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Urbanistica

Eddyburg


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Appello di Eddyburg in merito alla Legge Regione Lombardia 12/2005

http://www.eddyburg.it/2013/01/urbanistica-e-territorio-una-priorita.html

Che dire……..tutto condivisibile, anche se io non “demonizzerei” più di tanto, la Legge 12/2005. E’ come viene applicata che è demenziale. Le Amministrazioni lombarde, non sono in grado di fare vera partnership con il privato (non avendone la cultura), nè di essere veramente propositive dal punto di vista progettuale (anche quì non avendone la cultura). Quasi tutte perseguono, fini esclusivamente economici nella trattazione del territorio.

D’altro canto vivere in Lombardia, dove oggi vivono, su soli 23.860,62 chilometri quadrati (di cui il 40,5% montuoso), oltre 10 milioni di persone, dove come si legge su Wikipedia : “La Lombardia è la prima regione d’Italia per importanza economica, contribuendo a circa un quarto (24,1% nel 2006) del prodotto interno lordo nazionale; inoltre ospita molte delle maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie del Paese, e il suo reddito pro capite supera del 35 per cento la media europea. Insieme a Baden-Württemberg, Catalogna e Rhône-Alpes è uno dei quattro motori dell’Europa, e costituisce una forza economica trainante per il resto dell’Unione europea.”, significa inevitabilmente, oggi, con questi numeri INEVITABILMENTE continuare a crescere, per evitare che un MOTORE che sostiene questa idea di sviluppo, si interrompa.

Sarebbe un grave danno per tutti, Italia e Europa compresa, fermare o rallentare il “motore lombardo”. Probabilmente anzichè, BANALMENTE, prendersela con un legge (sicuramente mal fatta) ma soprattutto applicata malissimo ed in maniera “deviante” come solo noi italiani sappiamo fare, bisognerebbe prendersela con chi sostiene questo tipo di sviluppo (mafia compresa). Bisognerebbe anche proporre un nuovo modello economico, sostenibile con queste forze in campo.

Chi ha scritto l’appello di Eddyburg (e molti di quelli che sottoscrivono), si continuano a muovere con le categorie disciplinari classiche afferenti all’urbanistica, che vuol dire : “Una disciplina che studia il territorio urbanizzato ed il suo sviluppo. Essa ha come scopo la progettazione dello spazio urbanizzato e la pianificazione organica delle sue modificazioni su tutto il territorio, compreso quello scarsamente urbanizzato. Estensivamente l’urbanistica comprende anche tutti gli aspetti gestionali, di tutela, programmativi e normativi dell’assetto territoriale ed in particolare delle infrastrutture e dell’attività edificatoria” . Un termine “urbanistica” che proprio nello sviluppo economico, infinito, trova il suo stesso motivo di esistere. Forse ci vuole qualcosa di diverso, in grado di interpretare anche con lungimiranza questo sviluppo, che oggi deve  sicuramente fare i conti con la grave crisi economica dell’Europa.

Forse, sarebbe stato meglio fare un appello alla decrescita economica controllata (quindi lenta, lentissima, ma  progressiva, e soprattutto protratta nel tempo), del territorio lombardo, alla sua progressiva de-costruzione (abbattendo e rinaturalizzando), alla riduzione e de-localizzazione (lenta e progressiva) delle persone e delle industrie che qui ora insistono. Soprattutto si sarebbero dovute dare delle indicazioni in merito all’orientamento della politica economica lombarda verso modelli più sostenibili, per il territorio/paesaggio (ma non solo, anche per l’aria e l’acqua), da cui dipende intimamente questo modello di sviluppo. Perché se non si fa questo, una legge vale l’altra. Tanto poi sarà il mercato a fare o meno la differenza, infatti ad una fase di sviluppo della “cementificazione”, segue una fase di “inviluppo”, dovuta alla crisi economica mondiale. Ed ecco subito tutti a chiedere nuove leggi o rimozione di quelle esistenti. Il cementificatorio PGT della Giunta Pisapia (meno cementificatorio di quello della Giunta Moratti), non sarà mai realizzato nei prossimi decenni, per colpa della crisi economica, che per forza imporrà un nuovo modello di sviluppo.

Comunque tutti ci si muove in un’unica direzione, la pianificazione “fagocitatoria” sistematica del suolo e quindi il suo consumo inevitabile, finchè permarrà questo modello economico, con questi numeri in campo. Ed anche se si decidesse per una strada diversa ci vorranno parecchi decenni per vedere i risultati applicati sul territorio.

Bisogna quindi constatare che, purtroppo l’urbanistica in Italia, quella intelligente, al passo con l’evoluzione dei tempi e del concetto stesso di paesaggio, è ormai una “lingua morta”, che forse non necessita nemmeno più di essere resuscitata. L’urbanistica è forse giusto che stia, oggi in Italia,  esattamente come in un tomba, austera e bella. Ci vuole altro, bisogna superare il concetto economico di “gestione del territorio”, per passare a quello di progettazione  della “bellezza del paesaggio”, più che pensare a legiferare, gestire, e regolare.

Un ultimo inciso, riguarda i firmatari, di tale appello. infatti tra loro figurano molti professionisti dell’urbanistica e dell’architettura, e soprattutto docenti, che sostenendo fino all’altro ieri la vecchia cultura urbanistica (alcuni insegnandola) ed avvallando molti dei vecchi PRG,  in un arco di tempo di oltre 40 anni, ci hanno di fatto portato a questa situazione, forse in una maniera molto, ma molto più demenziale, anche dal punto di vista legislativo.

