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Democrazia

CONFINE


LUNGO IL CONFINE CON MILANO – il tramonto a Sesto San Giovanni 

Un confine osmotico ma unidirezionale. L’area metropolitana (o città metropolitana) di Milano ha circa 3.247.623 abitanti al 1° gennaio 2023. 

Se togliamo la popolazione del comune di Milano, che è di circa 1.458.170 abitanti (previsti nel 2025) nello stesso periodo, rimangono circa1.789.453 abitanti nei comuni metropolitani escluso Milano. Eppure gli abitanti dell’ Area Metropolitana che studiano, lavorano, consumano sanità, eventi e soprattutto acquisti, ecc. a Milano, e di fatto passano lì la maggior parte del loro tempo, non è riconosciuto il diritto di decidere dal punto di vista politico chi li deve amministrare. 

Una evidente incongruenza, che si ripeterà l’anno prossimo con le Amministrative milanesi.

Ma la cosa peggiore, sono i residenti entro i confini comunali di Milano. Avendo acquisito la residenza per nascita o per trasferimento, la conservano a caro prezzo. Essi quindi, non “leggono” gli altri 132 comuni, se non per riempirsi la bocca con il termine “metropolitano” solo all’abbisogna.

Questa incongruenza, insiste da decenni ed è di difficile elaborazione, tanto che anche nelle persone più acculturate, permane indefessa.

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Come credere che possa esistere un mondo migliore.


Il cielo sopra Milano, il 5 settembre 2011

Sai, essere libero
Costa soltanto
Qualche rimpianto
Sì, tutto è possibile
Perfino credere
Che possa esistere
Un mondo migliore
Un mondo migliore
Un mondo migliore
Un mondo migliore

(Vasco Rossi, un Mondo migliore, 2016)

Ennesima lettera, e probabilmente ultima, di dimissioni da organi comunali farlocchi, la cui terminologia nasconde in realtà la volontà opposta DISTRUGGERE IL PAESAGGIO.

Una DISTRUZIONE, che cerca la legittimazione legislativa (e politica), attraverso organi costituiti da liberi professionisti, non pagati, selezionati in base alla loro esperienza curriculare,

Quel “paesaggio lombardo” dove ogni giorno, sotto la pressione antropica di quasi undici milioni di residenti, si può assistere ormai da parecchio tempo, ad ogni nefandezza possibile. A scapito dei cittadini, presenti e futuri, puntualmente INGANNATI sulla eventuale salvaguardia paesaggistica.

Porvi argine sembra una cosa ormai IMPOSSIBILE, come credere che possa esistere UN MONDO MIGLIORE.

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LA MACELLERIA DEL PAESAGGIO


Il Centro Direzionale di Milano Garibaldi/Repubblica/Porta Nuova, fotografato dall’Aeroporto di Bresso

La cementificazione della Pianura Padana vista da Montevecchia Alta, in direzione Bergamo

In Lombardia la Legge Regionale n°12/2005 dell’11 marzo “Legge per il governo del territorio“, ha istituito con l’articolo 81, le “Commissioni del Paesaggio”. Articolo che riporto quì di seguito.

La vaghezza del legislatore, ha fatto si, nell’indifferenza degli ordini professionali, che il ruolo dei membri delle Commissioni del Paesaggio, sia ottemperato in maniera completamente gratuita, di fatto configurandosi come totale volontariato.

Compito della Commissione per il Paesaggio è valutare l’impatto di un progetto, garantendo l’equilibrio tra la libera esplicazione del diritto di proprietà, di cui è espressione lo jus edificandi (diritto di edificare), e l’interesse pubblico alla tutela dei valori paesaggistici, che (ove pure sussistente sul piano estetico) diventa recessivo se afferente a un bene non fruibile dalla generalità indifferenziata dei consociati.

Il potere di autorizzare o negare gli interventi edilizi risiede sempre e comunque, da ultimo, in capo al Comune, al cui esercizio non può sottrarsi rimanendo sottomesso al parere della Commissione per il paesaggio, che è e rimane un organo tecnico-consultivo.

La Commissione del Paesaggio, firmando il “Verbale con cui esprime il suo parere”, di fatto però si assume (gratuitamente) la responsabilità civile e penale di quanto espresso nel suo parere tecnico- consultivo. Esemplare in tal senso il “Caso Milano” – https://www.rainews.it/tgr/lombardia/video/2024/11/commissione-paesaggio-milano-inchieste-a719b648-0f3e-4e8b-88c3-621eda064b50.html

Da Montevecchia Alta guardando verso Milano

Ma cosa è il “Paesaggio”………..

