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Kapelle der Heiligen Familie Mühlebach


A Mühlebach, nel Vallese Svizzero, sorge in dominanza del paese, la piccola Cappella della Sacra Famiglia, consacrata nel 1676. Un chiaro esempio, la Cappella, dell’assioma lecorbuseriano, che ha portato al bellissimo libro di LC : ” Quando le cattedrali erano bianche”.

Mühlebach è una frazione di 77 abitanti del comune svizzero di Ernen, nel Canton Vallese (distretto di Goms) – https://costruttoridifuturo.com/2020/09/14/ernen/.

Davanti alla Cappella, una grande pietra (con targa metallica) ed un arbusto, ricordano il luogo caro ad un noto pianista internazionale Gyorgy Sebock.

György Sebők (2 novembre 1922-14 novembre 1999) è stato un pianista americano di origine ungherese e professore presso la Jacobs School of Music dell’Università dell’Indiana a Bloomington, Indiana, Stati Uniti.

Era conosciuto in tutto il mondo come solista con le principali orchestre, recital in quattro continenti, artista discografico e per le sue masterclass, visiting professor e il festival musicale svizzero che ha organizzato a Ernen.

Nacque a Szeged, in Ungheria, il 2 novembre 1922. Sebők ha tenuto il suo primo recital per pianoforte solo all’età di 11 anni. A 14 anni ha suonato il Concerto per pianoforte n. 1 di Beethoven sotto la direzione di Ferenc Fricsay, un’esibizione su cui avrebbe riflettuto molti anni dopo.

Si iscrive all’Accademia Franz Liszt all’età di 16 anni, sotto la guida di Zoltán Kodály e Leo Weiner. Dopo il diploma, ha tenuto concerti[1] per dieci anni in tutta l’Europa centrale e orientale e nell’ex Unione Sovietica.

Ha vinto il Grand Prix du Disque nel 1957. Sebők è stato elencato in Who’s Who in America, Who’s Who in Music, National Register of Prominent Americans e altri dizionari biografici. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la Croce al merito del governo ungherese, La Medaille de la Ville de Paris, Echelon Vermeille e, nel 1996, Kulturpreis des Staates Wallis, (Prix de Consacration). Sempre nel 1996, il governo francese gli ha conferito la decorazione Chevalier de L’Ordre des Arts et des Lettres.

Nel 1949 fu nominato professore di musica al Conservatorio Béla Bartók di Budapest. Dopo la rivolta ungherese del 1956, si stabilì a Parigi. Incoraggiato dal suo amico violoncellista János Starker, all’età di quarant’anni, andò alla Indiana University School of Music di Bloomington, iniziando quella che è considerata la fase più produttiva della sua carriera. Jeremy Denk (uno dei più noti pianisti americani – https://www.jeremydenk.com/) ha dedicato il suo libro di memorie “Every Good Boy Does Fine: A Love Story in Music Lessons” a Sebők e ha scritto del profondo impatto che Sebők ha avuto sulla sua educazione musicale e sulla sua carriera.

Sebők era un professore ospite della Berlin Hochschule der Kunste (HDK) in Germania, dove insegnava master class due volte l’anno. È stato anche membro onorario a vita della Toho School of Music di Tokyo e insegnante ospite regolare presso il Banff Center for Arts; il Conservatorio Sweelinck di Amsterdam, la Scuola di Musica di Barcellona e la Hochschule für Musik di Stoccarda. Nel 1974 ha fondato e organizzato masterclass estive annuali a Ernen, in Svizzera, per pianisti e “altri strumenti”, e l’anno successivo è stato membro della giuria del primo Concorso Pianistico Internazionale Paloma O’Shea Santander. Ha anche fondato e diretto il “Festival der Zukunft” a Ernen nel 1987, che ancora oggi porta la sua eredità con un numero crescente di frequentatori di concerti. I funzionari della città lo nominarono cittadino onorario, solo il terzo in 800 anni.

