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“24 FERMATE” – LA VIA REHBERGER TRA RIEHEN E WEIL AM RHEIN


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Sabato, 4 luglio 2020

Per una lunghezza di circa cinque chilometri, la Rehberger-Weg collega due nazioni, due comuni, due istituzioni culturali, ed innumerevoli storie. Si percorre tra Riehen e Weil am Rhein, tra la Fondation Beyeler e il Vitra Campus, tra la Svizzera e la Germania, e volendo si può arrivare fino in Francia, superata l’Autostrada E35 (la via delle Genti, come la chiamava Rino Tami) ed il Fiume Reno, al paesino di Village – Neuf e di Huningue (dove si trova il ponte ciclo pedonale autoportante più lungo del mondo – https://de.wikipedia.org/wiki/Dreil%C3%A4nderbr%C3%BCcke.  Il tutto scandito da 24 “accattivanti” piccole installazioni dell’artista Tobias Rehberger (nato nel 1966 a Esslingen am Neckar, vive e lavora a Francoforte sul Meno) – https://www.24stops.info/en/intro/

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E’ così possibile esplorare un paesaggio naturale e culturale molto diversificato, dove gli europei per centinaia di anni si sono fatti la guerra, si sono “scannati” con milioni di morti. Ci si può fermare per ammirare il paesaggio, sdraiarsi sull’erba, fare un picnic in luoghi appositamente attrezzati. Ambedue le realtà museali : Vitra e Beyeler, forniscono per pochi franchi/euro dei gustosi cestini da picnic. C’è pure un piccolo autobus elettrico, che relaziona i due luoghi, per le persone con difficoltà di deambulazione: alcuni giorni, prenotando, si può fare il percorso (aperto a tutti) con guide appositamente istruite. La Rehberger-Weg dà l’opportunità di conoscere e mettere in relazione la “ricca” storia della zona e della sua gente e contemporaneamente invita a fare un viaggio nella natura bellissima. Una natura antropizzata, più o meno saggiamente, ma che fa dei contrasti, la sua stessa bellezza. Ci si muove tra filari di vite, campi di cereali, maestosi alberi di ciliegio. E’ l’Europa, quella che tutti vorremmo, fatta di qualità, di cultura, di enogastronomia, di storia, di paesaggi sapienti, che qui ha la sua evocazione “plastica”. E’ soprattutto un percorso dove l’architettura (quella “buona” e di qualità) si inserisce, e dialoga magistralmente con l’ameno paesaggio circostante; in 5 chilometri si passa dal “Senatur” Renzo Piano della Fondation Beyeler (https://www.fondationbeyeler.ch/en/museum/architecture-and-nature), dove a fianco il “Vate” Peter Zumthor sta realizzando l’ampliamento (https://it.furniturehomewares.com/2017-05-05-peter-zumthor-extension-designs-renzo-piano-fondation-beyeler-riehen-basel-architecture-news), al Vitra Campus, dove è “collezionata” da decenni il meglio dell’architettura mondiale a firma di : Sanaa, Alvaro Siza, Frank O’ Gehry, Zaha Hadid, Tadao Ando, Herzog& De Meuron, Nicholas Grimshaw, ecc. (https://www.vitra.com/en-cn/campus/campus-architecture). Il tutto costellato da edifici e contenitori, che palesano la loro storia architettonica, magari minore, ma che costruisce un paesaggio morfologico, tipologico, particolarmente ricco e diversificato. In cinque chilometri, si passa dalle mostre d’arte del Beyeler (oggi – EDWARD HOPPER – https://www.fondationbeyeler.ch/en/exhibitions/edward-hopper), alle mostre di architettura e design della Vitra (oggi – GAETANA AULENTI, in Italia quasi dimenticata – https://www.design-museum.de/en/exhibitions/detailpages/gae-aulenti-a-creative-universe.html). E’ un percorso iniziatico, altamente istruttivo, che “spiega” la liaison tra architettura, paesaggio e natura, un atto didattico fondamentale, che qualunque essere umano dovrebbe affrontare prima o poi nella sua vita.

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Tokyo Imagine


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Tokyo Imagine è per costruttoridifuturo.com, sicuramente il padiglione/evento, più riuscito di questa Milan Design Week 2014. Mentre l’anno scorso il Padiglione Visconti (via Tortona 58)  all’ex Ansaldo era occupato “malamente”, quest’anno invece è li che si è insediata la grande performace dei designer nipponici. Sotto la guida attenta di Kenji Kawasaki, con l’apporto di Katsumi Asaba, e del comitato esecutivo costituito da Toshiuki Kita e da Shigeru Sato, sono riusciti i giapponesi a fare di questo spazio, qualcosa di particolare in grado di presentare in maniera ottimale lo stato dell’arte del design contemporaneo dell’area metropolitana di Tokyo, tra elaborazione della tradizione ed applicazione di tecnologie innovative ai prodotti.

