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Builders of the future

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Italian Strategy

Un obbrobrio.


Questo articolo, e le relative immagini, sono il frutto del bellissimo sopralluogo notturno dell’edificio per appartamenti Novocomum progettato dall’architetto Giuseppe Terragni a Como, avvenuto il 22 novembre 2025 (nell’ ambito della manifestazione “Slow Lake Como”) tra le ore 18,30 e le 20,00 sotto la colta regia del Presidente dell’Archivio Terragni (Arch. Attilio Terragni).

Ciò ha consentito di poter visionare anche i locali dell’Archivio Terragni e la interessante mostra allestita per l’occasione inerente l’edificio.

Il nome Novocomum della società edificatrice, deriva dall’unione di “Novo” (nuovo) e “comum” (in riferimento a Como); l’edificio è considerato un manifesto del razionalismo architettonico italiano.

Le forme innovative del Novocomum edificato tra il 1927 ed il 1928, e le sue pareti senza decorazioni, scandalizzarono gli ignari discendenti dei comacini, che appellavano la nuova costruzione come un “obbrobrio”.

Anche perché il Novocomum, si andava a collocare (completando un lotto) proprio in adiacenza ad un edificio esistente in stile storicista, ricco di decorazioni.

Il Commissario prefettizio di Como, com’è noto, salutò la prima casa moderna costruita in Italia con un singolare decreto. Vi si leggeva: – In seguito all’avvenuta costruzione in contrasto coi criteri espressi dalla commissione di ornato di un palazzo in stile razionalista….ha nominato una commissione….col compito di stabilire se esso costituisca elemento di deturpazione della zona, ed eventualmente se e di quali modificazioni sia suscettibile – (Stralcio di pagina 13 del bel testo di Mario Labo’ intitolato a Giuseppe Terragni, nella collana edita dalla casa editrice “Il balcone” di Milano, nel 1947).

Rimasta intatta, la casa, anche alle vicissitudini della Seconda Guerra Mondiale fu sarcasticamente battezzata dai comacini “Transatlantico”.
























SOPRA – Vista dalla copertura praticabile, a terrazza comune, del Novocomum

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Nei dintorni di Villorba


Attorno ad una anonima sede di una società d’ingegneria, che si occupa, nella trevigiana, soprattutto di impianti, un florilegio di architetture eccellenti. Un’occasione da cogliere. Una mappa su cui riflettere per il futuro.

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UN “CIRCUITO” TRENTINO


Un “circuito” stradale, nel Trentino del sud, fattibile sia in auto che in bicicletta. Un centinaio di chilometri circa, tra le due città trentine, uscendo dalla Brennero A 22 a Rovereto Sud (Lago di Garda Nord) passando per il lago di Toblino (SS 45BIS), e rientrando nella Brennero A 22 a Trento Nord………O VICEVERSA.

Un piccolo viaggio, da “sogno” tra laghi limpidi, falesie immaginifiche, splendide architetture, vigneti e paesaggi meravigliosi. Un viaggio, dove l’azione umana sulla crosta terrestre, sembra ancora avere una dimensione in cui Natura ed Artificio possano coesistere. Ovviamente, un viaggio anche di sapori, di enogastronomia, tra profumi e luci naturali indimenticabili. Una “mappa empatica”.

https://www.google.com/maps/d/edit?mid=1tv04fzuhAOpznfDAiZidaRlw8TgWKgc&usp=sharing

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RECOVERY PLAN (PIANO DI RECUPERO)


