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Builders of the future

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Parchi

Ad un secondo dalla fine!


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Lo Scalo Ferroviario di Porta Romana a Milano

L’ultima GRANDE OCCASIONE milanese per operare una tutela SANITARIA dei cittadini, vista la particolare FEROCIA, con cui il virus Covid19 ha colpito il territorio milanese, sono gli scali ferroviari dismessi. L’ultima occasione per creare dei vuoti urbani di verde orizzontale (e non verticale come vaticinato dal Sindaco Sala – https://bit.ly/3c9mAPN ), che dovrebbero essere acquisiti per motivi sanitari, dalla pubblica amministrazione. Per farne RESPIRARE MILANO, dopo che per anni si è fatto finta che le micropolveri sottili non esistevano, che i caotici traffici dei mezzi pubblici e privati non andassero interrotti MAI ! Eppure a Milano da anni di inquinamento si muore, esattamente come per il virus (https://bit.ly/2XB99mE). Già persa l’occasione dello Scalo Farini (https://oma.eu/projects/scalo-farini), ora tocca allo Scalo di Porta Romana. L’ex scalo di Porta Romana a Milano, che è già un meraviglioso parco, di vegetazione nata spontaneamente tra i binari,  sarà messo in vendita da Fs entro il mese di giugno 2020, per dare il via ai lavori per la costruzione del Villaggio olimpico che dovrà essere pronto nel giugno 2025, un anno prima dei Giochi invernali (https://bit.ly/2M8PpS2). Nonostante la “VIOLENZA” della pandemia e la necessità di una ripartenza “NUOVA”, non vedo i cittadini mobilitarsi, ma nemmeno l’opposizione politica, ad un sindaco, Giuseppe Sala (detto “Beppe Cemento”), che ormai governa la città dal suo “trono” sul tetto del Duomo di Milano (https://bit.ly/2B5CUnL). L’intellighezia cittadina pare prona a 90 gradi ai voleri del Sindaco/Manager e dei suoi amici immobiliaristi. UNO SQUALLORE tipicamente milanese!

( https://bit.ly/3esaouX )

ROM

PortaRomana

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NATURA/ARTIFICIO


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Tulipa Flair, sul mio balcone

Esiste un legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Molte delle malattie emergenti come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviara, influenza suina e il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 (COVID19) non sono catastrofi del tutto casuali, ma sono la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi naturali.

 (WWF – https://bit.ly/2WGbo9n)

Bisogna essere consapevoli che l’emergenza COVID-19 è intimamente correlata alla drammatica crisi ambientale, conseguente un modello economico capitalistico, fondato sul prelievo illimitato di risorse dal Pianeta, il loro spreco e la produzione sempre maggiore di rifiuti.

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Rivestimento in piastrelle di ceramica e pietra, Uffici Enel in via Carducci a Milano, Giò Ponti (1952)

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Labò


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Genova vista dalla "promenade paesaggistica" che conduce al Museo Chiossone

A Genova esiste una “piccola chicca architettonica”, un edificio razionalista colto ed intelligente, collocato quasi in sommità di uno dei più interessanti belvedere cittadini.

Si tratta del Museo di Arti Orientali Chiossone.  Edoardo Chiossone fu grafico ed incisore di Arenzano, stabilitosi in Giappone, divenne conoscitore dell’arte locale nonché grande collezionista.

https://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo_Chiossone

L’area dove oggi si colloca il Museo fu individuata nel luogo dell’antica villa neoclassica del marchese Gian Carlo Di Negro (1769-1857), bombardata e quindi demolita durante la II Guerra Mondiale. Il parco era stato creato ai primi del secolo XIX dallo stesso marchese Di Negro, che riconvertì un antico bastione delle cinquecentesche mura di Santa Caterina a fini residenziali, stabilendovi la propria abitazione. Il parco è stato oltre che orto botanico, anche piccolo zoo; oggi è uno splendido bellevue pubblico su parte del centro storico di Genova.

