Eric Miralles – Cementiri Nou – Igualada
Carlo Scarpa – Tomba Brion – San Vito d’Altivole
Montjuich – Barcellona – Cementiri
“Una cripta, si crede, nasconde sempre un morto. Ma per proteggerlo da cosa? Da che cosa si conserva intatto un morto, se non -al tempo stesso- dalla vita e dalla morte che potrebbero venirgli dall’esterno ? E’ per far si che la morte possa aver luogo nella vita?”.
Così scrive Jacques Derrida. Il cimitero, come insieme di edifici per i morti, di vie per i morti, avendo quasi sempre un limite, una recinzione, si configura come una città; nella città dei morti il rapporto privato con la morte torna ad essere rapporto civile. Quindi cosa ha il cimitero rispetto alla città? Ha che qui, il tempo, viene consumato con una velocità diversa. In un cimitero tutto è previsto, programmato, il tempo possiede una “misura diversa”. In quanto ha il cimitero, rispetto alla città, un paesaggio diverso, un paesaggio “finito”.
Nei cimiteri prevale un’ossessione sistematica per il mondo dell’aldilà, sempre intrecciata con temi dell’elogio della vita. La sfida di ogni cimitero è quella di sondare la “possibilità architettonica” di raggiungere (senza varcarla, ovviamente) la soglia con l’aldilà. Una soglia, dopo la quale, non esiste più il tempo ed il paesaggio, ma nemmeno l’architettura.
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