DA AMALFI – a Bolzano, l’Italia, appena piove, si “liquefa”, crolla, si sbriciola (https://bit.ly/3pLmdCO). Oggi è toccato alla costiera amalfitana, si è evitata la tragedia solamente per miracolo. Il 6 gennaio era toccato a Bolzano, una frana aveva distrutto parte dell’Hotel Eberle, anche qui solo un “miracolo”, la chiusura della struttura per pandemia Covid-19, ha evitato una tragedia (https://bit.ly/39Hvlma). Il 10 dicembre 2020, il Panaro, in Emilia aveva esondato, creando devastazione e danni (https://bit.ly/3avMuP7). Pochi giorni prima della Befana, una tempesta aveva “cancellato” la spiaggia di Torvaianica vicino a Roma (https://bit.ly/3oLtsch). Nel Recovery Plan steso dal Governo Conte Bis (piano strategico per “spendere” fondi dell’Europeo “Next Generation EU”), che dovrebbe attuare, attraverso progetti necessari, l’impiego dei 210 miliardi di euro riservati all’Italia (da appaltare entro il 2026), NEMMENO UN EURO è stato individuato per, almeno iniziare, un grande progetto nazionale, teso alla SISTEMAZIONE IDROGEOLOGICA del “supporto territoriale” in cui noi italiani viviamo. Un supporto DEVASTATO da anni di incuria, da abusi edilizi, da pressapochismo amministrativo. Eppure, questo sarebbe un grande progetto collettivo, ormai improcrastinabile, valido da nord a sud, che coinvolgerebbe tantissime professionalità e darebbe lavoro a decine di migliaia di persone per anni (giovani ed anziani). Nessuno ne parla, i media tacciono, i cittadini subiscono silenti…..QUANDO CI DECIDEREMO A CRESCERE !!!

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Meglio non fare nulla, che fare qualcosa.


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Sopra il Corsera di oggi 9 gennaio 2019 con l'articolo di Gian Antonio Stella a pagina 42.

Nel febbraio 2017, veniva bandito un concorso di progettazione, in due gradi, per l’ampliamento della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Diamanti a Ferrara (https://bit.ly/2shhSuT). Importo previsto dei lavori euro 2.615.500 per 660 metri quadrati. Risultava vincitore il progetto proposto dalla triade 3TI + Labics + Vitruvio (https://bit.ly/2RlEd9t); con un progetto minimalista e poco invasivo, che si fa alla tradizione del Moderno (Mies van der Rohe), per rispondere alle esigenze di dare compattezza e futuro alla Galleria d’Arte Moderna. Settanta i progetti ricevuti, dieci quelli selezionati per partecipare alla seconda fase, valutati dalla commissione presieduta da Maria Luisa Pacelli, dirigente del servizio Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara, e di cui erano membri, in qualità di “dotti” esperti, Giorgio Cozzolino, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e Alfonso Femia, ex socio dello studio 5+1AA e fondatore di Atelier(s) Alfonso Femia. Da allora si è sviluppato un “ginepraio” dove la così detta società civile, capitanata dai fratelli Sgarbi (Vittorio ed Elisabetta), chiede con una raccolta di firme la non esecuzione del progetto, secondo loro “distruttivo” e vero e proprio scempio ! (https://bit.ly/2SOVWTG). Tra i firmatari dei veri e propri maestri in “scempi architettonici” in luoghi sensibili : Mario Bellini (https://bit.ly/2Aywhaw), Mario Botta (https://bit.ly/2Rju6BY), ecc.; ed anche dei veri e propri “esperti” dell’architettura in luoghi ad alta sensibilità paesaggistico : Massimo D’Alema (politico in pensione), Klaus Davi (massmediologo), Furio Colombo (giornalista tuttologo), Oscar Farinetti (imprenditore), ecc. (qui l’elenco dei firmatari – https://bit.ly/2QxA1yi). Sotto, sotto (ma neanche tanto) vi sono le imminenti elezioni amministrative a Ferrara (Tagliani sindaco del centrosinistra, versus Sgarbi Family che fa l’occhiolino al centrodestra Salviniani/Leghista). A PERDERCI COME SEMPRE E’ L’ARCHITETTURA (soprattutto quella moderna) e GLI ARCHITETTI, messa/messi in mezzo per un MASSACRO. Tutto sembra tendere verso quello che è ormai il tragico motto di una nazione immota e ferma : “Meglio non fare nulla, che fare qualcosa”, il che esclude anche la possibilità di aumentare gli spazi culturali di una città importante, ad uso anche di una migliore attrattività turistica, oltre a perdere forse dei finanziamenti già acquisiti.

http://artemoderna.comune.fe.it/

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Call for Ideas


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Nel lontano 1978, appena diplomato al Liceo, e da poco iscritto alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, l’assistente di disegno (che faceva l’architetto) mi propose, chiamandomi a casa, visto che ero il più dotato del suo corso, di fare un lavoretto di disegno, per un annetto part-time, in un comune dell’Hinterland milanese.