Prima di un recital del 1985 al Musical Arts Center di IU, Sebők ha ripensato al suo concerto all’età di 14 anni e ha tracciato un collegamento tra quell’evento e la sua filosofia di insegnamento. “Durante il terzo movimento ho fatto degli errori”, ha ricordato, “ma non mi sono sentito in colpa perché sentivo di aver fatto del mio meglio. Avevamo un vicino, un amante della musica, che raccontava a mio nonno della mia esibizione , ‘Oh, è stato meraviglioso, ma nel terzo movimento qualcosa è andato storto.’ Mio nonno si arrabbiò molto con lui e disse: “Non mi interessa, perché anche il sole ha delle macchie”. È stata una cosa bellissima da dire per mio nonno, penso, e a volte lo ricordo: anche il sole ha delle macchie”. (https://www.youtube.com/watch?v=h427L7297xM)

Allo stesso modo, Sebők ha aiutato i suoi studenti a superare la paura degli errori per dare le loro migliori prestazioni. Bisogna accettare che essere umani significa essere fallibili, quindi fare del proprio meglio ed essere catturati dalla musica. (Fonte : Wikipedia)

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Laburnum Anagyroides


Nella Valle d’Intelvi, ad Orimento, c’è un sentiero che conduce verso il Monte Generoso. Basta inoltrarsi per il facile sentiero costeggiato da faggi, che subito, il bosco è arricchito da una quantità sempre più crescente di alberi di maggiociondolo (Laburnum Anagyroides). Sono centinaia, forse migliaia, un vero e proprio bosco, fatto inusuale per un albero prettamente isolato. Vorrei potervi descrivere il profumo mieloso intenso ed inebriante, di questo bosco di alberi “velenosi” (in ogni sua parte e soprattutto nei semi – https://it.wikipedia.org/wiki/Laburnum_anagyroides ).

Nel sottobosco, costituito soprattutto da erbe montane (che proteggono le radici dei maggiociondoli durante i rigidi inverni), ma anche rovi di lamponi, mirtilli, ecc., un ronzio sinfonico di: api, bombi, vespe, ecc.., che si approvvigionano di polline, tra cui lo stesso maggiociondolo. Polline che non rende velenoso il miele prodotto.

Per arrivarci, siamo quasi ai confini con la Svizzera, sul Monte Generoso; da Como si percorre la sponda occidentale del Lario seguendo la Strada Statale SS 340 “Regina” fino ad Argegno. Poco dopo il paese di Argegno si sale a sinistra verso la Valle Intelvi fino al paese di San Fedele (https://www.lavalleintelvi.info/schede/paesi/san-fedele-intelvi/).
Superare la piazza centrale di San Fedele, arrivare fino al deposito bus ASF, quindi seguire a sinistra la via Monte Generoso/per Orimento, una strada piccola, asfaltata ma con molte buche. Dal piazzale di Orimento, un pratone recintato, si segue l’ indicazione sentiero alto del Monte Generoso. Luoghi bellissimi, con viste paesaggistiche meravigliose (https://lagodicomo.com/it/bosco-del-maggiociondolo/).

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La gru blu.


Una gru blu, di grandi dimensioni, caratterizza da alcuni anni, il paesaggio di Bellinzona Nord. Si tratta in realtà di un sistema ecologico e sofisticato per immagazzinare energia (https://www.swissinfo.ch/ita/energy-vault_la-batteria-delle-energie-rinnovabili-in-una-torre-di-calcestruzzo/45375828 ).
Un landmark paesaggistico, un prototipo tecnologico, che può piacere o meno, ma che però ci parla di una maniera intelligente d’incominciare a risolvere i problemi energetici (https://www.espazium.ch/it/archi1-21_prototipo#:~:text=Una%20torre%20in%20continuo%20divenire,energia%20cinetica%20in%20energia%20elettrica. ).
Un prototipo ai più difficile da comprendere, ma su cui bisogna incominciare a ragionare, per ottimizzare l’energia prodotta soprattutto da fonti solari o eoliche (https://attivissimo.blogspot.com/2022/01/energy-vault-la-batteria-gravita.html ).
 

