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Cosa è la resilienza nell’architettura, nell’edilizia, nel paesaggio? Una risposta possibile, la devo agli “stimoli” dati dai link di un’amica di rete (che ovviamente non conosco di persona), e potrebbe essere questa.
Il “Sistema di Terra” è complesso, fragile e resistente contemporaneamente. Ci sono molti aspetti che noi non capiamo ancora, ma per millenni abbiamo “usato” questo “sistema in maniera esasperata e speculativa. Ciononostante, noi siamo la prima generazione con la consapevolezza dei rischi globali e nuovi che stà affrontando l’umanità.
Noi constatiamo quotidianamente l’evidenza che il nostro progresso, su questo pianeta, gestito quale specie dominante, è avvenuto troppo rapidamente e ad un prezzo molto alto. Modelli insostenibili di produzione, di occupazione del suolo, di consumo, e di crescita della popolazione, stanno sfidando l’elasticità e la resilienza ecologica e biologica del pianeta per sostenere le attività umane.
Ecco, in tal senso, attività umane, come l’architettura (l’edilizia nel suo complesso) e la gestione del paesaggio, (infrastrutture comprese), essendo tra le principali in cui si “diletta” la specie umana da millenni, possono essere proprio la base di partenza per “stimolare” e “rivitalizzare” quella resilienza che deve essere alla base di una ripartenza qualitativa. Ovviamente dobbiamo dimenticarci la “crescita infinita”, il dominio della quantità sulla qualità e procedere nel senso di una “decrescita consapevole”, che ovviamente non vuol dire “fermarsi”. Si tratta di procedere in un progressivo e consapevole, nonché condiviso, rallentamento di tutta la società mondiale, con una “focalizzazione” verso obbiettivi di sostenibilità diffusa, ad alta qualità di vita e di utilizzo del tempo. Intendo anche con ciò, la necessità ormai impellente, soprattutto del “Mondo Occidentale”, dove la crisi del settore edile e della gestione del paesaggio, stà con ciclica frenesia “esplodendo”, di riorganizzare positivamente l’intero settore verso una maggiore sensibilità alle opportunità positive che le nuove tecnologie, l’ecosostenibilità, offrono. Si tratta di avere un rapporto nuovo con il territorio, con il paesaggio, passare da una logica di continua cementificazione sistematica, ad una logica di salvaguardia del terreno agricolo fertile. Prediligere la riqualificazione o la sostituzione del tessuto edilizio esistente, addirittura riducendolo, laddove possibile. Come scrive Jeremy Rifkin nel suo bel saggio “La terza rivoluzione industriale” (ed. Mondadori, 2011) : “La via verso un futuro più equo e sostenibile, sarà una nuova rivoluzione, dove centinaia di milioni di persone in tutto il mondo produrranno energia verde a casa, negli uffici e nelle fabbriche, e la condivideranno con gli altri, proprio come adesso condividono informazioni tramite Internet. Questo nuovo regime energetico, non più centralizzato e gerarchico ma distribuito e collaborativo, segnerà il passaggio dalla globalizzazione alla continentalizzazione, al locale”. Quindi: decrescita consapevole, eco-sostenibilità diffusa, riduzione del consumo di territorio, per stimolare la resilienza, questi i segreti ed anche gli unici possibili campi di azione nell’architettura e nella gestione del paesaggio, per stimolare, la capacità dell’ecosistema “Pianeta Terra” di auto-ripararsi. Potrebbe anche essere il mezzo per dare nuovo slancio motivazionale alla esistenza e perfino a raggiungere nuove e fino ad ora non affrontate mete importanti.
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