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Paesaggio Christologico


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Cinque chilometri di passeggiata di colore giallo dalia (tessuto in nylon poliammidico della ditta Setex di Greven in Germania), di cui due chilometri “flottanti” sull’acqua. Dieci milioni di euro (circa) di costo previsto. Un afflusso previsto tra il 18 giugno 2016 ed il 3 luglio (ma si parla già di una proroga al 10 luglio) di circa 40 mila persone al giorno, mentre il “floating piers” ne può contenere contemporaneamente al massimo 17.500.

Il “floating piers” poggia su 220 mila  cubi a pioli galleggianti in polietilene ad alta densità, riempiti di aria. Per ancorarli sul fondo dei sub francesi hanno posato delle ancore in calcestruzzo (di fabbricazione bulgara ed italiana) e metallo appositamente studiate. Una volta assemblati tra loro i galleggianti nell’apposita area di Moltecolino (300 mila metri quadrati), le parti del “pier” vengono trascinate con imbarcazioni sul luogo dove vengono fissati al fondale mediante appositi cavi ed uniti tra loro.

Il tutto progettato ed intensamente voluto, dall’artista Bulgaro/Americano Christo Vladimirov YavachevL’opera alla fine dei sedici giorni di esposizione, verrà completamente rimossa e sarà industrialmente riciclata. I 10 milioni di euro dei costi, anticipati dall’artista e dagli sponsor, saranno recuperati dalla vendita dei gadgets e delle opere create dall’artista (quadri, serigrafie, ecc.), come già avvenuto per altri suoi lavori..

Christo ha scelto il Lago d’Iseo dopo un lungo sopralluogo sui laghi del nord Italia, insieme a Germano Celant, rimanendo colpito dall’Isola di San Paolo e da quella di Monte Isola, nonchè dal piccolo borgo di Sulzano.

Una operazione artistica, di valenza mondiale, voluta anche dalla comunità locale, per il rilancio internazionale del turismo sul Lago d’Iseo. Costo di tutta l’operazione “pagato” dall’Ente di promozione turistica del Lago d’Iseo e della Regione Lombardia, in collaborazione con sponsor/partner privati (Ubi Banca, Iseo Serrature, Franciacorta Outlet Village).

Per 15 giorni il Lago d’Iseo sarà “l’ombelico del Mondo”, un luogo di confluenza per paesaggio, turismo, arte, che saranno per una volta,  finalizzati ad una grande operazione di “immagine” a livello mondiale.

Percorrere il “Floating Piers” sarà completamente gratuito. Il comune di Sulzano e quello di Monte Isola hanno predisposto piccoli padiglioni per accogliere i turisti e fornire cibo ed accoglienza.

Quello che interessa è il tentativo di sganciarsi dai soliti canoni di marketing turistico, per intraprendere una strada innovativa, probabilmente l’unica in grado di fare diventare il turismo italiano, un vero e proprio “motore economico primario” del Paese.

Comunque un’opera “maestosa” che nella sua artificialità voluta e palese, sia nel disegno che nei materiali, ci fa immediatamente capire tutta la violenza (e la bellezza) della specie umana, che da sempre modifica all’abbisogna, il paesaggio di questo magnifico pianeta.

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionatw

Droga per architetti


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Durisch & Nolli, progetto primo classificato al concorso AIM.
Mendrisio 2015

TESTIMONIANZA – Ho lavorato, per un lungo periodo, tra il 1988 ed il 1991, per un’architetto di Milano, geniale e simpatico (che chiameremo Patsy, come il personaggio di Bonvi). Patsy, aveva 45 anni, pesava ben oltre i 100 chili, ed era alto più di centonovanta centimetri. Il suo bagaglio culturale spaziava a 360 gradi, dall’architettura alla letteratura, all’universo femminile, passando per la cucina (di cui era un raffinato interprete).

Costui, di buona (e ricca) famiglia dell’alta borghesia milanese, era stato assistente al Politecnico di un noto teorico dell’architettura, che poi sarebbe diventato Preside della Facoltà di Architettura.

La moglie (più giovane di qualche anno), di origine spagnola, lavorava con lui essendo anch’essa architetto. I due avevano una bella casa in affitto nel centro di Milano, vicino alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Lo studio di Patsy (da lui stesso ristrutturato), ovviamente si trovava in zona Navigli, e vagamente assomigliava allo studio di Le Corbusier di Rue De Sevres a Parigi. La vasta biblioteca dello studio contava oltre 4.000 volumi; gli acquisti si succedevano a ritmo incessante.