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Ernen


L’aspetto di Ernen (nel Vallese svizzero), 219 chilometri da Milano attraverso il Passo della Novena, è determinato molto dalla sua posizione: ampiamente affacciata, sul pendio, nella conca della valle di Fiesch. Per secoli Ernen (https://www.borghisvizzera.ch/scheda/ernen/) si è trovata posizionata magnificamente lungo la strada a valle del distretto di Goms e quindi all’ingresso dei passi della Furka e del Grimsel. Oggi un moderno ponte strallato, ciclo-pedonale, tra i più lunghi al mondo, collega Ernen alla strada cantonale (https://www.myswitzerland.com/it-it/scoprire-la-svizzera/route/ponte-sospeso-nei-pressi-di-ernen/) ed alla stazione ferroviaria Furka-Oberalp. Giardini e frutteti intatti circondano l’insediamento a semicerchio verso la valle. Nel centro del paesino si addensano edifici residenziali costruiti nello stile tipico della regione, solitamente orientati verso sud-ovest e intervallati da piazzette e giardinetti che danno respiro al centro abitato. L’unicità della piazza centrale la rende una delle più belle della Svizzera. Attorniata da prominenti edifici, tra i quali la Tellenhaus (1576) che custodisce una delle più antiche raffigurazioni dell’eroe nazionale svizzero Guglielmo Tell (https://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo_Tell), portata a termine nel 1578.

Lasius G. , Tellenhaus, Ernen. (Aus: Das Bauernhaus in der Schweiz, hrsg.v. Schweiz. Ingenieur- und Architektenverein, 1903): Grundriss Keller, EG, 1. OG, Querschnitt, Längsschnitt. Druck auf Papier, 47,6 x 33,7 cm (inkl. Scanrand). Architekturmuseum der Technischen Universität Berlin Inv. Nr. B 1923,56.

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Mausplatten


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Münster sorge a 1390 metri s.l.m. nel Vallese superiore, attraversato dalla Furkastrasse (la strada del Passo del Furka) sulla sponda destra del Rodano, che qui viene chiamato Rotten. Il centro di questo villaggio, con la tipica struttura compatta, è caratterizzato dalle tradizionali case in legno a ridosso l’una dell’altra e rivolte verso sud. Le cosiddette «Gommer Häuser» (case del Goms) sono state costruite vari secoli fa come costruzioni omni-comprensive, che riunivano sotto un unico tetto la parte abitativa e la parte destinata alle attività lavorative. Per proteggerle dai roditori, furono costruite su palafitte e protette con grandi lastre di pietra “Mausplatten” (funghi in pietra). Nel corso del tempo, il legno di larice con cui sono state costruite ha assunto una colorazione estremamente scura per effetto dell’irraggiamento solare. Molte datano tra il 1400 ed il 1500.

Si tratta di un’architettura dove la tecnologia del legno, si fonde con un’estetica che valorizza i dettagli tecnici, facendoli diventare elementi decorativi della facciata.

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Nel XVII e XVIII secolo, la regione del Goms (e, con essa, anche Münster) ha registrato un periodo di fioritura economica e culturale. Il transito dei mulattieri e il commercio di bestiame con la Lombardia attraverso il passo Grimselpass, il Passo della Novena o il Griesspass, nonché il mercenariato, portarono ricchezza in questa valle alpina. Testimonianza di questo periodo d’oro sono le settanta chiese e cappelle costruite nel territorio di Goms. Solo nella zona di Münster-Geschinen sono pervenute fino a noi sei costruzioni sacre, fra cui la famosa Marienkirche con il sontuoso e dorato altare maggiore tardo gotico del 1509.

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La messa in funzione delle strade di valico attraverso il Sempione e il Gottardo, come pure la ferrovia del Gottardo nel XIX secolo, hanno posto fine al transito di merci nel Goms. Al contrario, la costruzione dei collegamenti viari (collegamento alla ferrovia del Cervino-Gottardo nel 1914) ha dato impulso al turismo, oggi la fonte principale di reddito dei 400 abitanti della località.

Non lontano da Munster, il “Goms Bridge”, un ponte ciclopedonale strallato, inaugurato nell’estate del 2015, ha una lunghezza di 280 m e una larghezza di 1,40 m. Il ponte sospeso attraversa il fiume Rotten a un’altezza di 92 m. In questo premiato villaggio si possono ammirare nella piazza centrale i più antichi affreschi di Guglielmo Tell, risalenti al 1578.

