poco trattato dagli studiosi. Solo sulla “palette” dei colori scelti dal “duo” ci si potrebbe fare un trattato.

Ma lasciamo parlare solamente le immagini………

SOPRA – Immagine aerea tratta da Google Earth

In cima alla scala esterna, al piano primo (ed unico), si trova l’ingresso della casa “Existenzminimum”, che ha una porticina d’ingresso lignea, verniciata di grigio, con maniglia di ottone, e soprastante piccola pensilina in beton.
Una stanza centrale, caratterizza il piano, e da essa si ha accesso, tramite una porta scorrevole, alla cucina ed alla zona letto matrimoniale. Una piccola cameretta per bambini e un bagno “lecorbuseriano”, completano il piano, di soli 30 mq.
Al piano terra è collocata una lavanderia ed un piccolo box doccia.

Proseguendo per la strada carraia in ghiaietto, superato un piccolo bosco, appoggiata su un grande prato verde, bianca appare la Villa dei Savoye.

Quasi fosse, ancora oggi, una magnifica “astronave architettonica” (Aliena ???), precipitata sul Pianeta Terra.

Rilievo sommario a vista sul posto, durante visita del 28 settembre 2017 (Sironi Dario)

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Atmosfere


Visitare il Messner Mountain Museum, all’ingresso della Val Senales, vuol dire abbandonarsi alle atmosfere che il luogo e le varie “stanze” del castello, restituiscono al visitatore. Stanze tutte arredate con i reperti dei viaggi del grande esploratore, collocati con sapienza e maestria per “comunicare”. Vuol dire fare un’immersione nel paesaggio, nel tempo e nello spazio. Al visitatore meno accorto, che si perde nelle illustrazioni dei singoli oggetti, viene restituito un progetto didattico che istruisce sui paesaggi, reali, fantastici, sognati….Un viaggio fantastico che inizia su un piccolo autobus, che da Naturno, porta in pochi minuti, grazie ad una “mitica” guidatrice scavezzacollo, all’ingresso di Castel Juval.

Un non- museo quindi, ma una bellissima abitazione/teatro/laboratorio in cui rappresentare la vita di un luogo e di un uomo – https://bit.ly/3nXEgtn . Di una famiglia – https://bit.ly/3ZOmPsx . Una grande architettura di paesaggio (fisico e mentale) che suscita empatia. Assolutamente da non perdere – https://bit.ly/3UpVqvY

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

Maison La Roche


L’edificio, costruito tra il 1923 e 1925, su progetto di Le Corbusier e di suo cugino Pierre Jeanneret (https://bit.ly/3ZbPtmO), costituisce un “meccanismo architettonico” particolare, in perfetto stile Purista (https://bit.ly/3n4SSqg). La singolarità è dovuta principalmente all’abilità, quasi equilibristica di riunire nella medesima struttura la pinacoteca del collezionista/banchiere Raoul Albert La Roche ed i suoi appartamenti privati. Una parte dell’edifico è destinata all’esposizione d’arte e alla biblioteca e l’altra parte è riservata allo spazio abitativo con le funzioni domestiche classiche; si viene così a creare una suddivisione funzionale dell’area pubblica da quella privata. Attualmente la Maison La Roche/Jeanneret è la sede della Fondation Le Corbusier (https://bit.ly/3nd7KTN).

L’edificio è ricavato in un lotto stretto e lungo, all’interno di un isolato urbano, non lontano dal Bois de Boulogne, ed ha una planimetria che s’insinua magistralmente all’interno del lotto, anche a tutelare le distanze con le altre abitazioni.

SOPRA – Immagine tratta da Google Maps

Entrando nell’abitazione, l’avventore si trova in un ingresso a tutta altezza inondato dalla luce della finestra a nastro del piano superiore. L’attenzione è titillata dal piccolo balcone avanzato che appare come sospeso nel vuoto. L’obiettivo del progettista fu quello di non ingombrare lo spazio centrale con una scala dominante l’ambiente.

Le Corbusier quindi decise di progettare due scale ai lati della hall/ingresso, una delle quali conduce alla abitazione e l’altra nella pinacoteca/libreria.

Alla verticalità del volume d’ingresso si contrappone lo sviluppo orizzontale orizzontale degli spazi della galleria d’arte, le finestre a nastro poste nella parte superiore della stanza consentono alla luce di filtrare all’interno in maniera costante ma graduale e non invasiva.

Attraverso la rampa “colorata” si accede alla biblioteca, luogo di studio e di contemplazione, uno spazio intimo, uno “studiolo rinascimentale” rivisitato, che domina la doppia altezza dell’ingresso. Studiolo, dal quale si può osservare senza essere visti. L’esposizione alla luce consente un’illuminazione naturale propria alla lettura. Una mensola si estende per il lato lungo della stanza al fine di accogliere i libri d’arte del collezionista.

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