Patsy aveva un unico difetto : era letteralmente “impossessato” dal morbo dei concorsi di architettura. Lui e la moglie, vivevano letteralmente per la competizione, trovando li, la sublimazione del loro rapporto. I concorsi di architettura, per loro erano come una droga, oltre che un motivo di vita.

Negli anni che ho lavorato per loro, si realizzavano tra gli 8 ed i 10 concorsi per anno. Tutta l’attività professionale, ancora incentrata sulla manualità, orbitava attorno ai concorsi di architettura, essi costituivano un momento di ricerca, ma soprattutto erano stati individuati come l’unico momento per fare veramente “L’Architettura”, quella con la “A” maiuscola. Senza compromessi, senza condizionamenti, senza clientela mafiosa (ricordo che allora Milano “era da bere”, saldamente in mano alla gerontocrazia socialista).

Tre, quattro persone, più loro due, lavoravano costantemente in studio, quasi esclusivamente a produrre gli elaborati concorsuali; a cui io mi aggregai in qualità di coordinatore. Pochissima attività professionale redditizia. Facemmo anche molti concorsi internazionali: in Giappone, in Svizzera, in Francia, ecc..

http://www.ticinonews.ch/ticino/260769/nuova-sede-delle-aim-ecco-il-progetto-vincitore

Tutti i concorsi iniziavano con un sopralluogo a cui partecipava tutto lo studio, in cui si vagava in maniera a-finalistica per l’area oggetto dell’intervento, scattando numerose fotografie. Lunghe ed interminabili riunioni (anche notturne) per decidere il progetto, la composizione delle tavole, la scelta della carta da lucido, le tecniche di coloritura degli elaborati finali. La ritualità della chiusura delle buste e dei pacchi, per l’invio degli elaborati (internet ancora non era diffusa), era quasi un “evento” sacro. La consegna talvolta, si trasformava in un finale concorsuale tragico.

Ricordo ancora chiaramente quando Patsy, con la moglie, una volta preparato il tutto, partì dopo una nottata passata a finire le tavole concorsuali, in direzione Firenze. Era inverno, e Patsy (mentre la moglie cercava di tenerlo sveglio) spesso abbassava il finestrino per esporre la testa all’aria fresca, per mantenersi vigile. Arrivato nella città toscana, con largo anticipo, decise di fermarsi appena dopo il casello, per una pennichella in auto, prima della consegna. I due dormirono ben oltre l’orario di consegna, e gli elaborati finirono inevitabilmente incorniciati, su un muro dello studio, ad imperitura memoria.

Gli insuccessi si succedevano con estrema regolarità. I pochi successi, mai compensavano i costi. Le spese della struttura lavorativa erano impressionanti. Già nel 1990,  il fornitore del gas che alimentava la caldaia dello studio, iniziò a piombare le valvole. I pagamenti dei collaboratori si fecero saltuari; il pagamento degli affitti, dei fornitori e delle rate dell’auto una remota eventualità a cui sfuggire in maniera sempre più rocambolesca. I due architetti “succhiato” tutto quello che era credibilmente ottenibile dai parenti, caddero in disgrazia. Lo studio fu chiuso definitivamente nell’estate del 1992 (quasi all’inizio di “Tangentopoli”), anche se ormai era inagibile dall’inverno precedente, senza illuminazione, riscaldamento, e presidiato dai proprietari che rivendicavano numerosi trimestri arretrati di affitto.

Ho rivisto recentemente Patsy, che è stato lasciato dalla moglie (che ha avuto poi due figlie) e si è trasferito vicino a Ravenna, dove si è rifatto una vita anche professionale (ristruttura ville storiche per una società tedesca).

Abbiamo riso assieme davanti ad una birra, ricordando quegli anni “gloriosi”. In particolare abbiamo evocato un incontro con Flora Ruchat, nella sua bellissima casa di Riva San Vitale, per organizzare un “ticket” per partecipare ad un concorso a Locarno. Davanti ad un salamino e ad un bicchiere di vino, presente anche Ivo Trumpy, mentre parlavamo dell’attività concorsuale insieme a Patsy,  essi “disegnarono” a me (giovane architetto di quasi 30 anni), ed a lui, un panorama ben chiaro del “fare concorsi di architettura” in Italia ed in Svizzera.