La progettazione, dell’attuale sede museale fu affidata dal Comune di Genova che ereditò la collezione Chiossone, all’architetto Mario Labò (1884-1961).

https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Lab%C3%B2

La fase costruttiva iniziò nel 1953 e fu compiuta nel 1970, nove anni dopo la morte di Labò. La collocazione del Museo all’interno del parco della Villetta Di Negro è davvero privilegiata. Immerso nel verde giardino che domina l’ottocentesca Piazza Corvetto, il Museo Chiossone si trova nel pieno centro di Genova e, tuttavia, occupa una posizione appartata e magnificamente panoramica. Un’isola felice nel caos del centro di Genova. Dal camminamento terrazzato che fiancheggia il Museo sul lato sud-ovest, si gode una splendida “landscape promenade” la veduta della città antica, con la distesa dei tetti d’ardesia, i campanili e le torri medievali stagliati sullo sfondo azzurro del Mare Ligure.

https://www.google.com/maps/d/edit?mid=z3qPDnquf1H8.kHmZu7bquORM&usp=sharing

L’edificio museale è un esempio colto e raffinato, d’architettura razionalista in cemento armato con rivestimento esterno in cotto maiolicato, formato da un avancorpo con tetto a terrazza, sede della biglietteria e del bookshop, e da un corpo principale costituente il museo. Si tratta di un magnifico spazio a volume unico con un salone rettangolare al piano terreno e sei gallerie a sbalzo sulle due pareti lunghe, collegate da rampe di scale formanti un percorso continuo. E’ come se il museo (nel suo percorso museale, seguisse l’andamento dell’altura su cui è collocato). Semplici ed al contempo “opulenti” i dettagli, governati da una scelta intelligente dei materiali e da forme essenziali

L’allestimento espositivo fu affidato nel 1967 all’ingegnere Luciano Grossi Bianchi, che lo progettò e lo realizzò in collaborazione con Giuliano Frabetti, Direttore del Museo Chiossone dal 1956 al 1990, e Caterina Marcenaro (Genova, 1906-1976), Direttore del Settore Belle Arti del Comune di Genova.

https://it.pinterest.com/dariosironi/museo-di-arti-orientali-chiossone/

Un “gioiellino” poco conosciuto assolutamente da non perdere per la sua valenza paesaggistica, culturale ed architettonica.

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Messe (o del cestello della lavatrice)


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Da un tombino stradale, un sigaro “esausto” sembra guardare verso l’ingresso della Fiera di Basilea, quasi citando la casa  per appartamenti di Schutzenmattstrasse del 1993 di Herzog & De Meuron, completamente rivestita da frangisole di tale fattura (Von Roll). E qui infatti, che da poco, insiste un imponente edificio “simile ad un cestello di una lavatrice” come ha subito commentato il mio amico di Facebook Federico M., grande appassionato di architettura, appena ho postato una immagine.

Chissà se a guardare attraverso l’oblò della lavatrice (rimanendone
“fulminato”) e’ stato lo stesso Herzog, magari facendo il bucato, oppure qualche oscuro collaboratore che lavora nell’immenso studio di Basilea (oltre 250 dipendenti), in affaccio sul Reno.

Certo anche questo edificio, riconferma che bisogna prestare particolare attenzione e questi due grandi “Baristi dell’architettura”, capaci sempre di stupire con “aperitivi” di ottima fattura. Riescono, anche di un tradizionale happy hours  (di una “pelle” di facciata) a farlo diventare un evento importante, e ciò testimonia della loro classe infinita.

Nella nuova Hall di ingresso alla Messe (Fiera) di Basilea, la grande “centrifuga” genera, sotto di se uno spazio urbano, una piazza, da cui si accede al complesso fieristico, ma dove anche si puo’ prendere un taxi, oppure un tram.     Oppure semplicemente sostare in attesa di entrare a qualche manifestazione.
La piazza ha pavimentazione povera, di asfalto, ma il grande tondo di luce, che “ritaglia” il cielo, la nobilita fino a diventare una citazione del Pantheon romano.

Non a caso, li vicino, abbiamo rinvenuto le tracce di “passati bagordi” dove, tipici prodotti italiani, probabilmente sono stati utilizzati quali stimolanti, per future visioni architettoniche. Da loro due? Da altri? Chissà……

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La spirale


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Una visita invernale ad un Parco, consente, come mi hanno insegnato illustri paesaggisti miei insegnanti, di apprezzarne meglio il disegno e le caratteristiche realizzative, senza farsi ingannare dal rigoglio della natura, che spesso nasconde  con la sua bellezza veri e propri misfatti. Il sopralluogo “invernale” di un Parco metropolitano, da noi attuato in una fredda giornata di metà gennaio, ha riguardato quello progettato da Charles Jencks e Andreas Kipar alla ex fabbrica Alfa Romeo del Portello di Milano. Il Parco si presenta con un disegno planimetrico a “doppia esse” allungata, e con una montagnetta conoidale, caratterizzata da una grande “doppia” spirale.