La Convenzione Europea del Paesaggio (è un documento firmato il 20 Ottobre 2000 a Firenze ed è parte del lavoro del Consiglio d’Europa sul patrimonio culturale e naturale, sulla pianificazione territoriale e sull’ambiente), considera il paesaggio come  “determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”  è la  “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, nonché fondamento della loro identità”.

Il termine “paesaggio” definisce quindi una parte di territorio che viene riconosciuta o meglio percepitadalle popolazioni che abitano tale luogo.

Questo riconoscersi delle popolazioni in un territorio è strettamente legato alle forme spaziali e temporali che la popolazione stessa percepisce nel luogo, permettendole di  disegnare e dare forma al territorio. Questo carattere del paesaggio è legato quindi a fattori naturali e a fattori culturali/antropici, chiarendo definitivamente che il concetto di paesaggio non è definito solo dall’ambiente ma soprattutto dalle trasformazioni che le popolazioni riversano sui loro territori, per determinare un connubio che ci permette di osservare “quel paesaggio” e riconoscerlo come tale.

La “giungla” di antenne sui tetti del centro di Roma

L’Arno a Firenze fotografato dalle “finestre Mussolini” del Corridoio Vasariano

Torre Unicredit vista da Piazza XXV Aprile – Paesaggi vecchi e nuovi che si confrontano

Anni fa lo storico e teorico del paesaggio italo-svizzero Michael Jakob ha scritto che il paesaggio: «non sarebbe un concetto misurabile, identificabile e oggettivo, bensì un fenomeno che si sottrae a qualunque tentativo di fissarlo; la sua rappresentazione, con parole o immagini, si scontra con l’identità fluttuante, aperta e forse irritante del fenomeno».

Sempre uno svizzero rinomato, il sociologo, urbanista e soprattutto promenadologo Lucius Burckhardt, affermò che: «Il paesaggio è un costrutto. Questa parola per significare che il paesaggio non va ricercato nei fenomeni ambientali, ma nelle teste degli osservatori.» Insomma, non è concetto semplice da maneggiare, quello di “paesaggio”, nonostante sia tra quelli più utilizzati da chiunque quando vi sia da descrivere il mondo che ci circonda; parimenti la sua “gestione” non è facile dal punto di vista politico – quello principale, in effetti – stante questa sua indeterminatezza, e non di rado in forza di essa accadono cose opinabili anche se di testi che trattano tali argomenti, e che appaiono utili alla loro conoscenza e competenza, ne siano stati prodotti innumerevoli e molti di grande rilevanza.

Gli architetti che fanno volontariato gratuito presso le Commissioni del Paesaggio di fatto sono, in balia della loro condizione poco definita di dover tutelare un “Paesaggio” che in Italia è poco trattato e non bene definito.

Sono, gli architetti, in balia (NDR – e lo dice uno che per 14 anni è stato membro di Commissioni del Paesaggio in diversi comuni del milanese) delle pulsioni edificatorie delle amministrazioni comunali, ed essendo un organo puramente consultivo, esprimono un parere, facilmente by-passabile da semplici determine dirigenziali.

Il Paesaggio diventa quindi un “minuetto”, una “recita”, una “sceneggiata” fatta per “riempire” la bocca dei politici locali.

Di fronte a progetti “obbrobriosi”, non riformabili con modifiche, o a “storture urbanistiche” (tipologiche, dimensionali, ecc.) fissate, spesso per motivi politici nei PGT (Piani di Governo del Territorio), ai membri che hanno intenzione di “Salvare il Paesaggio”, o quello che ne resta, non rimane che dimettersi (NDR – come ho più volte fatto).

Diversamente in molti Paesi europei, come la Svizzera, il paesaggio da decenni è studiato e normato, ed ogni anno “fissato” in appositi convegni e ricerche pubbliche destinate a definirne, per gli utenti e gli operatori, le mutevoli caratteristiche (https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1966/1637_1694_1679/it)

Autostrada A2 – E35 (La via delle genti). Scavalcamento paesaggistico/naturalistico a Quinto.

Come scriveva Andrea Zanzotto (1921 – 2011) che è stato uno studioso del paesaggio e partigiano italiano, tra i più significativi poeti italiani della seconda metà del Novecento : ” Un bel paesaggio una volta distrutto non torna più.”

