La principale citta’ del sud della Francia, Marsiglia, e’ per tutto il 2013 capitale della cultura Europea. Fulcro di tutta la manifestazione e ‘ il MuCEM (Museo della civilizzazione dell’Europa e del Mediterraneo – www.mucem.org), progetto dell’astro emergente (e amante della filibusta) dell’architettura francese, Rudy Riccioti (www.rudyrocciotti.com). Un progetto architettonico e soprattutto museale, grandioso ed ambizioso, che cerca di sancire un nuovo “centro culturale”, il Mediterraneo. Una prospettiva futura per l’Europa, che è anche stata la base della sua origine : la contaminazione. A Marsiglia si gettano le basi per un “tavolo culturale” (ma non solo) del Mediterraneo. Una cosa che fa la Francia ma che avrebbe dovuto fare l’Italia, paese “sterile ed impotente” in merito, ma che essendo una penisola è di fatto una ponte sdraiato nel centro del Mare Mediterraneo.
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A fianco del MuCEM, si trova l’edificio Villa Mediterranee (www.villa-mediterranee.org), un centro congressi ed esposizioni, multifunzionale, progettato in seguito a vincita di concorso internazionale, dall’italico Stefano Boeri (www.stefanoboeriarchitetti.net). Tutta l’operazione fa parte di un progetto complessivo di ammodernamento della citta’ denominato Euromediterranee (www.euromediterranee.fr) che prevede un investimento complessivo di oltre 3,5 miliardi di euro in infrastrutture, riqualificazioni urbane, edifici culturali, alberghi, residenze, ecc..
Dalla visita dei due interessanti edifici contigui, risulta evidente, direi quasi imbarazzante, una maggiore dimestichezza e genialita’ nei “lavori in pelle ” e nella coerenza tra struttura ed involucro, da parte del francese. Dovendo dare un voto : Riccioti 9, Boeri 7,5.
Raccontare quello che sta avvenendo a Marsiglia, per la cultura e per il turismo e che funge da motore per un rilancio di tutta l’economia locale francese, vuol dire necessariamente, come nel caso dei due edifici MuCEM e Villa Mediterranee, mettere a confronto realtà molto diverse, l’Italia e la Francia.
Oltralpe, si è sempre investito in cultura, istruzione e nella ricerca, perseguendo una società multietnica/multiculturale e democratica (ed oggi, in periodo di crisi, si rilancia guardando al Mediterraneo), in Italia si dilapidano, senza un progetto complessivo, le “briciole” che si investono in questi settori.
E’ notizia di questi giorni di fine agosto 2013, che Lucrezia De Domizio Durini (Trento 1936), figura di primo piano della scena artistica e culturale contemporanea, lascia Milano. La lascia per sempre, in direzione Parigi, dichiarando, come si legge a pagina 6 de “il Giornale-Milano” del 26 agosto : ” I grattacieli, le fondazioni dei modaioli, le mostre itineranti, i riciclaggi, le gallerie-boutique, i luoghi remember di musei caserecci, hanno prodotto in questi confusione e ambiguità. In ambito artistico Milano è provinciale, non ha nulla a che fare con le proposte che osano i galleristi europei, né è possibile un benché minimo paragone tra i suoi musei e quelli stranieri”.
Ed ancora : “Lo Stato prima e cinque musei (italiani) in seguito hanno rifiutato sia la mostra Joseph Beuys. Difesa della Natura, sia la Donazione di 300 lavori che invece, nel 2011, è stata accolta ed esposta dalla Kunsthaus di Zurigo, alla quale avevo già donato la regale opera Olivestone”.
Ecco che allora, anche l’architettura deve conformarsi a questo “stato delle cose”, diventare uno sport (più che un arte) da combattimento, per potersi affermare in una realtà culturale “caotica e provinciale”. Dove, anche Milano (e tutto il nord), non siamo più in grado, da anni a competere con le grandi realtà culturali urbane europee non solo dal punto di vista economico, ma anche, e soprattutto, della circolazione e della creazione delle idee.
Senza però evitare la dietrologia, come succede quale metafora, nell’edificio di Boeri a Marsiglia, dove la “struttura ardita” diventa troppo spesso, un elemento di intralcio fisico e visivo dell’architettura. Ci vuole equilibrio e lungimiranza, proprio come nell’edificio di Ricciotti. L’equilibrio della storia che sa farsi futuro, necessariamente passando dal presente.
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28 agosto 2013 at 11:37
Da profano di arte e architettura ti posso dire che se è vero che la prima e unica volta che sono andato a Marsiglia ho visitato il porto e 8 stupende chiese, la prossima non mancherà una visita al MuCef da te cosi ben illustrato: Grande Dario
4 settembre 2013 at 22:25
Interessante reportage marsigliese! Al di là delle architetture esibite, il confronto Francia-Italia è alquanto deprimente. Ricordo un interessante dibattito presenziato da Dominique Aury, che lavora per il Ministero della cultura francese, qualche tempo fa a PordenoneLegge. Aury spiegava molto chiaramente che oltralpe l’ambito culturale e tutte le politiche di investimento che vi gravitano sono attentamente pianificate, promosse e gestite sia a livello nazionale che locale. Niente è lasciato al caso e soprattutto si adopera l’intera classe dirigente per il funzionamento ottimale del sistema cultura, perchè è considerato elemento di valore economico e identitario di grandissima importanza. Un altro mondo, mi sa.