Qui il PDF che presenta Tokyo Imagine 

Assolutamente pregevole il lavoro dello show designer Kimi Hasegawa (Velveta Design) e della Visual Art Director Asami Kiiyokawa. Un lavoro di squadra che palesa immediatamente qualità ed estrema concretezza. Tokyo Imagine presenta la creatività e la sofisticata tecnologia della città di Tokyo applicate al design, all’arte, al fashion d’avanguardia, alla musica, alle arti mediali e al cibo.

Questa stessa mostra/evento sarà poi presentata anche in settembre al Tent London – http://www.tentlondon.co.uk/ (Regno Unito) ed al prestigioso Design Miami – http://www.designmiami.com/ (U.S.A.) a Dicembre 2014. Insomma un padiglione pregevole e da non perdere, soprattutto nella parte giochi/multimedia, assolutamente strepitosa.

http://youtu.be/Hvq2JGrtKBk

Tra i designer più “prestanti” di Tokyo Imagine, segnaliamo : Tetsu Kataoka, Ryu Kozeki, Jun Fujiki, Hayashi Atsuhiro, Eiko Kasahara, Hikaru Yamaguchi.

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Milan Design Week (Fuorisalone 2013)


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Ed eccoci di nuovo, come ogni anno, alla settimana del design, dove Milano, improvvisando (ma non troppo), ed in maniera totalmente provvisoria, si trasforma, soprattutto nel Fuorisalone, in quello che non è durante tutto l’anno (se si esclude la esclusiva settimana della moda): essere una delle capitali mondiali di “qualcosa”. Di fatto durante la “Design Week Fuorisalone” Milano diviene, per una settimana, un enorme think tank (letteralmente serbatoio di pensiero), che elabora un workshop tematico, completamente (o quasi) gratuito, aperto a tutti.

Milano durante questi brevissimi giorni, esibisce se stessa (splendori e magagne), con tutte le contraddizioni e le duttilità del caso, elaborando così,  ciò che avviene normalmente molto più spesso, a Berlino, Zurigo o Londra. Aree dismesse, cantieri, spazi di lavoro, officine, strade, piazze, vincoli, ecc. diventano l’occasione per incontrarsi, visionare oggetti, discutere, progettare e fare business.

La “bolgia umana” che pervade il Fuorisalone, diventa di fatto un’antenna sensibile, delle trasformazioni in atto nella società italiana e mondiale. Per questo percorrere le strade del Fuorisalone, è un’occasione imperdibile per l’attento osservatore, che vuole cogliere l’attimo fuggente di uno scenario possibile, che forse sarà.

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Cosa ci dice quest’anno 2013, il Fuorisalone, cosa ci suggerisce, in un’attività multi-disciplinare di analisi comparata, che spazia dal design, all’architettura, alla sociologia, all’economia, al paesaggio?

Innanzitutto ci segnala : 1) Che la crisi ha modificato profondamente lo scenario espositivo, gli stand mirabolanti ed immaginifici, ricchi di gadgets,  di qualche anno fa, sono ormai pochissimi. 2) Che il pubblico è sempre più differenziato ed infarcito di stranieri soprattutto dei paesi emergenti (Cina, Russia, ecc.). 3) Che, nel design dei prodotti,  il tema dei materiali naturali e del riciclo è stato implementato alla grande quasi esclusivamente dai paesi stranieri (emergenti in primis), mentre in Italia stenta ad affermarsi. 4) Che le trasformazioni urbane in atto a Milano, atte ad accogliere meglio il Fuorisalone, sono lentissime e senza progettualità gestionale, basti per tutte il Museo di David Chipperfield nell’area ex Ansaldo (come esempio), quasi terminato ed abbandonato come uno “scatolone vuoto”, mentre  potrebbe diventare un Museo di arte contemporanea e design, sicuramente migliore e meglio allocato di quello esistente attualmente in Triennale. 5) Che nonostante timidi e sicuramente meritevoli tentativi, finalmente presenti, ancora molto si deve fare per legare design/enogastronomia/paesaggio/turismo.

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Infatti nel Fuorisalone 2013 di via Tortona, degli “stand enogastronomici”, per nulla oggetto di uno studio attento di design, quest’anno erano presenti, e forse rappresentavano il primo timido tentativo di legare i prodotti di design con il territorio lombardo. Infatti in questi stand, oltre alla vendita di prodotti agricoli che garantiscono la fornitura di un’assoluta eccellenza a “chilometri zero”, viene anche disvelato, alla moltitudine umana (soprattutto straniera) che in questi giorni frequenterà il Fuorisalone, la presenza di un territorio turistico assolutamente non trascurabile, e degno di essere visitato.