Ma di ciò, in Italia, ai più importa poco; appena si può lo si “macella” il Paesaggio, senza nessun ritegno.

La Torre Velasca e l’abside del Duomo di Milano, visti dall’ ultimo piano della ex Torre Tirrenia, in Piazzetta Liberty

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Villa Almerico, Capra, Valmarana detta la Rotonda a Vicenza.


UNA LIMPIDA SERATA di inizio autunno (27 settembre 2024, ore 19,00). Una collina con sopra un’ architettura epica. Un filosofo in grande forma (che discetta sulla trattatistica rinascimentale, ed il particolare sul De re aedificatoria di Leon Battista Alberti). Un cielo, al tramonto, dove gli astri fanno a gara per farsi notare……UNA FORTE SENSAZIONE, PER TUTTI, DI BELLEZZA ED INFINITO.

Il fine dell’architettura, come è nella villa del Palladio, è edificare, noi mortali, opere immortali. La villa Rotonda è come un tempio immortale, non per gli Dei, ma dove vive un uomo che considera gli Dei. Dietro la collina su cui insiste la villa Capra, c’è l’INFINITO….. è un TEMPIO ABITATO.

COMMODULATIO – L’architettura va concepita e dimensionata con i numeri “essendo scientia”, commodulando parti diverse, e riferita al corpo umano. Il canone (la canna), il “metro” deve essere chiaramente leggibile e trasmissibile. Nessun canone fisso, nulla va ripetuto, MA SUPERATO. L’architettura si dà, si offre, con un’ armonia, come una musica.

“Architecti est scientia”, quindi matematicamente trasmissibile. L’architetto deve essere un filologo, che conosce perfettamente il greco ed il latino, che ha una consuetudine con il passato della storia dell’ architettura. Che la studia quotidianamente.

L’idea matura nel tempo, non bisogna essere impazienti, per realizzare un progetto CI VUOLE TEMPO DI DECANTAZIONE.

ADDENDUM

A posteriori, appare strano che, un filosofo colto e raffinato nel suo pensiero, analizzando la trattatistica legata all’architettura, non si ponga il problema della continuità della”visione classica”, cancerogena ed umano-centrica, di una società, quella occidentale, che si è “mangiata” (codificando e legittimando) l’ecosistema planetario.

Proprio lui, il filosofo, che dovrebbe evidenziare questa contraddizione, attraverso cui rendendo tutto, ad una dimensione “matematicamente e geometricamente” trasmissibile (scientia), invece di proporre ipotesi e soluzioni alternative, in grado di restituire uno spiraglio di luce sul futuro dell’ agire umano, cerca di dare continuità a questa MACELLERIA PLANETARIA.

In tal senso, ottima la scelta dell’ora del tramonto, in grado di restituire ai convenuti, il senso di un pensiero occidentale morente, lanciato probabilmente in maniera inevitabile, verso la fine.

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Kapelle der Heiligen Familie Mühlebach


A Mühlebach, nel Vallese Svizzero, sorge in dominanza del paese, la piccola Cappella della Sacra Famiglia, consacrata nel 1676. Un chiaro esempio, la Cappella, dell’assioma lecorbuseriano, che ha portato al bellissimo libro di LC : ” Quando le cattedrali erano bianche”.

Mühlebach è una frazione di 77 abitanti del comune svizzero di Ernen, nel Canton Vallese (distretto di Goms) – https://costruttoridifuturo.com/2020/09/14/ernen/.

Davanti alla Cappella, una grande pietra (con targa metallica) ed un arbusto, ricordano il luogo caro ad un noto pianista internazionale Gyorgy Sebock.

György Sebők (2 novembre 1922-14 novembre 1999) è stato un pianista americano di origine ungherese e professore presso la Jacobs School of Music dell’Università dell’Indiana a Bloomington, Indiana, Stati Uniti.

Era conosciuto in tutto il mondo come solista con le principali orchestre, recital in quattro continenti, artista discografico e per le sue masterclass, visiting professor e il festival musicale svizzero che ha organizzato a Ernen.

Nacque a Szeged, in Ungheria, il 2 novembre 1922. Sebők ha tenuto il suo primo recital per pianoforte solo all’età di 11 anni. A 14 anni ha suonato il Concerto per pianoforte n. 1 di Beethoven sotto la direzione di Ferenc Fricsay, un’esibizione su cui avrebbe riflettuto molti anni dopo.

