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Filosofia

IL CORRIDOIO


SOPRA – Il porticato del Lungarno degli Archibusieri e l’inizio del Corridoio Vasariano dal primo piano della Galleria degli Uffizi

Il Corridoio Vasariano a Firenze, chiuso nel 2016 per consentire l’adeguamento alle norme di sicurezza, ed ad un consolidamento statico, è stato interamente restaurato (l’ultimo intervento risale agli anni Novanta).

Lungo circa 750 metri, fu progettato dall’architetto Giorgio Vasari nel 1565, e fu realizzato in soli nove mesi per volere dell’allora duca Cosimo I de’ Medici (Duca di Firenze dal 6 gennaio 1537 al 21 agosto 1569; Granduca di Toscana dal 21 agosto 1569  al 21 aprile 1574, anno della sua morte). I regnanti fiorentini, lo usavano per raggiungere Palazzo Vecchio dalla loro reggia di Palazzo Pitti indisturbati e senza correre rischi per la loro incolumità.

Il Corridoio appare oggi completamente spoglio dei circa 2.000 reperti artistici che prima conteneva (soprattutto ritratti e disegni). Questi sono stati distribuiti al primo piano della Galleria degli Uffizi, nella parte di sale che anticipano l’ingresso al Corridoio Vasariano.

Il Corridoio appare luminoso, minimalista; con i muri bianchi che evidenziano le apertura panoramiche delle finestre e gli “oculi” tondi; ed il pavimento rosso di cotto toscano, non fa che accentuare il ruolo “quasi di quadri” delle aperture. Questo attuale allestimento titilla gli utenti a riflettere sul paesaggio urbano, sulla città, sui rapporti di questa con l’arte.

SOPRA e SOTTO – Immagini del Corridoio Vasariano


Scevro dal coacervo di opere d’arte che c’era prima (soprattutto ritratti), ci si concentra sulle viste panoramiche di Firenze, in quella perfetta ed unica fusione tra ARCHITETTURA/URBANISTICA/PAESAGGIO/ARTE che è l’opera vasariana. Una pausa soprattutto provenendo dal bellissimo, ma stordente, “bombardamento visivo” della Galleria degli Uffizi.

Come scriveva il grande critico e Storico dell’Arte, Philippe Daverio (Mulhouse, 17 ottobre 1949 – Milano, 2 settembre 2020): “La gente di solito va nei musei e guarda quattrocento quadri in un’ora e mezza. Torna con dei piedi gonfi così e va alla ricerca di una Coca-Cola tiepida per dimenticare l’esperimento. I luoghi dove stanno i quadri si chiamano pinacoteche, come esistono i luoghi dove stanno i libri che si chiamano biblioteche. Nessuno va in biblioteca e legge tutti i libri. Uno che va in una pinacoteca, in un museo, dovrebbe andare a vedere due quadri. All’inizio, a mio parere, addirittura uno solo. Quello che l’ha fatto il quadro spesso ci ha messo anni a farlo. O anche due mesi a farlo… Cosa mi dà il diritto a me di guardarlo in venticinque secondi? Quando erano in Chiesa, la gente li vedeva da quando nasceva a quando moriva: tutta la vita. E adesso deve vederlo in un minuto mentre stai correndo al quadro prossimo”.


SOPRALa Torre dei Mannelli

Il percorso, si dipana, in quota di uno spettacolare porticato, adiacente il Fiume Arno, e dal Lungarno degli Archibusieri; ed attraverso Ponte Vecchio (passando di fatto sopra ai tetti delle botteghe lì insediate), raggiunge la Torre dei Mannelli (Questa torre è l’unica superstite dei quattro “capi di ponte”, cioè le torri che controllavano un ponte ai quattro angoli).

Da quì, sempre in quota alta, il Corridoio Vasariano, si dipana per passare in adiacenza alla facciata della Parrocchia di Santa Felicita al Ponte Vecchio (da dove i regnanti fiorentini potevano, grazie ad ampie finestre assistere alle funzioni).

SOPRA – Le Finestre che consentono di osservare la navata della Chiesa di Santa Felicita


Quì sopra vista dall’interno della Chiesa di Santa Felicita al Ponte Vecchio, dove chiaramente si ravvisano le finestre per osservare il culto, con la relativa balconata.