Più avanti, all’incrocio tra via Bergognone e via Tortona, un grande stand, promuove con il motto “Good food, in good design”, il MI-GUSTO, FARMER E GOURMET EXPERIENCE, dove delle vere e proprie star dei fornelli, si esibiscono in leccornie e prelibatezze, tra “sciure” super-eccitate e giovanotti, in giacca e cravatta, che sanno il “Cucchiaio d’argento” a memoria.

Manca ancora la connessione, decisa tra design, paesaggio e turismo, atta a trattenere i visitatori nell’area lombarda, per qualche giorno in più, rispetto alla settimana canonica, però molte delle realtà agricole e produttive, si dilettano (per campare) anche nell’agriturismo, che essendo molto economico, attrae soprattutto chi viene da lontano ed è alla ricerca di qualcosa di nuovo da sperimentare ed a buon prezzo.

OLYMPUS DIGITAL CAMERASe avete qualche disponibilità di tempo, da oggi al 14 aprile 2013,  vale sicuramente la pena fare una visitina, nella bolgia di oggetti e di varia umanità che pervade in questi giorni, alcune zone di Milano. Soprattutto per trarre in merito, le proprie considerazioni. Certamente se farete ciò, vi colpiranno le “installazioni”, realizzate in uno sturbo collettivo di creatività, in prossimità dei cestini di raccolta dei rifiuti, testimonianze, che ad oggi, ancora molto si deve fare per rendere Milano ancora più accogliente e propositiva rispetto a tutta questa energia che si scaturisce annualmente nell’intorno del design.

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Un terremoto di libri


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Alcune sere fa, ero comodamente stravaccato sulla poltrona “Ardea” di Carlo Mollino (produzione Zanotta), che con molti sacrifici, io e mia moglie (anch’essa architetto) ci siamo acquistati venti anni fa, quando ci siamo sposati. Il mio soggiorno, come tutta la casa, è caratterizzato da una moltitudine di libri, oltre cinquemila, che nel corso del tempo, hanno costituito una biblioteca, che di fatto circonda le pareti di quasi tutti i locali, coibentandoli. Un vero e proprio ricettacolo di cultura, e di polvere, che solo grazie alla genialità dello “Swiffer Dusters 360°” riesce ad essere precariamente bonificato settimanalmente. Mentre elucubravo, cose folli, tra la veglia ed il dormiveglia, i miei “stanchi” neuroni si sono focalizzati su quella  “massa cartacea”, e fantasticando mi sono posto questo inesistente problema.

Se improvvisamente, dovesse esserci, che so, un terremoto, un incendio, un gigantesco  Tsunami (?), dovendo scegliere alcuni libri, prima di fuggire, tra i volumi di questa biblioteca, a me tutti cari, e che costituiscono “pezzi” della mia memoria e della mia storia personale, quali salverei dal disastro, dalla “ruina”?

Ecco che allora, vi sottopongo, questa mia scelta essenziale, fatta per un architetto, che in preda al terrore, deve scegliere, scappando da un appartamento posto al quinto piano (senza ascensore), alcuni strumenti essenziali (non molto pesanti) per la propria sopravvivenza  “culturale”. Sono dieci volumi, che stanno comodamente in una ventiquattro ore, del peso circa di due chili.

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Un libro, quello di Calvino, che potrebbe essere utilissimo per ricostruire qualunque cosa : un edificio, una città, una società, una vita.

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Un libro per apprezzare le “rovine” ed il senso del tempo ad esse intimamente correlato. E dopo una catastrofe, qualunque essa sia sarà uno strumento indispensabile.

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Una raccolta di scritti del grande pensatore italiano, che spaziano sul significato del progetto, nell’architettura, nell’arte, nell’urbanistica, nella società.

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Dopo una catastrofe, bisognerà, pensare ad un “mondo nuovo”, partire dal libello di Friedman, significherà risparmiare molto tempo per realizzare una maggiore compatibilità tra uomo e natura.

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Una miniera, in cui “scavare” quando si è disperati, per assicurarsi pezzetti di certezza, di cui LC era portatore sano.

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Un libro che è un vero e proprio “elogio della lentezza”, per una progettazione consapevole ed a misura d’uomo.

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E’ esattamente l’opposto del libro di Zumthor, sopra descritto. Giusto, giusto, per ritornare a cullare il sogno di quella modernità che una catastrofe (e la crisi di oggi) sembra negare.

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Un libro di “politica”, su come si deve vivere con gli altri. Una lezione di sopravvivenza, da un uomo centenario, che attendeva con serenità la morte.