Si iscrive all’Accademia Franz Liszt all’età di 16 anni, sotto la guida di Zoltán Kodály e Leo Weiner. Dopo il diploma, ha tenuto concerti[1] per dieci anni in tutta l’Europa centrale e orientale e nell’ex Unione Sovietica.

Ha vinto il Grand Prix du Disque nel 1957. Sebők è stato elencato in Who’s Who in America, Who’s Who in Music, National Register of Prominent Americans e altri dizionari biografici. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la Croce al merito del governo ungherese, La Medaille de la Ville de Paris, Echelon Vermeille e, nel 1996, Kulturpreis des Staates Wallis, (Prix de Consacration). Sempre nel 1996, il governo francese gli ha conferito la decorazione Chevalier de L’Ordre des Arts et des Lettres.

Nel 1949 fu nominato professore di musica al Conservatorio Béla Bartók di Budapest. Dopo la rivolta ungherese del 1956, si stabilì a Parigi. Incoraggiato dal suo amico violoncellista János Starker, all’età di quarant’anni, andò alla Indiana University School of Music di Bloomington, iniziando quella che è considerata la fase più produttiva della sua carriera. Jeremy Denk (uno dei più noti pianisti americani – https://www.jeremydenk.com/) ha dedicato il suo libro di memorie “Every Good Boy Does Fine: A Love Story in Music Lessons” a Sebők e ha scritto del profondo impatto che Sebők ha avuto sulla sua educazione musicale e sulla sua carriera.

Sebők era un professore ospite della Berlin Hochschule der Kunste (HDK) in Germania, dove insegnava master class due volte l’anno. È stato anche membro onorario a vita della Toho School of Music di Tokyo e insegnante ospite regolare presso il Banff Center for Arts; il Conservatorio Sweelinck di Amsterdam, la Scuola di Musica di Barcellona e la Hochschule für Musik di Stoccarda. Nel 1974 ha fondato e organizzato masterclass estive annuali a Ernen, in Svizzera, per pianisti e “altri strumenti”, e l’anno successivo è stato membro della giuria del primo Concorso Pianistico Internazionale Paloma O’Shea Santander. Ha anche fondato e diretto il “Festival der Zukunft” a Ernen nel 1987, che ancora oggi porta la sua eredità con un numero crescente di frequentatori di concerti. I funzionari della città lo nominarono cittadino onorario, solo il terzo in 800 anni.

Prima di un recital del 1985 al Musical Arts Center di IU, Sebők ha ripensato al suo concerto all’età di 14 anni e ha tracciato un collegamento tra quell’evento e la sua filosofia di insegnamento. “Durante il terzo movimento ho fatto degli errori”, ha ricordato, “ma non mi sono sentito in colpa perché sentivo di aver fatto del mio meglio. Avevamo un vicino, un amante della musica, che raccontava a mio nonno della mia esibizione , ‘Oh, è stato meraviglioso, ma nel terzo movimento qualcosa è andato storto.’ Mio nonno si arrabbiò molto con lui e disse: “Non mi interessa, perché anche il sole ha delle macchie”. È stata una cosa bellissima da dire per mio nonno, penso, e a volte lo ricordo: anche il sole ha delle macchie”. (https://www.youtube.com/watch?v=h427L7297xM)

Allo stesso modo, Sebők ha aiutato i suoi studenti a superare la paura degli errori per dare le loro migliori prestazioni. Bisogna accettare che essere umani significa essere fallibili, quindi fare del proprio meglio ed essere catturati dalla musica. (Fonte : Wikipedia)

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Jacques Herzog + Vladimir


Roma – Via Della Conciliazione (tratto da Google Earth)

“San Pietroburgo, Venezia, Roma o la Parigi del XIX secolo sono emerse da relazioni di potere che le hanno determinate dall’alto. Spesso con conseguenze spietate, se si pensa ai viali di Haussmann a Parigi, costruiti durante la dittatura imperiale di Napoleone III (https://en.wikipedia.org/wiki/Boulevard_de_S%C3%A9bastopol), o a via Della Conciliazione a Roma realizzata su progetto di Marcello Piacentini durante il Ventennio Fascista (https://it.wikipedia.org/wiki/Via_della_Conciliazione).

Tuttavia, il risultato è stata una bellezza prima sconosciuta e incomparabile che ancora oggi attrae e ispira le persone più delle città create oggi, che emergono dalla cultura dal basso delle nostre democrazie.

