Il tessuto urbano della Bovisa è flagellato da una cacofonia di edifici esistenti, distonici tra di loro, ed i nuovi interventi “casuali” (spesso di terziario vuoto, ed invendibile) male inseriti in quello che dovrebbe essere un paesaggio urbano storico da tutelare, simbolo della industria milanese, che ormai non è più, aggiunge tristezza ad un Natale, che tutti percepiamo, come greve. La Bovisa dovrebbe essere un quartiere progettato e ragionato, se non altro per il “peso” di inquinamento lasciato alle generazioni attuali ed a quelle future, dall’industria (nel terreno), ma invece, questa progettualità, non è. L’occasione delle aree dimesse da riqualificare, non è stata colta, qui alla Bovisa, manca un disegno virtuoso complessivo, che generi un paesaggio nel solco dell’immaginifico passato, o una valida alternativa ad esso.
Il quartiere della Bovisa, che negli anni passati aveva acquisito una propria autonomia, architettonica fatta di edifici industriali e dignitose case popolari: autonomia anche sociale, rispetto a Milano, oggi, è tra le aree dimesse, da bonificare, più inquinate dell’area urbana (e forse d’Europa). Nonostante ciò, qui è ovunque, un rifiorire di gru, di imprese che edificano “selvaggiamente”, senza nessun progetto urbanistico e paesaggistico complessivo, edifici di rara insulsaggine architettonica e volumetrica. Qui il paesaggio è perso, probabilmente definitivamente, e forse ormai non c’è più nulla da salvare, se non qualche edificio isolato. Il Natale qui, sente il “peso mortale” di ciò, dei numerosi cartelli “vendesi” che probabilmente rimarranno lì per anni ed anni, ancora. E la pochezza delle “luminarie natalizie” della Bovisa, issate dai commercianti nel bel mezzo delle vie, testimonia in maniera evidente, di un sistema economico ormai al collasso.
Strano destino, quello dei tessuti urbani costruiti, con finalità produttive: in pochi anni sull’onda di un violento sviluppo economico, a partire dai primi decenni del Novecento, sono “esplosi”, nati dal nulla, consumando quel suolo agricolo fertile che è comune a tutta la Pianura Padana. Poi rapidamente sono degradati in aree dimesse ricche di fascino e memoria. Oggi questi ambiti, sono alla ricerca di un proprio futuro paesistico, che viene spesso disatteso, e sostituito da un pianificazione “casuale” che premia ed incentiva il volume (incrementi volumetrici per chi costruisce sostenibile, per chi fa housing sociale, ecc.), la mutazione di destinazione funzionale (da industriale a residenziale/terziario), e soprattutto con la mancanza di un “quadro complessivo”, nonostante i piani urbanistici ed i progetti di archistar quali : Renzo Piano a Sesto San Giovanni e Rem Koolhaas alla Bovisa di Milano, di .
Forse in queste parti di tessuto urbano, che tanto hanno dato in passato, più che favorire una densificazione della città, come si ostina a sostenere Vittorio Gregotti (ed ha applicato con sistema alla Bicocca di Milano), quale soluzione di tutti i mali, imponendo una sviluppo prettamente volumetrico ed in altezza, bisognerebbe decrescere, come suggeriscono molti, verso forme più “soft” di pianificazione controllata, in grado di preservare, grandi aree verdi con all’interno anche quella che fu la memoria produttiva, recente, di questi luoghi, magari di nuovo abitata (la memoria) da funzioni di eccellenza.
Ecco questo Natale alla Bovisa, con la crisi economica che attanaglia tutti, se ci deve portare un regalo, speriamo sia proprio questo, la consapevolezza dei politici, e soprattutto di noi cittadini, che il futuro, deve essere “governato”, “indirizzato”, per tornare ad essere quel “sogno reale” da vivere a cui tutti aspiriamo.
TANTI AUGURI A TUTTI !
Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate
20 dicembre 2012 at 23:14
complimenti per il vostro lavoro. Vi leggo con interesse e condivido le Vostre idee. Abbiamo sempre la speranza che qualcosa cambi. in ogni caso è molto importante comunicare. Grazie