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Builders of the future

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Riflessioni sui nuovi media

Giochi di carta


 

James Stirling – Plastico Poultry n. 1 – Londra

In architettura la carta, da sempre, svolge un ruolo fondamentale, costituendo il supporto su cui da centinaia di anni, si “fissa” il progetto. Oggi con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche (render, programmi 3D, ecc.), dei tablet, sempre più spesso si tende ad evitare di stampare. Se è pur vero che così si ottiene un risparmio di tempo e di denaro, nonchè di impatto ecologico (meno inchiostro inquinante, meno consumo di carta, ecc.), è anche vero che così si rimanda quell’atto fondamentale che è rendere fisico un progetto. Agli inizi della disciplina, i capomastri, allora pseudo-architetti, “fissavano” sul terreno o nella calce, l’idea architettonica  e soprattutto nella terracotta e nel legno le fatture tridimensionali dell’edificio con dei plastici di rara bellezza. Oggi spesso, troppo spesso, gli errori compositivi o di progettazione devono essere risolti direttamente in cantiere, mentre l’edificio viene costruito.

Quindi ritornare ad una manualità in grado di farci avere una migliore comprensione progettuale, mi sembra un’iniziativa interessante e stimolante, che può costituire anche una maniera per riappropriarsi di un lavoro antico oggi in veloce e forse, troppo rapida trasformazione. Mi sembra quindi interessante, ciò che mi ha segnalato Stefano (un collega), ed attuato da una nota casa giapponese di plotter e che potete trovare nel link quì sotto. Provare per credere.

 http://cp.c-ij.com/en/contents/2025/list_15_1.html

L’utilizzo di modelli e plastici architettonici, come già detto, è ampiamente documentato. Infatti sono pervenuti fino a noi , come il modello in legno di palazzo Strozzi a Firenze di Simone del Pollaiolo  o quello della Cupola di Santa Maria del Fiore, sempre a Firenze, attribuito a Brunelleschi. Particolarmente celebre è anche il monumentale modello ligneo per basilica di San Pietro in Vaticano, realizzato tra il 1539 al 1546 da Antonio da Sangallo il Giovane. Un modello in scala 1:30 per il quale l’artista fece grande dispendio di risorse, onde acquisire la commessa. Sempre per San Pietro in Vaticano, anche Michelangelo Buonarroti presentò un modello ligneo, così interessante, che fu immortalato in una tela del Passignano. Sempre a Michelangelo è attribuibile il modello per la facciata della basilica di San Lorenzo a Firenze. Mentre, in  epoca più recente, sono diversi i plastici costruiti dal catalano Antoni Gaudí, nei quali si rileva peraltro un attento studio delle componenti statiche. Il plastico quindi, come “prima costruzione” dell’edificio, non solamente per convincere il committente, ma per verificare che il progetto sia veramente compiuto in ogni suo più piccolo dettaglio. Ed ovviamente per fare bene un modello bisogna esercitarsi.

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BLogging


Sto rileggendo, in questi giorni gli interessanti 5 articoli del “vate” dei blog di architettura, Geoff Manaught, pubblicati sulla rivista “Abitare”. Iniziativa intelligente, non a caso voluta dal Direttore Stefano Boeri, che è uno che “lavora” con regolarità e personalmente in rete. Si tratta di vere e proprie lezioni, dove Geoff Manaught analizza le ricadute dei successi avuti da alcuni blog di architettura e fissa gli obbiettivi per la loro sopravvivenza nel futuro. Il blog tradizionale che si occupa di architettura, ma in genere i blog, così come li vediamo oggi, sembrano sul punto di scomparire. Manaught intende qui con “blog tradizionale” : “un sito i cui contenuti sono pubblicati in ordine cronologico inverso, organizzati secondo una griglia tematica più o meno coerente e scritti da un numero limitato di autori, spesso uno solo.”