In Svizzera allora (ma vale anche per oggi) bisogna correre con il “cavallo giusto”. Soprattutto, sempre bisogna avere nel team concorsuale, uno svizzero che abbia una conoscenza molto alta del panorama geo – concorsual – politico, in modo che sia chiaro fin dall’inizio se sia opportuno o meno partecipare. Solo così, l’attività concorsuale può diventare anche un’occasione professionale ripagata dai premi che la giuria ha a disposizione, o dalla costruzione dell’oggetto concorsuale che non è mai un’eventualità remota.

In Italia, invece, di concorsi d’architettura, certamente non si campa, ieri come oggi. I premi sono ridicoli, i bandi sono fatti male. Quasi mai l’oggetto concorsuale viene realizzato.

Comunque sia nella Svizzera del Canton Ticino, come in Italia, sia allora come oggi, l’attività concorsuale è egemonizzata da un ristretto numero di “soggetti” che si “lottizzano” con estrema sapienza i concorsi più “ghiotti”.

Patsy oggi è completamente disintossicato, dai concorsi di architettura. Si è rifatto una vita, professionale e familiare, ha una bellissima figlia che studia enologia. Comunque per non ricaderci, come un alcolista anonimo, preferisce evitare anche solo di visionare un bando concorsuale.

http://www.varesenews.it/2015/12/piazza-repubblica-foto-vincitori-e-motivazioni/468290/

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

Tangibile / Intangibile


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Mentre il “Gran camminatore” di Alberto Giacometti, osserva, nel suo dinamismo immobile, il lago di Lugano, dall’alto (ed all’interno) del LAC, il bel centro culturale progettato da Ivano Gianola, decine di piccoli motori elettrici, rendono tangibile il trascorrere del tempo, nella loro individuale asincronia poco architettonica. Installazione “site specific”, di una precisione geometrica rigorosissima,  realizzata dall’artista svizzero Zimoun.

Sempre all’interno del LAC, ma sottoterra, lo spazio architettonico sembra assumere una dimensione insolita ed improbabile, forme intangibili di luce (nel buio) volute da Antony Mc Call, materializzate da improbabili nebulizzazioni “impalpabili”.

Tra questi due opposti tangibili/intangibili, contenuti in una “rigorosa” architettura, una esposizione tradizionale sui riferimenti culturali dell’orizzonte artistico del Ticino (tra metà Ottocento e metà Novecento).

Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate

The Magnificent Mile


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Uscita MM Palestro

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Palazzo Saporiti

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Museo Scienze Naturali

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Villa Reale

Da un pò di tempo, mi capita di passeggiare con tranquillità e ripetutamente,  per via Palestro a Milano. E’ questo un posto magico, e come scrisse Robert Walser, nel suo romanzo “La Passeggiata” : “Lei non crederà assolutamente possibile che in una placida passeggiata del genere io m’imbatta in giganti, abbia l’onore d’incontrare professori, visiti di passata librai e funzionari di banca, discorra con cantanti e con attrici, pranzi con signore intellettuali, vada per boschi, imposti lettere pericolose e mi azzuffi fieramente con sarti perfidi e ironici. Eppure ciò può avvenire, e io credo che in realtà sia avvenuto”.

Ed in effetti, passeggiando per questi marciapiedi, s’incontrano le signorine bene della Milano borghese ed un pò fighetta, le bellissime fotomodelle straniere dal fisico alto ed asciutto come i Watussi, i signori azzimati e griffatissimi anche quando corrono.

Ma soprattutto , quì a dominare è il paesaggio.

Il paesaggio urbano, stratificatosi, nel corso del tempo, in una via, che tra architetture monumentali ed il verde, riesce ad essere anche, frammento di quella Milano, che fu impostata per essere una grande città di livello europeo (continua più in basso).

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Giardini Pubblici – Parco Montanelli

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Il PAC

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Padiglione d’Arte Contemporanea

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Le sette statue di Fausto Melotti al PAC

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Via Palestro (a lato del PAC)

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Via Palestro (Lato Giardini Pubblici)

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Giardini Pubblici (Platano)

Si tratta di un percorso della “magnificenza”, della bellezza, che all’imbrunire, sembra ancora più bello. Perchè Milano è così, sempre in grado di sorprendere, di stupire, ed anche di fare salire alto il livello della malinconia. Forse proprio per questo, che la città, non è mai diventata, pur avendo tutte le qualità embrionali, qualcosa di diverso da quello che è : caotica, inquinata, molto densa, ecc..