Tra tutti mi preme ricordare, un colorito (dal modo di vestire) uomo della “sinistra” che nel nord milanese è stato autore di diversi PRG cementificatori . E poi che dire di un noto ecologista, sostenitore accanito di un famoso Presidente Provinciale, poi candidatosi in Regione, ed avanti così………

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Aldo Rossi – Cappella Molteni a Giussano (Mb) in via Rimembranze

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Mons Taegia


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La vita umana è estremamente breve, di solito dura un “battito di ali”, un attimo, il problema è che si ha la consapevolezza di ciò, di solito, solo quando si è nell’imminenza della morte. Appena si prende coscienza di questa condizione umana, e quindi a maturare (veramente), arriva il momento di dire addio agli amici ed ai parenti. Spesso non ci si rende conto nemmeno di ciò. L’amicizia, insieme al legame parentelare, è certamente la cosa più importante, ma ambedue richiedono sia sviluppata una condizione di buona convivenza, e di condivisione, ma anche quì difficilmente si riesce a stabilire ciò con tutti coloro che si incontrano durante la vita.

Alcuni giorni fa, un sabato, mi è capitato di recarmi nella “Brianza Felix”, per ameni motivi legati alla mia professione, con due cari amici, un uomo ed una donna. Eseguita l’ardua incombenza, ci siamo recati a Montevecchia (l’antica Mons Taegia), che si trovava lì vicino, con l’unico scopo di prelevare del burro dorato, dal “meraviglioso” laboratorio di Amabile Maggioni.

Se siete nei dintorni (ma non solo), non potete mancare di fare una visita a Montevecchia (metri 479 s.l.m.), un crinale, in dominanza del paesaggio, tra la pianura padana ed il Parco della Valle del Curone. Un tempo l’amena località era il luogo di incontro, durante i fine settimana, delle famiglie, a caccia di formaggini e deliziosi vini bianchi. Un luogo ideale per praticare le amicizie in deliziosi incontri conviviali, ed in lunghe passeggiate dedicate al cazzeggio e alle dotte considerazioni .

La giornata era stata piovosa e nebbiosa, poi all’improvviso un vento violento aveva spazzato la pianura padana. A Montevecchia si godeva un tramonto che esaltava il paesaggio di questa parte di Lombardia, con il costone arenaceo-calcareo, che emergeva, come un’isola, nel mare di nebbia in cui versava la pianura. Discutendo con i due amici, rimirando il paesaggio, mi è venuto naturale fare alcune considerazioni che ora vi racconto e che sono il frutto di quello che ci siamo detti, sentendo il suono delle campane dei vespri emergere dalla nebbia sottostante.

Da qualche tempo, in Italia, la cultura urbanistica ed ambientalista, si sta orientando verso il tema del consumo di suolo, prima completamente ignorato. Il territorio italiano, per conformazione (è molto montuoso) ha subito, nel corso del tempo, un consumo di questo “bene pubblico” molto alto. E la Lombardia è all’apice del consumo di suolo (la città infinita). Non ha senso oggi consumare altro suolo extraurbano, visto che le stesse città, espandendosi a dismisura hanno generato al proprio interno zone di degrado, aree dimesse o zone sotto-utilizzate. Bisogna dare priorità alla riqualificazione, al riuso, rispetto all’espansione indefessa, una rigenerazione che non sia una nuova cementificazione, ma l’occasione per “ossigenare” il tessuto urbano, per renderlo vivibile a dimensione umana, con un saggio equilibrio tra utilizzo del suolo, volume da insediare ed aree verdi. Le città di fatto sono come un grande ecosistema, mantenuto in vita da un flusso costante di materie ed energia. Tale flusso è presente sia in entrata che in uscita, però alla fine il flusso è squilibrato, mentre in un ecosistema naturale è sempre in equilibrio. Le attuali entità urbane sono dei sistemi che disperdono le risorse, consumandole. Le disperdono nelle acque, nel terreno, nell’aria. Eppure basta elevarsi, come qui a Montevecchia, che il territorio, il paesaggio, di Lombardia (ripeto, uno dei più “consumati” del mondo) appare come un entità ancora sanabile, ancora “riparabile”. Bisogna decrescere, bisogna consumare meno suolo, direbbero i più, invece io ritengo che bisogna trattare il suolo in maniera più saggia, consumandolo (poco) laddove necessario, e demolendo tessuto urbano laddove indispensabile (bonificando i terreni), per restituire terreno (tanto) al paesaggio dei centri urbani. Soprattutto bisogna costruire più in alto, con grande qualità architettonica, modernità e tecnologia, nei centri urbani, per poi demolire tessuto urbano di pessima qualità e liberare suolo nelle aree di degrado urbano (ossigenandolo) e renderlo disponibile all’agricoltura, agli ortisti, allo svago.

A sera siamo tornati verso casa, ampiamente riforniti di burro, formaggini e ricotta. Certamente empi di immagini in grado di scolpire i nostri cuori, oltre che le nostre menti.

