Stazione Termini – Alta Velocità
La mattina del 31 dicembre 2010, come avevo da tempo programmato, nonostante una devastante influenza virale che mi ha colpito nella nottata del 30, sono partito alla volta di Roma. L’obbiettivo, mio e della mia compagna, anch’essa architetto, era ambizioso, vedere finiti gli ultimi interventi di architettura contemporanea della città capitolina e visitare Villa Adriana a Tivoli. Il viaggio, mio malgrado, è stato anche l’occasione per eseguire quello che gli economisti definiscono “stress test” della Nazione, all’alba dei festeggiamenti per i 150 anni della Repubblica.
Partenza ore 7,00 dalla Stazione Centrale di Milano, con treno Frecciarossa Fast dell’Alta Velocità (costo a persona 178 euro). Il ruolino di marcia della pubblicità televisiva decantava l’arrivo a Roma Termini dopo tre ore tonde tonde e l’utilizzo gratuito della rete WIFI del treno, fino al 12 gennaio. In effetti alla Stazione Central,e con treno assolutamente immobile, si può godere della “Frecciarossa WIFI”, che però decade appena fuoriusciti dalla cintura ferroviaria. Ci consola il fatto che il treno, in effetti parte sparato come un proiettile, per poi rallentare poco prima di Reggio Emilia, dove si impianta, nel bel mezzo della campagna, per sostare immobile per ben 37 minuti per improrogabili controlli tecnici. Risultato arriviamo a Roma con ben 47 minuti di ritardo! Ci avventiamo con armi e bagagli verso il gazebo “Costumers Satisfation” di Trenitalia AV, indicatoci dal Capotreno, per i reclami, che risulta “chiuso blindato”, e in effetti ci fanno notare che sono le ore 11,00 del 31 dicembre ed a Roma già ci si prepara per San Silvestro. Ma forse è giusto così bisogna pur essere comprensivi con queste povere Ferrovie Italiane, che per costruire un chilometro di rete ad alta velocità impiegano “solo” 32 milioni di euro per km, contro i 10 milioni/km della Francia ed i 9 milioni/km della Spagna; e per farlo impiegano pure il doppio del tempo. Ci incamminiamo sudattici lungo i meandri della stazione Termini della metropolitana per raggiungere la banchina della Linea A direzione Battistini, operazione che risulterà complicatissima e lunghissima (più di 21 minuti) a causa dei lavori demenziali e caotici per sistemare la degradatissima prima metropolitana romana. alle 12,13 arriviamo in Hotel, dove, madidi (a Roma il 31 c’erano 14 gradi), veniamo accolti da una coda di decine di turisti di mezzo mondo, che inferociti, protestano e discutono animatamente nella hall dell’albergo. Motivo, veniamo a scoprire che Alemanno, all’apice di un delirio “Tafazziano” ha introdotto per fine anno una nuova gabella “L’addizionale sulla Tassa di Soggiorno”. Una tassa che varia da 1 euro a 3 euro, su tutto ciò che fanno i turisti (ovviamente non residenti) a Roma. Quindi chi si ferma per tre notti in hotel a Roma, paga 2 euro a persona (non a camera), gabella che si vedono costretti i dipendenti dell’Hotel ad incassare in contanti (ed esclusivamente in contanti, come leggo nella folle delibera comunale che mi sottopongono) direttamente dai turisti, suscitando ilarità, sbertucciamenti ed incazzature, in chi come gli americani sono abituati da mezzo secolo a pagare tutto con carte di credito. Il ceck-in dura più di mezz’ora. Ci fiondiamo in camera, ci laviamo velocemente, ci cambiamo e ci precipitiamo in tram al MAXXI, il museo delle arti del ventunesimo secolo (da poco inaugurato), per il quale avevo prenotato una visita via internet, da casa, per le 13,40. Anche quì c’è una coda folle, chiediamo il perchè, e ci spiegano che il Sindaco Alemanno introdurrà da domani una”Addizionale sulle visite ai musei romani per i non residenti”, di circa 1 euro (sempre da incassarsi con la procedura