

Raccontare una valle, la Valvestino (Brescia), una realtà montana, difficile, è in fondo risalire agli atti che hanno consentito di costituire qui un nucleo umano ancestrale “resistente”, e di fatto rappresenta il destino primigenio di ogni essere umano su questo Pianeta.
L’atteggiamento deve essere un po quello dell’archeologo, che ricerca nei vari strati della realtà, per individuare anche i segni più nascosti: e qui i Valvestino sono passati i Goti, i Longobardi, i Romani, lasciando evidenti reperti del loro passaggio.
I fienili di Cima Rest, in Valvestino, sono dei fabbricati rurali situati ad una altitudine di 1.257 metri sul livello del mare, in un altopiano verdeggiante del comune di Magasa.
Sono strutturati in planimetria, in modo da contenere in un solo edificio le funzioni fondamentali per la vita tipica delle malghe: al piano inferiore la stalla per il bestiame, l’abitazione per il contadino, a quello superiore (con accesso autonomo dall’esterno) il deposito per il foraggio, e all’esterno la legnaia.
Il fienile a pianta rettangolare, spesso è parzialmente incassato nel pendio della montagna, e si sviluppa su due piani: in quello inferiore, racchiuso tra mura di pietra, c’è la stanza principale con il camino, una seconda stanza collegata alla precedente per l’attività casearia e deposito provvisorio del formaggio e la stalla per il ricovero del bestiame bovino; tutto il pavimento è in selciato.

In seguito a ricerche storiche, iniziate nel secondo dopoguerra, si è riusciti a datare questa tipologia di costruzione al VII secolo, attribuendola alle tradizioni dei Goti (probabilmente di origine svedese) o dei Longobardi (probabilmente di origine germanica).
La base della costruzione è formata da una possente muratura in pietra locale calcarea, sulla quale poggia il tetto dalle due falde fortemente inclinate (55 gradi circa). L’intelaiatura del tetto è costituita da una serie di travi portanti, solitamente di abete, ma anche faggio, sulle quali sono inchiodate delle travi secondarie di minor dimensioni che servono per sostenere il manto di leggero copertura.
La tecnica di copertura si basava sull’allineamento e sovrapposizione di centinaia di fasci sottili di steli mietuti (mannelli di paglia ottenuti da un grano il cui nome scientifico è il Triticum Aestivum, varietà antica di grano, con spiga alta di un colore tendente al rossiccio durante la maturazione), legati con steli di lantana. Il risultato finale era un manto compatto e perfettamente funzionale: difatti la paglia oltre che essere un ottimo idrorepellente è pure un ottimo isolante termico che permette una perfetta conservazione del foraggio.
Oggi per riparare e ricostruire i tetti dei fienili si utilizza un Team Danese, che ha l’abilità tecnica (comune agli edifici storici danesi) per realizzare l’opera con perizia e velocità, mentre la paglia adatta è stata fatta giungere a Magasa dalla Romania. (https://www.gardapost.it/2014/06/26/larte-rifare-i-tetti-in-paglia-dei-fienili-rest/)


E’ interessante notare la permanenza di queste forme essenziali e funzionali, e delle relative tecnologie costruttive; permanenza che ha consentito di fare giungere fino a noi tali opere dell’ingegno umano.
Una architettura, in fondo, è sempre un “ponte di collegamento”, che consente ad un edificio di avere una bellezza formale contemporanea, e di andare oltre rispetto al proprio passato e al proprio futuro.
Questi fienili, con le loro forme e la loro tecnologia “naturale”, ancora oggi ci affascinano, perché conservano la libertà dei movimenti delle persone che la hanno volute ed abitate, facendoci chiaramente percepire l’essenza di cui la vita è fatta. Forme primigenie, ancestrali, in perfetta mimesi con la natura ed paesaggio circostanti, che suscitano bellezza, e forse proprio per questo portate avanti per così tanto tempo.
Come scrivono Alessandro Michele ed Emanuele Coccia, nel bel libro: “La vita delle forme, filosofia del reincanto” (Harper Collins, 2024) – ….osservare un qualsiasi oggetto equivale a entrare in una biblioteca dove le cose bisbigliano, mormorano, cantano, la loro voce è come il deposito di tutte le vite che hanno attraversato: in esse parlano in ventriloquo chi le ha fabbricate, chi le ha amate, chi le ha curate……E’ la narrazione che si deposita sulle cose….-
La permanenza soprattutto delle forme, quì a Cima Rest, è così forte, che queste sono state portate avanti per secoli, ed ancora oggi, gli edifici di nuova costruzione “imitano” con nuove tecnologie, le forme degli edifici storici esistenti.








Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate





Lascia un commento