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Exporre


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OLYMPUS DIGITAL CAMERA               Quì sopra, immagini dei lavori nel sito Expo 2015 a Milano (29/01/2012)

822 giorni all’alba (o forse, meglio, al tramonto) – Oggi 29 gennaio 2013, abbiamo eseguito l’ennesimo sopralluogo sul sito dove si stanno realizzando i “lentissimi” lavori per la realizzazione di Expo 2015. Il cantiere appare molto indietro, i lavori procedono come al rallentatore, mediante l’impiego di sparute maestranze, ed anche i mezzi meccanici utilizzati sembrano pochi. Le reti aeree sono ancora tutte da rimuovere, ed anche la viabilità interna all’area è ancora operativa, come lo sono le intense attività di prostituzione femminile, da sempre cifra stilistica dell’area.

Il 31 gennaio 2013, scaduti i termini per l’iscrizione al concorso internazionale di progettazione per il “Padiglione Italia di Expo 2015” (consegna 20 febbraio 2013). Nei “deliri” del bando si legge :

Il Padiglione Italia dovrà quindi esprimere a tutti i livelli questa relazione concettuale fra cultura e coltura, divenendo un laboratorio d’idee e creatività, proposte e soluzioni, uno spazio protetto e che, allo stesso tempo, offre visibilità per le energie fresche e giovani che operano nel nostro Paese. 
Un’architettura che offra un’immagine creativa e allo stesso tempo riconoscibile dell’italianità, né rappresenti l’identità oltre gli stereotipi e gli schemi consolidati, un’immagine inedita per un Paese in continua evoluzione“. 

t4_prpi__pad_regionaliUn’immagine recente di come sarà Expo 2015

Può l’architettura : “esprimere a tutti i livelli ….. una relazione concettuale tra coltura e cultura”? Può l’architettura di un singolo edificio essere: “l’immagine inedita di un Paese”? Può il testo di un bando, per un concorso di idee internazionale, essere così “farlocco”? Forse da architetti, ma soprattutto da Cittadini, dovremmo porci il perchè di un testo siffatto, per la realizzazione di un edificio così importante dell’importo presunto di circa 40 milioni di euro, collocato in un’operazione “usa e getta” di oltre 2 miliardi e mezzo di euro (viabilità e trasporti pubblici compresi). Edificio che è poi “imbrigliato”, sempre nel bando di concorso, da esigenze di rapidità realizzativa e di distribuzione funzionale.

Insomma dallo “splendido orto planetario”, poco costruito e con tanto verde, per favorire un’Expo diffusa nella città di Milano, pensato da Stefano Boeri e soci; si è passati al grande supermercato “stile outlet”, denso e molto costruito, con poco verde (soprattutto alberi), e con tutte le attività concentrate nel sito Expo, che è poi l’attuale masterplan in costruzione.

Ecco allora, nascere la necessità impellente di concentrare in un’unico edificio (il Padiglione Italia), le relazioni tra “cultura” e “coltura”, visto che tutto il resto è la solita banale rassegna “fieristica” di edifici frutto di una “folle ridda” di architetture strane, fatte per vendere i “prodotti” di ogni Nazione partecipante, e soprattutto degli sponsor.

Del tema originario “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e del suo progetto che ci ha fatto vincere la manifestazione, rimane poco (molto poco). Rimane solamente il classico modello di Expo, quello che abbiamo sempre visto, certamente meno splendido e dai numeri di visitatori, che saranno certamente più contenuti (di quello cinese), vista la crisi economica che attraversa tutto il mondo occidentale.

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Natale alla Bovisa


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Il tessuto urbano della Bovisa è flagellato da una cacofonia di edifici esistenti, distonici tra di loro, ed i nuovi  interventi “casuali” (spesso di terziario vuoto, ed invendibile) male inseriti in quello che dovrebbe essere un paesaggio urbano storico da tutelare, simbolo della industria milanese, che ormai non è più, aggiunge tristezza ad un Natale, che tutti percepiamo, come greve. La Bovisa dovrebbe essere un quartiere progettato e ragionato, se non altro per il “peso” di inquinamento lasciato alle generazioni attuali ed a quelle future, dall’industria (nel terreno), ma invece, questa progettualità, non è. L’occasione delle aree dimesse da riqualificare, non è stata colta, qui alla Bovisa, manca un disegno virtuoso complessivo, che generi un paesaggio nel solco dell’immaginifico passato, o una valida alternativa ad esso.

Il quartiere della Bovisa, che negli anni passati aveva acquisito una propria autonomia, architettonica fatta di edifici industriali e dignitose case popolari: autonomia anche sociale, rispetto a Milano, oggi, è tra le aree dimesse, da bonificare, più inquinate dell’area urbana (e forse d’Europa). Nonostante ciò, qui è ovunque, un rifiorire di gru, di imprese che edificano “selvaggiamente”, senza nessun progetto urbanistico e paesaggistico complessivo, edifici di rara insulsaggine architettonica e volumetrica. Qui il paesaggio è perso, probabilmente definitivamente, e forse ormai non c’è più nulla da salvare, se non qualche edificio isolato. Il Natale qui, sente il “peso mortale” di ciò, dei numerosi cartelli “vendesi” che probabilmente rimarranno lì per anni ed anni, ancora. E la pochezza delle “luminarie natalizie” della Bovisa, issate dai commercianti nel bel mezzo delle vie, testimonia in maniera evidente, di un sistema economico ormai al collasso.

