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Builders of the future

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Prima e dopo (on typology)


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Quì sopra alcune immagini della Casa dei Sindacati Fascisti e dell’Industria, ora Camera del Lavoro di Milano – architetti : Angelo Bordoni, Luigi Maria Caneva, Antonio Carminati (1930-32) – Corso di Porta Vittoria 43

“La tipologia di un edificio è un’insieme di dati geometrici, tecnici e storici che stanno alla base di ogni progetto. Molte volte ho verificato questo; nel mio ultimo viaggio in Giappone mi era difficile distinguere la differenza tra alcuni edifici civili, religiosi, comunitari del passato. egualmente per alcune elaborate soluzioni contemporanee. La prima acquisizione della loro realtà è stata quella tipologica e cioè proprio il principio che univa tra loro architetture spesso molto diverse. Da questo ho potuto risalire a tradizioni, usi, ecc. che mi erano assolutamente estranei. Tutto quì, ma è molto. Nella pratica professionale, e tanto più quando i calcolatori e nuove tecniche diventeranno sempre più importanti (anche se già sono un realtà), la tipologia è un riferimento preciso. Lo sviluppo tecnico ha bisogno di chiarezza e sarebbe grave confondere la complessità e la sofisticazione degli strumenti  che possiamo o potremo usare, come una vacanza dalla ragione”.

Così dichiara Aldo Rossi in “Dieci opinioni sul tipo”, articolo di Casabella n° 509/510 del 1985, pagina 100 (numero monografico dal titolo : “I terreni della tipologia”). Un numero assolutamente da praticare per chi si occupa di progettazione. Volutamente, quindi, proprio per approfondire, con degli edifici reali, eccoci a “pescare” nell’infinita offerta architettonica, che una città come Milano, mette a disposizione. Un’offerta che è forse, troppo spesso, un pò vecchiotta e datata (come d’altronde ormai anche tutta la Casabella diretta da Vittorio Gregotti), ma offre sempre spunti interessanti e ghiotti per chi si occupa di progettazione, e si pone delle domande.

Ed in effetti, per poter approfondire la domanda, su cosa sia la tipologia, eccoci a “dimorare” presso due edifici milanesi, molto diversi, come la Camera del Lavoro (di Bordoni e soci) e la Casa Albergo (di Moretti) per caratteristiche costruttive, epoca di costruzione, materiali di finitura, destinazione funzionale, ecc., eppure contigui. Questi due edifici consentono una riflessione sulla tipologia, che non è semplicemente dare una risposta ad un quesito.

Infatti l’edificio di Bordoni, propone una tipologia ad “U” (o a “C” che dir si voglia),  aperta sulla pubblica via (a creare una piazzetta sopraelevata), abbastanza insolita per l’epoca, dove l’edificio istituzionale ad uffici, di solito si presentava con una tipologia compatta, chiusa a blocco. Lo stesso vale per l’edificio di Moretti, dove la tipologia ad “H”, si articola, a partire dagli spazi comuni del basamento (bar, soggiorno, reception, ecc.) su due edifici in linea di diverse altezze, con all’interno le camere ed i servizi,  insoliti per la modernità e la pulizia compositiva. Molto più avvicinabili all’architettura nordica per questo tipo di funzione (casa – albergo) che a quella italiana. Moretti, con questa tipologia si avvicinava così a Bottoni, Figini e Pollini, Marescotti, ecc., lasciandosi dietro quelli che poi diventeranno i “Brutalisti” : BBPR, Viganò, De Carlo, ecc..

I due edifici “dialogano con l’intorno”, ed emergono perentori, nello skyline di questa parte di città. La loro particolarità stà proprio nella diversa declinazione “anomala” di due tipologie. Ecco quindi, emergere che la tipologia è un’anomalia e non un vincolo. Ecco perchè la tipologia deve essere un riferimento preciso, come sosteneva l’Aldo Rossi, soprattutto all’inizio della progettazione, ma anche, poi, “praticarne” la trasgressione, è la norma della grande architettura.

Quì sotto alcune immagini della Casa Albergo di Luigi Moretti (1947-1950), in via Corridoni 22

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Velofahren


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Andare a Lucerna, per incontrare l’atmosfera del Natale (città che dista solamente 243 chilometri da Milano), può essere l’occasione per constatare che questa cittadina di circa 76.000 abitanti, e con un’area metropolitana di circa 250.000 abitanti, è ormai orientata completamente verso la mobilità sostenibile ed il contenimento dei consumi, con una sua strategia energetica particolare .