sopra descritta), quindi chi abita fuori Roma, ad esempio a Fiumicino, va a vedersi il Museo prima che abbia un rincaro del 10%. Un altro delirio italiano, una dimostrazione sistematica dell’incapacità manageriale degli italiani, che sembrano non rendersi conto che campano sopratutto di turismo e di cultura (insistono in Italia il 50%dei beni culturali del Mondo), quindi fanno di tutto per rendere la vita dei turisti e di chi si avvicina alla cultura complicata e costosa. Peraltro il MAXXI, che è un bel museo moderno, costruito da una gentile signora Anglo-Irachena dal nome Zaha Hadid, è stato iniziato nel 2001 e finito solamente ad aprile 2010, mentre i costi sono lievitati da 57 milioni di euro a 150 milioni di euro. Più volte ho assistito (da architetto) alle conferenze stampa della progettista, che “inferocita”, lamentava la mancanza di un interlocutore e l’impossibilità di avere delle scelte manageriali precise rispetto a ciò che si andava costruendo quale opera pubblica, ed ai suoi futuri criteri di gestione.
Ancora oggi, nonostante vi sia un curatore, il museo viene gestito con programmi annuali e non pluriennali come avviene per strutture “imprenditoriali” similari di tali dimensioni in tutto il mondo. A sera, un brodino ed a letto presto, per curarmi l’influenza, nonostante i fuochi artificiali ed il concertone di Baglioni ai Fori Imperiali, che poi verremo a sapere ha generato il più grande ingorgo della storia di Roma, conclusosi alle 4,00 del mattino, per colpa di una gestione della viabilità pubblica e privata che ha rasentato la follia. Il giorno dopo, 1 gennaio 2011, avevo programmato una visita a Palazzo Farnese (ore 14,10), che è aperto in poche occasioni, visto che è sede dell’Ambasciata Francese in Italia, ed è anche uno dei pochi luoghi culturali, aperti a Roma il primo giorno dell’anno nuovo. La visita è ottima, ben gestita, i quadri, le sculture, le suppellettili, ecc., arrivate apposta da tutta Italia, per ricostruire la magnificenza del palazzo durante il Cinquecento, sono ben descritte e collocate, i visitatori sono entusiasti. In effetti la gestione dell’evento e del Palazzo da parte dei Francesi è impeccabile, soprattutto, veniamo a scoprire, che il Palazzo è dato in uso dallo Stato Italiano, per 99 anni alla Francia per la cifra simbolica di 1 euro, in cambio della sua manutenzione e valorizzazione. Ecco mi viene subito da considerare che questo caso è rappresentativo di come andrebbero gestiti i beni culturali storici in Italia, visto che ne abbiamo troppi, abbiamo poche risorse, e siamo dei “gestori incapaci”, meglio dare “in comodato d’uso” ad altri, più capaci, il futuro di una parte di questo immenso patrimonio, piuttosto che vederlo degradarsi nell’impotenza più totale. Il giorno dopo, 2 gennaio 2011, la visita da eseguire è molto più impegnativa, visto che presuppone la trasferta a Tivoli. Ovviamente avevo prenotato (e già pagato) via internet l’auto alla Hertz, che me la offriva “All Inclusive” per 36,16 euro, per tutto il dì, a partire dalle ore 10,00 per poi riconsegnarla entro le 19,00. Arrivo alla Hertz alle 9,55, dove trovo una “coda biblica”, di circa 11 persone in attesa. Anche quì : canadesi, russi, slavi, americani, napoletani, ecc., tutti “incazzati neri”. Un impedito naturale, di evidenti origini laziali, cercava di sbrigare pratiche erogandone solamente una ogni 18/20 minuti, a tutti caricava ulteriori costi aggiuntivi. Una tipica fregatura all’italiana, dove nonostante l’intervento anche dei Carabinieri, ci vediamo costretti, dopo oltre due ore di attesa passata a spiegare (con il poco inglese che sappiamo) la situazione agli stranieri, ad accettare una Panda nera di “carlo cotenna” per la modica cifra di 76,10 euro.