Ecco tutto ciò percorrendo, via Palestro, risulta chiaro, evidente. Forse il simbolo migliore di questo “mancato obbiettivo” è il bellissimo Centro Svizzero. L’incarico di costruire questo nuovo edificio che allora era considerato un vero e proprio grattacielo, fu affidato, alla fine degli anni quaranta del  Novecento, agli architetti Armin Meili e Giovanni Romano. Il complesso fu inaugurato nel 1952 e costituisce ancora oggi un bellissimo riferimento, per chi si gode il verde dei Giardini Pubblici (continua più in basso). Il complesso, costruisce il lotto urbano, ma si propone anche come riferimento paesaggistico di forte respiro compositivo europeo, con le grandi finestre, lo sviluppo austero dei corpi di fabbrica, e poi con la verticalità dell’alta torre. Una specie di “iniezione tonificante”, nell’architettura milanese, rimasta per decenni unica ed isolata. (continua più in basso)

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Palazzo Svizzero

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Palazzo Svizzero (Dettaglio)

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Palazzo Svizzero (Torre alta)

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Palazzo Svizzero

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Palazzo dei Giornali

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Palazzo dei Giornali (Dettaglio bassorilievo)

Al di la della mura, passati gli archi di Porta Nuova Medioevale, la città storica disvela tutta la sua compattezza e la sua opulenza fatta di palazzi e monumenti storici. Quì Milano, ci propone la vera Milano, quella “da bere”, quella dei negozi dell’alta moda, del design, dei costi al metro quadrato delle case che superano i 15.000 euro (o più). Via Manzoni è una via del centro di Milano facente parte del Quadrilatero della moda e considerata una delle zone più lussuose, oltreché uno dei maggiori centri dello shopping dell’alta moda a livello mondiale. Ma in fin dei conti questa è una città piccola, quasi “micragnosa”, con un paio i chilometri si percorre tutto il diametro del centro storico. Berlino o Parigi, sono 10 volte tanto, Milano assomiglia, per dimensione, più a Zurigo o Lione, pur non avendone le caratteristiche paesaggistiche qualitative complessive (presenza di elementi naturali, offerta culturale, ambiente, mobilità sostenibile, ecc.).

Ecco questo “The Magnificent Mile”, di fatto disvela quella che è una delle caratterizzazioni principali del nostro Paese, essere un luogo di occasioni perse, di opportunità mancate. Un luogo “poco fertile” da cui è più facile fuggire, che rimanere. Ideale per una vacanza,  ma impossibile (o quasi) per viverci. Viene quindi voglia, quotidianamente (ormai) di fuggire, di andare in Svizzera, paese extraeuropeo che dista solamente 55 chilometri da Milano.

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Porta medioevale

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Porta medioevale (Dettaglio)

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Piazza Cavour

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La “città che sale”

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Via Manzoni

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Via della Spiga

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Cinema/Teatro Manzoni

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Palazzo Borromeo D’Adda

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Chiesa San Francesco di Paola

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Chiesa San Francesco di Paola (Dettaglio)

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Spazio Armani con soprastante resort

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Monumento a Sandro Pertini

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Monumento a Sandro Pertini ed Edificio Armani

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Il bandoneon


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Si stanno definendo le forme “fisiche” della nuova stazione dell’Alta Velocità di Reggio Emilia. Il progetto opera dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava, completa il disegno urbanistico per la città emiliana, che ha nella triade dei ponti, il nuovo portale di ingresso principale alla città, per i dinamismi su ferro e gomma.

Si tratta certamente di un serie di interventi di “architettura del paesaggio”, che di fatto caratterizzano e qualificano il “piattume architettonico contemporaneo” di queste zone, reso ancora più “drammatico” dal dissennato inserimento di opere infrastrutturali (Linea Alta Velocità, ampliamento Autostrada A1) che si contraddistinguono per totale incapacità paesaggistica ed insipidezza architettonica.

L’opera, le cui strutture metalliche sono realizzate dall’arcinota ditta Cimolai Spa, assomiglia ad un gigantesco bandoneon, la fisarmonica compatta e sinuosa, tanto cara ad Astor Piazzolla.

Astor Piazzolla – Libertango

Le forme della nuova Stazione Alta Velocità di Reggio Emilia “twittano” in lontananza con il paesaggio degli appennini, introducendo, proprio in vicinanza dell’autostrada, un elemento di forte riconoscibilità, come lo furono i ponti. Tanto che Piacenza, Fidenza, Parma, passano via, per chi pratica l’Autostrada, distinguibili solamente dai cartelli autostradali (e forse da qualche fabbrica con un brand internazionale), mentre l’avvicinarsi a Reggio Emilia può essere “letto” ed identificato, da molto lontano, ed oggi apprezzato anche da molto vicino.

