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Builders of the future

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Urbanistica

Baci perugina


Molto vicino allo stabilimento della Perugina (quella dei baci), nel quartiere di San Sisto, si trova la mediateca Sandro Penna. Questo edificio è stato progettato dal Milanese Italo Rota, e vuole essere un centro di aggregazione multimediale moderno, oltrechè sociale. La sua principale caratteristica è un design “prestante” accattivante, quasi sfrontato: direi “una folle ridda di luci” e di colori. L’edificio ha infatti la forma di un disco (non volante) a tre piani, interamente vetrato, e spunta dal suolo sfruttando la orografica naturale pendenza del suolo. La mediateca è anche supportata da due teatri: il primo, con 250 posti al primo livello ed un secondo, più piccolo, al terzo piano, strutturato come uno spazio flessibile, per i laboratori artistici dei bambini. Tutta la mediateca, nonostante la forma “aliena” risulta ben progettata per accogliere “utenti” differenti, con funzionalità.  Ai bambini è dedicato il terzo livello, arredato con colori e materiali appositi per stimolarne la creatività. Sempre quì, per gli utenti interessati ai contenuti multimediali, dai video a internet, sono state create apposite postazioni per una fruizione appagante e completa. L’illuminazione di tutta la struttura è molto azzeccata, e realizzata in modo da sfruttare appieno la luce naturale, che penetra nell’edificio attraverso grandi vetrate e lucernari con vetri rosa schocking, colore che, a detta del progettista, favorisce il rilassamento e la concentrazione.

E’ questo un esempio di intervento, ma a Perugia ve ne sono molti altri, anche nel centro storico o in adiacenza ad esso, dove non ci si è puramente ripiegati su se stessi, alla ricerca di una salvaguardia di un paesaggio, che quì a San Sisto, pur essendo mirabile, non avrebbe senso, ma appositamente, con la forma ed i colori, si è creato un “contrasto”, che aiuta proprio alla lettura didattica del paesaggio. A Perugia, oltre ad Italo Rota, altri architetti quali : Jean Nouvel, Aldo Rossi, Studio HOF, ecc., dimostrano, che spesso forme, poetiche e materiali del passato, possono tranquillamente accostarsi, a forme, poetiche e materiali della contemporaneità, senza necessariamente fare “muro contro muro”. Il paesaggio è l’emozione che ci coglie quando, percepiamo un’armonia, spesso soprattutto di contrasti , una sintesi emozionale e sensoriale tra “diversi”. Quando cogliamo la prospettiva di un equilibrio possibile tra uomo ed ambiente nella loro assoluta diversità. Il paesaggio è quindi un’alchimia sapiente di contrasti, tra artificiale e naturale, tra passato e futuro.

http://www.studioitalorota.it/pages-projects/biblioteca-sansisto.html

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In mezzo scorre il fiume (Terragni vs Bottoni)


A Milano, Corso Sempione, è un’arteria di notevole importanza, non soltanto viabilistica. Il nome di Corso Sempione, asse stradale monumentale realizzato in epoca napoleonica sul tracciato della storica via del Seprio, deriva dal toponimo della porta Sempione, erede dell’antica porta Giovia.

L’Asse stradale  si dirige verso nord-ovest, in direzione del Passo del Sempione (lo Svizzero Simplon-Kulm 2005 metri di altitudine). E’ quindi un’arteria storica di importanza Nazionale e Internazionale, che consentiva i rapporti soprattutto commerciali, con i paesi d’oltralpe innanzitutto Francia e Svizzera . Di fatto l’Asse del Sempione è da sempre un’arteria di paesaggio, che ha regolato, nel corso del tempo, lo sviluppo di questa parte della Lombardia, che oggi è di fatto è divenuta,  una Città-Infinita intensamente costruita, di quasi un milione di abitanti, che raggiunge il Lago Maggiore.

Il tracciato urbano di penetrazione dell’asse, nel corpo cittadino di Milano, non fu mai realizzato, a causa dell’utilizzo protratto della Piazza d’Armi, poi trasformata in Parco Sempione. Verso la campagna, il Corso Sempione terminava al rondò della Cagnola (in fondo al Corso, ora Piazza Firenze), realizzato per consentire l’inversione delle carrozze a cavalli dei nobili a passeggio, secondo gli usi del tempo. Più oltre la strada si biforcava, confluendo con due brevi tronchi sulle preesistenti strade Gallaratese e Varesina.

Con gli Austriaci, l’Asse del Sempione perse importanza, sostituito dall’asse diretto verso nord-est, in direzione della Villa di Monza (attuali corso Venezia, corso Buenos Aires e viale Monza). dopo l’Unità d’Italia il corso Sempione venne addirittura tagliato a livello da due linee ferroviarie: nel 1870 quella per Vigevano (soppressa poi nel 1931) e nel 1879 quella per Saronno (portata in trincea nel 1929.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nonostante la costruzione di numerosi edifici residenziali anche di prestigio, il corso ha mantenuto fino ad oggi un aspetto dimesso: anche il tratto più prossimo all’Arco della Pace, che ha “subito” un nuovo arredo urbano progettato dall’arch. Vittoriano Viganò, negli anni ottanta del Novecento, ha conosciuto un rapido degrado.

