E’ stata una giornata strana, quella tra il 4 e 5 dicembre 2012, che si è portata via due brandelli “eccellenti” della società umana. E’ infatti morto a Parigi, per un attacco cardiaco improvviso, Guido Martinotti, 74 anni, uno dei massimi esponenti della “Sociologia Urbana”. La sua più nota pubblicazione è sicuramente “La morfologia sociale delle città” (Edizioni il mulino, Bologna, 1993). A poche ore di distanza a Rio de Janeiro moriva di vecchiaia (come si dice), a quasi 105 anni, il grande architetto Oscar Niemeyer, padre dell’architettura contemporanea. Il suo più grande progetto, universalmente conosciuto è la città di Brasilia (di cui sono tutte le immagini di questo articolo).
Risulta quindi ovvio un parallelismo, tra i due “cadaveri eccellenti”. Infatti Martinotti, era uno strenuo sostenitore della Città, vedendo in essa, nella capacità continua di trasformarsi e di adattarsi alle esigenze della specie umana, il luogo del “destino della società”. In particolare Martinotti, ha sempre avuto un interesse particolare per Milano, analizzandone, anche ultimamente, le caratteristiche di stratificazione sociale e la conseguente morfologia urbana. Alla stessa maniera, il “comunista” Niemeyer, era convinto, progettando la città di Brasilia (capitale del Brasile, voluta dal Presidente Juscelino Kubitschek de Oliveira), con Lucio Costa, che la forma ad “ali di aereoplano” della sua planimetria urbana, fossero la risposta urbanistica e politica, efficiente e funzionale, alle pulsioni ed ai dinamismi sociali della città Moderna.
Ecco, sia Martinotti che Niemeyer, erano erano attenti alle mutevoli sollecitazioni sociologiche che derivavano dalle città : la ristrutturazione del lavoro dall’industria al terziario, i nuovi usi del tempo libero, la mobilità, i dinamismi umani, ecc., ed hanno ambedue studiato e valutato le influenze che queste sollecitazioni, determinavano sull’organizzazione delle città. Palesandosi in maniera evidente, soprattutto nelle destinazioni pregiate delle aree centrali, e nella contemporanea espulsione della residenza verso l’esterno urbano.
Però tali sollecitazioni, e le loro conseguenze, non sono state, da ambedue, sempre ben comprese a fondo, non solo perché era difficile leggerle, e “dargli una risposta” con i tradizionali strumenti di analisi, ma anche perché, non erano sempre agevolmente riconoscibili gli interessi che venivano premiati o penalizzati.
Sia a Milano, come a Brasilia, si palesano tutte le incongruenze, di due modelli urbani molto differenti, ma con, sostanzialmente le stesse problematiche sociali e funzionali: traffico, inquinamento, scarso dinamismo sociale, ecc..
Il centro storico di Milano, e delle sue aree limitrofe, altamente terziarie, ha sviluppato rendite elevatissime, che di fatto hanno espulso (e stanno sempre più espellendo) la residenza verso le periferie ed oltre. Il tutto con una mobilità e una rete di trasporti pubblici, che non è in grado di sanare il dilagante (ed inquinante) pendolarismo di grandi parti della popolazione. Alla stessa maniera Brasilia, pur essendo una città di fondazione moderna, non è stata in grado di risolvere queste incongruenze. Al centro direzionale (con i suoi palazzi ed edifici pubblici di architettura moderna disegnati da O. Niemeyer), succedono una serie di aree limitrofe per residenze esclusive (dignitari, dirigenti, quadri, ecc.). La popolazione è confinata in veri e propri “lontani quartieri periferici”, degradati, privi di alcuni servizi, e male collegati con le aree centrali in cui la maggiore parte della gente lavora.
Quindi, concludendo, due “cadaveri eccellenti”, che con il loro lavoro, ci indicano, come, una disciplina quale è la “sociologia urbana”, troppo presto dimenticata, debba essere di nuovo implementata nella progettazione dell’urbanistica e dell’architettura.
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