Se andate a New York, non potete mancare di eseguire questa gita, che oltre ad essere di notevole importanza culturale, consente di apprezzare il paesaggio ameno della regione nord dello Stato di New York. E’ come eseguire uno “striscio”, una “sezione” del rapporto tra la metropoli ed il suo retroterra. Con circa 90 minuti di treno partendo dalla Grand Central Station di New York, attraversando il quartiere di Harlem e costeggiando le rive del Fiume Hudson, si giunge a Beacon, dove è sorto da alcuni anni un nuovo “luogo” dell’arte contemporanea. Si tratta del museo DIA art foudation (Riggio Galleries – http://www.diabeacon.org/), che sorge in quelli che furono gli stabilimenti innovativi edificati nel 1929 dall’industria dolciaria Nabisco.
La progettazione della ristrutturazione del DIA di Beacon è stata affidata ad un’insolita associazione tra artisti ed architetti, Robert Irwin e Open Office Architects. Il primo è un bravo artista ambientale californiano; i secondi sono soprattutto dei designer, specializzati in ristrutturazioni. Il risultato è piacevole, molto elegante e per nulla stucchevole. Nell’elegante ed immensa struttura industriale in mattoni (30.000 mq.), realizzata in ferro, cemento e vetro, che di fatto si trova in piena campagna, gli interni sono magicamente illuminati da una serie impressionante di lucernari, qui sono accolte opere di numerosi artisti europei ed americani che hanno fatto la storia dell’arte contemporanea. Concettuali, Minimalisti, Post-minimalisti trovano qui il loro luogo ideale di collocazione. Si tratta di opere realizzate a partire dagli anni sessanta fino alla contemporaneità. Una specie di cimitero dell’arte “fuori formato”. Il rigore formale, la serialità, la geometria e la modularità sono gli elementi che ricorrono spesso in questa collezione permanente, unica al mondo per la selezione “curata ed attenta” delle opere. Ogni ambito è dedicato ad un singolo autore. Si tratta di “stanze enormi”, in grado di contenere anche “pezzi” di dimensioni ragguardevoli, spesso collocate lì per sempre, come in un grande “deposito visitabile”. Sono presenti, tra gli altri, Joseph Beuys, Louise Bourgeois, Walter De Maria, Dan Flavin, Robert Irwin, Donald Judd, Sol LeWitt, Bruce Nauman, Gerhard Richter, Richard Serra, Robert Smithson. L’esterno dell’edificio, riserva una serie di sorprese, allo stabilimento della fine degli anni ’20, si antepone il giardino, vera e propria opera di paesaggio, che media con l’intorno; giardino spesso ribassato in alcune parti e progettato da Robert Irwin.
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