Vista della facciata della Chiesa di Santa Felicita al Ponte Vecchio, con evidente il Corridoio Vasariano (Immagine tratta da Google Maps)

Attraverso la Sagrestia, della Chiesa di Santa Felicita, il Corridoio, percorribile solo in direzione Uffizi-Giardino di Boboli, attraverso alcuni immobili privati, si prosegue anche con ponti: si uscirà dalla porta di fianco alla Grotta Buontalenti (immagine sottostante realizzata tra il 1583 ed il 1593), progettata da Bernardo Buontalenti (1531-1608) per il Granduca Francesco I de Medici (1541-1587), per raggiungere l’uscita dal cortile di Palazzo Pitti.

SOPRA – La corte di Palazzo Pitti


SOPRA – La Fontana del Buontalenti

Nel 1938 Benito Mussolini fece realizzare delle grandi finestre che consentivano delle viste panoramiche, al centro del ponte in occasione della visita ufficiale di Adolf Hitler (che avvenne a maggio) per stringere, quello che fu definito, l’Asse fra Italia e Germania. Si dice che la vista fu molto gradita al Führer ed ai gerarchi nazisti che poterono goderne.

SOPRA – Finestre realizzate nel 1938, per volere di Mussolini, con finalità panoramiche (Riquadro Rosso)

SOPRA – La facciata Sud/Est di Ponte Vecchio, dove sui identifica chiaramente il soprastante Corridoio Vasariano


SOPRA – Vista del Corridoio Vasariano tra il Lungarno degli Archibusieri e Ponte Vecchio



SOPRA – Vista dalle finestre volute nel 1938 da Mussolini per la visita in città di Hitler


SOPRA – Vista da una delle finestre del Corridoio Vasariano, soprastante il portico del Lungarno degli Archibusieri


SOPRA – Il parapetto vitreo, di un’uscita di sicurezza. Uno dei pochi interventi visibili della ristrutturazione del Corridoio Vasariano.

SOPRA – Via De’ Guicciardini vista dal Corridoio Vasariano

SOPRA – La facciata Nord/Ovest di Ponte Vecchio, dove si identificano chiaramente, sulla destra, le finestre del Corridoio Vasariano volute da Mussolini nel 1938.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

EVAPORAZIONE


Architettura d’aria,
strutture invisibili che svaniscono,
colonne fatte di vapore,
archi in equilibrio tra cielo e terra.

L’edificio dell’assenza:
là dove il pieno diventa vuoto,
la materia di beton si dissolve in respiro.

Ogni spazio ha memoria
di ciò che evapora;
l’acqua lascia traccia,
come pietra plasmata dal tempo,
come parole incise nella nebbia.

L’architetto sublime disegna vuoti,
ordina il nulla,
costruisce stanze di luce,
dove l’anima si espande,
dove l’evaporazione diventa forma.

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CAMPUS LA MASA/LAMBRUSCHINI (BOVISA)


Il Campus si trova tra la Stazione delle Ferrovie Nord Milano di Bovisa, e quella delle Ferrovie delle Stato di Villapizzone. Una stratificazione di edifici, che si è andata realizzando nel corso del tempo.

Tra gli edifici più interessanti, dal punto di vista architettonico, soprattutto negli interni, proprio quello d’ingresso, il BL 28 in via Labruschini 4, che contiene anche la Biblioteca del Campus (https://sg-gallerylive.it/index.php/cantieri/bl28-politecnico-di-milano/). Edificio riqualificato negli interni, qualche anno fa, dall’Architetto Lola Ottolini.

(https://www.reviewspa.com/bibliotecabovisa?pgid=loseqjel6-a494d171-129b-4bfa-9c88-da2369c7793d)

Un altro edificio particolarmente interessante, è l’ EN LAB, soprattutto perchè ad alta sostenibilità (N-ZEB), dove troverà posto il Dipartimento di Energia presso il Campus Bovisa (https://www.pv-magazine.it/2024/06/26/politecnico-di-milano-inaugura-edificio-con-laboratori-su-batterie-e-elettrolizzatori/)

Sopra – Immagine tratta da Google Earth

Un progetto EN LAB sviluppato dal Politecnico di Milano, Area Tecnico Edilizia, sotto la direzione dell’Architetto Daniel Marcaccio, come progettista e direttore dei lavori. Il progetto definitivo è stato sviluppato dalla società di ingegneria Politecnica, come responsabile l’Architetto Gianfranco Tedeschi. Mentre l’Architetto Eleonora Zucchelli (AEGIS Cantarelli + Partners) e l’ing. Donato Romano (ETS spa), è stato incaricato per lo sviluppo del progetto esecutivo.