Si trattava di disegnare e correggere gli elaborati del nuovo Piano Regolatore Generale, che si andava a redigere. A tal fine il comune dove allora imperavano i socialisti, aveva costituito nella recente sede comunale, un apposito ufficio di Piano.

I tre architetti incaricati di redigere il P.R.G. erano tutti di “sinistra”, il capintesta (che poi sarebbe diventato dopo questa esperienza il mio datore di lavoro) ovviamente iscritto al Partito Socialista e con ufficio in prossimità della sede provinciale del PSI in Corso Magenta a Milano.

Gli altri due molto più giovani, gravitavano ; uno nell’area del PCI, l’altra (la mia assistente) probabilmente nel PDUP, il partito di unità proletaria, o giù d lì.

La Stesura delle tavole di piano avveniva cercando di interpretare i dati raccolti sul territorio, i possibili sviluppi futuri, le desiderata dei cittadini e dei politici che veniva interpellati in estenuanti riunioni. Sembrava un’operazione “scientifica” ed immutabile, o almeno a me così appariva all’inizio.

L’incarico era di disegnare a mano i profili del centro storico e stendere su degli enormi radex (copie eliografiche su supporto lucido), i retini autoadesivi delle varie destinazioni funzionali, i trasferelli con i percorsi pedonali, le sigle, le legende, ecc..

Un lavoro demenziale se immaginato oggi; un lavoro manuale, che l’Ufficio Tecnico comunale non era in grado di svolgere perché sottodimensionato, e che a me consentiva di fare la mia prima esperienza lavorativa.

Io c’ero…..ma non c’ero, per motivi politici; e per questo il Comune mi pagava IN NERO circa 1.500 lire all’ora (meno di un euro). Come faceva l’amministrazione comunale a pagarmi in nero, lo sa solo Dio. Ma allora era quasi una consuetudine.

La mia disponibilità di tempo doveva esserci anche la sera fino alle ore piccole. Infatti dopo ogni presentazione pubblica degli elaborati dello strumento urbanistico ai cittadini, avvenivano delle riunioni ristrette, al piano sottostante (sindaco, giunta assessori, rappresentanti dei partiti che amministravano), dove spesso si aggiungevano “altri personaggi” (rappresentanti dell’opposizione, immobiliaristi, proprietari di grossi appezzamenti di terreno, singoli con molto potere decisionale, imprenditori, ecc.).

Io dovevo essere abile e preciso, a spostare immediatamente i retini per trasformare zone inedificabili in terreni costruibili; spostare improvvisamente strade e quant’altro. Spesso attendevo per ore, mentre sentivo che litigavano a voce alta animatamente. Poi velocemente spesso anche aiutato per velocizzare la cosa dovevo trasformare il lavoro dignitoso fatto in una “porcata”. Il tutto avveniva anche più volte nella stessa serata.

Era il SACCO del territorio. La compravendita “bendata” al mercato delle vacche. Era una accesa “partita a tresette”, come veniva dai più chiamata.

Poi i tre tecnici dovevano fare “digerire” quanto prodotto, al consiglio comunale ed ai cittadini. All’opinione pubblica.