I turisti di tutto il mondo guardano sempre alle stesse belle città del passato. Forse c’è più bellezza in un contesto non democratico perché il contesto è più estremo, più radicale”.

Tratto da : Interview mit Jacques Herzog Armin Schärer / Architektur Basel – 11 gennaio 2020

Parigi – al centro Boulevard Sebastopol (tratto da Google Earth)

ADDENDUM – NDR – Oggi, però c’è Vladimir Putin, il principe dei dittatori, con la sua “estetica della disurbanizzazione” (per bombardamento). Se una città :“è un insediamento umano, esteso e stabile, che si differenzia da un paese o un villaggio per dimensione, densità di popolazione, importanza o status legale, frutto di un processo più o meno lungo di urbanizzazione” (così si legge su Wikipedia), questa folle guerra tra Russia ed Ucraina, evidenzia che, la eccessiva concentrazione, anche della produzione di energia, è un atto contrario alla logica umana ed alla natura planetaria, ma sinergico al “meccanismo economico” a cui tutti siamo legati. La distruzione di città come Mariupol o Kiev, attuata sistematicamente dal dittatore russo, dovrebbe insegnarci che la concentrazione, non è più cosa umana, come lo erano le democratiche città greche, o quelle ottocentesche.

Come per il cambiamento climatico, l’inquinamento dell’aria, la Pandemia, speriamo che questi tragici eventi, servano all’umanità a cambiare strada rapidamente, ed a cercare nuovi modi di aggregarsi e produrre.

Se si continuerà ad insistere su modelli ormai desueti, dimostratisi ampiamente non più adatti alla nuova situazione planetaria, si andrà certamente verso la scomparsa della specie umana dalla superficie terrestre.

Il futuro delle città, è in nuclei urbani medio piccoli, diffusi nel territorio, costruiti soprattutto in legno, inseriti nel verde, dove nelle vicinanze si producono, sia i generi alimentari che l’energia (solare ed eolica) per farli funzionare; nuclei collegati tra loro da sistemi di trasporto pubblico ecologici e rapidi.

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Pagano


L’ Architetto Giuseppe Pagano, quando era direttore di Casabella (dal 1933 al 1943), si occupò spesso di descrivere la situazione disciplinare e professionale vigente in Italia in quegli anni.  L’iniziale entusiasmo verso un’architettura d’impronta moderna capace di dialogare con i temi mondiali si dissipa osservando la deriva monumentale enfatizzata da Marcello Piacentini e intrapresa dai gerarchi di quel periodo.

Pagano è anche consapevole del ruolo svolto da Mussolini nelle sorti dell’architettura italica. I concorsi per la Stazione di Firenze, per Sabaudia, per il Palazzo del Littorio a Roma, sono “pilotati” dall’establishment fascista vicino ad Duce.
Con l’editoriale “Potremo salvarci dalle false tradizioni e delle ossessioni monumentali” del gennaio 1941 (n. 157 di Casabella), Pagano determina una rottura chiara rottura con il monumentalismo imperante, schierandosi a favore dell’architettura moderna. Pagano, fu più volte richiamato ufficialmente, ma non volle allinearsi, e scrivendo un successivo articolo “Occasioni perdute” determinò il sequestro del seguente numero 158 del febbraio 1941.

Già nel numero 82 di Casabella del 1934, Pagano con un numero monografico sul concorso del Palazzo del Littorio a Roma, posto in parallelismo con i concorsi: Società delle Nazioni a Ginevra, ed il Centrosoyuz a Mosca, evidenzia il livello di controllo esercitato dalla così detta “Scuola di Roma”, che egemonizzava gli anche incarichi professionali.

Gustavo Giovannoni, lo stesso Marcello Piacentini, collusi ed appoggiati dal potere fascista, fecero “manbassa” di decine di piani regolatori e di incarichi, in tutta Italia, da nord a Sud. Molte parti dei centri storici delle città italiane, furono “sfasciati” per fare spazio ad interventi monumentali in sintonia con l’estetica imperante.

Costoro tennero sotto controllo gli ordini professionali, ed imposero nelle appena sostituite facoltà di architettura italiche, i loro pupilli, ai quali procurarono cattedre e prestigiose occasioni professionali.

Progetto Carminati, di concorso per il “Palazzo del Littorio” a Roma

Si costituì così, attorno alla figura dell’Architetto Piacentini, una “lobby”, una “mafia dell’architettura”, che di fatto ebbe in mano tutta la disciplina per parecchi anni.