Si “respira architettura” a guardare l’edificio inaugurato nel 2022, denominato :  “Collina degli studenti” realizzato nel campus La Masa/Lambruschini di Bovisa del Politecnico di Milano; si tratta di un edificio (1.900 metri quadrati interni e altri 2.200 esterni) disposti su tre livelli per ospitare studenti, laboratori e spazi per docenti. Un edificio “materico ed interessante” che ha avuto come “registra” il prof. Arch. Emilio Faroldi Prorettore Vicario del Politecnico (https://www.polimi.it/fileadmin/user_upload/comunicati_stampa/1652186319_Comst_Collina_degli_Studenti.pdf)

Qui sotto alcune fotografie degli edifici, e degli spazi esterni, realizzati nel corso del tempo, nel Campus Polimi La Masa/Lambruschini.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate.

UN “GIRETTO” di architettura attorno a Romolo


Un giretto di architettura contemporanea (e non solo) nel sud di Milano, tra la circonvallazione ed i Navigli. Tra Romolo e la Darsena. Quella architettura contemporanea, che i media e gli Ordini professionali, non considerano.

Un’occasione per chi è appassionato, per misurare il polso dell’architettura milanese, tra “vaccate” ed edifici pregevoli.

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Villa Almerico, Capra, Valmarana detta la Rotonda a Vicenza.


UNA LIMPIDA SERATA di inizio autunno (27 settembre 2024, ore 19,00). Una collina con sopra un’ architettura epica. Un filosofo in grande forma (che discetta sulla trattatistica rinascimentale, ed il particolare sul De re aedificatoria di Leon Battista Alberti). Un cielo, al tramonto, dove gli astri fanno a gara per farsi notare……UNA FORTE SENSAZIONE, PER TUTTI, DI BELLEZZA ED INFINITO.

Il fine dell’architettura, come è nella villa del Palladio, è edificare, noi mortali, opere immortali. La villa Rotonda è come un tempio immortale, non per gli Dei, ma dove vive un uomo che considera gli Dei. Dietro la collina su cui insiste la villa Capra, c’è l’INFINITO….. è un TEMPIO ABITATO.

COMMODULATIO – L’architettura va concepita e dimensionata con i numeri “essendo scientia”, commodulando parti diverse, e riferita al corpo umano. Il canone (la canna), il “metro” deve essere chiaramente leggibile e trasmissibile. Nessun canone fisso, nulla va ripetuto, MA SUPERATO. L’architettura si dà, si offre, con un’ armonia, come una musica.

“Architecti est scientia”, quindi matematicamente trasmissibile. L’architetto deve essere un filologo, che conosce perfettamente il greco ed il latino, che ha una consuetudine con il passato della storia dell’ architettura. Che la studia quotidianamente.

L’idea matura nel tempo, non bisogna essere impazienti, per realizzare un progetto CI VUOLE TEMPO DI DECANTAZIONE.

ADDENDUM

A posteriori, appare strano che, un filosofo colto e raffinato nel suo pensiero, analizzando la trattatistica legata all’architettura, non si ponga il problema della continuità della”visione classica”, cancerogena ed umano-centrica, di una società, quella occidentale, che si è “mangiata” (codificando e legittimando) l’ecosistema planetario.

Proprio lui, il filosofo, che dovrebbe evidenziare questa contraddizione, attraverso cui rendendo tutto, ad una dimensione “matematicamente e geometricamente” trasmissibile (scientia), invece di proporre ipotesi e soluzioni alternative, in grado di restituire uno spiraglio di luce sul futuro dell’ agire umano, cerca di dare continuità a questa MACELLERIA PLANETARIA.

In tal senso, ottima la scelta dell’ora del tramonto, in grado di restituire ai convenuti, il senso di un pensiero occidentale morente, lanciato probabilmente in maniera inevitabile, verso la fine.

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Dalle Nogare


Antonio dalle Nogare, con una famiglia di costruttori altoatesini alle spalle, ha con caparbietà voluto, nel corso del tempo, questa Fondazione, per metà casa privata  e per metà museo, dove collocare la propria collezione d’arte – https://fondazioneantoniodallenogare.com/ . L’edificio, scavato nella roccia, nel porfido, è stato progettato in modo sostenibile da Walter Angonese ed Andrea Marastoni, e completato nel 2017. È, la Fondazione, nell’ idea di chi l’ha voluta, un luogo d’incontro internazionale, di lavoro e d’ispirazione per l’attività creativa.