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Senza titolo-1

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Ki – Kongi


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Le torri “pastrufaziane” lungo il Naviglio a Milano di Angelo Bugatti

La prima volta che mi è giunto all’orecchio il nome di Giacomo Borella, è stato, quando, un mio amico, mi ha segnalato i suoi “Sopralluoghi Metropolitani” sul Corriere della Sera. Poi leggendo i suoi “veri e spietati” articoli minimali sull’architettura milanese, ne sono diventato un  vero e proprio “fan”.

Il moderno cattivo

Quando l’architettura esagera

Particolarmente mirato ed azzeccato il “Sopralluogo Metropolitano” sulle torri lungo il Naviglio milanese, opera “pastrufaziana” (di Gaddiana memoria) di un noto docente universitario, di cui sopra trovate le foto.

Tre torri sgraziate lungo il Naviglio

Il cognome Borella non mi era nuovo e mi è subito venuto in mente il grande paesaggista milanese Francesco Borella, di cui Giacomo è figlio. Ed è proprio questo uno dei rari casi di continuità (nella diversità) creativa e di sapienza  tra generazioni contigue, che operano nella stessa disciplina : il “paesaggio dell’architettura”.

Giacomo Borella, con i suoi soci dello studio Albori, di cui molti allievi e collaboratori di quell’Umberto Riva architetto e designer, forse una delle figure più colte e raffinate del panorama architettonico italiano, troppo presto dimenticato, hanno intrapreso una strada irta, al confine tra il paesaggio, l’architettura e la sua sostenibilità.

Il Giacomo Borella l’ho poi conosciuto un pò meglio, quando ho avuto a che fare con la ristrutturazione delle facciate e delle parti comuni della casa a ballatoio sui Navigli, in cui è collocato l’appartamentino in cui abita, ed anche quì mi ha confermato una lucidità di visione sull’architettura non comuni.

Il 6  marzo Giacomo Borella, architetto associato dello Studio Albori, ha incontrato in una sala piena,  gli avventori dell’Ordine degli Architetti di Milano, intervenuti al bel ciclo di conferenze “7X7”. Il nostro eroe, sempre molto simpatico, preciso e colto, ha presentato una notevole quantità di progetti, realizzati ed in corso di completamento. La serata, di cui quì sotto trovate la testimonianza video è scorsa via in lietezza, e con riconosciuto arricchimento culturale.

Mi sono chiesto se “uno così” fosse nato in Svizzera ……………….

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Studio Albori – Casa solare a Vens

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Studio Albori – Ville pensili, via Montebello, Milano

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Studio Albori – Polo scolastico – Agordo

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Un pomeriggio di contrasti


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 Salendo sul Generoso 

Sole, cielo limpido, visibilità ottima. Dopo una lunga passeggiata mattutina al parco, gita al Monte Generoso. Si parte da Milano alle 13,00 e procedendo in direzione nord per la A9 dei Laghi, verso Como Sud, da qui si continua in direzione del confine italo-svizzero, uscendo dall’autostrada a Como Monte Olimpino. Si attraversa il confine a Chiasso (per evitare di pagare il bollino autostradale), poi si procede, utilizzando la strada cantonale per Lugano, fino a Capolago, dove si esce indirizzandosi per la Stazione ferroviaria. Davanti a questa, si trova la stazioncina della ferrovia a cremagliera per il Monte Generoso.

La ferrovia consente, con un costo di circa 32 euro a persona (andata e ritorno), di passare dai 305 metri di Capolago, ai 1704 della cima del monte, dove, un po’ più in sotto, stà la stazione di arrivo. Se la giornata è limpida, lo spettacolo vale assolutamente gli euro spesi, dato che il Monte Generoso, dalla parte Svizzera, è in totale dominanza della “piatta pianura padana”. Alla stazione di arrivo, inoltre un comodo self service/ristorante/bar, consente, mercè l’utilizzo di un’ampia terrazza, di godere di un maestoso panorama sia verso Milano, sia verso Lugano. Chi vuole darsi ad un comodo alpinismo, in circa 1,5 chilometri, si può risalire di altri 200 metri fino alla vetta, da dove si gode uno spettacolo incommensurabile delle Alpi. Una fattoria nelle vicinanze consente di acquistare latte e formaggini freschi. L’ultima corsa in discesa è alle 17,45 la prima in salita alle 8,45. Il tutto da marzo ad ottobre, qualche volta il collegamento è aperto anche per le festività natalizie. Con l’ultima corsa si ritorna a valle e da lì, presa l’auto, in circa un’oretta si è comodamente a Milano. 