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Oggi un certo Pierfrancesco Maran, e l’amministrazione Giuseppe Sala tutta, lanciano per l’aggiornamento al 2030 del PGT (Piano di Governo del Territorio, cioè quello che una volta era il Piano Regolatore Generale), anche una “Call for Ideas”. Insomma il Comune raccoglie idee e scenari che si ispirino agli obiettivi e regole del PGT (ovviamente gratis) rivolta a esperti, investitori, operatori che vogliano immaginare possibili scenari urbanistici per alcune aree della città in base alle regole e agli obiettivi del Piano di Governo del Territorio. Le proposte dovranno essere inviate tra il 30 novembre e il 20 dicembre 2018.

http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/servizi/territorio/revisionePGT/PGT_Milano2030_CALL?fbclid=IwAR16vCKN6LeTwm_XmwQVZh4a8-Ey9qkEcT4CT4sxbJ1gFWfPJwJuZbccwXs

Una chiara, e triste, OPERAZIONE DI MARKETING POLITICO, di FALSA DEMOCRAZIA ED INCLUSIONE, infatti tutto avverrà esattamente come ho descritto nel testo soprastante, alla stessa maniera in uso nel 1978 (40 anni fa) : la “partita a tresette”. Ma ovviamente Maran e Sala questo non possono dirlo, e tutta l’operazione di NASCONDIMENTO E PARTECIPAZIONE avviene con l’avvallo dell’Ordine degli Architetti di Milano e provincia. Soprattutto Maran e Sala, non possono dire che molte delle opzioni possibili politiche e territoriali, a questo punto sono già state decise.

http://www.arcipelagomilano.org/archives/51222

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RE-Park


 

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SOPRA IN ALTO – il render dell’intervento / QUI’ SOPRA – l’edificio in corso di ultimazione

Il cantiere di via Chiese a Milano Bicocca, una ristrutturazione di un edificio degli anni Ottanta, è in corso di ultimazione.

Sarà la sede di Engie (energia), il progetto è stato firmato dallo studio PARK ASSOCIATI, fondato da Filippo Pagliani e Michele Rossi, che negli ultimi anni ha firmato i più raffinati ed interessanti progetti di ristrutturazione di edifici destinati a ufficio a Milano.

Un edificio, quello dei civici 72 e 74, per nulla banale e scontato, dove le nuove vitree facciate vengono re-interpretate seguendo uno schema che riconduce ai rigori della composizione e già questo non è poco vista la banalità di alcuni interventi nell’intorno.

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Filippo Pagliani e Michele Rossi si allontanano dagli schemi culturali e progettuali dell’architettura “modaiola” di questi anni :  la disciplina architettonica è per loro una sfida alle convenzioni costruttive e  alle tradizioni formali e tipologiche, che vengono continuamente reinterpretate. La progettazione è quindi un continuo rinnovo della materia, una commistione di discipline e forme, dalla musica alle arti plastiche. Park Associati non si è mai avvalso di una linea stilistica unica, ogni volta ricerca una “strada” diversa : anche occupandosi di  progetti estremamente vari, che spaziano da design alle grandi strutture.

D.S.

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Giungla


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La prima volta che ho sentito parlare della “giungla di via Noale” a Milano, studiavo da poco architettura. Era la fine degli anni Settanta del Novecento. Venivamo inviati, per “toccare con mano”, in maniera sparuta, quasi di nascosto, visto che imperava ancora per poco la Politica del Collettivo Studentesco (Tante parole e poca architettura) a contemplare (per imparare) gli edifici, dell’Architettura Moderna e Contemporanea, che i nostri professori di progettazione (Emilio Battisti, Sergio Crotti, Daniele Vitale, Ernesto D’Alfonso, Cesare Pellegrini, Massimo Fortis, Enrico Mantero, ecc.) ci descrivevano come magnifici ed esemplari : il Gallaratese di Aymonino e Rossi, la “Rustici” di Terragni, la Casa a Torre di Bottoni in Corso Sempione, gli edifici di Giò Ponti, la Torre Velasca dei BBPR, ecc.. Il “viatico” per chi iniziava a praticare questa antichissima e splendida disciplina.

Tra questi faceva specie, la lunghissima digressione in via Noale (Zona Baggio, verso la Tangenziale Ovest), dove uno dei nostri professori, Vittoriano Viganò, aveva costruito parecchi anni prima (nel 1952) un edificio per l’istruzione , il Marchiondi Spagliardi, completamente abbandonato nel 1970. Da tutti definito “Brutalista”.