I concorsi di architettura ed urbanistica, che dal regime vengono propagandati come afflati di democrazia, sono di fatto dominati dalla “Lobby Piacentiniana”. Inutilmente Pagano sferra proprio nel numero 82 di Casabella del 1934, un palese attacco all’istituto dei concorsi per la maniera con cui sono di fatto tutti manipolati; così facendo si mette di traverso alla compagine vicina al regime, che oltre alla consorteria professionale, di fatto è una macchina affaristica, con cui il potere politico, gli immobiliaristi, la classe dominante, possono “ingrassare” i loro conti in banca.

Sintesi di Pagano, del “Concorso per la Società delle Nazioni a Ginevra”, Casabella n. 82 del 1934
Progetto di Libera, presentato al concorso per il “Palazzo del Littorio” a Roma

Sono passati quasi cento anni, dalle esternazioni di Giuseppe Pagano, in merito alle “Lobby professionali”, alle “Cricche concorsuali”, alle “mafie” che regolano le sorti dell’architettura in Italia; alcune cose sembrano cambiate (poche), altre assolutamente no, e si replicano uguali e imperiture, nonostante le piattaforme concorsuali democratiche, le leggi anti-mafia, le procedure elettroniche, ecc., ecc..

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Così vicini, così lontani.


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Sopra l’inconfondibile Piazza Duomo venerdì 10 aprile 2020, ore 10,30. Vuota.

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Sopra Sesto Marelli, senza nessuno il 10 aprile 2020, ore 17,30

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Sopra Piazza liberty /sede Apple desertica il 11 aprile 2020, ore 11,30

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Sopra viale Bligny/Aula Magna Bocconi (Grafton Architects)  il 11 aprile 2020, ore 18,00

Ma veramente credevamo, si potesse andare avanti all’infinito a riprodurre un sistema economico capitalista “globale” (di oggetti, di persone, di prelievo indiscriminato delle risorse del Pianeta, d’inquinamento, ecc.), senza prima o poi pagarne le conseguenze, in merito alla distruzione sistematica, e senza limiti, di un ecosistema planetario?

Se non era il virus, sarebbe stato il clima, o altro a darci un segnale forte, inequivocabile. La misura è colma; o si ripartirà dopo questa pandemia, facendone tesoro, cercando tutti assieme di modificare la nostra maniera di vivere su questo pianeta, o presto, la nostra stessa permanenza come specie umana sulla superficie terrestre, ci sarà negata dai fatti. Vanno cambiati i sistemi di produrre, di consumare, di prelevare materie prime, di costruire le città, di muoversi, di coltivare la terra, di vivere. Ci vorrà tempo e sacrificio, ci vorranno soprattutto idee, ma potrebbe essere una grande opportunità per tutti. La possibilità, se sapremo coglierla, di modificare un percorso palesemente sbagliato.

La crisi che stiamo vivendo, dimostra l’intima interrelazione, tra la salute umana e le condizioni dell’ecosistema del pianeta: la scala globale, l’interdipendenza e la rapidità della diffusione del virus Covid-19 hanno mostrato questa realtà in tutta la sua drammaticità. Le aree urbane sono i principali epicentri dell’emergenza sanitaria in corso: Wuhan, Milano, Madrid, New York, ecc., in quanto luoghi privilegiati della contiguità, della densità, inquinati e malsani (Ed in tal senso Milano è leader al Mondo (https://bit.ly/39H5mbr). Tutti fattori che li rendono ottimali per il proliferare del virus, che usa i nostri corpi come vettori, e “contenitori/case/cibo” in cui vivere e diffondersi sul Pianeta.

La forma urbana attuale che continua a estendersi come un tumore inarrestabile, è palesemente inadeguata, per dare risposte alle esigenze anche sociali della società post Covid-19, dove bisognerà rispettare delle precise distanze interpersonali per anni, stando “lontani”, ma cercando di stare “vicini”, come società coesa in grado di supportare questi cambiamenti indispensabili dal punto di vista sanitario ed economico.

La salute, come la natura, nell’ambiente urbano sono circoscritte e ben delimitate, come se fossero un dato di fatto, un’appendice obbligatoria, piuttosto che essere un concetto generativo fondamentale per un habitat sostenibile, in cui gli esseri umani, ed i loro “contenitori” (architetture), cercano di coesistere in armonia con la natura e l’ambiente. I futuri “contenitori per gli esseri umani” dovranno essere realizzati “di natura” (ad esempio di legno – https://bit.ly/2UQXTlE) non solamente “rivestiti” con essa, per conseguire fin da subito, benessere e salubrità per la collettività.

