SOPRA – I blocchi edilizi del quartiere / città del film “L’amica geniale”
Elena Ferrante non esiste, è uno pseudonimo sotto cui si nasconde……nessuno sa bene chi, eppure ha scritto una serie di “best-sellers” di enorme successo nazionale ed internazionale : L’amore molesto (1992), I giorni dell’abbandono (2002) e da La figlia oscura (2006). Ha poi fatto seguito una quadrilogia : L’amica geniale (2011), primo volume che ha visto susseguirsi Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e di chi resta (2013) e Storia della bambina perduta (2014).
https://www.tpi.it/2018/12/05/chi-e-elena-ferrante/ .
Tanto che si sta sviluppando un turismo da “Elena Ferrante”, rappresentato da fan della scrittrice, che visitano i luoghi descritti nei libri. Si tratta di italici, ma anche da americani, tedeschi e francesi, dove i libri hanno avuto un enorme successo vendendo centinaia di migliaia di copie.
https://www.luukmagazine.com/tour-in-5-tappe-nella-napoli-de-lamica-geniale-presto-anche-in-tv/.
Lo sceneggiato / film in otto puntate, regia di Saverio Costanzo, trasmesso da Raiuno, il martedì in prima serata, è seguito da 7/8 milioni di utenti a puntata.
Una discriminante importante della serie, è l’architettura che fa da sfondo. Si tratta di case popolari rappresentate con toni grigi e con coloriture, come se fossero di cartapesta, quasi una ricerca di un’architettura iper-realistica, così reale da sembrare falsa. Le vie, le corti in cui si dipana il racconto, sono ben delineate, precise, con elementi : della sporcizia, una pozzanghera, i marciapiedi, ecc. che sembrano essere l’evocazione delle periferie pittoriche di Mario Sironi (sotto – Periferia, 1922).
È evidente che se uno degli elementi non esistesse, gli altri non avrebbero ragione di essere, proprio come in una composizione pittorica.
Il rilevato ferroviario contraddistingue un perimetro del quartiere, dopo di esso il nulla. Chi passa sotto il tunnel dei binari trova (come in un film surreale di Fellini), un deserto, attraversato solo da una lunga strada che conduce nel centro, verso il mare.
L’architettura dell’Amica Geniale, asseconda il malessere, il pessimismo, la melanconia che pervadono il film, quasi una sigla emotiva fatta di alti e bassi, dilaniata tra colpi di scena e vita tristemente normale.
Potrebbe essere quasi un’architettura di un ghetto (Praga?), di una graphic novel (città di vetro, di Paul Auster?), in cui però gli attori non sono lì fisicamente imprigionati, ma sono lì relegati dai lacci e dai lacciuoli della spietata vita sociale che conducono. Sono architetture atte a trasmettere un pathos, quasi fossero astratte e sospese come nelle atmosfere della metafisica.
Ogni macchia, ogni crepa, ogni panno steso, anche le stesse persiane, sembrano il prodotto di una precisa regia, che fa sentire il suo controllo totale sull’architettura scenica, asservita ad assecondare il dipanarsi dei fatti.
Gli spazi architettonici, ed anche gli interni, sono fatti anche per essere facilmente riconosciuti dagli spettatori, per creare empatia, per trasmettere sensazioni.
Un’architettonica commedia è “L’amica geniale”, una storia privata, ma anche un affresco epocale in cui vengono tratteggiati non solo rapporti interpersonali, ma anche i cambiamenti di un quartiere napoletano dal dopoguerra alla soglia degli anni Sessanta.
Potremmo quindi parlare di “un’architettura geniale”.
SOPRA – Il limite/muro dato dal rilevato ferroviario
SOPRA – La via astrattamente scalcinata, con i suoi blocchi edilizi regolari e sullo sfondo il recinto/limite/muro ferroviario
SOPRA – L’esterno oltre il limite/muro/rilevato ferroviario
Con il rispetto del copyright delle immagini selezionate
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