E’ questo un asse che come abbiamo detto costituisce anche un “disegno” urbanistico che costruisce l’intorno di un intero settore del tessuto urbano, quasi fosse un “fiume” che penetra nel disegno radiocentrico di Milano.

Non a caso, proprio qui, due edifici: Casa Rustici di Lingeri e Terragni (1933/36) e il Palazzo INA di Piero Bottoni (1953/1958) si confrontano, quasi l’uno di fronte all’altro, proprio a significare il duplice tentativo, ambedue andati perduti, di dare a Milano, un futuro urbanistico “importante”, da grande metropoli, a questa città di fatto “piccola” non soltanto nei numeri, ma soprattutto nei suoi amministratori.

Foto di Laura Montedoro

Casa Rustici (Corso Sempione 36), nel progetto di Terragni e Lingeri, si individuano elementi tipologici e compositivi molto innovativi (finestre molto ampie, logge a passerella, tetto terrazza, ecc.), assenti nelle altre realizzazioni del “duo” delle altre cinque case milanesi costruite, maggiormente condizionate dai vincoli imposti dai rigidi regolamenti edilizi milanesi. Di fatto la Casa Rustici è il primo intervento di un quartiere che dopo la dismissione della cintura ferroviaria intendeva realizzare uno splendido, modernissimo quartiere, teso a proiettare Milano maggiormente in Europa, ed a livello con l’architettura e l’urbanistica contemporanea degli anni Trenta. Il progetto verrà respinto nove volte, soprattutto per la presenza delle logge passerella, considerate un pesante limite all’apertura dello spazio del cortile. 

Immagine tratta da : http://www.soa.syr.edu – casa.rustici.plans.sm.gif

L’area oggetto dell’intervento INA di Bottoni (Corso Sempione 33), invece, era sottoposta ad un piano particolareggiato in attuazione del piano regolatore approvato nel 1953. Negli studi preliminari del piano (1950) era prevista una soluzione planivolumetrica che superava lo schema di casa a cortile chiuso indicato dalle vecchie norme del regolamento edilizio. Un corpo alto 58 metri ortogonale all’asse stradale si elevava dal verde circostante ed era fiancheggiato su un lato da una nuova strada che, mentre consentiva l’accesso al garage sotterraneo. Una disposizione urbanistica innovativa, di grande respiro europeo, una casa alta per osservare il paesaggio, dal Castello al Monte Rosa. Comunque il Palazzo INA di Corso Sempione non riguarda più soltanto il disegno urbanistico e architettonico della città ma investe anche il concetto stesso dell’abitare introducendo elementi innovativi di un corpo di fabbrica, che richiama in alcuni punti l’Unitè d’Habitation di Le Corbusier : piano terreno a pilotis, tetto abitato, piano intermedio a servizi comuni, ecc.. Il carattere innovativo delle proposte di Bottoni determina un iter progettuale alquanto lungo e alterno, in cui si susseguono numerose ipotesi urbanistiche e architettoniche. Poi alla fine del verde previsto nel Piano Particolareggiato approvato, non rimarrà praticamente nulla. 

Immagine tratta da : http://www.skyscrapercity.com – Piero Bottoni a Milano, Case, Quartieri, paesaggi 1926-1970,edito da La Vita Felice – 30sikxd.jpg

Due approcci, sia al disegno urbanistico che ia quello architettonico e tipologico, completamente diversi, proprio come se fossero su due sponde diverse di un fiume. Da una parte la città, che, seppur moderna cerca ancora un dialogo con la morfologia urbana storica (Terragni, con Lingeri, re-interpreta la casa a corte milanese storica), seppur introducendo tutti gli elementi, anche tipologici dell’architettura moderna. Dall’altra parte, nel dopoguerra, l’esigenza di ri-costruire, induce, quasi in maniera “violenta” ed indifferente, Bottoni a proporre un modello architettonico “internazionale”, dove a prevalere è la logica della casa verticale in linea, per tutti, funzionale ed efficiente. In mezzo, appunto, c’è un fiume; il fiume della Storia.