Strano destino,  quello dei tessuti urbani costruiti, con finalità produttive: in pochi anni sull’onda di un violento sviluppo economico, a partire dai primi decenni del Novecento, sono “esplosi”, nati dal nulla, consumando quel suolo agricolo fertile che è comune a tutta la Pianura Padana. Poi rapidamente sono degradati in aree dimesse ricche di fascino e memoria. Oggi questi ambiti, sono alla ricerca di un proprio futuro paesistico, che viene spesso disatteso, e sostituito da un pianificazione “casuale” che premia ed incentiva il  volume (incrementi volumetrici per chi costruisce sostenibile, per chi fa housing sociale, ecc.), la mutazione di destinazione funzionale (da industriale a residenziale/terziario), e soprattutto con la mancanza di un “quadro complessivo”, nonostante i piani urbanistici ed i progetti di archistar quali : Renzo Piano a Sesto San Giovanni e Rem Koolhaas alla Bovisa di Milano, di .

Forse in queste parti di tessuto urbano, che tanto hanno dato in passato, più che favorire una densificazione della città, come si ostina a sostenere Vittorio Gregotti (ed ha applicato con sistema alla Bicocca di Milano), quale soluzione di tutti i mali, imponendo una sviluppo prettamente volumetrico ed in altezza, bisognerebbe decrescere, come suggeriscono molti, verso forme più “soft” di pianificazione controllata, in grado di preservare, grandi aree verdi con all’interno anche quella che fu la memoria produttiva,  recente, di questi luoghi, magari di nuovo abitata (la memoria) da funzioni di eccellenza.

Ecco questo Natale alla Bovisa, con la crisi economica che attanaglia tutti, se ci deve portare un regalo, speriamo sia proprio questo, la consapevolezza dei politici, e soprattutto di noi cittadini, che il futuro, deve essere “governato”, “indirizzato”, per tornare ad essere quel “sogno reale” da vivere a cui tutti aspiriamo.

TANTI AUGURI A TUTTI !

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Assenza di futuro


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Il Professor Giancarlo Consonni, pubblica un articolo dal titolo “Bocconi l’architettura delle facili metafore”  sul giornale  La Repubblica – Milano, del 9 dicembre 2012, che di fatto è un manifesto contro il progetto di Sanaa per l’area della ex Centrale del Latte di Milano (di recente presentato all’opinione pubblica).  In tale documento, l’anziano docente, ci fa un escursus dotto, una vera e propria “lezione frontale”, di quanto sia il progetto di Sanaa, non allineato con la storia dell’architettura milanese, e soprattutto con il “moderno” di Giuseppe Pagano Pogatschnig (1896-1945), autore del primigenio edificio dell’università Bocconi (di cui sono le immagini di questo articolo).  E rincarando la dose, ci illumina che la città di Bramante e Filerete, non può avere un progetto che : “è lontano anni luce da quella storia, compresa la sontuosa spazialità che caratterizza gli interni bocconiani di Pagano e Predaval. Si sa: nell’inseguire una visibilità sulla scena mediatica, tra i mezzucci a cui ricorrono architetti in grave crisi di idee vi è la metafora facile, priva di senso civile: la biblioteca-libro, il grattacielo-supposta, il casinò-fiche, ma anche lo stadio-nido, il museo vasca da bagno ecc. ecc.”

Eppure lì vicino, l’orribile “ciambella mattonata” di Ignazio Gardella, riconosciuto maestro della “scuola milanese del moderno”, costruita quale ampliamento dell’università Bocconi, tra il 1999 ed il 2000, testimonia di una presunta mancanza di “senso civile”, che non è solo di Sanaa. Ma di Gardella, il lungimirante Consonni non parla, sarebbe troppo “sconveniente” fare le pulci, ad un illustre defunto, che ha una genia ancora attiva a livello universitario.

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La “ciambella mattonata” di Ignazio Gardella 

All’esimio docente ci preme, sottolineare inoltre, che il progetto di Sanaa, è il frutto di un concorso ad inviti di livello internazionale, che si è avvalso di una giuria presieduta da Peter Cook (architetto e designer di fama mondiale, nonché Sir della Corona inglese), fondatore di Archigram, già direttore dell’Institute of Contemporary Arts, London, e della Bartlett School of Architecture, University College London.

Tale giuria contava i seguenti elementi : Guido Tabelloni (che allora era rettore dell’Università Bocconi); Bruno Pavesi (consigliere delegato dell’Università Bocconi); Federico Oliva (professore di urbanistica al Politecnico di Milano); Yvonne Farrell (degli irlandesi Grafton Architects); Martha Thorne (direttore esecutivo del Premio Pritzker); Deyan Sudjic (direttore del Design Museum di Londra); Enrico Cucchiani (amministratore delegato di Intesa Sanpaolo); Cesare de Seta (notissimo storico dell’arte e dell’architettura); Stefano Cascinai (architetto e scrittore).

I professionisti invitati al concorso, oltre al vincitore Sanaa erano di assoluta rilevanza internazionale : Rem Koolhaas (Olanda) Premio Pritzker 2000; David Chipperfield (Regno Unito); Thom Mayne (USA), Premio Pritzker 2005; Massimiliano Fuksas (Italia); Mario Cucinella (Italia); Cino Zucchi (Italia); Mathias Sauerbruch, Louisa Hutton (Germania); Benedetta Tagliabue – EMBT (Spagna); Odile Decq (Francia).