L’emergere di epidemie porta alla luce il significato di un nuovo concetto di salute e benessere in relazione all’ambiente costruito. La città andrà ripensata, radicalmente, come dovremo ripensare la nostra vita di relazione per coesistere con il virus.

La politica soprattutto nei suoi aspetti legati all’economia, deve saper ridare fiducia alla Nazione, riparare i danni alle finanze dei cittadini e delle imprese, che saranno prodotti dalla “chiusura totale”, per proteggerci dalla diffusione virale, isolandoci. Tali danni saranno soprattutto evidenti nel post-virus, tra l’estate e l’autunno 2020, bisognerà quindi garantire riforme in grado di innescare un duraturo e innovativo percorso per una “crescita economica controllata”. Intendendo con questo termine, l’esigenza di dare una chiara discontinuità, rispetto alla “crescita folle” e senza limiti in cui eravamo tutti “lanciati” prima dell’epidemia.

Da domani saremo chiamati a prefigurare lo spazio urbano dell’uomo, nelle grandi città, con uno sguardo nuovo, “diverso”: partendo dalla Natura e dal nostro rapporto con essa; e non solo dall’antropocentrismo. Non basterà più evocare un frettoloso maquillage verde, come fatto a Milano fino a ieri, per “nascondere il cemento sotto il tappeto” e sottrarre agli occhi dei cittadini, le masse volumetriche eccessive di una pianificazione quantitativa, asservita alle immobiliari ed ai capitali esteri o italici, più che qualitativa, dalla parte dei cittadini ed a tutela della loro salute.

Il problema è che i politici, gli imprenditori, soprattutto quelli milanesi e lombardi, sono stati abituati per anni a svolgere il loro ruolo avendo a disposizione un’elevata quantità di denaro. La crisi economica, post Covid-19, imporrà di riprogettare l’Italia e soprattutto Milano e la Lombardia, avendo a disposizione pochi soldi e tempi contingentati (se non si vuole che tutto muoia). I Manager veicolati da prestigiose esperienze imprenditoriali, senza limiti di cassa, ed i liberi professionisti imprestati alla politica, non hanno una cultura in merito. Bisognerà essere geniali e portatori d’idee innovative. Soprattutto comunicare quello che si fa, molto bene, ed in maniera chiara. Ci vuole altro rispetto all’attuale organigramma amministrativo milanese e lombardo. Bisognerà anche mettere mano agli assetti urbanistici della città; il vigoroso, volumetrico e “verdeggiante” PGT 2030, approvato in Consiglio Comunale milanese pochi mesi fa, è ormai carta straccia. Inadeguato alla società post Covid-19. Sarà molto difficile trovare capitali e società che vogliano insediarsi in quella che è stata la capitale italiana della “peste 2020”.

Si dovrà agire, mettendo a punto nuovi standard abitativi, un nuovo sistema di mobilità e nuovi modi di pensare gli spazi collettivi. Valorizzare i vuoti urbani, per fare “respirare” la città, ed il verde orizzontale. Magari demolire ciò che è vetusto ed ecologicamente non risanabile. Incentivare al massimo le architetture sostenibili, altamente sostenibili dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico e dell’equilibrio termico, a consumo zero. Architetture fatte di natura, facilmente riciclabili e sostituibili.

Eppure, Milano ha già, in seno al proprio costruito, un esempio emblematico in tal senso, che ricostruisce qualità ambientale e sociale, all’insegna di una natura “dentro” che dà il senso dello scopo anche “sanitario” dell’architettura (https://bit.ly/2Xs7cuk), che si dovrà conseguire dovunque, laddove possibile, in futuro.

