Alla fine dell’anno 1989, mi trovavo a Londra in compagnia di una gentile collega, che poi sarebbe diventata mia moglie. L’obbiettivo era duplice, visitare la città e soprattutto, per ambedue, visitare le architetture di un signore nato a Glasgow, che aveva “sconbicchierato” le regole dell’architettura moderna. Ma la prima tappa londinese, obbligata per ogni architetto, fu la casa – museo di Sir John Soane, al numero 13 di Lincoln’s Inn Fields (http://www.soane.org/). Alla fine della visita, affascinati ed ebbri, dai “deliri” collezionistici e degli “equilibrismi” stilistici di questo grande architetto inglese (tra Settecento e Ottocento), ci recammo, quasi per reazione, a visitare la Whitechapel Art Gallery (http://www.whitechapelgallery.org/), progetto di ampliamento e ristrutturazione di Colquhoun, Miller and Partners, completato nel 1984. Li, si teneva una mostra di arte moderna concettuale, che ci sembrava essere la giusta contrapposizione all’attività di Soane. Si accede alla Whitechapel, dal vecchio portale della galleria, progettata da Harrison Townsend nel 1898 e completata nel 1901. Dopo l’entrata ed una piccola reception, si passa ad una grande sala (Main gallery), che consente anche di avere accesso ad una serie di sale minori e ad un piccolo “Lecture theater”. Dalla grande sala, una scala rettilinea ampia e molto ben disegnata, conduce alle sale dei piani superiori (Mezzanino, primo e secondo piano). Percorsi i primi gradini, sulla cima della scala (illuminata in sommità da un grande lucernario), apparve una scura ed imponente figura, seguita da un’altra piccola e minuta. Mentre costoro scendevano, noi salivamo. A metà, ci incontrammo, ed ambedue i piccoli gruppi furono costretti a fermarsi, soprattutto per colpa della figura imponente, alta e di una obesità pazzesca. Costui, corpulento e pallido, mentre ci facevamo vicendevolmente le scuse : “Sorry….sorry”, mi accorsi avere dei tratti somatici conosciuti. Mi ci volle poco a capire che si trattava di James Sterling, l’architetto, per il quale avevamo progettato quel viaggio. La mia compagna dopo alcuni sorrisi, ripartì verso l’alto, io seguii l’omaccione, come stregato. Nel mio precario inglese, sfacciatamente, dopo una breve presentazione, ed essermi accertato che fosse proprio lui, gli chiesi come mai era lì. Mi rispose : “Caro amico, bisogna vivere nel cuore della professione, capendo le ragioni anche delle architetture altrui. Perché l’architettura è un’amante sfuggente per venire conquistata senza dedicarle costanti attenzioni”. Poi mi parlò della sua passione per l’Italia, per il paesaggio, per il cibo, per l’architettura, ma soprattutto per la gente. Goloso amava particolarmente i dolci. Infine, molto gentilmente, sorridendomi e salutando, si congedò, e sparì, con il suo accompagnatore, in direzione dell’uscita.
James Stirling muore a Londra il 25 giugno del 1992, a seguito delle complicazioni durante una banale operazione. L’ultima costruzione portata a termine prima della morte è la libreria nei giardini della Biennale di Venezia (completata nel 1991), disegnata in collaborazione con Thomas Muirhead. Nel 1981, Stirling vinse anche il Pritzker Prize per l’architettura. Fu probabilmente il maggiore interprete dell’architettura moderna, evolvendola e rinnovandola. Si accalorava quando i più, appellavano banalmente, la sua attività come post-moderna . L’edificio che fu apice della sua attività progettuale è certamente la Neue Staatgalerie di Stoccarda (http://www.staatsgalerie.de/) del 1983. Si tratta di un intervento di ricostruzione del paesaggio urbano della città della Germania, che genera una serie sorprendente di occasioni spaziali e di relazioni tra le parti urbane, con chiari riferimenti alla memoria paesaggistica delle città italiane.
Una mappa dei luoghi dell’articolo a Londra
Una mappa dei luoghi dell’articolo a Stoccarda
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