Lo scavo nel terreno, ha permesso di reperire parecchia roccia, che, opportunamente lavorata, è stata fatta diventare parte dell’ edificio stesso, soprattutto per i rivestimenti esterni. La struttura si dipana su cinque livelli, con degli interni caldi ed accoglienti, pavimentati in legno lasciato al naturale. Sapienti finestre e lucernari, consentono un’ illuminazione particolarmente adatta all’arte contemporanea, ed implementano la natura ed il paesaggio circostante.

Un luogo d’incontro tra Arte, Architettura e Paesaggio.

Ingresso gratuito, ampio materiale documentale a disposizione, compresa una biblioteca consultabile di oltre 1300 volumi dedicati all’ arte contemporanea. Visite guidate gratuite, il sabato mattina alle ore 11,00.

All’ ingresso esterno, della Fondazione, vi accoglie una pregevole installazione sonora

Modello realizzato dallo Studio Angonese dell’edificio della Fondazione Antonio Dalle Nogare

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Giovanni il milanese.


Giovanni Segantini, Naviglio a ponte San Marco, Milano, 1880

Appena sono venuto a conoscenza della ghiotta esposizione che si teneva nel Museo Segantini di St. Moritz, mi sono precipitato in loco (https://segantini-museum.ch/it/homeit/).

Per la prima volta venivano ricongiunti molti suoi importanti lavori del periodo milanese.

Una foto di Giovanni Segantini

Giovanni Segantini  (Arco, 15 gennaio 1858 – monte Schafberg, 28 settembre 1899) arriva  a Milano, nel 1865, a sette anni e se ne andrà solo nel 1881 per trasferirsi prima in Brianza e poi in Svizzera, a Savognino e poi in Engadina. Resta dunque nel capoluogo lombardo per diciassette anni, fondamentali per lo sviluppo della sua carriera artistica e per la sua “fama” come pittore.

Nel Museo di St. Moritz a lui dedicato, i quadri, realizzati in quegli anni, sono testimonianza della Milano di allora. Gli sfondi, come sempre nelle opere del pittore trentino, raccontano attraverso forme, colori, luce, edifici, persone, ecc., i “paesaggi di un’epoca”.

Giovanni Segantini, Nevicata sul Naviglio, 1881

Segantini a Milano, aveva acquisito uno studio, nel complesso di Case Popolari di via San Fermo, con accesso diretto da via San Marco 26. La quotidiana frequentazione con i luoghi milanesi d’acque (molti di questi oggi interrati), gli consentono di realizzare degli effetti luminosi, che esaltano soprattutto gli elementi architettonici di quegli anni, in affaccio sul sistema idrico dei Navigli.

Non va dimenticato che il pittore trentino, aveva una innata passione per la disciplina dell’architettura.  Ed infatti il suo atelier, al Passo del Maloja, che realizzerà dopo il 1894, a seguito del suo trasferimento in Engadina, e’ opera di una sua progettazione attenta soprattutto per quanto riguarda la luce.

Il pittore usa i lucernari, ed ogni accorgimento, per creare all’ interno, un sistema di illuminazione naturale, sinergico al proprio lavoro.

Atelier Segantini al Passo del Maloja, con la caratteristica “cupola con lucernari”
Giovanni Segantini, ritratto della Signora Torelli, 1880. Sullo sfondo il parapetto ed un ponte del Naviglio Grande a Milano.
Museo Segantini a St. Moritz – Trittico della Vita, 1896/1899.
Giovanni Segantini, ritratto di donna in via San Marco a Milano, 1880

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GHOST DREAMS


Sono stato alla fondazione Beyeler di Riehen (Basilea), decine di volte, ed ogni volta una sorpresa nei criteri di allestimento, nella qualità della proposta museale. Ma questo “fuori/dentro” dal museo al giardino, che ho potuto apprezzare oggi, ha qualcosa di sorprendente, di meraviglioso, che lega l’arte intimamente con le regole della Natura planetaria di questa parte di Universo…..Sogni fantasma – https://www.fondationbeyeler.ch/en/exhibitions/ghost-dreams

Per la prima volta nel quarto di secolo della Fondation Beyeler gli spazi di tutto il museo e del parco vengono ripensati da artisti e curatori ma anche scienziati, filosofi, architetti, musicisti e poeti per un’esperienza espositiva sperimentale stimolante, innovativa e dinamica.