E’ il Monte Generoso, un paesaggio di contrasti, di “magici contrasti”, tra la pianura e la montagna, tra i laghi ed il cielo. E’ soprattutto il luogo della contemplazione di questi contrasti, che magari al nostro arrivo ce li fa apprezzare in un clima caldo e secco, mentre  poco dopo, subentra velocemente vento e neve.

Ma la vita stessa di noi umani, su questo pianeta si fonda sui “contrasti”, in un eterno braccio di ferro tra la luce e la notte, tra la natura e l’artificio, tra la vita e la morte. Alla stessa maniera la democrazia, additata dai più, nel loro intimo, e non certamente dichiarandolo, quale astrazione pura, è invece la capacità fantastica di percepire e “capire” anche i milioni di individui che ci circondano quotidianamente (e di cui non possiamo provare coinvolgimento diretto), sono fatti della nostra stessa materia, carne, come lo sono i nostri amici più cari. Bisogna mettersi nella “pelle degli altri”. Si tratta di sviluppare una giusta misura, una filosofia di sopravvivenza, per praticare la sottile membrana osmotica che divide un opposto dall’altro.

Volendo si può arrivare in cima al Generoso anche a piedi, dalla Svizzera, partendo da Mendrisio e seguendo la strada per il Monte Generoso. Si lascia la macchina alla Stazione di Bellavista e poi a piedi si segue il sentiero, che porta fino alla cima. Dall’Italia   invece la partenza di solito viene effettuata dall’Alpe d’Orimento, raggiungibile con la macchina dal Lago di Como.

Nelle serate estive, la ferrovia, il sabato (solamente il sabato), è operativa anche alle 19,15, e consente di raggiungere la vetta, dove viene servito un pranzo luculliano. Poi verso le 22,00 (se la serata lo consente) un astronomo svizzero, con una specula di notevoli dimensioni, illustra il cielo. Alle 23,15 si parte per rientrare a Capolago. Costo del piccolo viaggio notturno, complessivamente, circa 65 euro a testa. Chilometri percorsi (andata e ritorno) circa 113.

http://www.montegeneroso.ch/it/13/home.aspx

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Eddyburg


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Appello di Eddyburg in merito alla Legge Regione Lombardia 12/2005

http://www.eddyburg.it/2013/01/urbanistica-e-territorio-una-priorita.html

Che dire……..tutto condivisibile, anche se io non “demonizzerei” più di tanto, la Legge 12/2005. E’ come viene applicata che è demenziale. Le Amministrazioni lombarde, non sono in grado di fare vera partnership con il privato (non avendone la cultura), nè di essere veramente propositive dal punto di vista progettuale (anche quì non avendone la cultura). Quasi tutte perseguono, fini esclusivamente economici nella trattazione del territorio.

D’altro canto vivere in Lombardia, dove oggi vivono, su soli 23.860,62 chilometri quadrati (di cui il 40,5% montuoso), oltre 10 milioni di persone, dove come si legge su Wikipedia : “La Lombardia è la prima regione d’Italia per importanza economica, contribuendo a circa un quarto (24,1% nel 2006) del prodotto interno lordo nazionale; inoltre ospita molte delle maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie del Paese, e il suo reddito pro capite supera del 35 per cento la media europea. Insieme a Baden-Württemberg, Catalogna e Rhône-Alpes è uno dei quattro motori dell’Europa, e costituisce una forza economica trainante per il resto dell’Unione europea.”, significa inevitabilmente, oggi, con questi numeri INEVITABILMENTE continuare a crescere, per evitare che un MOTORE che sostiene questa idea di sviluppo, si interrompa.

Sarebbe un grave danno per tutti, Italia e Europa compresa, fermare o rallentare il “motore lombardo”. Probabilmente anzichè, BANALMENTE, prendersela con un legge (sicuramente mal fatta) ma soprattutto applicata malissimo ed in maniera “deviante” come solo noi italiani sappiamo fare, bisognerebbe prendersela con chi sostiene questo tipo di sviluppo (mafia compresa). Bisognerebbe anche proporre un nuovo modello economico, sostenibile con queste forze in campo.