 
 

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Florence


Quando il Principato dei Medici si formò, Firenze aveva già un’egemonia politica ed economica, su un vasto territorio. Cosimo De Medici ed i suoi figli, non modificarono l’assetto consolidato, ma cercarono di renderlo più equilibrato. Il regime dei Medici operò, nel corso del tempo, con grande cautela sul “corpo urbano” di Firenze, innovando, ma rispettando l’eredità del passato. C’erano vasti spazi privi di edifici all’interno della cerchia delle mura cittadine, ma il regime mediceo non ne approfittò, per creare nuovi quartieri rispetto alla città del Medioevo ed a quella del Rinascimento. Di regola ci si limitò ad inserire edifici nuovi entro il tracciato urbano preesistente, oppure trasformando edifici antichi con aggiunte all’esterno e rinnovamenti all’interno (caso emblematico quello di Palazzo Vecchio e di Palazzo Pitti). Questa “cautela urbanistica”, divenne un esempio, che fu attuato in tutto il Principato toscano. La cautela urbanistica non impedì l’inserimento dentro la città antica di edifici nuovi, ed i particolare di un nuovo complesso “direzionale” del potere (un quartiere a pianta quasi triangolare), costituito dal sistema urbano : Palazzo Pitti, Ponte Vecchio, Corridoio Vasariano, Uffizi, Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio.

La bilancia equilibrata dei Medici, fra tradizione ed innovazione, non impedì la formazione di una nuova maniera di intendere il paesaggio del Principato, in particolare fu l’occasione per cingere la città di Firenze con un serie di fortezze di “prossimità” tese anche a spegnere ogni velleità repubblicana. Un intervento molto  importante nel Principato furono le opere per migliorare la regimentazione delle acque, migliorare le strade, costruire ponti ed altre opere pubbliche. Ciò per consentire un transito più efficiente delle merci e delle materie prime, ma anche per garantire migliori collegamenti tra la città ed il suo territorio.

Ecco questi appunti, attinti dalla “Storia dell’arte italiana” volume 12 – Einaudi (1983), ben spiegano come l’organizzazione del paesaggio (urbano e non), la sua salvaguardia, siano stati in passato una delle attenzioni primigenie del potere. Ecco forse noi non dovremmo fare altro che “dare continuità” a questi semplici principi, per recuperare un rapporto più corretto di salvaguardia del paesaggio.

 

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Potsdamer Platz


Potsdamer Platz a Berlino era negli anni tra il 1920 ed il 1930, il luogo più trafficato D’Europa, nonchè il centro della vita notturna di Berlino. Era “l’ombelico” di Berlino, la piazza in cui si incrociavano le cinque principali vie della città.  Nell’immediato intorno proliferavano centinaia di negozi, alberghi, ristoranti, cinema, teatri, sale da ballo, caffè, bar, wine-case e locali alla moda di fama internazionale. La Potsdamer Banhof movimentava oltre 80.000 passeggeri al giorno, mentre transitavano per la piazza berlinese oltre 600 tram transitavano negli orari di punta, in oltre 40 itinerari diversi. nel 1882, i viali e la piazza furono tra i primi illuminati con poli della luce a corrente elettrica, e nel 1924 per regimentare i traffici fu quì installato il primo semaforo d’Europa.

Potsdamer Platz nel 1919 (german-architecture.info)

Durante la guerra, l’enorme piazza a raggiera, fu bersaglio dell’aviazione degli Alleati, e venne quasi completamente rasa al suolo. Il 13 agosto 1961, con l’elevazione del Muro di Berlino, che separava definitivamente l’Ovest della città dall’Est, la Postdamer Platz fu irrimediabilmente  tagliata in due. Poi come succede spesso, nel novembre del 1989, fu quì che si aprì  uno dei primi varchi, che significò in pochi giorni, la caduta della così detta “Cortina di Ferro”. Fu sempre quì, nella grande spianata generata dall’abbattimento del muro, che il 21 di luglio del 1990 che Roger Waters leader dei Pink Floyd celebrò il memorabile concerto “The Wall” per celebrare l’unificazione della Germania Ovest con la Germania Est.

Potsdamer Platz nel 1965 (german-architecture.info)
 

Oggi, con le immagini patinate della nuova architettura, che ha tentato la ricostruzione del luogo della memoria “Potsdamer Platz”, operata dalla furia di risanamento urbanistico imposta alla Città/Capitale, dall’unificazione, viene logico chiedersi se è legittimo, se è opportuno, tentare di ricreare la “tensione paesaggistica” di un luogo che non esiste più. Eppure, nel “grande supermercato” dell’architettura, che è la nuova Berlino dell’unificazione, a volte, in alcune sere, quando le persone lì impiegate, defluiscono verso le loro abitazioni, ed i grattacieli si illuminano, si percepisce chiaramente  ancora la “tensione”, la “frenesia dei traffici” di un luogo che fu “l’ombelico del Mondo”. Si coglie chiaramente che il luogo ed il paesaggio “Potsdamer Platz” non è più lo stesso, che in mezzo c’è stato il vuoto dei bombardamenti, della Guerra, della morte, della follia. Però, quì,  anche si coglie chiaramente che a fare quel luogo è innanzitutto la moltitudine umana, la “massa” di una specie che, inarrestabile, continua, nel bene e nel male, lungo una propria strada, che è  sicuramente di “costruzione” e di contemporanea “distruzione”, ma anche ricorso, alla memoria non solo architettonica e paesaggistica, ma direi soprattutto “genetica” di un genius loci biologico, che fa di Berlino e di Postdamer Platz, ancora oggi,  uno dei luoghi più affascinanti al Mondo. Dietro a Potsdamer Platz, si legge l’energia per il futuro della gente di Germania, dei Cittadini di Berlino. Ecco a volte, salvare il paesaggio, vuol dire anche questo, creare la giusta tensione, affinchè un luogo, divenuto nel corso del tempo una “tabula rasa” possa essere “portato avanti”, rinascere, in forme non necessariamente solamente architettoniche.