Già allora, noi giovani studenti, ci aggiravamo in una piccola giungla urbana, frutto dell’incuria a cui la struttura era stata completamente abbandonata. Ancora bellissime, le ardite strutture in cemento armato a vista, di chiara impronta lecorbuseriana, scandivano lo spazio dell’intorno: mentre all’interno, già via abitavano strane creature urbane con le loro suppellettili.

Già allora, si incominciò a “parlare” in merito alla necessità di tutela e di restauro del complesso didattico. Ne vaticinava anche lo stesso Viganò, quando nel 1985, inaugurò il nuovo ingresso della Sede Facoltà di Architettura in via Ampere, da lui progettata.

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Così rappresentativo di un’epoca, che l’edificio fu, dopo pochi anni, vincolato dalla  Soprintendenza ai Beni architettonici, ma il degrado continuò a progredire nonostante i numerosi tentativi di farne un’uso finalizzato al suo restauro.

Nel corso del tempo ho più volte assistito a dibattiti tra architetti e non sulle sorti di una tale “bellezza architettonica moderna” (per non dire ancora contemporanea), il cui modello architettonico è esposto al Mo.Ma di New York.

Ma nulla, assolutamente nulla, è avvenuto, se non il recupero a centro disabili diurno, di una piccolissima parte del complesso. Intanto la natura, la “Giungla” lentamente fa il suo inesorabile corso, e si sta “mangiando nell’indifferenza più totale” le immaginifiche e sontuose strutture. Il tutto avviene mentre un recinto alto e minaccioso, protegge e santifica l’evento distruttivo “naturale”.

L’ultimo “dibattito in merito” a cui ho personalmente assistito è avvenuto nel 2015, presso il belvedere “Enzo Jannacci” del Grattacielo Pirelli di Giò Ponti e soci, ma non ha prodotto nulla, assolutamente NULLA, nonostante l’Expo e le aspettative della figlia di Vittoriano Viganò (deceduto nel 1996), Paola, che pregava gli astanti (docenti, soprintendenti, architetti, esperti) almeno di ripristinare l’impermeabilizzazione del tetto, per salvare il salvabile.

Eppure ancora oggi, il pellegrinaggio di architetti, in via Noale, da tutte le parti del Mondo, è pressochè costante. Cosa ci vorrebbe a fare una “Call/Chiamata” internazionale, per trovare un operatore, un magnate, che intenda restaurare perfettamente (sotto l’occhio vigile della Soprintendenza) una tale “bellezza”. Gli si potrebbe lasciare l’usufrutto per i prossimi 99 anni, ad un euro (come per Palazzo Farnese a Roma)!

Tanto, se non ci si è riusciti in oltre 45 anni a trovare una soluzione politica/economica ed un uso congruo per tale edificio, per scongiurarne la completa “rovina”, probabilmente non la si troverà mai, passassero mille anni.

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Dario Sironi

La condanna !


A Roma, al MAXXI, in questi giorni e fino al 2 aprile 2013, si tiene una mostra veramente molto interessante, assolutamente da non perdere. Sono infatti esposti,  un’ottantina di “plastici” d’architettura moderna e contemporanea, tra cui alcuni mai esposti. Una vera “chicca”, infatti vi si possono ammirare, in una scala perfetta, edifici di Aldo Rossi e di Massimiliano Fuksas, di Piero Sartogo e di Maurizio Sacripanti. Di quest’ultimo, sono addirittura esposti due modelli mai resi pubblici in precedenza, restaurati con molta cura.

http://www.fondazionemaxxi.it/2012/06/28/models-dalle-collezioni-del-maxxi-architettura/