Chi ha scritto l’appello di Eddyburg (e molti di quelli che sottoscrivono), si continuano a muovere con le categorie disciplinari classiche afferenti all’urbanistica, che vuol dire : “Una disciplina che studia il territorio urbanizzato ed il suo sviluppo. Essa ha come scopo la progettazione dello spazio urbanizzato e la pianificazione organica delle sue modificazioni su tutto il territorio, compreso quello scarsamente urbanizzato. Estensivamente l’urbanistica comprende anche tutti gli aspetti gestionali, di tutela, programmativi e normativi dell’assetto territoriale ed in particolare delle infrastrutture e dell’attività edificatoria” . Un termine “urbanistica” che proprio nello sviluppo economico, infinito, trova il suo stesso motivo di esistere. Forse ci vuole qualcosa di diverso, in grado di interpretare anche con lungimiranza questo sviluppo, che oggi deve  sicuramente fare i conti con la grave crisi economica dell’Europa.

Forse, sarebbe stato meglio fare un appello alla decrescita economica controllata (quindi lenta, lentissima, ma  progressiva, e soprattutto protratta nel tempo), del territorio lombardo, alla sua progressiva de-costruzione (abbattendo e rinaturalizzando), alla riduzione e de-localizzazione (lenta e progressiva) delle persone e delle industrie che qui ora insistono. Soprattutto si sarebbero dovute dare delle indicazioni in merito all’orientamento della politica economica lombarda verso modelli più sostenibili, per il territorio/paesaggio (ma non solo, anche per l’aria e l’acqua), da cui dipende intimamente questo modello di sviluppo. Perché se non si fa questo, una legge vale l’altra. Tanto poi sarà il mercato a fare o meno la differenza, infatti ad una fase di sviluppo della “cementificazione”, segue una fase di “inviluppo”, dovuta alla crisi economica mondiale. Ed ecco subito tutti a chiedere nuove leggi o rimozione di quelle esistenti. Il cementificatorio PGT della Giunta Pisapia (meno cementificatorio di quello della Giunta Moratti), non sarà mai realizzato nei prossimi decenni, per colpa della crisi economica, che per forza imporrà un nuovo modello di sviluppo.

Comunque tutti ci si muove in un’unica direzione, la pianificazione “fagocitatoria” sistematica del suolo e quindi il suo consumo inevitabile, finchè permarrà questo modello economico, con questi numeri in campo. Ed anche se si decidesse per una strada diversa ci vorranno parecchi decenni per vedere i risultati applicati sul territorio.

Bisogna quindi constatare che, purtroppo l’urbanistica in Italia, quella intelligente, al passo con l’evoluzione dei tempi e del concetto stesso di paesaggio, è ormai una “lingua morta”, che forse non necessita nemmeno più di essere resuscitata. L’urbanistica è forse giusto che stia, oggi in Italia,  esattamente come in un tomba, austera e bella. Ci vuole altro, bisogna superare il concetto economico di “gestione del territorio”, per passare a quello di progettazione  della “bellezza del paesaggio”, più che pensare a legiferare, gestire, e regolare.

Un ultimo inciso, riguarda i firmatari, di tale appello. infatti tra loro figurano molti professionisti dell’urbanistica e dell’architettura, e soprattutto docenti, che sostenendo fino all’altro ieri la vecchia cultura urbanistica (alcuni insegnandola) ed avvallando molti dei vecchi PRG,  in un arco di tempo di oltre 40 anni, ci hanno di fatto portato a questa situazione, forse in una maniera molto, ma molto più demenziale, anche dal punto di vista legislativo.

Tra tutti mi preme ricordare, un colorito (dal modo di vestire) uomo della “sinistra” che nel nord milanese è stato autore di diversi PRG cementificatori . E poi che dire di un noto ecologista, sostenitore accanito di un famoso Presidente Provinciale, poi candidatosi in Regione, ed avanti così………

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Aldo Rossi – Cappella Molteni a Giussano (Mb) in via Rimembranze

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Acciaio !


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Senza titolo-1 copia

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Sopra immagini dell’area ex Italsider di Bagnoli (Napoli)

Le acciaierie sono state il simbolo dell’industria pesante italiana e della classe operaia per almeno in secolo, come in molti altri luoghi produttivi europei. Nel 1994 chiude definitivamente l’Italsider di Bagnoli. Negli stessi anni è in corso lo smantellamento sistematico delle acciaierie Falck di Sesto San Giovanni. Nel 1985, a Sesto San Giovanni c’erano 12.750 lavoratori dipendenti Breda, Falck, e Magneti Marelli. Nel 1992, i dipendenti sono scesi a sole 700 unità. Ambedue i siti industriali soggiaciono, ad un apposita Legge per la loro riconversione, la n° 582 del 1996.