I motivi della scomparsa, sono diversi, soprattutto legati alla nascita di sistemi di micro-blogging quali : Twitter, Tumblr, Posterous, ecc., in cui si condividono facilmente link, con commenti limitati, spesso tesi a descrivere solamente cosa è contenuto nel link o comunque ad invogliare a leggerlo. L’esempio più diffuso è Twitter, dove in 140 caratteri bisogna includere tutto quanto; però i Twitt, sono difficili da archiviare e dopo alcune settimane vengono cancellati.  Sono quindi di certo “morti” i blog, con articoli minimi, che non fanno contenuti, ma descrivono solamente i link  inseriti nel post.

Ad “ammazzare” i blog, sono anche i blog stessi, gestiti in maniera professionale o semi professionale, ed afferenti alle grandi compagnie editoriali o alle testate giornalistiche (Corriere della Sera, La Repubblica, ecc.), che tutte hanno un settore “architettura, design, paesaggio”. Sarà comunque sempre utile e “democratico”, fino a quando esisterà internet, fare “blogging” e cioè “rendere pubbliche annotazioni su argomenti, o disvelare situazioni o cose poco conosciute, che per noi e i nostri lettori hanno un certo interesse”.

Scrive Manaught : “Quello che i blog oggi devono evitare, se si vuole che abbiano un ruolo davvero interessante nel panorama dei media, è diventare una semplice ed equivoca estensione dei servizi di pubbliche relazioni aziendali. Allo stesso tempo il blogging non deve mai perdere il suo taglio impulsivo di ricerca, eternamente incompleto……..un’altra cosa di cui il blogging non ha bisogno è essere – più  cattivi- ….. come se l’aggressione e l’offensiva retorica fossero le sole a rendere il dialogo in rete interessante”.

Infine chiosa Geoff Manaught, con una lista di raccomandazioni su cosa dovrebbe essere, secondo lui, futuro del blogging d’architettura e design : “1) rendere la cultura popolare (ndr. dell’architettura) più interessante introducendo idee di confine nuove, più ampie platee, facendo così da ponte fra centro e periferia  2) sintetizzare idee da campi in apparenza lontani fra loro e così facendo 3) unire scrittori, designer (ndr. nella cultura anglosassone = progettisti), clienti, pubblico dei lettori e altri professionisti di diversa formazione e provenienza geografica intorno a comuni temi di discussione e interesse”

Il blogging dovrebbe anche nel suo futuro avere un obbiettivo “politico” teso a cambiare il tipo di conversazioni che hanno luogo nell’ambito dell’architettura e del paesaggio, aprire queste discussioni che ora avvengono esclusivamente in ambiti “disciplinari”, a nuovi partecipanti che le ibridino, che le contaminino. L’obbiettivo politico è quello di diffondere anche nella massa, alcune discussioni su cosa sono (contenuti, filosofia, tecnica, ecc.) il design, l’architettura, il paesaggio. In Italia in tal senso siamo all’anno zero, la massa aspira ancora solamente ad un’idea ormai “stratificata” e “favolistica” di costruzione (sia essa architettura) casette in mattoni o intonaco, con le persianucce, gli archetti, il tetto in coppi, le gronde in rame; (oppure paesaggio) viuzze sterrate, ponti di legno, muretti a secco.  Infine allargare ed ampliare il più possibile le modalità di divulgazione di questi scambi, anche utilizzando in parallelo, canali tradizionali di penetrazione : riviste, giornali, radio, scuole, ecc.. Sono questi obbiettivi ambiziosi, quasi irrealizzabili (utopistici afferma Manaught), ma sono indispensabili per costruire un futuro sia per il blogging che per l’avvenire del paesaggio e dell’architettura di questo vilipeso Paese Italia.

Ecco “Costruttori di Futuro”, si è dato questo, quale mandato prioritario, sin dalla sua nascita e questo tenterà di perseguire con forza nel suo futuro.