Eppure, nonostante il modello, il “plastico”, costituisca la rappresentazione migliore per la comprensione di un’opera architettonica, da parte del grande pubblico, la “twittata” (che non è unica) sopra esposta, di cui ho camuffato volutamente l’autore per ovvi motivi di privacy (ma che ho verificato non essere architetto o esperto del settore), dimostra, che poi, in fin dei conti, non è proprio così. Oppure, con una lettura opposta, che la comprensione è stata così efficiente, da determinare, di fare di tutta l’architettura moderna e soprattutto dei suoi progettisti, un’unico gruppo di “merdacce” di cementificatori folli da “condannare per crimini di guerra”. Insomma in qualunque caso esiste un’evidente scollamento. A “noi architetti” la mostra del MAXXI appare come un piccolo gioiellino, da visionare e da studiare, valutabile sicuramente come un mezzo per facilitare l’approccio all’architettura colta ed intelligente, sia per i giovani studenti, che per il grande pubblico. Mentre, viceversa, proprio per il grande pubblico è un collezione di “crimini di guerra”. Appunto la guerra tra noi ed i Cittadini, che oggi hanno scoperto il paesaggio e la sua salvaguardia, e come capita spesso, si vestono improvvisamente del ruolo di sapienti censori, creando più danni che effettiva salvaguardia. Pensano, come molti, che per fare gli architetti, gli urbanisti ed occuparsi del paesaggio, basti poco o nulla, quattro letture “a go-go” in internet, alcune immaginette sacre di casette in legno o superecologiche, senza arte ne parte, molto simili all’isola che non c’è.

Mentre la disciplina dell’Architettura, dell’Urbanistica e quella del Paesaggio, sono complesse, necessitano di studio, di continuo aggiornamento, di osservazione, di decantazione. Sono insomma arti  (e scienze) faticose, sottili e colte, come la Musica, la Scultura. Non ci si può dedicare qualche ritaglio di tempo, ci si deve dedicare la vita. Insomma non sono per tutti e soprattutto in esse, non ci si improvvisa dall’oggi al domani.

Mi viene appunto in  mente, un mio lontano conoscente, un coetaneo, un informatico, che da oltre un annetto si è trasformato (come molti altri che si occupano di antipolitica) in uno “sparatore ad alzo zero” nei confronti degli architetti e dei paesaggisti, e di chiunque costruisca qualcosa, Probabilmente il suo ideale di mondo è un qualcosa dove non si costruisce nulla, dove non nascono più esseri umani, dove si decresce, dove si valorizza esclusivamente il mondo agricolo.  Ma è un Mondo per pochi, non certamente per gli oltre 7 miliardi di persone (dati fine 2011), che si incrementano di centinaia di migliaia di unità ogni giorno e di circa 80/90 milioni di persone ogni anno. Forse, per “gettare nel piatto” anche una provocazione, più che condannare la continua esponenziale cementificazione (che innegabilmente va ridotta) bisognerebbe ridurre la produzione di esseri umani su questo pianeta, per effettivamente salvaguardarlo per le generazioni future.

Per ritornare all’Italia, il nostro è un paese, dove i Cittadini, nella maggior parte, sono  “ignoranti” (nel senso più positivo della parola e cioè che ignorano) nell’architettura, nell’urbanistica, nel paesaggio, quindi condannare per crimini contro l’umanità, mi sembra veramente una corbelleria. Ci vorrebbe invece, un grande processo culturale collettivo dal basso, anti-accademico (senza docenti universitari ed amministratori), di condivisione di cultura in questi ed altri ambiti disciplinari. Magari a partire dalla musica, sembrerà strano, ma forse è l’arte che meglio restituisce i concetti mnemonici e subliminali di architettura e paesaggio, per poi passare all’arte pittorica e scultorea ed infine arrivare alla triade disciplinare : architettura, urbanistica, paesaggio. Invece, i più, organizzano convegni, giornate plurime di studi; banali eventi in cui si parla solamente dell’aria fritta e dell’acqua “calda”. Eventi dove “tecnici” se la cantano e se la suonano tra di loro, inanellando nel loro curriculum l’ennesimo convegno. Risulta quindi molto difficile raggiungere persone che nemmeno conoscono le architetture moderne, i progetti urbanistici, che si sono stratificati, nel corso del tempo, nel quartiere in cui abitano. Purtroppo il “posto delle fragole” non abita quì, nella cultura italica e nelle sue genti . E quindi “a morte gli architetti” (gli urbanisti, i paesaggisti) !

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