Il concetto è quello di fare convivere in maniera intelligente ambiente e costruito,  passato e futuro, sfruttando al meglio l’accoglienza che una città storica può proporre ai propri cittadini ed ai turisti. Ecco che allora anche i progetti meno significativi, contribuiscono a ricostruire il disegno di un mosaico che ha al centro la partecipazione, la condivisione e la democrazia.

Un esempio di questo atteggiamento è il parcheggio esistente, per lo stazionamento temporaneo delle moto, alla stazione di Lucerna, che conta oggi circa 350 posti, questo parcheggio sarà, a breve sostituito, da un parcheggio per biciclette, completamente nuovo. Questo progetto, pensato dal Settore ingegneria della città di Lucerna, offrirà più di 1.100 posti coperti per biciclette, con accesso diretto alle piattaforme dei treni. Vi sarà anche un punto informativo ed uno di riparazione. Si prevede la sua apertura nel mese di aprile 2013.

Il motivo per il nuovo edificio, è il rimodellamento complessivo della stazione FFS (Ferrovie Svizzere), che prevede che questa diventi sempre più attraente per i ciclisti, così come tutta la città.  La scarsità di parcheggi accoglienti per le biciclette nella stazione è oggi particolarmente evidente. In collaborazione con la città di Lucerna, le Ferrovie Svizzere, hanno sviluppato un progetto che si basa sull’utilizzo dei binari non più operativi (per le poste) dietro l’università. A Milano invece siamo ancora “all’anno zero”, non esistendo nessun parcheggio per biciclette alla Stazione Centrale, nè in moltissime altre stazioni e nodi di interscambio.

Quì sotto il link ad un articolo sull’assenza di una bicistazione alla Stazione Centrale di Milano

http://milano.corriere.it/milano/notizie/caso_del_giorno/10_ottobre_8/caso-1703907446083.shtml

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Quì il sito velofahren. stadtluzern.ch

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Simmetry and words


Giuseppe Caglioti, nel libro – Simmetrie infrante –(Clup 1983), mette in evidenza la necessità di recuperare nel pensiero contemporaneo la scissione tra pensiero scientifico e pensiero umanistico . Caglioti mette in evidenza le relazioni ambigue tra alcune strutture della fisica e della matematica, con il linguaggio artistico (pittura, architettura, ecc.). Scrive Caglioti : “il rapporto fra l’uomo e le strutture naturali è dominato dal pensiero”, ed oggi è possibile, grazie alla scienza, individuare un potere unificante tra loro, riscontrabile nel rapporto tra disordine casuale e ordine strutturale. Esiste quindi un nesso logico tra la simmetria e la rottura di simmetria  tra entropia ed informazione, si tratta spesso di seducenti relazioni “pericolose”, rilevabili sia nel mondo naturale che in quello culturale, che sono alla base probabilmente di un senso globale della vita su questo pianeta ed in tutto l’universo.

Ecco quindi, che alcuni bellissimi quadri dell’olandese  Maurits Cornelis Escher (http://it.wikipedia.org/wiki/Maurits_Cornelis_Escher) e dell’italiano Franco Grignani (http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Grignani), possono trovare delle relazioni nella dinamica degli elettroni nelle molecole; e le strutture nell’intorno dell’equilibrio termodinamico, hanno possibili legami con alcuni quadri di vedutismo paesaggistico, realizzati da Van Gogh (http://it.wikipedia.org/wiki/Vincent_van_Gogh).

In tal senso Caglioti, con le sue dotte anteposizioni, ci consente anche di cogliere chiaramente  un riferimento diretto con le discipline paesaggistiche. Ecco, il paesaggio è proprio questo, una liaison dangereuse  tra natura e cultura. Un paesaggio è sempre una “simmetria infranta”, in cui a governare è un precario equilibrio instabile.