21 luglio 1990 Potsdamer Platz – The Wall (estratti) – Roger Waters

Una mappa dell’architettura attorno a Potsdamer Platz

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Around Milan Pgt


La Giunta Pisapia ha approvato (il 23 gennaio 2012),  il Documento di indirizzo e revisione del Piano di Governo del Territorio (PGT) modificato sulla base delle osservazioni. Il concetto che è giustamente prevalso è quello del “non si butta via niente tutto si ricicla”, la base è quella del Pgt della Giunta Moratti, con profonde modifiche. Ora la “palla” passa al Consiglio comunale. Ha dichiarato Lucia De Cesaris, assessore all’urbanistica. “Questo Piano nasce dall’ascolto della città (da parte di una Consulta di tecnici del comune e 10 esperti): abbiamo definito il disegno urbanistico della Milano dei prossimi anni a partire dalla considerazione delle 4.765 osservazioni presentate da cittadini, associazioni, operatori, enti”. Le osservazioni dei Cittadini, sono servite per costruire delle considerazioni atte indirizzare le modifiche al Piano, circa il 40% di esse. E poi riunite in blocchi da sottoporre all’analisi del Consiglio Comunale, probabilmente a partire dal 20 febbraio, dopo un passaggio in Commissione Urbanistica. Tutto l’iter del Pgt deve essere concluso entro il 31 dicembre 2012, in caso contrario bisognerà ripartire daccapo con un nuovo progetto. Nasce però qui la prima contraddizione, le osservazioni andrebbero discusse in aula consiliare, una per una, in modo da costruire un vero dibattito democratico, invece, sono state raggruppate (seppur in più gruppi, otto), come fece la Moratti.

Sostanzialmente queste sono le principali modifiche :

  • la città come bene comune da tutelare e da difendere;
  • eliminazione del concetto di “perequazione” che assegnava volumetrie a tutto il territorio comunale, parchi compresi
  • 20.000 alloggi di edilizia sociale;
  • riduzione delle possibilità di edificazione, indici edificatori da 0,50 a 0,35 (massimo 1,00 mc/mq, raggiungibili con premialità volumetriche per housing sociale);
  • maggiore tutela per le aree verdi;
  • maggiore efficienza energetica degli edifici di nuova costruzione. Si vuole però anche promuovere la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, a partire da una maggiore efficienza energetica;
  • le cascine Campazzo e Basmetto inserite nel patrimonio storico-rurale;
  • introduzione di meccanismi urbanistici e di regolamento atti alla  riduzione del traffico su quattro ruote;
  • rilancio della mobilità ciclabile;
  • potenziamento e rafforzamento della rete del trasporto pubblico. Si farà la Circle Line sul binari del rilevato ferroviario;
  • aumento dei  servizi accreditati e convenzionati;
  • cassata qualunque  possibilità di costruire nel Parco Agricolo Sud Milano;
  • si prevede per il 2030 un aumento di residenti pari a 155.286 unità (anziché delle 500.000 del Pgt Moratti);
  • con il Pgt Pisapia si prevede una superficie costruibile di 2.534.000 metri quadrati (anziché dei 5.747.000 del Pgt Moratti);
  • cancellato definitivamente il tunnel automobilistico Expo – Linate;
  • si punta a concentrare gli interventi di nuova edificazione sugli scali ferroviari dismessi ed in vicinanza di metropolitane e stazioni ferroviarie;
  • Passano da 26 a 21 gli Atu (Ambiti di Trasformazione Urbana).

Mi preme innanzitutto sottolineare l’affermazione di  “città come bene comune”, essendo questa una dichiarazione d’intenti più politica e culturale, che urbanistica. Si tratta di una specie di “motto/auspicio” finalizzato a  riformare il governo della città e rilanciarne lo sviluppo civile, economico, sociale e ambientale. Il lavoro di revisione (in quanto il “corpo” è ancora quello della Giunta Moratti, onde evitare di buttare via un lavoro di anni, molto costoso), compiuto sul Pgt si ispira a questa “mission impossible”, e tenendo conto della difficile situazione  economica, cerca di avviare una sistemazione delle “numerose ferite” che da tempo segnano il tessuto urbano e sociale cittadino. Inoltre da il là ad una risposta, vedremo quanto concreta, ai referendum locali di giugno 2011. Alla luce di questo motto ambizioso, la trasformazione e lo sviluppo urbano sono espressione di una concezione “centralista” (e quindi molto di sinistra). Anche se subito ci si affanna a precisare che trattasi di concezione :  “non ideologica, ma realistica e perciò sobria, ispirata unicamente al conseguimento dell’interesse generale della comunità. Una regia capace di generare e di condividere una visione moderna e aperta della città, e nel contempo di confrontarsi con i mutamenti già in corso e con le istanze più urgenti, sia di piccola che di grande scala.”