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Non ci soffermeremo sui significati “bucolici” dati dai progettisti, agli elementi che compongono il parco (quattro fasi della storia dell’uomo, spirale del DNA, ecc.), quanto piuttosto sulla qualità degli spazi all’aperto progettati. Innanzitutto il nuovo parco, si integra con il sistema verde del QT 8 (grazie ad una passerella ciclo pedonale che scavalca viale De Gasperi – un’altra passerella scavalca viale Serra), anzi, soprattutto nel caso della montagnetta spiraloide, fa il verso al disegno pulito ed ancora bellissimo del verde progettato da Piero Bottoni.

Il nuovo parco (denominato per ora Parco Vittoria), riesce, mercè dei movimenti terra impressionanti, a ritagliare degli spazi verdi (seppur limitati) di assoluta tranquillità in una delle aree più congestionate e problematiche di Milano. Spesso quanto progettato, non sembra però assolvere, alla necessità di essere facilmente manutenibile e di facile gestione. Soprattutto le salite alla montagnetta (quelle a spirale) denunciano una precarietà del substrato calpestabile, che già oggi presenta un diffuso degrado (pantano, buche, ricerca di percorsi alternativi, ecc.). Molti degli elementi del parco sembrano fatti apposta per entrare velocemente in uno stato di precarietà : bordo  laghetto, bordure ad arbusti, ecc.. Quasi “comico ed assurdo” l’apice della montagnetta, dove all’arrivo dei due percorsi di salita, è stato ricavato uno spazio minimo (circondato dai parapetti metallici), che tra alberature (5 pini che cresceranno), monumento con relativa fontana al piede, vedovella per dissetarsi (stile 1931), sedute, rimane ben poco spazio per muoversi. Se ci si ritrova in 5 o 6, a contemplare questa parte di Milano dall’alto,  sembra, già oggi,  di stare in metropolitana nei momenti di punta.

Il Parco Vittoria è ancora in stato di completamento, mancano l’asilo, il presidio sanitario e la grande cavea verde per eventi. Però la sensazione che si ha, percorrendolo, che più che un Parco, questo nuovo impianto verde sia assimilabile ad un Giardino, delicato e di difficile manutenzione (pensate al taglio dell’erba e delle essenze arbustive sui piani inclinati), nonchè facilmente soggetto ad atti vandalici, nonostante le telecamere e la chiusura notturna.

Quì l’Accordo di Programma del “Portello”

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Workshop nel Parco


Oggi pomeriggio (27 settembre 2012), il cielo, si è come aperto, consegnando all’area metropolitana nord milanese, una giornata limpida e calda, dal sapore più primaverile che autunnale. Abbiamo quindi deciso, vista la ormai cronica, carenza di lavoro, di fare una “zingarata” là dove si teneva una delle iniziative “Milano nei cantieri dell’arte”. Ci siamo quindi recati a Cesano Maderno per vedere come procedono i lavori di restauro del Palazzo Arese Borromeo, un workshop di aggiornamento e un’occasione di rivedere dei luoghi frequentati quando studiavo al Politecnico di Milano. Infatti era quì vicino, che io e la mia compagna di gruppo, Delia, ci recavamo a fare le eliocopie necessarie per sostenere gli esami.

Alle amenità tecniche, seppur interessanti, è succeduta una visita al magnifico Parco, che oggi si presentava in grande “spolvero”. Magnifico nel suo disegno rigoroso, semplice, oserei dire “moderno”.

La villa ed il Parco, devono la loro nascita all’anno 1618 (i lavori vennero ultimati tra il 1660 ed il 1670) . Erano i luoghi di “delizia” del Conte Bartolomeo III Arese, Presidente del Senato di Milano

Il Parco Borromeo Arese deve il proprio disegno ad una ripetuta serie di interventi progettuali, stratificati nel corso del tempo, voluti dalla famiglia proprietaria. Tali attività si protrassero per oltre un secolo. Il Parco è sorto contestualmente al Palazzo e fu oggetto di ampliamenti e modifiche ad opera di Carlo e Renato Borromeo Arese, successori di Bartolomeo. Nel XVIII secolo il luogo era strutturato come una immensa “macchina paesaggistica”, un sistema complesso ed articolato,  costituito dal vasto impianto formale rettangolare del Parco, da cui si diramavano due grandi viali, in direzione est e ovest che conducevano rispettivamente al serraglio e al roccolo, dislocato sulle prime alture delle Groane.