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Contro la comunicazione


“ Ciò che trovo particolarmente sconfortante e avvilente nel fenomeno della comunicazione massmediatica non è tanto la pratica sistematica della disinformazione, né il carattere fazioso e tendenzioso dei suoi messaggi che sono modellati sulla pubblicità, e nemmeno la mancanza di spirito critico del pubblico che lo rende facilmente manipolabile e vittima di macchinazioni e di raggiri. Tutto questo non è una novità, da sempre vincere è innanzitutto convincere, così come il ricorso alla violenza ha sempre rappresentato l’eccezione, non la regola. Nella comunicazione però c’è qualcosa di nuovo e di inedito rispetto alla retorica, alla propaganda e anche alla pubblicità: non si tratta infatti di trasmettere e di imprimere nella mente del pubblico delle convinzioni e tanto meno di infondere nel suo animo una fede o un’ideologia dotata di identità e di stabilità (come erano il comunismo, il fascismo, il socialismo, il liberalismo, ecc.). Al contrario, lo scopo della comunicazione è favorire l’annullamento di ogni certezza e prendere atto di una trasformazione antropologica che ha mutato il pubblico in una specie di tabula rasa estremamente sensibile e ricettiva, ma incapace di trattenere ciò che è scritto su di essa oltre il momento della ricezione e della trasmissione. Paradossalmente il pubblico della comunicazione è tutto coscienza che trasmette e riceve qui e ora, ma senza memoria, senza inconscio. Ciò consente ai potenti di poter fare e disfare secondo il tornaconto momentaneo senza essere legati ad alcunché. Si spezza così quel legame tra la serietà e l’effettualità, tra la coerenza e la riuscita, su cui è stato costruito il mondo moderno (e non solo quello!)”

Così scrive Mario Perniola nel libro – Contro la comunicazione – (Einaudi Struzzi, 2004), dove viene affrontato un importante tema su cui riflettere, la comunicazione, nel mondo contemporaneo,  è esattamente l’opposto della conoscenza. La comunicazione, così come è oggi, impedisce l’emergere delle novità e favorisce la supremazia del passato sul futuro: la comunicazione porta oggi alla ribalta gli individui più contrari a ogni innovazione. La comunicazione d’oggi, essendo essenziale, stringata, banale ma efficace, è nemica assoluta delle idee, perché le è sinergico e fondamentale dissolvere ogni parvenza di contenuti. L’alternativa al mondo della comunicazione contemporanea, da cui non possiamo escludere internet (e-mail, facebook, twitter, ecc.), è un modo di fare costruito e basato sull’esercizio della memoria e sull’immaginazione, su un disinteresse interessato a “pensare”, che non fugge (o rifiuta) il mondo attuale, ma lo muove, lo costruisce.

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Siamo tutti interconnessi………


Siamo tutti parte di un sistema interconnesso, microcosmo + macrocosmo, che dialoga continuamente con i suoi sub-sistemi : cellule, pianeti, piante, uomini, animali, minerali, liquidi, ecc.. Siamo una grande “architettura celeste” e null’altro, come scrive Manlio Sgalambro nel suo bellissimo libro “De mundo pessimo” (ed. Adelphi) . “La natura si identifica con la vita, mentre il sistema solare lo percepiamo non come parte della vita perché non ha la sua infezione” .

Ed ancora : “Il futuro è la stessa contemporaneità: è nell’atto con cui l’uomo religioso si rivoge a Dio per chiedergli qualcosa nella preghiera che si ha una contemporaneità. Per me la contemporaneità si sposta: è l’atto che deve avvenire, ma deve avvenire è uguale a dire che è già avvenuto, perché è l’anticipazione di ciò che avverrà. Noi abbiamo a che fare non con Dio ma con un atto veramente distruttivo. Noi, dice Seneca, siamo consolati dal fatto che possiamo partecipare alla distruzione universale. Mi consolo pensando che quando muoio io muore tutto. E ciò può avvenire se ti trasporti con il tuo pensare nell’anticipazione della fine del sistema solare” .

” Immagino questo Cielo immobile che si muove con la sua indifferenza che invidio. Ma non è niente di nobile, solo un ammasso di pietre e gas. La sostanza di ciò che ammiro è fatta di Numeri. Dio, di idee morali e di carne. Ho fatto la mia scelta. Il Cielo stellato sopra di me, e nient’altro.” ( De Mundo Pessimo – Manlio Sgalambro – Adelphi)

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