Arrivò al Cabanon il suo rifugio sul mare a Cap Martin.
Rebutato lo aspettava in fondo al giardino: cercò subito di metterlo a sua agio (anche se lo vide in condizioni che lo preoccuparono molto : il viso tirato e gli occhi allucinati, l’abito sgualcito e sporco di polvere) non parlando e non chiedendo.
La discrezione con cui questi due contadini di origine italiana, Rebutato e la moglie (che gestivano l’Étoile de Mer, il campeggio vicino al Cabanon), accoglievano e circondavano la sua presenza era da antologia, da racconto edificante.
Appena fu di nuovo a contatto con la realtà della sua vita quotidiana (estiva), il Maestro parve ritrovare tono ed elasticità nei suoi movimenti, insieme alle sue capacità eccezionalmente vivaci di vedere, di seguire, di controllare, di pensare, di immaginare mille cose diverse……………………….
Prima di tuffarsi (come era in uso fare da sempre, ogni giorno), fece un gesto che gli era abituale: raccolse nel palmo delle mani un poco d’acqua e si deterse gli occhi: era un atto quasi sacro che aveva imparato da Pierre (suo cugino Jeanneret) quando, insieme, in estate, fanciulli, andavano al mare.
Si tuffò, quasi con dolcezza. Quasi senza infrangere la superficie delle acque che si richiusero subito sopra di lui. E il Nulla riempì il vuoto e divenne Tutto.
E lo splendore del cristallo si fece universale splendore. Nel cielo, nell’alta ora meridiana, fu silenzio per circa mezz’ora.
(Carlo Bassi “La morte di Le Corbusier” – romanzo non romanzo – Jaca Book, 1992)
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