Il nuovo ponte sospeso che sovrasta il Rotten (Rodano) permette di passare direttamente da Fürgangen al paesino di Mühlebach. A Fürgangen ci sono alcuni posteggi e una fermata della ferrovia della Furka.

Conclusa la visita del nucleo centrale del villaggio, con la chiesa e le case con dipinti che narrano la storia di Guglielmo Tell, il sentiero svolta sulla destra della carreggiata, prosegue lungo il pendio fino al grazioso Mühlebach con il più antico nucleo urbano con costruzioni in legno della Svizzera. Attraversando il ponte sospeso si rientra velocemente a Fürgangen.

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“24 FERMATE” – LA VIA REHBERGER TRA RIEHEN E WEIL AM RHEIN


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Sabato, 4 luglio 2020

Per una lunghezza di circa cinque chilometri, la Rehberger-Weg collega due nazioni, due comuni, due istituzioni culturali, ed innumerevoli storie. Si percorre tra Riehen e Weil am Rhein, tra la Fondation Beyeler e il Vitra Campus, tra la Svizzera e la Germania, e volendo si può arrivare fino in Francia, superata l’Autostrada E35 (la via delle Genti, come la chiamava Rino Tami) ed il Fiume Reno, al paesino di Village – Neuf e di Huningue (dove si trova il ponte ciclo pedonale autoportante più lungo del mondo – https://de.wikipedia.org/wiki/Dreil%C3%A4nderbr%C3%BCcke.  Il tutto scandito da 24 “accattivanti” piccole installazioni dell’artista Tobias Rehberger (nato nel 1966 a Esslingen am Neckar, vive e lavora a Francoforte sul Meno) – https://www.24stops.info/en/intro/

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E’ così possibile esplorare un paesaggio naturale e culturale molto diversificato, dove gli europei per centinaia di anni si sono fatti la guerra, si sono “scannati” con milioni di morti. Ci si può fermare per ammirare il paesaggio, sdraiarsi sull’erba, fare un picnic in luoghi appositamente attrezzati. Ambedue le realtà museali : Vitra e Beyeler, forniscono per pochi franchi/euro dei gustosi cestini da picnic. C’è pure un piccolo autobus elettrico, che relaziona i due luoghi, per le persone con difficoltà di deambulazione: alcuni giorni, prenotando, si può fare il percorso (aperto a tutti) con guide appositamente istruite. La Rehberger-Weg dà l’opportunità di conoscere e mettere in relazione la “ricca” storia della zona e della sua gente e contemporaneamente invita a fare un viaggio nella natura bellissima. Una natura antropizzata, più o meno saggiamente, ma che fa dei contrasti, la sua stessa bellezza. Ci si muove tra filari di vite, campi di cereali, maestosi alberi di ciliegio. E’ l’Europa, quella che tutti vorremmo, fatta di qualità, di cultura, di enogastronomia, di storia, di paesaggi sapienti, che qui ha la sua evocazione “plastica”. E’ soprattutto un percorso dove l’architettura (quella “buona” e di qualità) si inserisce, e dialoga magistralmente con l’ameno paesaggio circostante; in 5 chilometri si passa dal “Senatur” Renzo Piano della Fondation Beyeler (https://www.fondationbeyeler.ch/en/museum/architecture-and-nature), dove a fianco il “Vate” Peter Zumthor sta realizzando l’ampliamento (https://it.furniturehomewares.com/2017-05-05-peter-zumthor-extension-designs-renzo-piano-fondation-beyeler-riehen-basel-architecture-news), al Vitra Campus, dove è “collezionata” da decenni il meglio dell’architettura mondiale a firma di : Sanaa, Alvaro Siza, Frank O’ Gehry, Zaha Hadid, Tadao Ando, Herzog& De Meuron, Nicholas Grimshaw, ecc. (https://www.vitra.com/en-cn/campus/campus-architecture). Il tutto costellato da edifici e contenitori, che palesano la loro storia architettonica, magari minore, ma che costruisce un paesaggio morfologico, tipologico, particolarmente ricco e diversificato. In cinque chilometri, si passa dalle mostre d’arte del Beyeler (oggi – EDWARD HOPPER – https://www.fondationbeyeler.ch/en/exhibitions/edward-hopper), alle mostre di architettura e design della Vitra (oggi – GAETANA AULENTI, in Italia quasi dimenticata – https://www.design-museum.de/en/exhibitions/detailpages/gae-aulenti-a-creative-universe.html). E’ un percorso iniziatico, altamente istruttivo, che “spiega” la liaison tra architettura, paesaggio e natura, un atto didattico fondamentale, che qualunque essere umano dovrebbe affrontare prima o poi nella sua vita.

