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Builders of the future

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insegnamento

Villa Almerico, Capra, Valmarana detta la Rotonda a Vicenza.


UNA LIMPIDA SERATA di inizio autunno (27 settembre 2024, ore 19,00). Una collina con sopra un’ architettura epica. Un filosofo in grande forma (che discetta sulla trattatistica rinascimentale, ed il particolare sul De re aedificatoria di Leon Battista Alberti). Un cielo, al tramonto, dove gli astri fanno a gara per farsi notare……UNA FORTE SENSAZIONE, PER TUTTI, DI BELLEZZA ED INFINITO.

Il fine dell’architettura, come è nella villa del Palladio, è edificare, noi mortali, opere immortali. La villa Rotonda è come un tempio immortale, non per gli Dei, ma dove vive un uomo che considera gli Dei. Dietro la collina su cui insiste la villa Capra, c’è l’INFINITO….. è un TEMPIO ABITATO.

COMMODULATIO – L’architettura va concepita e dimensionata con i numeri “essendo scientia”, commodulando parti diverse, e riferita al corpo umano. Il canone (la canna), il “metro” deve essere chiaramente leggibile e trasmissibile. Nessun canone fisso, nulla va ripetuto, MA SUPERATO. L’architettura si dà, si offre, con un’ armonia, come una musica.

“Architecti est scientia”, quindi matematicamente trasmissibile. L’architetto deve essere un filologo, che conosce perfettamente il greco ed il latino, che ha una consuetudine con il passato della storia dell’ architettura. Che la studia quotidianamente.

L’idea matura nel tempo, non bisogna essere impazienti, per realizzare un progetto CI VUOLE TEMPO DI DECANTAZIONE.

ADDENDUM

A posteriori, appare strano che, un filosofo colto e raffinato nel suo pensiero, analizzando la trattatistica legata all’architettura, non si ponga il problema della continuità della”visione classica”, cancerogena ed umano-centrica, di una società, quella occidentale, che si è “mangiata” (codificando e legittimando) l’ecosistema planetario.

Proprio lui, il filosofo, che dovrebbe evidenziare questa contraddizione, attraverso cui rendendo tutto, ad una dimensione “matematicamente e geometricamente” trasmissibile (scientia), invece di proporre ipotesi e soluzioni alternative, in grado di restituire uno spiraglio di luce sul futuro dell’ agire umano, cerca di dare continuità a questa MACELLERIA PLANETARIA.

In tal senso, ottima la scelta dell’ora del tramonto, in grado di restituire ai convenuti, il senso di un pensiero occidentale morente, lanciato probabilmente in maniera inevitabile, verso la fine.

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Atlante per la fine del mondo


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http://atlas-for-the-end-of-the-world.com/index_0.html

 

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Il Bidello dell’architettura


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Parecchi anni fa, negli anni Ottanta del Novecento, all’Istituto Universitario di Venezia (IUAV) esisteva una figura nota a tutti, un bidello, una specie di factotum, che aveva acquisito fama e notorietà, anche perchè portava degli occhiali identici a quelli di Le Corbusier.

Si trattava del capo bidello, il cui tavolino era collocato nell’atrio del corridoio. Costui era considerato una sorta di “segretario generale”, di “super-bidello” della facoltà; anche perchè sapeva sempre tutto e di tutti. Nonostante le numerose mansioni che svolgeva, spesso al di fuori del proprio ruolo, quasi confondendosi con la docenza e la gestione universitaria; nonostante i numerosi “svarioni” a cui era avvezzo; nonostante le fandonie che spesso raccontava travisando la realtà, ai più risultava “simpatico”. Un male necessario ed indispensabile. Nel corso del tempo era divenuto quasi una potenza, o perlomeno così gli piaceva far credere.

Questo suo fare, intrallazone ed ai limiti della liceità, lo portò ad essere parte attiva in una vicenda di esami di stato truccati, che nel 1985 lo condusse agli arresti.

Una losca tresca tra docenti, personale della segreteria, bidelli di cui ci resoconta con dotta sapienza, Roberto Bianchin, in un’articolo della Repubblica del 27 novembre 1985.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/11/27/architettura-arrestato-un-docente.html

 

 

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L’architettura la si insegna con sapienza, essendo disponibili “guide” che portano alla conoscenza (senza supponenza), di questa antica disciplina, e ciò è tanto più difficile laddove arte e scienza si intersecano indissolubilmente.

Uno studente di architettura, non va soverchiato, va accompagnato mettendosi al suo fianco, senza sostituirsi ad esso.

Bisogna diventare degli umili “contenitori di suggerimenti” che indicano la possibile strada ma non la via certa. Stimolare, titillare, affinché ognuno esprima se stesso, questo è il compito.

Ho visto troppo spesso colleghi esuberanti, egocentrici, progettare al posto dello studente fino a plagiarlo, per il solo piacere personale di esibire la loro bravura.

Colleghi, architetti bravissimi, ma che dell’insegnamento e di ciò che è trasmettere architettura, poco sapevano ed ancor meno “umilmente” intuivano.

Scrive le Corbusier in un testo del 1943 – Conversazione con gli studenti delle scuole di architettura – : “dedicarsi all’insegnamento dell’architettura, in questi tempi di traslazione da una civiltà decaduta a una civiltà nuova, è come prendere i voti, è credere, è consacrarsi, è darsi”.

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