Il Piano della Giunta Pisapia, riduce notevolmente la potenzialità edificatoria, di circa il 60%, attenuando anche la densità  urbana, attraverso l’introduzione di un indice massimo di utilizzazione territoriale. Tutto ciò , si dichiara “fatta salva la conservazione delle Slp (superficie lorda di pavimento) esistenti e attraverso una migliore regolamentazione del cambio di destinazioni d’uso da produttivo ad abitativo”. Ovviamente non si entra nel merito di come si calcola la Slp, che stando all’Attuale Regolamento edilizio (R.E. Art. 10), è di una premialità, secondo me assurda. Regolamento edilizio che andrebbe di conseguenza profondamente riformato.  Sembra interessante, anche se troppo debole, l’affermazione per cui il Pgt della Giunta Pisapia, possa interagire anche sulle trasformazioni a scala  dell’Area Metropolitana: “un progetto territoriale capace di declinare il tema della densificazione e dei limiti dello sviluppo, delle grandi attrezzature e dei servizi territoriali, della rete ecologica e dei sistemi della mobilità. Un progetto alternativo teso a contrastare una generica e solo quantitativa tendenza accentratrice del capoluogo milanese.” Bisognerebbe qui, “twittare” di comune accordo almeno con i comuni esterni di prima fascia, magari “ascoltando” e “coordinando” di più con loro la strutturazione del Piano, cosa che non è assolutamente avvenuta. Di fatto, pur applicando la Legge Regionale 12/2005, che obbliga tutti i comuni di Lombardia a dotarsi dello strumento urbanistico del Piano di Governo del Territorio, i tecnici della Consulta, che ha indirizzato le modifiche sostanziali al Pgt Moratti, fanno un bel “indietro tutta” e ritornano verso una strutturazione di piano, tipica dei Prg (Piano Regolatore Generale), anzi ne fanno un ibrido. In tal senso il Pgt andrebbe ripubblicato, con una nuova fase di osservazioni.

Sarà quello che sarà, ma certamente ci sarà nel futuro urbanistico di Milano, meno cemento. Forse si è persa un’occasione, in fin dei conti i Piani di Governo del Territorio, o strumenti similari, da decenni caratterizzano la politica urbanistica di molte città europee, creando degli strumenti flessibili, facilmente modificabili, con cui dialogare con i privati. Spesso per fare business con i privati da parte della Pubblica Amministrazione. Strumenti in cui i Cittadini siano agevolati nella loro interazione con la pubblica Amministrazione, nel campo dell’edilizia e dell’urbanistica. Certo, là (in Europa) l’Amministrazione Pubblica, ha al suo interno le competenze e la creatività in grado di generare un dialogo paritetico con gli operatori, e soprattutto con i loro progettisti, presenti sul territorio. Mi sa che dovremo ancora spettare parecchio per vedere realizzarsi progetti quali Hammarby Sjostad a Stoccolma, o i quartieri di Freiburg am Brisgau in Germania, dove è il pubblico a fare partnership con il privato, dove le infrastrutture ed i mezzi di trasporto, nonchè le aree verdi, sono realizzate prima degli edifici. Forse, vista la grave situazione sanitaria legata all’inquinamento in tutta l’Area Metropolitiana milanese, per il Pgt di Milano (sono ad oggi 25 i giorni che dall’inizio dell’anno si sono superati le soglie massime per le micropolveri sottili PM10 e PM 2,5), ci voleva più coraggio, soprattutto per dare un segnale chiaro e forte ai Cittadini. Ci voleva un Pgt a “volume zero” per dire a tutti che ormai non c’è più tempo per intervenire, un Pgt strutturato in maniera da censire gli alloggi sfitti e le “vere esigenze della città”. Un Pgt che promuovesse esclusivamente il costruito sulle aree dismesse, il recupero degli edifici esistenti. Non aumentare, anche in 20 anni, i residenti di oltre 150.000 unità, il che vorrà dire ulteriori traffici ed inquinamento ! Ma purtroppo, Pisapia è latore di una “politica gentile”, così gentile, che avremo una Expo 2015 di “cemento”, un inno ai Fast Food, e quindi è naturale che Pisapia proponga ai Cittadini un Pgt di compromesso : fermiamo un pò il cemento, riduciamo un pò la mobilità inquinante (se ci riusciamo), con qualche area verde in più, ma voi Cittadini turatevi narici e bocca, respirate meno, e godetevi qualche giornata in più di micropolveri sottili ogni anno.