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La Filanda


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Costruito nel 1783, lo stabile “La Filanda Torriani-Balzani” a Mendrisio testimonia, nella sua denominazione e nella struttura muraria perimetrale, un passato storico significativo per l’industria manifatturiera dei filati.

Nella Filanda, una volta c’era la Manor che aveva ristrutturato l’edificio; nel 2009 il Municipio di Mendrisio ne era tornato proprietario.

Chi, come me, ne ha frequentato per cinque lunghi anni il parcheggio interrato adiacente, ha potuto vedere nascere questa struttura costata quasi 7 milioni di franchi.

Oggi è diventata, con l’inaugurazione del 15 e 16 settembre 2018, un centro innovativo per il Ticino: sarà contemporaneamente  biblioteca, ludoteca, videoteca, luogo d’incontro, sede di conferenze, mostre……. L’edificio è stato ristrutturato su progetto dell’architetto  Anne-France Aguet

https://www.annefrance-aguet.ch/profilo

La struttura soggiace ai rigorosi “standard ristrutturazione Minergie” (TI-479) diventando così un edificio altamente ecosostenibile.

https://www.annefrance-aguet.ch/single-post/2017/02/01/Ristrutturazione-Filanda-Mendrisio

La struttura dotata già di un notevole quantitativo di libri e riviste “a scaffale”, presenta anche numerose postazioni per lo studio ed il collegamento Wi-Fi, che la faranno diventare un’occasione ghiotta per gli studenti sia dell’Accademia di Architettura USI, che della futura (nascente)sede SUPSI.

Un edificio “La Filanda” che è soprattutto un interno, accogliente e comodo, con un piano (il secondo) ancora da ultimare. Spazi colorati e molto ben illuminati, materiali gradevoli al tatto e facili da manutenere. Forse la scala poteva essere “giocata” meglio dal punto di vista dell’architettura.

https://www.cdt.ch/ticino/mendrisiotto/198826/l-attesa-%C3%A8-terminata-inaugurata-la-filanda

Un altro progetto legato alla cultura del Canton Ticino, che diventa disponibile per i cittadini. Quale miglior investimento per il futuro. Direbbe un letterato colto : “Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.

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Veloci, ma lenti


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Torso con teschio lungo (fusione di alluminio 1973/2007) Scultura / HR Giger Kunsthaus Coira

Camminare, muoversi, è sempre un viaggio di scoperta all’interno di noi stessi, mentre gli edifici, il paesaggio, le strade, i volti, il clima e l’atmosfera dei luoghi, quasi inconsapevolmente, ci formano.

Andare veloci, per i più significa consegnare le esperienze all’oblio, come scrive Milan Kundera nel romanzo “La Lentezza” : Il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è diretto proporzionale all’intensità dell’oblio. , ma è vera questa duplice equazione, oggi?

Recentemente con due amici (ambedue, come me, architetti), mi sono cimentato in un viaggio di un giorno, di circa 300 chilometri, in Svizzera, nei Grigioni (il Cantone più grande). L’obbiettivo era ambizioso, visitare una serie di edifici realizzati da Peter Zumthor, che tutti tre avevamo studiato, e conoscevano a “menadito”, per vedere se “le atmosfere”, e le “esperienze sensoriali”, descritte nei suoi libri erano effettive.

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Un viaggio siffatto è “giocato” emozionalmente sulla dicotomia tra passato e presente, tra velocità e tempo, che dovrebbero essere l’espressione sintetica dei nostri tempi: ma così non è.