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Sopra – Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 

Sotto –  Foto del complesso dall’alto, tratta da – https://bit.ly/2JWHruc

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CEMENTO ALLO STATO PURO


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Ennesimi nuovi proprietari per le ex aree Falck di Sesto San Giovanni.  Hines (una delle maggiori società immobiliari al mondo) e Prelios (ex Pirelli Real Estate, è una società di gestione e servizi immobiliari – https://bit.ly/2uAiyA1), con l’appoggio di Banca Intesa, hanno rilevato le aree dall’immobiliarista Davide Bizzi, dominus della società Milanosesto, di cui erano soci anche il gruppo arabo saudita Fawaz Al Hokair, Sorgente Group (di proprietà della Famiglia Mainetti, che in mezzo mondo, detiene società immobiliari, finanziarie e di servizi del gruppo, ad oggi in numero di 94) e Consorzio Cooperative Costruzioni (Ccc con 300 soci che si occupano di : edilizia, trasporti, servizi, ecc.). Il 100% di Milanosesto è stato acquisito da Hines/Prelios per circa per una cifra pari a 50,6 milioni di euro. A sua volta Bizzi aveva rilevato le ex aree Falck nel 2010 dalle ceneri del gruppo Risanamento (Zunino) per 405 milioni di euro, sempre con il supporto di Intesa Sanpaolo. Ancora prima Risanamento (Zunino) aveva acquistato le aree dai Fratelli Pasini (imprenditori sestesi), era il 2005 e l’immobiliarista Luigi Zunino sborsò per l’area 88 milioni di euro. Nell’ormai lontano 2000 i Pasini si erano accordati con Alberto Falck, per acquisire le aree per una cifra di quasi 400 miliardi di lire (circa 206 milioni di euro). Ad ogni passaggio di proprietà le ex Aree Falck, hanno un consistente aumento di volumetria, a scapito del verde pubblico. L’ultima “chicca” prodotta dalle giunte di centrosinistra, la collocazione nel  parco urbano promesso ai cittadini sestesi, della “Città della Salute e della Ricerca”, riducendo il verde di ben 200 mila metri quadrati trasformati per sempre ad attività sanitarie. Il progetto voluto dall’amministrazione comunale di centrosinistra e dalla Regione Lombardia, del valore di circa 450 milioni di euro (ultimo regalo di Formigoni nel 2013) è a firma di Mario Cucinella (https://bit.ly/37tMeNL) e doveva servire da innesco per tutta l’operazione immobiliare, ed ancora oggi si spera in ciò. Nel 2005 venne presentato il progetto di Renzo Piano (RPBW) “ masterplan di riqualificazione ex Aree Falck a Sesto S.G.” ( https://bit.ly/2RwavNL ). Il primo progetto di riqualificazione venne affidato dai Pasini all’architetto ticinese Mario Botta e presentato nel 2002. Le ex Aree Falck sono 1 milione e 450 mila metri quadrati (quasi 5 milioni di metri cubi di nuovo edificato), ovvero il più grande sviluppo immobiliare europeo; circa un ottavo della superficie comunale (che oggi ammonta a 11 milioni e 700 mila metri quadrati). Oggi con Prelios/Hines, si punta tutto su Sir Norman Foster (quello del parziale “fallimento progettuale” di Santa Giulia), già circolano in rete render e stralci ultra-verdeggiante e super eco-sostenibili del masterplan (Corsera 23/01/2020 – https://bit.ly/2GlETno). I nuovi residenti si stima saranno circa 15/20 mila (i primi insediati nel 2025), mentre saranno oltre 10 mila gli addetti (ai centri commerciali, agli ospedali ed al servizio delle residenze), l’investimento complessivo per tutto il piano, ammonta a circa 1 miliardo e 300 milioni euro. Di certo l’unica cosa per ora garantita è che aumenterà l’inquinamento da micropolveri sottili a livello locale, sia durante i cantieri e sia una volta insediati residenti ed addetti. – PARZIALE CRONOLOGIA URBANISTICA – (https://bit.ly/2TZwLkK)

Come scrive qualcuno in rete, bisognerebbe avere avuto in passato la “cura” di trasformare i veleni insediati nel sottosuolo (e respirati dai residenti nel corso del tempo) delle ex acciaierie Falck in opportunità, in un vuoto urbano per dare un futuro diverso ai cittadini e ad un suolo stesso, villipesi per decenni; magari occupando questo suolo solo parzialmente, sui bordi. Le ex aree Falck andrebbero principalmente lasciate non occupate, verdi, con un atto di coraggio e di lungimiranza per le generazioni future. Per farle RESPIRARE, per lasciarci a tutti, almeno una SPERANZA…….

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2001-2017

1A ALLEGATO AL PROTOCOLLO dintesa Comune Regione

Allegato “A” al protocollo d’intesa tra il comune di Sesto S,G e la Regione Lombardia, che trasforma l’area in ARANCIONE (prima a parco pubblico), in “Servizi Sanitari” per fare SPAZIO alla così detta “CITTA’ DELLA SALUTE”

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