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Tra i mille libri di cui mi circondo e tra le centinaia che sono riuscito a leggere – disperazione: non riuscirò mai a leggerli tutti – ne scelgo uno che mi ha segnato.

Regalo della fidanzata dell’epoca: come tutte le donne (e gli uomini) innamorate riusciva a trasformare in legame con l’amato ogni segno del mondo. Dunque, io studiavo architettura e lei mi regalò “L’architetto” di Mario Soldati.

Il libro mi ha lasciato in eredità molte cose, che mi accompagnano ancora.

Una delle piú belle descrizioni del momento creativo di un progetto, quando l’architetto Franzi, il protagonista, vede apparire davanti a sé il complesso della Facoltà Universitaria che è stato chiamato a progettare negli Stati Uniti e ne descrive le analogie con le architetture della sua memoria.

La passione che consuma la notte per disegnare, accompagnato da sigari De Nobili – io mi accontento del Toscano o, se sono fortunato, di un Montecristo regalato da qualcuno. E neppure viene a trovarmi il cameriere italo-americano dell’Hotel Drake di Chicago, che a intervalli regolari mi porta birra e club-shandwich, come accade a Franzi stesso, e mi faccio bastare qualche caffè o il toast del bar sotto lo studio.

Soldati mi ha insegnato che la notte serve per progettare e il mattino presto per licenziare i progetti.

Mi ha impartito lezione impietosa su come vada la vita reale, per me allora ventenne idealista, nel seguire il nostro architetto districarsi tra un’amante misteriosa e i sospetti su una moglie che a sua volta lo tradirà, durante un viaggio in nave. Impietosa, certamente, ma mai amara o melodrammatica. In fondo, ci dice Soldati, “Così va la vita” esattamente come avrebbe commentato un altro scrittore che avrei voluto e potuto citare tra i miei preferiti qui in queste poche righe, Kurt Vonnegut.

Soprattutto mi ha lasciato il piacere di una scrittura felice, scorrevole, di alta qualità senza la pedanteria e il peso di molti scrittori colti: leggera senza banalità.

Sono diventato architetto anche sulla pagine di Soldati, certo più chiare di molta cattiva filosofia che si respirava nelle aule del Politecnico di Milano.

Ho piacere di vedere che da qualche tempo Mario Soldati è tornato ad essere stampato e molti titoli che ho cercato da quel libro in poi sulle amate bancarelle dei reminders a Milano e dintorni sono di nuovo in libreria. Prima o poi succederà anche a “L’architetto”. Anzi, ora che ci pesno, è già successo.

 Il libro è ancora con me, sgualcito dalle riletture. La generosa latrice del dono si è persa migliaia di pagine fa, a testimoniare che tra i libri e le persone non ci sono dubbi su chi vinca in fedeltà. “Così va la vita”.

Luigi Trentin

Soldati

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