Alle 12,41, ritirata l’auto, partiamo alla volta di Tivoli, percorrendo la Tiburtina. Credo non via sia nulla di più squallido e triste paesaggisticamente della via Tiburtina in inverno, quì puoi veramente apprezzare la cementificazione e le “follie urbanistiche” di una città e di una nazione che hanno sempre e solo pensato a speculare e mai ad investire nel futuro. Settecamini, Setteville, Bagni di Tivoli, sono dei veri e proprie esempi della sistematica distruzione del paesaggio. Ovunque degrado, piccole discariche , pensiline per gli autobus distrutte, cabine del telefono implose, voragini nell’asfalto quasi dappertutto, che ci costringono a delle vere e proprie gimkane con il “pandino”. Arriviamo a Tivoli, che è una vera e propria schifezza di posto, perso nella campagna romana, con uno “squadrone” di case popolari, ravvisabile sicuramente anche da google earth. Poi all’improvviso tra villule pastrufaziane, dei campi incolti, un asino, dei ruderi, ed il grande parcheggio attiguo all’ingresso del sito archeologico dell’UNESCO di Villa Adriana. Paghiamo il biglietto ed entriamo, pochissima gente, si cammina in un bosco di querce che si alternano agli ulivi. raggiunta la villa questa ci si presenta in tutta la sua degradata magnificenza, fatta di crolli e micro-crolli, che lentamente stanno riducendo questo luogo alla completa sparizione, ci vorrà ancora del tempo, probabilmente molto tempo, visto che i romani, sopratutto sotto l’Imperatore Adriano, costruivano per “sconfiggere il tempo”, ma il destino se tutto rimane così è sicuramente segnato. Anche quì ravvisiamo l’attività di devastanti “incapacità manageriali e gestionali”, tutto sembra basato sulle quantità e non sulla qualità, tutto crolla perchè nessuno fa nulla per fare in modo che quì confluiscano capitali e risorse da tutto il mondo. Come ci diceva uno dei custodi, mentre alimentava uno dei numerosi cani randagi (molto simili ai cani da pastore abruzzesi) : “Abbiamo avuto la qualità (di Adriano), un tempo, ora abbiamo le quantità (dei Turisti), ma nessuno che sappia come gestire produttivamente questo luogo, che è un inno al paesaggio laziale, affinchè salvi i propri ruderi per le generazioni future”. Ci dice ciò mentre indica all’orizzonte i colli rivestiti di cemento che stanno, giorno dopo giorno, invadendo le prospettive più significative dell’intorno, di fatto cancellando per sempre uno dei luoghi dove natura ed architettura hanno saputo, un tempo, coesistere. Voglio terminare quì il mio racconto di questo “Viaggio in Italia”, senza tediarvi ulteriormente delle code infinite dei gitanti fuoriporta sulla Tiburtina, dei ritardi dell’Alta Velocità durante il ritorno, oppure della metropolitana milanese che non funzionava neanche la sera che siamo tornati a Milano. Lo “stress test” a cui ho volutamente e criticamente sottoposto questo piccolo “striscio” del paese, ha dato esito molto negativo, evidenzia una specie di “ignoranza gestionale collettiva” a cui tutti collaboriamo, nel nostro piccolo, affinchè le cose vadano necessariamente male, anzi peggio. Una specie di “gioco al massacro”, a cui non sappiamo più sottrarci, subiamo qualunque ingiustizia, qualunque affronto, indifferenti, passivi, disposti a pagare qualunque cifra ragionevole affinchè nessuno ci rompa più di tanto. Siamo un paese in coma profondo, probabilmente irreversibile.
Villa di Adriano – Tivoli
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