Nel secolo successivo,  il Parco (come il Palazzo), venne progressivamente abbandonato fino alla parziale distruzione delle architetture vegetali operata dagli Austriaci che confiscarono il complesso per adibirlo a caserma. Una volta restituito alla famiglia Borromeo Arese fu oggetto di una serie di interventi di ripristino della vegetazione, nei primi decenni del Novecento, da parte del Conte Guido. Prima dell’acquisto da parte del Comune di Cesano Maderno il Parco si trovava in stato di abbandono e grave degrado dell’impianto formale, tanto che di esso si conservavano solo alcune tracce.

Ecco un esempio di “addomesticamento” della natura, di antropizzazione del paesaggio, che, grazie ad un’attività sapiente di restauro, ancora oggi restituisce il vigore e la bellezza del passato. E ciò nonostante attorno, le palazzine e le villule pastrufaziane tanto care a Carlo Emilio Gadda, siano una regola ineludibile.

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L’uomo dei grattacieli


Allestimento degli apparati per la visita del Papa al Parco Nord

Certo che tra Papa Giovanni Paolo II e l’ineffabile B16 (Papa Benedetto decimosesto), esiste una differenza che non è solamente nella maniera di “amministrare” il proprio ruolo spirituale ed umano, ma anche nella maniera di rappresentarsi e “fare architettura”. Mentre il primo, ad esempio, per l’allestimento del palco della visita a Vienna del 10 settembre 1983, si affida al noto architetto austriaco Gustav Peichl, realizzando così nella magnifica Heldenplatz, un elemento sobrio e gioioso, di colore verde, semplice e funzionale, con solamente una nuvola/video e delle sfere dorate quali elementi decorativi. Il secondo, per la imminente celebrazione della veglia per il Forum Mondiale delle famiglie cattoliche, che si svolgerà a Milano ai primi di giugno 2012, si compiace, dato il soprannome aeronautico (B16) di un palco a copertura semi-sferica, collocato in un aeroporto (Bresso), a mò di rock star, con sfondo i costruendi grattacieli milanesi. Alcuni dati : 3.500 metri quadrati di superficie coperta, 17 chilometri di transenne, 1.500 bagni, 37 chioschi, 20 ripetitori audio, 18 megaschermi, 11 accessi, 3.000 posti a sedere (costo medio 150 euro). Due visioni molto diverse di interpretare la comunicazione e la interazione con le folle planetarie che seguono fisicamente questi eventi, due cifre stilistiche fortemente divergenti tra loro. Una maniera, quella di Benedetto decimosesto, anche antiecologica, nonostante l’organizzazioni assicuri raccolta differenziata e riciclo delle strutture installate. Infatti la presenza di milioni di persone al Parco Nord, un’isola verde urbana che circonda l’aeroporto di Bresso,  un ecosistema fragile, costruitosi nell’arco di un trentennio in una delle aree urbane più dense ed urbanizzate al Mondo, creerà un tale stress, soprattutto per quanto concerne i volatili (picchi, allodole, gufi, ecc.)  ma anche i piccoli animali (ricci, volpi, coronelle austriache, ecc.) che li vedrà in fuga “folle” verso zone urbane dove perderanno inevitabilmente la vita. Lo “sbarco” del Papa nel milanese, del costo complessivo di oltre 10 milioni di euro, pare che alla fine, secondo stime renderà all’area metropolitana oltre 50 milioni di euro, ma il prezzo da pagare per l’ambiente sembra, come al solito, lo stesso molto elevato e sottovalutato sia da chi ha individuato quest’area, sia dai mezzi di comunicazione.

Giovanni Paolo II in Heldenplatz, Vienna 10 settembre 1983

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Due vertical limit


Le tre immagini sottostanti sono tratte da miss-design.com

Un parco in verticale. Una piazza su più piani orizzontali. Questo è lo “square” che viene ritagliato tra il 1998 ed il 2002, nel quartiere di Oerlikon a Zurigo, progetto di Burckhardt e Raderschall, vinto a seguito di concorso internazionale. Un sistema di scale e di piani orizzontali, attrezzato quasi per ricostruire idealmente un edificio. Un’opera di paesaggio, l’MFO Park, che negli anni 2003 e 2004 vince anche due ambiti premi europei di landscape.  Una sorpresa per il visitatore, che rimane sbigottito, quasi gli avessero fatto un’imboscata. Stazionare su piani grigliati tipo Orsogril a più di 20 metri ed osservare il paesaggio dell’intorno e chi passeggia sotto è una gran libidine, che invoglia molti a frequentare questo giardino verticale insolito. A sorprendere è anche la pavimentazione della quota zero, realizzata in alcuni punti con cristalli rotti di vario colore. Pesante e continua l’attività dei giardinieri per conservare gli apparati vegetali (rose rampicanti, glicini, ecc.) entro confini rigorosamente prestabiliti, anche qui un bell’omaggio alla tradizione della giardineria europea.