Viaggiando velocemente, si è colpiti da una polifonia visiva d’immagini, sempre diverse, per poi ritrovarle, e ricostruirle, quando si rallenta fino fermarsi. Si viaggia come se fossimo gli astronauti del film “Interstellar” (https://bit.ly/1Q5jaLy), dove un buco nero accellera e rallenta la loro velocità,  consegnandogli “tempi” tra loro molto diversi.

A lungo andare, per il ripetersi di sequenze, di paesaggi, di architetture, di materiali, di volti, è possibile che qualcosa indebolisca il “farsi” del viaggio; però il sapiente contrasto tra i vorticosi movimenti (che il chilometraggio, e la molteplicità dei luoghi da visitare, impone), e gli improvvisi rallentamenti, necessari a visitare i luoghi individuati, fa si gli occhi, ed il cervello, continuamente sono “titillati “da” punti “, dove guardare per catturare un frammento. E ‘quindi innegabile, che proprio l’essere “veloci” e subito dopo “lenti” giova innegabilmente alla fruizione della bellezza unitaria che questi luoghi, seppur diversi (ma sempre legati da un filo rosso), riescono ad esprimere.

Ad aiutare in tutto ciò, vi è anche l’architettura zumthoriana, ancorata ai valori della memoria dell’uomo, ma anche vigile alle veloci pulsioni della contemporaneità. Una architettura fatta nella lentezza, ma in grado di operare “sintesi” foriere di un futuro aperto, a cui guardare con ottimismo e sicurezza di nuovo il cielo. 

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Lisc e grezz


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L’ultima fatica di Mario Botta, sul Monte Generoso in Svizzera è l’omonima struttura turistica. Denominata dall’architetto mendrisiense “Fiore di pietra”, domina il crinale con vista sul Lago di Lugano. Completata all’inizio della primavera 2017, sta già ritornando ad essere (dopo anni di chiusura) uno dei luoghi più visitati del Canton Ticino. Dalle prime foto e dai disegni, l’opera architettonica sembrava fare il verso alla moltiplicazione dei “cilindroni” del maestro svizzero, ormai da anni incancrenito su geometrismi ripetitivi.

Invece, visitandolo, anch’io che ero scettico, mi sono completamente ricreduto. Molti sostengono sia la “Torre di Mordor” o un “carciofo”, un’astronave calata sul Generoso. In realtà si tratta di un bell’edificio, magnificamente realizzato, consono al paesaggio in cui si colloca. Soprattutto l’edificio polivalente è molto funzionale con degli spazi comodi ed un’architettura che anche da vicino è perfettamente inserita tra le rocce che anticipano la cima, rispetto alla cacofonia di forme dell’edificio precedente. Paesaggio, quello del Generoso, già “sputtanato” parecchi anni prima dalle forme tecnologiche (e necessarie) del ripetitore radiotelevisivo.

Spazi mostre, accoglienza ed informazione turistica, un self-service, un ristorante (stellato), una sala per conferenze, camere per alloggiare, locali tecnici ed una spettacolare terrazza in copertura con un panorama a 360 gradi: distribuiti su 5 livelli, si incastrano nella montagna, completando ed esaltando il crinale.

Ottima la scelta dei materiali : pietra (probabilmente una beola o un serizzo) per il rivestimento esterno; beton a vista, legno e pietra per gli interni. L’edificio nonostante l’assalto di una moltitudine di turisti domenicali, risulta accogliente e funzionale.

L’occasione della nuova struttura turistica (25 milioni di franchi sponsorizzati da Migros), ha consentito di sistemare anche i percorsi pedonali che da Bellavista conducono alla cima del Generoso, rendendo tutto il parco del Generoso più facilmente accessibile anche a chi non può permettersi di spendere l’alto costo del biglietto del trenino a cremagliera.

Scendendo a piedi, due signori attempati al mio fianco (marito e moglie), veraci ticinesi, commentavano l’esperienza architettonica in rigoroso dialetto ibrido : “Bravo il Mario, in fin di facc un bell’edifizi, lisc e grezz” (se ho trascritto bene), probabilmente riferendosi al rivestimento esterno in corsi di pietra levigata alternata a quella a spacco.

Sotto il link ad alcune immagini del sopralluogo sul Monte Generoso

https://it.pinterest.com/dariosironi/lisc-e-grezz-2016/

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