Nauseato, deluso, da Milano e soprattutto da alcuni suoi abitanti, mi sono rifugiato, durante questo lungo fine settimana che và dal 2 al 5 giugno 2011, là dove i contrafforti geologici, impennandosi verso il cielo, consentono di vedere lontano, di “sbirciare” il futuro.
Per tutti e quattro i giorni ho aspettato che, l’anziano omino dell’immagine soprastante, ormai giunto ad un’età ragguardevole (è del 1925 ed ha compiuto 86 anni), volesse raccontare a me ed ad altri, ciò che pensa di questi anni tumultosi, e soprattutto del rapporto tra libertà e vita quotidiana.
Lo ha fatto oggi 5 giugno 2011 alle 17,30.
Ha debuttato affermando : “Senza lo shopping, l’uomo moderno si sente ormai perduto”. Ed ha continuato, precisando: “Nel caso di una società di consumatori come la nostra, le ricette per la risoluzione della maggior parte dei problemi della vita e per la soddisfazione della maggior parte dei bisogni umani passano attraverso i negozi, e senza entrare in alcuni negozi, noi ci sentiamo incapaci di farcela; il livello di benessere è misurato dall’ammontare di denaro che passa di mano in mano e se quel volume cessa di crescere o, Dio non voglia, diminuisce, si suona l’allarme rosso e la gente va nel panico”.
Poi, ha continuato: “Noi possiamo, dopo tutto, consumare molto meno di quel che facciamo attualmente senza certo mettere a rischio la nostra sopravvivenza e una vita dignitosa, ma temiamo che così diventi impossibile o almeno tremendamente difficile affrontare un sacco di problemi della vita; dopo tutto, così numerosi aspetti cruciali della vita, oggi sono mediati dallo shopping: le preoccupazioni che abbiamo riguardo la nostra posizione sociale, il rispetto dei nostri amici, vicini e colleghi di lavoro, la vita familiare felice, la cura delle prospettive di vita e della felicità delle persone che amiamo. Ripeto la decisione di non seguire il flusso della maggioranza costa un prezzo alto ed esige abilità che abbiamo perduto e sforzi che molte persone troverebbero indigeribili.”
“Noi non siamo esseri deterministicamente condizionati, il modo in cui ci comportiamo non è deciso in anticipo da forze a cui non possiamo resistere; però è altamente improbabile rompere gli schemi e girare le spalle al mainstream , al conformismo della maggioranza”.
Infine ha chiosato: “Una volta innescata l’economia consumistica come limite ha solo il cielo. Per essere efficace nel compito che si è assunta, non può permettersi di rallentare la sua andatura, e mene che mano di fare una pausa e fermarsi. Di conseguenza deve assumere controfattualmente. In modo tacito se non espresso a parole, l’illimitatezza della resistenza del pianeta e l’infinitezza delle sue risorse. In tal senso, il momento della verità potrebbe essere più vicino di quel che ci farebbero credere i debordanti scaffali dei supermercati, i siti web disseminati da pop-up pubblicitari e i cori degli esperti di auto-miglioramento e dei consulenti su come farsi egli amici (in facebook) e influenzare le persone. Il punto è come precedere/anticipare il sua arrivo con il momento dell’auto-risveglio. Nient’altro un compito facile se ne può star certi: ci sarà bisogno niente meno che di abbracciare l’intera umanità, completa della sua dignità e del suo benessere, così come la sopravvivenza del pianeta“.
Ah, dimenticavo, questo signore si chiama Zygmunt Bauman, Professore emerito di sociologia nelle università di Leeds e Varsavia, ed è uno dei più noti pensatori contemporanei del Mondo. Bauman era ospite del Festival dell’Economia di Trento.
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