Il progetto potrà non piacere, al docente universitario, ma forse, prima di trarre delle conclusioni così definitive, sarebbe meglio attendere la sua costruzione, visto che molte architetture contemporanee, più che valutate “sulla carta” vanno vissute, con tutti e cinque i sensi, per essere apprezzate (come la biblioteca del Politecnico di Losanna). Ma forse, per Consonni questo è difficile da comprendere, attaccato come è alla metafora della “fabbrica moderna” che diventava università a cui si rifaceva in maniera esplicita Pagano (riferendosi al modello della Bauhaus di Dessau).

Non dimentichiamoci poi, che moltissimi componenti di quel “moderno milanese” citato nell’articolo, e sembra “rimpianto” da Consonni, hanno “rovinato”, sia dal punto di vista dell’architettura che dell’urbanistica,  parecchie zone di Milano, soprattutto in periferia. La continuità, con la storia dell’architettura, spesso deve godere di “preziose discontinuità”, proprio per potersi re-indirizzare verso un nuovo futuro possibile. Ma questo il  Consonni, difensore di una “scuola milanese” morente, che ci ha regalato dei veri e propri scempi (architettonici, urbanistici e sociali), come le case di Aldo Rossi a Vialba o al Gallaratese, oppure quelle di Aymonino sempre al “Galla”, oppure quelle da Albini e soci a San Siro, oppure il quartiere di Quarto Oggiaro, ecc. ecc..

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Cadaveri eccellenti


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E’ stata una giornata strana, quella tra il 4 e 5 dicembre 2012, che si è portata via due brandelli “eccellenti” della società umana. E’ infatti morto a Parigi, per un attacco cardiaco improvviso, Guido Martinotti, 74 anni, uno dei massimi esponenti della “Sociologia Urbana”. La sua più nota pubblicazione è sicuramente “La morfologia sociale delle città” (Edizioni il mulino, Bologna, 1993). A poche ore di distanza a Rio de Janeiro moriva di vecchiaia (come si dice), a quasi 105 anni, il grande architetto Oscar Niemeyer, padre dell’architettura contemporanea. Il suo più grande progetto, universalmente conosciuto è la città di Brasilia (di cui sono tutte le immagini di questo articolo).

Risulta quindi ovvio un parallelismo, tra i due “cadaveri eccellenti”. Infatti Martinotti, era uno strenuo sostenitore della Città, vedendo in essa,  nella capacità continua di trasformarsi e di adattarsi alle esigenze della specie umana, il luogo del “destino della società”. In particolare Martinotti, ha sempre avuto un interesse particolare per Milano, analizzandone, anche ultimamente, le caratteristiche di stratificazione sociale e la conseguente morfologia urbana. Alla stessa maniera, il “comunista” Niemeyer, era convinto, progettando la città di Brasilia (capitale del Brasile, voluta dal Presidente  Juscelino Kubitschek de Oliveira), con Lucio Costa, che la forma ad “ali di aereoplano” della sua planimetria urbana, fossero la risposta urbanistica e politica, efficiente e funzionale, alle pulsioni ed ai dinamismi sociali della città Moderna.

Ecco, sia Martinotti che Niemeyer, erano erano attenti alle mutevoli sollecitazioni sociologiche che derivavano  dalle città : la ristrutturazione del lavoro dall’industria al terziario,  i nuovi usi del tempo libero, la mobilità, i dinamismi umani, ecc., ed hanno ambedue studiato e valutato le influenze che queste sollecitazioni, determinavano sull’organizzazione delle città. Palesandosi in maniera evidente, soprattutto nelle destinazioni pregiate delle aree centrali, e nella contemporanea espulsione della residenza verso l’esterno urbano.

Però tali sollecitazioni, e le loro conseguenze, non sono state, da ambedue, sempre ben comprese a fondo, non solo perché era difficile leggerle, e “dargli una risposta” con i tradizionali strumenti di analisi, ma anche perché, non erano sempre agevolmente riconoscibili gli interessi che venivano premiati o penalizzati.

Sia a Milano, come a Brasilia, si palesano tutte le incongruenze, di due modelli urbani molto differenti, ma con, sostanzialmente le stesse problematiche sociali e funzionali: traffico, inquinamento, scarso dinamismo sociale, ecc..

Il centro storico di Milano, e delle sue aree limitrofe, altamente terziarie, ha sviluppato rendite elevatissime, che di fatto hanno espulso (e stanno sempre più espellendo) la residenza verso le periferie ed oltre. Il tutto con una mobilità e una rete di trasporti pubblici, che non è in grado di sanare il dilagante (ed inquinante) pendolarismo di grandi parti della popolazione. Alla stessa maniera Brasilia, pur essendo una città di fondazione moderna, non è stata in grado di risolvere queste incongruenze. Al centro direzionale (con i suoi palazzi ed edifici pubblici di architettura moderna disegnati da O. Niemeyer), succedono una serie di aree limitrofe per residenze esclusive (dignitari, dirigenti, quadri, ecc.). La popolazione è confinata in veri e propri “lontani quartieri  periferici”, degradati, privi di alcuni servizi, e male collegati con le aree centrali in cui la maggiore parte della gente lavora.

Quindi, concludendo, due “cadaveri eccellenti”, che con il loro lavoro, ci indicano, come, una disciplina quale è la “sociologia urbana”, troppo presto dimenticata, debba essere di nuovo implementata nella progettazione dell’urbanistica e dell’architettura.

