L’architettura la si insegna con sapienza, essendo disponibili “guide” che portano alla conoscenza (senza supponenza), di questa antica disciplina, e ciò è tanto più difficile laddove arte e scienza si intersecano indissolubilmente.
Uno studente di architettura, non va soverchiato, va accompagnato mettendosi al suo fianco, senza sostituirsi ad esso.
Bisogna diventare degli umili “contenitori di suggerimenti” che indicano la possibile strada ma non la via certa. Stimolare, titillare, affinché ognuno esprima se stesso, questo è il compito.
Ho visto troppo spesso colleghi esuberanti, egocentrici, progettare al posto dello studente fino a plagiarlo, per il solo piacere personale di esibire la loro bravura.
Colleghi, architetti bravissimi, ma che dell’insegnamento e di ciò che è trasmettere architettura, poco sapevano ed ancor meno “umilmente” intuivano.
Scrive le Corbusier in un testo del 1943 – Conversazione con gli studenti delle scuole di architettura – : “dedicarsi all’insegnamento dell’architettura, in questi tempi di traslazione da una civiltà decaduta a una civiltà nuova, è come prendere i voti, è credere, è consacrarsi, è darsi”.
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