Quì, come al solito siamo all’Anno Zero, e piuttosto che rischiare e cercare di “costruire” qualcosa di diverso, si crea un “ibrido”, un “mostriciattolo”, speriamo inoffensivo e magnanimo, e meno “mortale” di quanto sembra, soprattutto per la qualità dell’aria.

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Arance, Ivrea, Olivetti


Tra il 18 ed il 21 febbraio 2012, ad Ivrea, come tutti gli anni, si ripeterà la tradizione dello “Storico Carnevale di Ivrea”. Una manifestazione popolare quanto mai “strana” in cui i rioni della città del Canavese, di oltre 24.000 abitanti, si contenderanno i favori di una speciale commissione, che osserva, nei tre giorni di suo svolgimento, l’andamento della battaglia delle arance (in media ogni anno si consumano 5000 quintali di arance), ed assegna un premio alle bande a piedi ed ai carri da getto che, per ardore, tecnica e lealtà, si sono maggiormente distinte.

La battaglia delle arance rappresenta il “clou” spettacolare e violento del carnevale (nel 2011 si contarono 149 feriti), motivo di forte richiamo turistico annuale per centinaia di migliaia di visitatori (conviene prenotare un biglietto di accesso alla città sul sito del carnevale). Alla fine della giornata gli arancieri lasciano sulle strade della città uno strato impressionante di arance “esplose”.

Le origini della battaglia sono incerte, ma risalgono verosimilmente ad anni intorno alla metà dell’Ottocento quando presero ad essere praticate scherzose schermaglie tra le carrozze e la gente sui balconi.

Ma il carnevale di Ivrea, non è solo arance: c’è la sfilata in costume, con a capo la Banda dei Pifferai (con pifferi in legno di bosso), il Generale (di settecentesca memoria), le Mugnaie (figure mediate dalla Rivoluzione Francese),  e molto altro.

http://www.storicocarnevaleivrea.it/

Qui un filmato della “Battaglia delle Arance”

Ivrea, offre, oltre ad un centro storico interessante, anche un Museo all’aperto dell’architettura moderna. L’attività edilizia ed urbanistica della Olivetti (e del suo “Principe colto” Adriano Olivelli), che ha caratterizzato le sorti imprenditoriali e paesaggistiche, della città di Ivrea, nel secondo dopoguerra, è oggi un’occasione ghiottissima di riscoprire passeggiando, gli edifici di Gambetti e Isola, Figini e Pollini, Gardella, ecc..  Una urbanistica “illuminata”, europea, sapiente, che ha tenuto conto di generare un paesaggio (dialogando con la sia storia) in cui costruito e spazi verdi, consentono, assieme, di inserirsi nella “scenografia alpina”, che caratterizza lo “sfondo” di Ivrea. Insomma il meglio dell’architettura moderna e dell’urbanistica industriale “illuminata” italiana. Il tutto ben indicato e descritto in apposite “stazioni” informative.

http://www.mamivrea.it/collezione/mappa.html

http://www.mam.ivrea.it/visita/visita.htm

Palazzo per Uffici 2 – Gino Valle 1988

Edificio 18 alloggi – Nizzoli + Oliveri 1955

Case per impiegati con famiglie numerose – Figini + Pollini 1942

Case unifamiliari per dirigenti – Figini + Pollini 1948

Case per impiegati con famiglie numerose – Figini + Pollini 1942

Unità residenziale Ovest (Talponia) – Gabetti + Isola 1971

Stabilimenti ICO/Olivetti – Figini + Pollini + Vittoria + Fiocchi 1939 / 1949 / 1957

Centro servizi – Figini + Pollini 1942

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Un’architettura a tempo ?


Da Expo 2015 S.p.a. è  da poco, stato lanciato, il concorso di idee internazionale, per “Architetture di servizio – Principi di sostenibilità per un’architettura a tempo”.

(http://architettureconcorsi.expo2015.org/).

La lettura del bando promuove un’architettura di questi edifici, finalizzata ad un’alta sostenibilità, ma il tutto è come contraddetto da alcune scelte molto discutibili dell’estensore. Innanzitutto, la loro dimensione, queste lunghe stecche (classificate con H1) di 15 metri per 166 metri, alte due piani (Pt + 1°P = 7 metri), contenenti : ristoranti, bar, uffici, negozi di merchandising, centri di assistenza tecnica, primo soccorso, soccorso antincendio, servizi igienici, magazzini e depositi, ecc., rappresentano, indipendentemente dall’architettura lignea o meno  che avranno, dei veri e propri “muri”. Muri, ecologici, smontabili, ma che in numero di 13, fanno ben prevedere la dimensione “impattante” dell’intervento e soprattutto le aspettative di pubblico attese dall’organizzazione. La cosa più inquietante di queste stecche, sono gli interrati, di cui si danno già i dettagli costruttivi e le caratteristiche, in quanto essi, penetrando nel terreno, costituiranno, di fatto, un vero e proprio vincolo alla futura “demolizione” di tutti questi edifici, ed anche delle architetture di servizio. Ci saranno poi i padiglioni delle singole nazioni (69 hanno già ufficializzato la loro partecipazione), gli info-point, altri edifici di servizio. Già viene chiaramente identificato lo stadio per la musica e gli eventi, che Giuliano Pisapia si è già “venduto” durante la recente comparsata alla trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”. Degli orti planetari, di boeriana (e splendida) memoria, non vi è più nessuna traccia. Il grande Orto Botanico, è ormai compresso ad una dimensione irrisoria, ridicola. Tutto fa pensare che di quel 52% di verde, previsto dall’accordo tra privato e pubblico, non rimarrà granchè.

