Mentre ieri, 16 luglio 2012, si aggiudicavano i lavori per la così detta “piastra” di Expo 2015, ci siamo recati a dare un occhio al cantiere. Quello in atto di cantiere è quello vinto dalla cordata capitanata dalla Cmc (http://cmcgruppo.com/cmc/) , per la bonifica e la “pulitura” dell’area, con un ribasso del 42,83%. Già allora trasalimmo, ma oggi a stupirci ancora una volta è il ribasso della cordata capitanata dalla Mantovani (http://www.mantovani-group.it/), che con un ribasso del 41,80% si è aggiudicata la gara per la “piastra”, che poi sono i basamenti interrati (tipo scantinati con i relativi accessi) su cui poggeranno i vari padiglioni, il percorso centrale “telonato”, gli impianti, la viabilità, ecc.. Così dai 272 milioni di opere e materiali valutati come base per la gara, si è passati ad un importo di 165 milioni. Se si tiene conto che, chi è arrivato secondo aveva offerto un ribasso del 36%, mentre gli altri partecipanti in genere hanno offerto ribassi tra il 20 ed il 30%, bene si può comprendere quello che è successo e soprattutto quello che succederà. Il meccanismo della “Merloni”, la legge sugli appalti pubblici, ora Dlgs 163 del 12 aprile 2006 (http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/06163dl.htm) è ormai un “meccanismo infernale”, che produce sempre dei “mostri”. A soffrirne sono la qualità, i tempi ed i costi. Infatti, quasi sempre all’eclatante ribasso (anche frutto della grave crisi in cui versa il settore edile), succede una fase in cui l’impresa vincitrice, mette in difficoltà il suo controllore (in questo caso Expo 2015), con continue varianti e/o riserve che fanno lievitare i costi ed i tempi. Non sempre (o meglio quasi sempre) la struttura pubblica non è in grado di “cavalcare” questa fase ed alla fine i costi lievitano sino a rientrare completamente (o addirittura di più) del ribasso offerto in sede di gara. E’ un gioco al massacro, dove il ricatto è giocato dalle imprese, sui tempi, che in questo caso sono inderogabili, in cambio di denaro. Quello che inizialmente da tutti sarà “cantato” come un risparmio, si tradurrà a consuntivo finale in un ennesimo aumento del debito pubblico. Vedremo, speriamo di non essere “uccelli del malaugurio”, ma tant’è, le cicatrici ottenute di persona su questi temi, mi fanno presupporre che il risultato finale non sarà molto diverso da quanto sopra descritto.

Forse ha ragione Serge Latouche, che in una bella intervista al quotidiano on-line “Lettera 43” di oggi 17 luglio 2012, dichiara che per l’Italia, in queste condizioni economiche e di assetto istituzionale, la cosa migliore sarebbe una bella bancarotta, da cui ripartire (come ha fatto l’Argentina, poi ripresasi egregiamente), con nuove regole e nuove prospettive per il futuro. Certamente, se così sarà, una delle prime cose da affrontare è una profonda rivisitazione sulla legislazione inerente gli appalti pubblici, visto che fa acqua da tutte le parti e soprattutto fa spendere molto più denaro di quello inizialmente previsto, ingigantendo così il debito pubblico. E dato che di ciò la politica italiana, che già si appresta alle elezioni del 2013, nemmeno ne parla, noi facciamo a questo punto il tifo per la bancarotta!

http://www.lettera43.it/economia/macro/italia-serve-la-bancarotta_4367557970.htm

Ma ritorniamo all’area di Expo 2015, i lavori languono e soprattutto le bonifiche sono ben lontane dall’essere in  stato avanzato. I lavori sono puntuali e non generalizzati. Ad oggi la grande trasformazione in loco, che è avvenuta (e colpisce lo spettatore) è la moltiplicazione delle prostitute, che da sempre infestano l’area anche di giorno, probabilmente dovuta alla presenza del personale maschile delle imprese che lì lavorano.

          Area Expo 2015, una prostituta ogni 40/50 metri

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