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Giuliano PiGiTi


PGT – Documento di Piano – Due delle quattro Tavole di progetto

Si legge sul sito del Comune di Milano (alla voce : Piano di Governo del Territorio) : – Il Consiglio Comunale, con delibera n. 16 nella seduta del 22 maggio 2012, ha approvato le “Controdeduzioni alle osservazioni e approvazione del Piano di Governo del Territorio articolato nel Documento di Piano, nel Piano dei Servizi e nel Piano delle Regole, ai sensi e per gli effetti dell’ art. 13 della L.R. 11 marzo 2005 n. 12 e s. m. i.”. A far tempo dal 21 novembre 2012 l’avviso di approvazione definitiva e deposito degli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio (PGT) è pubblicato sul BURL n. 47 – Serie  Avvisi e Concorsi, ai sensi e per gli effetti dell’ art. 13, comma 11 della l.r. 11 marzo 2005  n. 12 e successive modificazioni e integrazioni. – Che in parole povere vuol dire che lo strumento urbanistico principale del Comune di Milano, il PGT, diventa operativo.

Infatti, lo stesso Ordine degli Architetti di Milano, riceve il seguente avviso, dallo Sportello Unico per l’Edilizia –

ATTENZIONE:

SI COMUNICA CHE IL GIORNO 21/11/2012 E’ ENTRATO IN VIGORE IL PGT (PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO) E PERTANTO PROVVISORIAMENTE FINO ALLA PROSSIMA SETTIMANA LA PRESENTAZIONE DEGLI INTERVENTI EDILIZI, I SERVIZI “DOMANDA ELETTRONICA” E “GESTIONE APPUNTAMENTI” ON LINE SONO SOSPESI PER CONSENTIRE L’ALLINEAMENTO INFORMATICO DEL PROGRAMMA AI NUOVI RIFERIMENTI DI INQUADRAMENTO URBANISTICO. I NUOVI MODULI SARANNO PROGRESSIVAMENTE DISPONIBILI SUL SITO.

Avviso “inquietante”, che fa presagire giornate, settimane e mesate “misteriche, campali e criptiche” per chiunque vada a chiedere informazioni all’Ufficio Tecnico di via Pirelli 39.

“Un Piano equilibrato, che rimette al centro la città. Ampiamente condiviso con i cittadini”, queste le prime parole con cui l’assessore all’Urbanistica e all’Edilizia Privata, Ada Lucia De Cesaris, ha espresso il proprio parere, commentando l’approvazione del PGT (Piano di Governo del Territorio) di Milano. Si trincea l’assessore dietro al 44% di osservazioni al PGT accolte.

Il PGT Pisapia è di fatto rimasto segretissimo, fino all’ultimo, senza, la profusione di immagini (dati, tavole, documenti, ecc.) garantita dall’operazione mediatica del duo Moratti/Masseroli. Operazione che però, se non altro, ha consentito all’opinione pubblica di dibattere, di questo strumento fin dalle sue fasi iniziali. Oggi, con il PGT di Pisapia, riserbo più assoluto, alla “facciazza” della partecipazione.

Qui il link con tutti i documenti.

Se vi guardate gli elaborati (pesantissimi) moltissime, forse troppe “questioni” restano irrisolte. La principale è quella riguardante il  “Sistema di attribuzione di edificabilità”, che avviene tramite un indice unico, totalmente indifferenziato, che è  applicato all’intero territorio comunale.  Ciò, se unito alla libera trasferibilità dei diritti edificatori e alla liberalizzazione delle destinazioni d’uso, se non sarà meticolosamente “regimentato con sapienza” come richiesto a gran voce da tutti i detrattori della “Versione Moratti del PGT”, potrebbe dare il là a delle iniziative immobiliari/speculative concentrate (anche per volume ed slp) esclusivamente su aree e funzioni di maggior valore e pregio, vista anche la grave crisi del settore edilizio. Il tutto a scapito della “sistemazione”  delle aree periferiche, e di una riqualificazione diffusa (soprattutto delle aree dimesse), evitando così ulteriore consumo di suolo. Ad una prima lettura “grossolana” il PGT Pisapia, sembra sia  stato riequilibrato nel dimensionamento volumetrico complessivo. Infatti, se vi ricordate i grattacieli “a mazzi” del PGT Moratti, dietro al Cimitero Maggiore di Musocco, possiamo garantire che non ci sono più, abilmente “nascosti” proprio in quell’assunto “pericolosissimo”, prima descritto, dell’ indice unico.

Il PGT sembra anche caratterizzato, tra l’altro, da una maggiore attenzione all’edilizia sociale, all’Housing Sociale, senza però dare una risposta seria alla ormai gravissima richiesta di quella che una volta si chiamava “Edilizia Economica Popolare”. Ogni anno nel comune di Milano, vengono consegnati circa 100/200 alloggi, a fronte di una richiesta di “migliaia” (in provincia di Milano sono esecutivi 13.000 sfratti – Fonte SUNIA).Anche la tavola degli “Ambiti di Sensibilità Paesaggistica”, riserva delle sorprese. Innanzitutto l’allargamento dei nuclei storici esterni, fino alle mura spagnole (ed in alcuni casi oltre), cosa che imporrà sicuramente di assoggettare le pratiche edilizie che avverranno in queste zone, alla Commissione per il Paesaggio.