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Andare alla velocità del suono, alla velocità della luce, e continuare a progettare, a vivere, con la giusta filosofia.

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Come sarà il nuovo paesaggio dopo la catastrofe ? Quì le istruzioni per farne l’epicentro della società umana.

E’ questa una lista, assolutamente personale, che ho operato in soli 35 secondi (visto che il disastro qualunque esso sia non dà tempo ai ragionamenti), probabilmente non condivisibile da molti. Comunque, l’esperimento, oltre a darmi una “botta di vita”, mi ha consentito di stabilire, che in maniera assolutamente inconscia, già avevo concentrato negli anni, in una zona precisa della biblioteca, i libri a me più cari. Libri che di fatto ad oggi riempiono un solo scaffale, lungo circa 90 centimetri.

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Una riflessione sulla maniera di fare salvaguardia e tutela, per chi si occupa di paesaggio, deve avvenire non solamente attraverso l’architettura, l’urbanistica, spesso queste due discipline, sono sempre intimamente correlate con la maniera di consumare e quindi di produrre. Sviluppare una coscienza di sostenibilità diffusa in questi ambiti (commercio e produzione), vuol dire avere diffuso un’azione culturale e didattica, che spesso dà migliori risultati delle leggi e di milioni di  parole. Prodotti, consumi e territorio, spesso vanno di pari passo a definire il paesaggio.

“Pur Sudtirol” è un attività imprenditoriale, che ha alla base la sostenibilità, quale filosofia commerciale. Tale negozio si trova a Merano e promuove un consumo consapevole all’insegna del biologico a chilometri zero, vi si vendono : salumi, pane, dolciumi, verdure, vino, cosmetici, ecc.. Quello che noi mangiamo, che acquistiamo, come ci vestiamo: le nostre decisioni ed i nostri comportamenti non influenzano solamente il nostro modo di vivere, spesso coinvolgono anche altre realtà, altre persone in più parti del mondo. Sta a noi decidere se dare la preferenza a prodotti economici che hanno viaggiato per mezzo mondo (e spesso inquinando), oppure rivolgersi a quei prodotti regionali, che contribuiscono a tutelare le tradizioni culturali e produttive, nonché a sostenere l’artigianato e l’agricoltura locale, e’ questa ovviamente anche una maniera per “salvare il paesaggio” locale, per tutelarlo in maniera attiva, con poche parole ma con tanti fatti.

“Pur Sudtirol” vuole coinvolgere i suoi utenti, in una riflessione approfondita sulle conseguenze dei nostri consumi e per un’assunzione di responsabilità verso il nostro agire quotidiano.

 “Pur Sudtirol” rimane quindi strettamente legato alla tradizione locale/provinciale, ma anche rivolge uno sguardo al futuro, proprio come l’interessante e “scarno” design degli ampi locali adibiti alla vendita. Harry Thaler (http://www.harrythaler.it/), giovane designer meranese operante a livello internazionale, si e’ ispirato dalle antiche cassette di frutta e verdura (dette “Harassen”, in legno di melo), ha creato un sistema espositivo modulare fatto con cassette di legno su ruote, collegate da elementi plastici colorati, che sottolinea la provenienza autoctona e il valore dei prodotti offerti. Inoltre, quali carrelli per la spesa, vengono utilizzati dei contenitori intrecciati che, nella loro grazia e funzionalità, fanno rivivere l’antico artigianato dei cestai, invitando all’acquisto. L’allestimento è realizzato principalmente in legno di castagno locale e, inoltre, per tutti i sistemi espositivi e gli oggetti d’arredamento è stato impiegato esclusivamente materiale di provenienza altoatesina. E’ nato quindi, di recente, una linea di prodotti per la casa, “Pur Manufactur”, realizzati da artigiani altoatesini, con un alto contenuto sia dei materiali utilizzati, sia del design progettato da giovani designer altoatesini.

Alla base di  “Pur Manufactur” sta lo sviluppo di una piattaforma dove il  design incontra l’artigianato altoatesino, dove vengono realizzati oggetti per l’uso quotidiano con materiali naturali e dove c’è ancora spazio per ricerca ed innovazione. Questi principi dovrebbero essere i criteri ispiratori per i giovani designer, ai quali la cooperazione con gli artigiani altatesini rende possibile lavorare in loco in modo tradizionale e con un risultato qualitativo elevato. La piattaforma offre inoltre la possibilità di una continua interazione fra designer e artigiano.

Il sito dei prodotti PURhttp://www.pursuedtirol.com/it/

I Prodotti PUR MANUFACTUR –http://www.pursuedtirol.com/it/shop/pur-manufactur/

Le giornate dello sviluppo sostenibile in altoadige/sudtirol dal 10 al 13 maggio 2012 – www.thinkmoreabout.com

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