Anche noi di “Costruttoridifuturo” avevamo partecipato al gioioso assalto dei cittadini, avvenuto il “torrido giorno” 27 luglio 2013, per visionare (gratuitamente) il MUSE, che si inaugurava a Trento. Arrivando da sud, a piedi, nell’area pedonalizzata dell’evento, abbiamo attraversato l’elegante e “vuoto” quartiere delle “Albere”, progettato insieme allo stesso MUSE, dall’architetto genovese Renzo Piano. Poi, soprattutto per pudore, riguardo a quello che avevamo visto, non avevamo fatto seguito con un articolo mirato alla nostra visita estiva.
Parecchi mesi prima, durante un sopralluogo del cantiere, nell’ex area Michelin, avevamo però già espresso, proprio in questo blog, le nostre perplessità in merito al progetto dell’archistar. Oggi ad alcuni mesi da queste nostre “visite”, a biglie ferme, ci sembra opportuno trarre alcune considerazioni.
Innanzitutto, ancora oggi il quartiere, a parte alcuni negozi al piano terreno, risulta per la maggior parte quasi completamente vuoto. Insomma sembra essere un elegante, costoso ed ecosostenibile FLOP.
Il quartiere, nonostante il bel successo del MUSE, appare “morto”, esente da quella “vita urbana” che nelle intenzioni del progettista, degli imprenditori e dei politici locali, doveva essere complementare ed alternativa a quella del Centro Storico di Trento. Una vita “ideale”, proiettata nel futuro, che però non sembra alla portata della società italiana e trentina contemporanea. Tanto che già oggi si sprecano i tentativi “politici” di rianimare ciò che già a luglio 2013, risultava essere in completa necrosi, spostando lì funzioni di pregio.
Le “Albere” a Trento, cosi come il quartiere della Bicocca a Milano, o Milanofiori Nord ad Assago, scontano della megalomania di politici ed imprenditori locali, che completamente avulsi da una progettualità immobiliare in grado di generare i luoghi della vita sociale futura, riversano sul mercato, quantitativi impressionanti di volume e di cemento, usando quali “cavalli di Troia” le archistar più o meno nostrane. Archistar che si prestano a questo gioco teso a conseguire la “necrosi completa dell’architettura”, per alimentare i loro “faraonici” studi professionali mondiali, dove non tramonta mai il sole.
Dal flop trentino, il senatore-archistar, Renzo Piano, proprio in questi giorni è in tour nei dintorni di Sesto San Giovanni (l’ex Stalingrado d’Italia), dove altri politici ed imprenditori privi di progettualità e di contestuale “visione di futuro”, si lanciano, in operazioni immobiliari ed architettoniche “faraoniche” (P.I.I. ex Aree Falck) destinate inevitabilmente a creare nuovi flop e disastri, facilmente prevedibili. Scatolini vuoti, realizzati all’abbisogna, con architetture monocordi, tristi e fallimentari già sulla carta, al di là dell’eleganza formale o della sbandierata sostenibilità ambientale. Sembra che la crisi, ancora imperante soprattutto nell’edilizia, non abbia insegnato nulla. Si riprende “sicuri e testardi” nella stessa direzione che ha portato al disastro economico di questi tristi anni, si riprende incapaci di elaborare nuove strategie e nuove progettualità.
Anzichè rimuovere ciò che è “marcio ed ammalato”, lo si alimenta, lo si incentiva, in maniera senziente anche a Sesto San Giovanni. Si va avanti favorendo la diffusione della malattia, anzichè arginarla e contenerla. E’ la completa necrosi sistematica dell’architettura!
Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate
4 dicembre 2013 at 22:12
Luoghi raccapriccianti, senza vita, falsi e senz’anima. Nati già morti e senza nessuna speranza per il futuro. Sono proprio necessari? qualcuno ha mai fatto indagini fra le persone per conoscere le esigenze di chi dovrebbe utilizzarli?
4 dicembre 2013 at 22:14
Domani vado a Zurigo a vedere il progetto di riqualificazione di un quartiere, dove sono stati direttamente coinvolti i Cittadini. Poi ne farò un articolo. Stay tuned !
4 dicembre 2013 at 23:23
C’è bisogno di tempo. E’ innegabile che si tratti di un progetto concepito in periodo pre-crisi quindi è normale che con la situazione attuale si faccia molta fatica a riempirlo e renderlo vivo.
Al di là di tutto (e molti aspetti architettonici mi lasciano un po’ perplesso, sia nel Muse che negli edifici residenziali) credo comunque che il risultato sia per certi versi pregevole anche perchè casi simili in altri tempi e altre parti d’Italia si sono tramutate in anonime lottizzazioni con palazzine e villette a schiera.
7 dicembre 2013 at 09:39
Si elegante, pregevole…….ma “vuoto” e probabilmente soggetto ad un rapido degrado. Capitali investiti che non ritornano, mancati guadagni forieri di futuri fallimenti, ecc..