Viene facilmente in mente quando, nel lontano 1969 l’astronauta Neil Armstrong (http://it.wikipedia.org/wiki/Neil_Armstrong), è sceso sulla Luna. Fino ad allora il nostro satellite era rimasto allo stato naturale assoluto, ma dal momento in cui è stato posto il primo piede di un essere umano su di esso, anche la Luna è diventata un paesaggio  “culturale reale” (e non immaginario) collettivo. E’ stata infranta una simmetria, quella tra l’uomo, legato al suo “acquario”, il pianeta Terra, e la violazione, grazie agli apparati culturali, di un ambiente extraterrestre, ostile, avulso. Un paesaggio lentamente colonizzato, antropizzato dai residui, dai resti (rifiuti tecnologici) delle numerose missioni umane che si sono succedute e che verranno.

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Il Pertini


Una spesa complessiva di 9 milioni di euro per realizzare il Centro Culturale / mediateca e circa 10 anni tra progetto e realizzazione.  Il concorso di idee si concluse nel 2001, con vincitore l’architetto romano Riccardo Gaggi, capogruppo dell’ATI (associazione Temporanea di Imprese) Framing.

http://europaconcorsi.com/projects/106928-Nuovo-centro-culturale-in-attuazione-al-piano-particolareggiato-Centro-Citt-Cinisello-Balsamo-2001-

Il progetto aveva allora un’importo a base di gara di 6 milioni di euro. Il tutto è quindi avvenuto nel solco della più comune tradizione italiana in merito ai lavori pubblici : costi “lievitati”, tempi di realizzazione biblici. Alcuni numeri del Centro Culturale : 4.000 mq di superficie al pubblico, 5.400 complessivi su 5 livelli di cui 2 interrati; 78.000 libri cartacei; 8.700 dvd; 165 riviste; 13 quotidiani; 286 e-book scaricabili; 1.904 quotidiani e periodici on line; 2.800 cd musicali; 23.683 e-book in streaming; 33 pc portatili; 450 sedute tra sedie e poltroncine; 187 posti nell’auditorium (ipogeo); 3 cyclette; 25 bibliotecari; 63 ore settimanali di apertura (compresa la domenica).

Di positivo, una grande struttura per la cultura, che guarda al futuro (e sa solo Dio come in Italia ci sia bisogno di ciò), de-localizzata rispetto alla “radiocentricità” di Milano, un tentativo ante litteram di Città Metropolitana. Ennesima opera del terzo mandato della Sindaca Gasparini, che ha rivoltato Cinisello come un calzino, producendo qualità (e debiti ) nella ex città dormitorio, mercè grossi investimenti pubblici : Piazza Gramsci; Museo Nazionale della Fotografia a Villa Ghirlanda; Metrotramvia con Milano; pedonalizzazione del centro con relativo arredo urbano e pavimentazioni, ecc..

Ritornanto al “Pertini”, viene da chiedersi, chissà se però, le generazioni future saranno in grado di pagare i sicuri costi gestionali altissimi di un Centro Culturale così grande, forse più adatto ad una città di 300 mila abitanti che ad una di 75 mila abitanti.

Comunque un buon progetto, ben realizzato, moderno da godersi soprattutto negli interni : comodi, luminosi, accoglienti e razionali, organizzati attorno ad un volume centrale vuoto a tripla altezza. Interni, dove si può tranquillamente trascorrere una mezza giornata senza  mai annoiarsi, che però anche, genera degli spazi esterni urbani interessanti e di qualità, che “legano” parti ed edifici esistenti, fino ad ora poco coesi.

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This is the end


I dati  Ance ( Associazione Nazionale Costruttori Edili)  del 2012:

  • nei primi tre mesi di quest’anno le vendite di case sono scese del 19,6% rispetto ai primi tre mesi del 2011;
  • dal 2008 al 2012 sono 325.000 i posti persi nelle costruzioni. Sono più di 500.000 se si considera l’indotto ed i settori correlati;
  • l’accesso ai mutui bancari per l’acquisto di immobili è sempre più difficoltoso. Dall’inizio dell’anno il calo è stato di circa il 50% (45,4%).

Nell’edilizia, dal 2007 a oggi sono scese del 20% le aziende che pagano puntualmente i loro fornitori passando dal 60% al 41% del totale.

http://www.arezzo.ance.it/docs/docDownload.aspx?id=6738

E’ evidente che il comportamento degli acquirenti, incarna perfettamente la tragicità di questi dati, e lascia intravedere che vi siano delle aspettative circa il permanere di una situazione congiunturale negativa, di durata medio / lunga, che potrebbe produrre un calo consistente dei prezzi delle case.

