In un libro ormai antico, scritto parecchi decenni fa da Christian Norberg Schultz, dal titolo “Genius Loci” (Electa 1976), si sosteneva che, l’esistenza quotidiana di noi esseri umani è fatta da un sottile equilibrio tra “fenomeni” concreti : gente, alberi, cibo, strade, città, foreste, auto, nuvole, ecc.; e “fenomeni” intangibili, come le emozioni. Questo è il “contenuto” della nostra esistenza .
Le cose concrete, spesso sono tra loro interconnesse in maniera complessa e spesso contraddittoria. Una foresta è fatta di alberi e una città è fatta di case, ma è spesso il contrasto tra le due cose a darci un’emozione. Il “paesaggio” è quindi un fenomeno complesso, in cui le emozioni hanno un ruolo indispensabile. Il paesaggio, qualunque esso sia, è una parte indissolubile dell’esperienza umana.
Un paesaggio lo percepiamo nella sua essenza di sommatoria di cose concrete, con la loro sostanza materiale, forma, colore, testura, odore, sonorità. Un paesaggio è quindi un’esperienza totalizzante prettamente di carattere qualitativo, che non può essere ridotta in singole parti. Un paesaggio ha “carattere”, ha “forza”, ha “bellezza”, quando riesce a rimanere intatto nella sua organica unitarietà, pur modificandosi, essendo il paesaggio, per sua natura, una “macchina del tempo”, che conserva il passato e prepara il futuro. O perlomeno così dovrebbe essere inteso. La cultura italiana ed europea ha sempre sentito il bisogno di “fissare” questo patrimonio collettivo, con gli strumenti della letteratura e della pittura.
Spesso quest’emozione, è data proprio dal “contrasto” tra il costruito, limitato nello spazio e la natura circostante, antropizzata con sapienza, è come se si attuasse per strati, la costruzione temporalmente complessa di una Scena meravigliosa, in cui si svolge la nostra vita. Una Scena senza “progetto” e senza “autori” a cui tutti dovremmo dare qualcosa.
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