Ma la cosa più inquietante è l’uso che si farà di queste stecche. I ristoranti, sono descritti,  per garantire una produzione veloce di cibo, come dei self service: o meglio, dei fast-food. Tanto che nel bando e negli allegati per descriverne gli spazi funzionali, si scrive : “Grande locale per la ristorazione in grado di offrire un servizio variegato e rapido ad un basso prezzo. Il visitatore si serve a diverse “isole” che offrono differenti piatti, poi paga alle casse e si siede nella sala al piano terra o al primo piano. Le basi dei cibi sono preparati nel locale cucina; la maggior parte dei cibi richiede solamente il rinvenimento (ndr. in quanto congelati) o la cottura, che avvengono nelle isole in presenza del pubblico.”. Ma il tema non doveva essere “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”, qui, invece,  sembra un inno al “mangiare veloce”, ai “trash food”, alla cultura degli ipermercati, dei Noodles liofilizzati .

Ma allora ci stanno prendendo in giro “alla grande”, di tutto il preziosissimo lavoro di Carlin Petrini, sul cibo “slow”, sul mangiare sano e naturale, per promuovere, nel mondo grazie Expo 2015, “l’eccezionalità” eno-gastronomica dell’Italia, cosa rimane…….NULLA !

Forse si spera di “recuperare” il tema di Expo 2015, in pallossissimi convegni, oppure magari facendo “giocare” i visitatori, come nei grandi parchi di divertimento; sarà un’Expo, dove il pubblico è partecipe (se viene a queste condizioni), ma “di fatto assente”, allontanandolo dall’essere coinvolto da un “missione” tesa, sul serio, a sconfiggere la fame nel mondo, a ragionare su di essa. Ogni stecca, e ce ne sono 13, ha un costo previsto di circa 6 milioni di euro, quanti milioni di persone si sarebbero affrancate dalla fame con ognuna di esse ?

Spero, poi, se “fiasco” sarà, che qualcuno, magari i Cittadini, chiedano la “testa” di coloro che hanno operato queste scelte dissennate e scellerate, e sperperato il denaro pubblico, come avviene in ogni democrazia.

CIO’ CHE E’ SCRITTO IN QUESTO BANDO, SONO “BAGATELLE PER UN MASSACRO”, EXPO 2015 SARA’ UN “BAGNO DI SANGUE”.

L’orto botanico

Canale – Naviglio

Lo stadio/Teatro (caro a Pisapia)

Housing sociale (per chi?)

Le serre di notte

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CaMPUs NOVartis (Basel)


Architettura

Per la realizzazione del campus Novartis di Basilea, si sono utilizzati i migliori talenti mondiali, nel campo dell’architettura e del design, per progettare un ambiente di lavoro moderno ed efficiente. In questo modo, la Novartis intende  continuare ad attrarre e trattenere i migliori talenti del mondo nel campo della chimica e della farmaceutica. Insomma l’idea di partenza, è stata quella di creare un “pensatoio” comodo ed accogliente per chiunque. Un “incubatore di idee”. Il campus offre proprio questo: un ambiente stimolante e accattivante che stimola l’innovazione, promuove la collaborazione interdisciplinare e la condivisione delle conoscenze. Il multi-spazio è un  concetto, che è stato attuato anche da altri siti Novartis (es. a Siena), si basa su un vasto spazio di lavoro, con una serie di singoli, spazi comuni, vere e proprie aree di lavoro a cui si succedono spazi aperti e chiusi per lo svago. Questo nuovo ambiente open space per uffici e posti di lavoro nei laboratori, non ha nulla a che vedere con i precedenti ed antiquati uffici open-space. La conversione del sito dell’ex impianto produttivo Novartis, è un progetto a lungo termine che è implementato per fasi. Questo non riguarda solo l’architettura, lo sviluppo del lavoro e del paesaggio, ma deve anche essere funzionale e risolvere problemi di pianificazione del traffico. Il progetto campus Novartis è un progetto a lungo termine con un orizzonte di pianificazione fino al 2030. I primi lavori sono iniziati nel 2005. Il Campus Novartis intende fornire a medio termine, un ambiente ottimale per l’innovazione e lo spazio di ricerca per oltre 10.000 dipendenti. Il masterplan è stato curato dall’architetto italiano Vittorio Magnago Lampugnani. Alcuni dei progetti che si possono già ammirare sono di archistar quali : Sanaa, Diner & Diner, Frank O. Gehry, ecc..