In effetti è difficile immaginare una mostra museale che muta in continuazione, che invita a leggere un libro, mentre le opere d’arte intorno vengono cambiate ogni tanto. Una patata dolce cuoce nel microonde, puoi dormire in un letto che interpreta i tuoi sogni,  e ogni tanto sei avvolto da una fitta nebbia che dà un senso di spaesamento surreale.

Sembra di partecipare ad un esperimento, incluso il titolo della mostra che cambia nelle dodici settimane di esposizione. Invece il tutto è un colto meccanismo per rendere l’arte concettuale accessibile, titillante, meravigliosa, senza ricorrere a un intrattenimento “facile” e banalmente spettacolare, come spesso succede di questi tempi, ad uso dei media. Quì al centro vi è lo spettatore/visitatore/esploratore che deve “conquistarsi” la sua personale interpretazione della mostra.

Il tutto ad iniziare dalla guida criptica della mostra  “All my love spilling over” (Tutto il mio amore si riversa), che costringe il visitatore a fare lavorare il cervello per comprendere il titolo e l’autore dell’opera che ha davanti. Spetta al visitatore creare Liaison tra opere visivamente accostate con sapienza per stimolarlo, per fare lavorare la memoria (visiva e non solo) di ognuno.

Ecco che Koo Jeong A (un giovane artista sudcoreano specializzato in installazioni e tecniche miste), con una scultura nera sospesa (Boolgasaeu Boolgasali del 2024), viene messo in relazione con il famosissimo (ed enorme) quadro ad olio su tela di Claude Monet ‘Lo stagno delle ninfee’ (1917-20); mentre fuori (basta chiedere e si può uscire), nel giardino, vicino ad un laghetto incombe la grande scultura “Hase” un’opera di Thomas Schütte che fa parte della Collezione Beyeler dal 2014. Nel laghetto Fujiko Nakaya fa vibrare con un sistema di onde d’urto, il pelo dell’acqua.

L’architettura di Renzo Piano aiuta con le grandi vetrate, l’illuminazione naturale, ed i setti in porfido, a dare un legame intimo con l’esterno, con il paesaggio circostante arricchito da “presenze” artistiche.

La spettacolare e stimolante mostra collettiva estiva della Fondation Beyeler sta riscuotendo un notevole successo, tanto da essere legittimamente definita “l’argomento principe di conversazione del mondo dell’arte 2024”.

Fondation Beyeler è uno dei più importanti musei della Svizzera, e stà per diventare uno spazio espositivo vastissimo. Alla sede principale di Piano, si aggiungeranno, tra il 2025 ed il 2026, tre edifici dell’architetto/guru svizzero, Peter Zumthor (una sede espositiva di 1500 metri quadri, un padiglione e un edificio di servizio) che sono in costruzione nel parco paesaggistico di impostazione ottocentesca in stile inglese (acquisito dai confinanti per duplicare l’estensione dei giardini, facendoli diventare una “piccola” riserva naturale).

https://www.fondationbeyeler.ch/en/museum/new-museum-building

SOTTO – Stralci dalla guida della mostra

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DONATO


Il “Cristo alla colonna” fu dipinto da Donato Bramante tra il 1485 ed il 1490, su commissione dell’Abbazia di Chiaravalle. E’ stato il suo unico, finora conosciuto, dipinto su tavola.

IL CRISTO ALLA COLONNA – Donato Bramante

Ad interessarmi particolarmente, al di là della bellezza sofisticata del dipinto, è lo sfondo che si intravvede da una finestra. Un paesaggio probabilmente marino, vista la presenza di barche militari probabilmente turche, come ben descritto nel testo di cui al link soprastante.

In primo piano, sul davanzale della finestra, un’anfora (una “Pisside”), un arredo sacro a forma di coppa con coperchio, nel quale sono contenute le ostie consacrate; è di metallo prezioso e sicuramente dorato all’interno.

L’orizzonte è caratterizzato da un paesaggio sfumato, Leonardo da Vinci ha già lasciato la sua eredità pittorica a Milano, influenzando gli artisti che operano nella città lombarda. Infatti i famosi retroscena paesaggistici di Leonardo sarebbero frutto di idee e ricerche scientifiche affrontate sul piano geologico, idrologico e paesaggistico, ma anche simbolico, soprattutto ad evidenziare i rapporti tra specie umana, religione e Natura.

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