PGT – Documento di Piano – Ambiti di prevalenza del paesaggio

PGT – Documento di Piano – Ambiti di prevalenza del paesaggio (Dettaglio)

PGT – Documento di Piano – Ambiti di prevalenza del paesaggio (Stralcio Legenda)

Poi una curiosità, nell’elenco degli edifici di “rilevanza civile, religiosa, storica e culturale”, (notevolmente ampliato) si nota che gli estensori del Piano, hanno “vincolato” anche l’edificio dell’Ufficio Tecnico comunale di via Pirelli 39. Probabilmente dovuto al fatto che l’edificio progettato da V. Gandolfi, R. Bazzoni, L. Fratino, costruito tra il 1955 ed il 1966, è di proprietà comunale ed è stato costruito più di 50 anni fa, cosa che ne impone un vincolo.

Il PGT sembra inoltre, come quello di Morattiana memoria, non offrire, ancora, risposte adeguate alla dimensione di una metropoli che si estende ben oltre i suoi confini amministrativi e che richiedono strategie (politiche amministrative) e “visioni” di scala sovracomunale, riguardanti anche la collocazione di funzioni decentrabili e infrastrutture, forse evitabili, invece collocate dal progetto del PGT all’interno del territorio di Milano. Un PGT quindi che ignora la “incalzante” Città Metropolitana che si sta costituendo, superando la logica “micragnosa” e limitata al solo territorio comunale.

E’ questo PGT, espressione  proprio caratteristica di una Giunta, quella Pisapia, che negli assunti iniziali, doveva garantire ai propri elettori una serie di “tutele”, e che invece, con quell’atteggiamento “gentile” che la caratterizza, di fatto “nasconde” nel corpus del PGT, lo stesso “cancro” del consumo di suolo presente nel PGT Moratti.

Insomma oltre alla “fregatura” dell’Expo 2015, che in sede di campagna elettorale sembrava essere cosa che si ri-avvicinava al progetto iniziale del “grande pratone telonato” (pochissimo costruito e con eventi diffusi nell’esistente), ed invece così non è stato (una volta eletto), Pisapia, ci propina anche l’amara medicina di un PGT “un tantino palazzinaro” ma abilmente nascosto e probabilmente “a volume diluito” nel corso del tempo.

Un’ultima annotazione riguarda il cartiglio, ad una lettura attenta si nota la “massa” di professionisti e tecnici, che hanno preso parte all’operazione di stesura del Piano di Governo del Territorio di Milano, poi però se si legge in fondo alla “lista”, alla voce “Altre collaborazioni”, probabilmente si individuano i nomi esatti di coloro che di fatto hanno adattato il PGT Moratti alla “versione di Pisapia”, o per meglio dire al PGT Ada Lucia De Cesaris.

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Mars, politics, architecture


CREDIT :  Mars Rover Curiosity Image Gallery

“L’umanità, oggi ha un problema enorme e questo problema si chiama capitalismo: il capitalismo è uno schifo, perchè significa che qualcuno ha tutto e qualcun altro niente e spesso, pur di avere, si toglie agli altri. Tutto cio’ è profondamente ingiusto. Io personalmente, non ho mai dato alcuna importanza al denaro, io non ho denaro e non sono ricco, Il denaro è decisivo in un solo caso, quando può servire ad aiutare il prossimo, per il resto, porta solo sofferenza: l’idea del consumismo, di accumulare e accumulare, è un’idea che va combattuta. Da una parte, i banchieri che decidono come deve andare il mondo e, dall’altra, una marea di gente che non ha niente, che lotta per la vita e che soffre! E’ ingiusto!…….Dinanzi alla vita, alla morte, al tempo che passa, alla monumentalità della natura siamo tutti uguali, creature fragili, mortali : di fronte all’universo, non siamo più grandi di una formica.” (Oscar Niemayer “Il mondo è ingiusto” . Mondadori 2012)

L’architettura è un’attività sociale, politica direi, che coinvolge necessariamente la società. Un edificio, una infrastruttura, siano essi pubblici o privati, insistono nel paesaggio per decine, per centinaia di anni. Le motivazioni di una costruzione “selvaggia”, e spesso purtroppo quindi il consumo di suolo ad essa afferente, sono il frutto di una visione capitalista del mondo, di una “occidentalizzazione” dell’economia mondiale, come ci scrive chiaramente l’ultracentenario Niemayer.

Con la politica, l’architettura deve sempre stabilire un dialogo, che però, l’architettura contemporanea sembra sempre di più aver saltato a “piè pari”. La politica attuale sembra inevitabilmente schiava dell’architettura mediatica prodotta dal “sistema delle archistar”, è quindi desiderosa di rappresentarsi,  attraverso edifici che calano nelle città, come immaginifiche astronavi scultoree, capaci di nascondere ed occultare la totale assenza di un disegno generale.

La politica, quasi sempre è sotto il ricatto sistematico dell’edilizia privata, degli immobiliaristi, perché la realizzazione di nuovi insediamenti, consente di recuperare fondi per l’attuazione dei propri programmi ed alimentare la così detta “Casta”. Viceversa, l’edilizia privata e gli immobiliaristi, sono legati mani e piedi ai ricatti della politica. In mezzo, sempre ci stanno gli architetti, che fungono da “trade union” tra  questi due ambiti.