E’ probabile che questa sia la fine, o meglio l’inizio della fine della produzione edilizia speculativa, così come l’abbiamo vista fare sino ad oggi.

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I Barbari (Saggio sulla mutazione)


Contaminazioni ed abbinamenti giudiziosi, quindi “mutazioni”. La Grande Muraglia Cinese, con cui si “inventavano” i barbari (Alessando Baricco); un grande affabulatore di “muri sapienti”, che ha fatto la storia dell’architettura (Louis Kahn).

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Brad Pitt – I forzati dell’architettura


Leggevo stamattina l’articolo/intervista di Silvia Bizio all’attore americano Brad Pitt, pubblicato sul supplemento di “Repubblica” denominato “D” (n° 762 dell’8 ottobre 2011). L’attore ad un certo punto dell’intervista dichiara di avere una grande passione, l’architettura. Tanto che : “ Ho collaborato con un’organizzazione no profit nel realizzare (a New Orleans) una serie di case a basso costo, ma comode e pratiche, disegnate pensando a consumi contenuti, con pannelli solari, materiali isolanti speciali (altamente prestanti) e rialzate su palafitte, nel caso la città dovesse subire di nuovo un’alluvione”. Ecco mi sono detto, un altro, Brad Pitt, che senza avere un minimo di “retroterra” culturale sulla disciplina, si mette a dire la sua, a suon di soldini dati in beneficenza, su cosa deve o non deve essere fatto (ed anche come). L’architettura, quale disciplina, è evidente in questi anni, si è sempre più allontanata dall’essere una”Croce Rossa”, su cui nessuno spara, per diventare un ambito di vero e proprio “tiro al bersaglio” da parte di chiunque. Dalle lettrici di Casaviva  (piuttosto che di improbabili riviste inglesi di cottages), ringalluzzite, da visioni architettoniche “demenziali”, agli attori che si “comprano” la loro visione del Mondo, tutti pretendono di “modificare” lo spazio, il paesaggio, come più gli aggrada, senza nessun criterio e con inputs disciplinari minimi. Magari assoldando qualche “laureato” o “neo-laureato” per “seviziarlo” adeguatamente, affinché gli venga imposto il loro volere architettonico. Rimangono emblematiche,  le “folli” elucubrazioni architettoniche di Silvio Berlusconi, poco dopo la sua discesa in campo, all’inizio degli anni novanta, dove bellamente dichiarava, in un libello inviato ad ogni famiglia italiana, di essere stato un “seguace”, all’epoca della realizzazione di Milano 2 (che sosteneva avere progettato e coordinato insieme ai “suoi architetti”) dell’architettura decostruttivista russa e dell’urbanistica del movimento moderno.

Ma purtroppo, oltre a queste “amenità”, la realtà dell’architettura, e soprattutto di quella italiana, oggi è un’altra, ed oltre ad essere una disciplina vessata da ogni forma di contaminazione (artisti che fanno gli architetti, geometri che si danno all’urbanistica, ecc.), ciò che è più evidente, è la “massa abnorne” di architetti che sfornano le università, al di là della capacità del mercato di assorbire tale tipo di laureato, data una crisi del settore edilizio ed immobiliare che ormai si protrae dal 2006. Un po’ di “italici” dati :  2,4 architetti ogni 1.000 abitanti, con 144.824 architetti iscritti agli ordini professionali (raddoppiati dal 1998, quando se ne contavano 72.764). La Germania, seconda per numero (100.500) si ferma a quota 1,23, mentre la Spagna, terza con i suoi 50.000, si attesta su 1,09. Vuol dire che in Italia un architetto libero professionista, iscritto all’ordine, ha un parco clientela “teorico” di 416 possibili clienti.

I numeri della crisi sono evidenti e così riassumibili al 2011 : -22% per gli investimenti in costruzioni (rispetto al picco del 2006), -35% in nuova edilizia (rispetto al 2006), -8% in rinnovo edilizio (rispetto al 2006), -43% in nuove costruzioni residenziali (rispetto al 2006), -28% per le compravendite di abitazioni (rispetto al 2006), -17% per i prezzi delle case (rispetto al 2006).