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Foto del T3 “La Pagoda” ex aree Falck a Sesto S.G. (Milano)

A Sesto, si trovano quasi improvvisamente concentrate, in pochi anni, un quantitativo enorme di aree dimesse. Quasi tutte le aree dimesse sestesi, vengono “valorizzate” dalle proprietà originarie (Falck, Magneti Marelli, Breda, ecc.) e vendute ad operatori immobiliari privati, e ad ogni passaggio di mano, aumentano di valore. Infatti le aree di si trovano in un punto nodale dell’area metropolitana milanese, altamente infrastrutturata. Alcune aree vengono parzialmente recuperate (PII ex Marelli), altre come al esempio la riqualificazione delle aree Falck, stentano ad avviarsi.

L’obiettivo a Napoli è diverso, si punta al recupero di Bagnoli, anche per bilanciare il forte inquinamento subito per decenni dalla popolazione locale, Per altro Bagnoli è stata un paradiso stretto fra Nisida e Capo Miseno, uno dei posti, in passato, più belli del mondo, affacciato su Ischia e Procida, che ancora oggi conserva un suo grande fascino. L’amministrazione pubblica qui interviene direttamente, quale proprietaria dell’area, ed attua un piano di riqualificazione

La legge per la riqualificazione delle acciaierie dimesse di Bagnoli e Sesto San Giovanni  è la stessa , ma i metri cubi da costruire, nel corso del tempo, sono cresciuti a dismisura, più a Sesto però, che a Bagnoli.

Viene quindi logico chiedersi, perché quello che si fa usualmente all’estero, ed in merito l’area della Ruhr (in Germania) docet, non si riesce a fare nella penisola italica? Nasce quindi il sospetto che questa “impasse” serva, proprio, laddove l’operatore è pubblico, a mungere denaro di finanziamenti pubblici europei, oppure laddove l’operatore è privato, a fare aumentare in maniera esponenziale il valore immobiliare delle aree.

Mentre a Sesto San Giovanni è la stessa amministrazione di centrosinistra, che in un momento di crisi dell’edilizia, “sostiene” gli operatori privati, con il tentativo (riuscito) di localizzare nelle ex Falck la così detta “Città della Salute”; a Bagnoli, dopo che per anni si sono dilapidati capitali pubblici (italiani ed europei), creando edifici male gestiti e già degradati, si partorisce un “topolino”, il concorso di idee per delle panchine da collocarsi nella “Porta del Parco”, dal titolo “Astipe ca ritrouve”.

Concorso di idee, aperto a tutti, dove a fronte della produzione di progetti ed addirittura modelli per panchine, con materiali da riciclo, si corrisponde al vincitore, un premio esiguo, direi micragnoso e svilente qualunque professione creativa, di 1.000 euro, al secondo classificato un corso per sommozzatore, ed al terzo una felpa, una borsa da palestra ed un libro. Organizzatrice, la società “Bagnoli Futura Spa”, la società di trasformazione urbana (STU) costituita nel 2002, tra il Comune di Napoli (90%), la Provincia di Napoli (2,5%) e la Regione Campania (7,5%).

Quindi due realtà molto simili, con modelli di gestione della loro riqualificazione molto diversi, e con percorsi molto dilatati nel tempo, eppure ambedue, in una situazione dove i cittadini, sono completamente succubi di scelte, spesso, troppo spesso, calate dall’alto.

Quale “Futuro” possano avere delle aree dismesse, così “maltrattate”, viene logico chiederselo. Soprattutto il “quando” inquieta parecchio, così come il tema “scottante” delle bonifiche dei terreni.

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La storia di Bagnoli Futura

Il sito web  di Bagnoli Futura

UN VIDEO SU COME DOVEVA (E POTREBBE) ESSERE BAGNOLI

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Bagnoli “Città della Scienza” – Pica Ciamarra Associati  (1996/2006)

La Città della Scienza a Bagnoli

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Bagnoli “Porta del Parco” – Silvio D’ascia (2010)

Il sito web della Porta nel Parco

Articolo del 27 luglio 2012, tratto dal “Repubblica” sull’inaugurazione della Porta del Parco a Bagnoli

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Bagnoli “Acquario Tartarughe” – AA.VV. (2011)

Articolo  sull’Acquario delle Tartarughe di Bagnoli

Articolo sulla gestione dell’acquario delle tartarughe

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