Il “Sistema Sesto San Giovanni”, di cui tanto si parla sui giornali è emblematico in tal senso, con una commistione tra politica, architetti, immobiliaristi e tangenti.

http://www.ilgiorno.it/sesto/cronaca/2012/10/24/791635-renato-sarno-sistema-sesto-arrestato-milano.shtml

Verrebbe da pensare che, forse politica e architettura, in Italia oggi, non hanno interesse a confrontarsi, seguendo canoni normali, etici e democratici di pubblica condivisione. Ma di agire “sottobanco” nelle stanze oscure del potere. Se, invece, così fosse, si aprirebbero consistenti fronti per sperimentare una nuova forma di ricerca progettuale, intimamente legata alle modalità di rilettura degli spazi urbani (pubblici e privati), alla luce delle nuove esigenze dell’abitare e del vivere contemporaneo.

È un lavoro complesso, coraggioso, in cui ognuno (politici, immobiliaristi, architetti) deve fare la sua parte e rendersi disponibile verso la costruzione di un futuro condiviso, ma proprio per questo è un lavoro affascinante. Si tratta di tornare a lavorare eticamente (dove l’etica non è solo sulla carta), in maniera corretta,  per porre i cittadini e la città, al centro di ogni progetto. Sensibilizzare, considerare, spiegare, rileggere, sono alcune delle azioni che sottendono il lavoro di tutti gli attori del processo di costruzione dello spazio dell’architettura (che oggi, come abbiamo visto è anche e soprattutto urbanistica).

Condividere, interpretare, spiegare, ricucire, sintetizzare, ecc. sono solo alcune delle possibili azioni di stretta competenza degli architetti, che devono abituarsi ad agire in team multidisciplinari.

Indipendentemente dal contesto socio-politico l’architetto resta sempre il garante, sotto il profilo etico, della qualità delle scelte che cambiano il volto delle città e, conseguentemente, della vita delle persone che le abitano, quei cittadini che sono anche elettori dei politici e potenziali acquirenti dei prodotti degli immobiliaristi.

Esiste un problema politico, denunciano i più, e lo vediamo in questi mesi che ci conducono alle elezioni, ma non basta come alibi. Permane per tutti noi architetti l’obbligo di avere (sempre) un forte senso di responsabilità, che investe essenzialmente un tema culturale e civile, quale è l’architettura, quando la si “progetta” per davvero. Visto che non siamo su Marte, ma sulla Terra !

CREDIT: NASA/JPL-Caltech/Malin Space Science Systems

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Gianduiotto torinese


Camminare a piedi per Torino, in una calda giornata autunnale, in cui il tempo concede ancora temperature attorno ai 25 gradi, fa apprezzare ulteriormente il paesaggio urbano dominato dai freschi portici, dalle grandi piazze ariose e dagli ampi e ventilati  lungofiume. L’occasione ghiotta dei “portici di carta”, consente di godere al contempo di qualche chilometro di bancarelle di libri usati (di ogni fattura e costo), alternate qua’ e la’ da maestose gelaterie e opulente cioccolaterie. Qui, si creano a mano, indimenticabili gianduiotti, come avviene alla antica casa A. Giordano, fondata nel 1897,

http://www.giordanocioccolato.it/

La citta’,’ di oltre un milione di abitanti, con il blocco del traffico di una domenica ecologica, si trasforma in un’isola felice per i pedoni e per i ciclisti, che si godono le ampie vie di fattura comoda e monumentale. Tra Piazza Carlo Felice, Piazza Castello ed il Lungodora Siena, si succedono immagini di un paesaggio urbano disegnato e di chiara impronta europea. La dimensione “adeguata” e “consona” e’ forse proprio la caratteristica piu’  evidente di una perfetta assonanza con la realta’ sociale dei dinamismi urbani contemporanei . Velocemente la “bellezza” del disegno urbano, limpido e moderno, si  impadronisce dell’occhio dell’osservatore attento, facendogli dimenticare le “micragnosita’” del radiocentrismo milanese, triste e congestionato. La sequela degli ampi portici, conducono alla bellissima mostra su Arnaldo Pomodoro, scultore, scenografo ed architetto teatrale, che si tiene fino al 25 novembre a Palazzo Reale. Le sculture di una vita, in bronzo dorato, raccontano di una “vita d’artista” che ha continuamente “twittato” con l’architettura e con il paesaggio.

http://www.arnaldopomodoro.it/index_eng.php

Superati i Giardini Reali, lussureggianti e rigogliosi nell’insolito clima di questo strano autunno, subito si fa’ strada il disegno urbano geometrico e rigoroso, (ottocentesco),  di viale Regina Margherita. Da qui’ al Lungodora Siena, passano poche decine di metri. Dal Lungodora, subito si apprezzano le candide coperture del nuovo Campus Universitario di Torino, “Luigi Einaudi”, dove si concentrano gli insegnamenti di Scienze Politiche e Giurisprudenza. Si tratta di un progetto di chiara fattura paesaggistica, che arricchisce il rapporto della citta’ con il fiume Dora, recuperando un’area dismessa dell’Italgas, dove ancora permangono i tralicci degli immensi  gasometri. Un vero campus, fatto di aule multimediali, biblioteche, alloggi per studenti, mensa, campi da gioco, ecc..

http://www.unito.it/unitoWAR/page/istituzionale/speciali1/campus_luigi_einaudi1

Ecco il paesaggio urbano di una grande citta’ , come sta succedendo qui’ a Torino, deve saper coniugare la propria storia, con una visione chiara e prestigiosa del proprio futuro. Perche’ il paesaggio urbano e’ un corpo fragile e prezioso in cui bisogna saper agire con grazia e maestria, coniugando funzione, forma, volume, altezza in un’unica parola                  ……………” bellezza”.

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