L’incapacità cronica degli architetti nostrani, di proiettarsi sui mercati internazionali e soprattutto di fare “sistema”, creando realtà professionali di grandi dimensioni e pluridisciplinari, di fatto stà facendo sparire questa professione, dove i neo-laureati si vedono costretti ad iniziare a  lavorare, come liberi professionisti (presso studi professionali), o gratuitamente, oppure per cifre attorno ai 300/400 euro; e questo dura per i primi 1 o 2 anni, Una professione, dove vieni ritenuto “giovane” a cinquant’anni, perché è a quell’età che magari incominci a costruire qualcosa, magari per i parenti o gli amici di questi;  dove la meritocrazia non serve “assolutamente a nulla”, mentre impera la “clientela forzata”.

Secondo le ultime rilevazioni Istat, che risalgono a marzo 2010, il 95,1% dei laureati del Politecnico di Milano a tre anni dalla conclusione degli studi ha un’occupazione, il più delle volte coerente con il titolo di studio: più precisamente il 97,4% gli architetti e il 93,1% degli ingegneri, nessuno si chiede “a che prezzo”, con quale stipendio. Di solito un neo laureato, o lavora gratis, come già scritto, oppure per cifre ridicole almeno sino ai 30/33 anni, poi o trova un’occupazione più seria per 1.000/1.200 euro al mese lordi a fattura, oppure viene “espulso” dal mercato del lavoro, perché ritenuto vecchio. Comunque cifre, con cui, a Milano ed in tutta l’Area Metropolitana è assolutamente impossibile “campare”, se non appoggiandosi al “sistema familiare”. Forse sarebbe meglio finalizzare queste energie e dare maggiore qualità all’insegnamento di questa disciplina, ed alla professione, restituendo un quadro veritiero di quello che stà succedendo in Italia, piuttosto che alimentare, in maniera illusoria, la persecuzione ostinata della quantità degli iscritti, sia alle Facoltà di architettura che agli Ordini Professionali.

Ci stanno rubando il futuro, e soprattutto stanno rubando il futuro dell’architettura !

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AuBenalster


Ad Amburgo, una sera d’estate, al tramonto,  un signore, lungo la riva del grande lago AuBenalster, che si trova a ridosso del centro storico, si spogliava, piegava, con cura i vestiti lungo la riva, con a fianco le scarpe e poi si tuffava nel lago, con una borsa a tenuta d’acqua, visto che galleggiava diligente, dietro di lui. Da qui raggiungeva con bracciate rapide e precise, la base di un pilone, posto proprio nel bel mezzo del lago. Vi si sedeva sopra, si asciugava e si rivestiva con un curioso vestito in tulle bianco. Poi si metteva in piedi, spalle al tramonto, passando ore ad osservare immobile l’orizzonte in direzione nord, in direzione della notte. Ho visto fare a quest’uomo, ogni sera, delle sette che sono stato ad Amburgo, questo inusuale rito. Ho sempre pensato che stesse meditando. Si medita da soli, con rigore e disciplina, senza bisogno di radunarsi in massa. Si medita da soli, come si nasce e si muore da soli.

To Hamburg, an evening in summer, to the sunset, a gentleman, along the shore of the great lake AuBenalster, that is found behind the historical center, stripped him, it folded up, with care the suits along the shore, with beside the shoes and then it plunged him in the lake, with a waterproof purse, considering that it floated industrious, behind of him. From here it reached with rapid and precise armfuls, the base of a pylon, sets really in the beautiful mean of the lake. It took a seat you above, it dried and it was dressed again with a curious suit in white tulle. Then it built, shoulders to the sunset, times giving to observe immovable the horizon in direction north, in direction of the night. I have seen to do to this man, every evening, of the seven that have been to Hamburg, this inusuale rite. I have always thought how same meditating. You meditates alone, with rigor and discipline, without need to gather in mass. You meditates alone, as he is born and he dies alone

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Life/Vita


Whatever is out of touch with life forms other than if ‘, it adds a good flavor to the existence.

Qualsiasi cosa venga fuori dal contatto con forme di vita diverse da sè , aggiunge un buon sapore all’esistenza.

Banana Yoshimoto – Un viaggio chiamato vita – Feltrinelli, 2010

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