Sostenibilità

La sostenibilità e la tutela dell’ambiente ha la priorità nella società Novartis. Pertanto, il campus Novartis ha implementato sin dal progetto preliminare, l’ambiente e gli edifici del campus sono di un livello di contenimento dei consumi energetici, molto elevato . Lo standard si basa sul cosiddetto Label Minergie. Il riutilizzo dei materiali utilizzati per la demolizione, l’uso di materiali da costruzione ecologici e un concetto di recupero generalizzato dell’acqua, sono le caratteristiche preponderanti di una cura attenta dell’ambiente. Con il Cantone di Basilea-Città, è stato firmato un accordo sugli obiettivi di energia, in cui Novartis si è impegnata volontariamente ad un “consumo massimo” di energia per edificio. Il consumo energetico dei nuovi edifici, sede del campus, consumano solo un terzo rispetto ad un edificio esistente dello stesso tipo. Parte dei risparmi in costi energetici, viene speso per l’acquisto di energia rinnovabile (energia elettrica e calore). Novartis si è posta l’obiettivo di costruire il campus con il 100% di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, senza emissioni di CO2. Così, le emissioni di CO2 del campus sono state completamente eliminate nel medio termine. Attualmente il 100 per cento dell’energia utilizzata, deriva da risorse rinnovabili, in particolare, da energia idroelettrica, ma anche da energia solare ed eolica. Il campus utilizza per il riscaldamento l’acqua di raffreddamento del vicino termovalorizzatore (esistente) per l’incenerimento dei rifiuti di Basilea.


http://www.novartis.com/about-novartis/locations/basel-headquarters.shtml


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La Piazza Rossa (San Gallo)


Piazza Raiffeisen a Sankt Gallen 

La Piazza,  realizzata da Pipilotti Rist, artista e Carlos Martinez architetto, tra il 2003 ed il 2005, a San Gallo, costo 3,9 milioni di franchi svizzeri, è rossa. E’ di un rosso intenso dovuto alla pavimentazione ed agli arredi, rivestiti in un’unico materiale gommoso (da riciclo di gomma usata), di fatto si tratta di una grande “stanza urbana”, direbbe qualcuno di mia conoscenza, ma in realtà è una nuova dimensione spaziale, dove l’esterno, illuminato ed insonorizzato con la cura che solamente un’artista di fama internazionale, sà azzardare, diventa un’esperienza sensoriale, sensuale ed unica. L’acqua, della fontana, sgocciola su una superficie elastica, mentre voi vi sedete su panchine molli e gommose, che sono un tutt’uno con la pavimentazione ed anche con la fontana. I corpi illuminanti sono invece “sfere volanti”, in vetroresina,  sospese con cavi tra gli edifici. Anche la segnaletica “trasgredisce” alle normali e ferree regole svizzere, per diventare un effetto grafico che impreziosice, anzichè disturbare.

Pipilotti è magica, riesce sempre a trasformare lo spazio in un grande organismo vivente, mescolando cinema e televisione, allucinazioni e immagini ad alta definizione, musica. Ecco un esempio di come arte ed architettura, riescono a fondersi per produrre qualcosa di “confine” che fa del bene ad ambedue le discipline.

Riporto quì di seguito dal quotidiano “City” di oggi 9 novembre 2011 : ” Un lampadario fatto di mutande femminili. Un elettrodomestico che spara a raffica bolle di sapone. Apre oggi al pubblico milanese “Parasimpatico”, la prima importante mostra italiana dell’artista Pipilotti Rist, organizzata dalla Fondazione Nicola Trussardi e allestita al Cinema Manzoni (in via Manzoni 40). La sala, chiusa dal 2006, ha riaperto appositamente per ospitare la personale di questa eclettica performer svizzera: 49 anni, la Rist può vantare la partecipazione a ben cinque Biennali di Venezia (oltre che a quelle di Sidney, Istanbul, Mosca, Shanghai, Berlino, Lione e San Paolo) ed esposizioni al Moma di New York, al Centre Pompidou di Parigi, alla Fondazione Joan Mirò di Barcellona. A Milano la Rist – Pipilotti è la fusione del suo nome di battesimo, Charlotte, con quello di Pippi Calzelunghe, personaggio da lei amato durante l’infanzia – trasforma le sale del Manzoni in un continuum di opere e video-installazioni. Sullo schermo principale si vedrà l’artista mentre preme il viso contro una finestra, deformandolo. Fino al 18 dicembre, aperta tutti i giorni dalle 11 alle 21, ingresso libero.”

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