Architettura : Studio Burckhardt & Partners http://www.burckhardtpartner.ch/en/projekte/projektliste/mfo/ancProject_photos?idx=2&cat=freizeit

Landspape : Studio Raderschall – http://www.raderschall.ch/

Il Bosco Verticale, stà sorgendo a Milano, nel quartiere Isola, composto da due torri residenziali di 76 e 110 metri, viene realizzato all’interno del progetto Porta Nuova. Costo al metro quadrato degli appartamenti tra i 10.000 ed i 12.000 euro (si vocifera). Il Bosco Vericale, progetto dello Studio Stefano Boeri  Architetti, ospiterà  quasi 1000 alberi  oltre a numerosi arbusti e piante da fiore. In termini di quantità di vegetali  il Bosco Verticale di Milano è l’equivalente  di  una superficie verde di circa 10.000 mq.. Il Bosco Verticale è anche un sistema che ottimizza, recupera e produce energia. Le piante che saranno insediate aiutano a costruire un microclima locale atto a filtrare le polveri sottili dell’ambiente urbane. Le piante producono umidità, ed assorbono CO2, producono ossigeno, proteggono dall’irraggiamento e dalla rumorosità ambientale, migliorando il comfort dell’abitare ed anche risparmiando energia. L’irrigazione delle piante avverrà per larga parte attraverso un impianto centralizzato di depurazione delle acque grigie.  La gestione delle “facciate verdi” avverrà mediate apposita società condominiale.

Stefano Boeri Architetti  : http://www.stefanoboeriarchitetti.net/?p=4600

Un unico grosso problema per ambedue i progetti, la caduta autunnale delle foglie. Un vero “dramma” a Zurigo, con foglie secche sparse un po’ ovunque, probabilmente un “disastro” a Milano, data l’altezza degli edifici ! Avremo foglie del Bosco Verticale, quando tira il vento di Favonio (o Fohn), anche a Corsico.

 

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Un luogo per riflettere sul futuro


La vecchia fabbrica Citroen a Parigi nel 15 ° arrondissement, sulla rive della Senna , è stata trasformata dopo la dismissione, in un grande parco urbano, circondato da un progetto urbano di edilizia residenziale pubblica ed edifici commerciali. La sua creazione risale ai primi anni novanta del XX secolo. Per l’esattezza è stato inaugurato nel 1992. Gli architetti del paesaggio che hanno dato vita a questo raro esempio di “filosofia verde” fattasi giardino, sono : il paesaggista Gilles Clement e Alain Provost , architetti Patrick Berger , Jean Fracoise Jodry,  Jean – Paul Viguier. I 13 ettari lungo la Senna, ospitano, in vere e proprie “stanze verdi”, una vegetazione lussureggiante ed allestimenti acquatici. Il grande parco dominato da un grande parterre erboso, è attraversato in diagonale da una linea retta di 800 metri, che è una continua evoluzione del paesaggio del parco (stagni, prati, bambù, scale, percorsi, panchine, ecc.). Due serre climatizzate a nord-est ospitano piante esotiche e mediterranee, tra loro una grande piazza lapidea di getti d’acqua, con cui la gente in estate interagisce . Di fatto il Parc Citroen è una “grande isola verde”, all’interno del tessuto urbano di Parigi, che però offre anche una riflessione quasi filosofica sul tema del verde, in bilico tra parco e giardino, e garantisce al visitatore attento, una molteplicità di esperienze : sonore, tattili, odorose, luminose, ecc.. Il parco ospita anche la grande mongolfiera Eutelsat, che può salire in aria e quindi offrire insolite vedute aeree di Parigi e della sua struttura urbana e paesaggistica. Il Parc Citroen è un luogo per la riflessione sul futuro, su come potrebbe essere il paesaggio nel futuro, in bilico costante tra antropizzazione e naturalezza. Offrire occasioni per riflettere, fare didattica (colta e raffinata), sul verde, sul paesaggio a disposizione, ed a libera interpretazione, da parte dei Cittadini : questo è il Parc Citroen.

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