In cinque siamo partiti da Milano, da Piazzale Bausan alla Bovisa, alle ore 7,15. L’obbiettivo, non dichiarato, era quello di fare uno “striscio paesaggistico” dalla Lombardia alla Toscana. La tappa finale del nostro viaggio era San Gimignano. Attraversando la città ancora “dormiente”, in un sabato dei primi di marzo e provenendo dal tessuto urbano disastrato ed incoerente della trasformazione della Bovisa, che tarda ad arrivare, ci si accorge della massa di automobili che infesta questa città. Accatastate sui marciapiedi, sulle aiuole, in doppia e tripla fila, ovunque, le auto disegnano il paesaggio urbano milanese (In media ogni 1000 abitanti in Italia esistono 768 veicoli – a Milano sono 810 ogni 1000 abitanti). Veloci, nella tranquillità di una mattinata serena e fresca in cui il picco delle micropolveri sottili, non ammorba ancora l’aria, in circa quindici minuti, entriamo nella Tangenziale Est a Lambrate. Dal rilevato autostradale, il paesaggio della periferia est milanese appare in tutta la sua tragicità, dove le strutture viabilistiche ed una teoria di capannoni e residenze, oscurano l’orizzonte. Superato il casello autostradale dell’Autostrada A1, procediamo lesti in direzione Bologna, la pianura agricola, in maniera prepotente conquista l’orizzonte paesaggistico, dimostrando che qui è ancora forte, nonostante sia tempestata qua e là da complessi industriali e logistici di dimensione impressionante, che irridono la dimensione cadenzata delle cascine agricole. All’Autostrada A1, da Piacenza, lentamente si avvicina il fascio di binari dell’Alta Velocità, costruendo così una struttura antropica, un “muro di cemento” di rara ignoranza paesaggistica. I pochi provvedimenti di mitigazione appaiono poca cosa ed i ponti, che scavalcano questo apparato (A1 + TAV), quasi comici nella loro “gobbuta” e “stupida” elevazione verticale. Si procede così, senza grande affanno, sino a Bologna, vista la quasi totale assenza dei TIR che caratterizzano, con lunghe colonne, i giorni feriali di questa arteria che collega il nord al sud Italia (soltanto il 9% circa delle merci è caricato sui treni, dati al 2009 : si tratta di una delle percentuali più basse di tutta Europa, in Germania, è del 21%, e la media europea è del 17%).
Da Bologna, o meglio da Casalecchio di Reno, veniamo “intubati” nel nuovo percorso, in costruzione, della A1, la così detta “Variante di valico”, che tra tunnel e barriere anti-rumore, nega la vista di questa parte di paesaggio. Da Sasso Marconi, o giù di lì (La Quercia), si ritorna sul vecchio tracciato, da cui si gode, lo scempio paesaggistico in atto nell’Appennino Tosco-Emiliano con la costruzione della “Variante di Valico” tra La Quercia ed Incisa. Un’opera impressionante, che spesso, troppo spesso costituisce un raddoppio del vecchio tracciato, che non verrà demolito. Tra deviazioni, frane, modifica delle falde acquifere, ecc. l’opera tarda a concludersi ed i costi sono lievitati considerevolmente.
Come scrive Salvatore Settis, nel suo bel libro “Paesaggio, Costituzione, Cemento” (Ed. Einaudi 2010) : “ la Repubblica italiana fu il primo stato al mondo a porre la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio (art. 9 della Costituzione italiana)”, ma poi questo spirito di tutela, tradottosi anche in Leggi quali la 1089/39 e la 1497/39, sembra essersi polverizzato in una miriade di normative locali e di controversie, tanto che oggi, lo scempio paesaggistico, appare un’attività a cui i soggetti interessati partecipano nell’indifferenza più totale.
Siamo arrivati a San Gimignano verso le 11,00 e dopo un accurato sopralluogo della città murata e turrita, ed aver osservato l’ameno paesaggio dei dintorni, sensualmente ondulato ed “operato nei secoli” dall’agricoltura come un pizzo; davanti al un piatto di Pici cacio e pepe, e ad un bicchiere di vino rosso del Chianti, viene logico porsi alcune domande e darsi qualche risposta.
Innanzitutto il Paesaggio è estremamente difficile da cogliere, con un solo sguardo, in quanto complesso e multi-sfaccettato (come scrive Settis), però è anche vero che quello che abbiamo visto, tra Milano e San Gimignano, è innanzitutto frutto di una incapacità di governare il sistema complesso della “bellezza italiana” o di una “senziente” deriva verso obbiettivi progettuali anti-paesaggistici, più che di un’incapacità di “cogliere” il significato di questo Paesaggio che si sta sistematicamente fagocitando. Lo cogliamo benissimo il Paesaggio, ma tutti assieme : operatori pubblici e privati, nonché gli stessi Cittadini, opponiamo a questo “scempio paesaggistico”, il “volgere lo sguardo”. Come scrive Giovanna Meandri, nel suo intelligente libro “Cultura, Paesaggio, Turismo” (Ed. Gremesse 2006) : “Non possiamo permettere che l’Italia continui a sprecare una delle sue risorse migliori: la sua bellezza, la sua cultura, i suoi paesaggi unici. Sono risorse strategiche, non delocalizzabili nel mercato globale, che né la Cina, né l’India possono sottrarci e su cui abbiamo interesse ad investire……Il Paesaggio, l’ambiente, il patrimonio e la produzione culturale costituiscono un immenso valore in grado di sviluppare una filiera produttiva che può garantirne la tutela, favorirne la fruizione e creare nuove imprese e nuova buona occupazione.”
Ecco secondo me, non si tratta di vagheggiare un Paese Italia senza autostrade, senza treni ad alta velocità, senza grande industria, ma di incominciare a progettare una nazione in grado di pensare ad uno sviluppo in cui “Fare Paesaggio” sia l’epicentro di una maniera per affrontare la costruzione del futuro. Ecco quando si progetta un’infrastruttura, un edificio, una città, al centro deve esserci, oltre alla sua utilità effettiva, i suoi costi, la maniera di come la inserisco in un sistema produttivo in cui il Paesaggio (come dovrebbe ovvio essere) è al centro delle desiderata degli operatori privati e dei Cittadini, nonché l’obbiettivo primigenio dello Stato.
Diverrà quindi logico, non eseguire uno “scempio paesaggistico”, ma fare in modo che si adottino tutti quei provvedimenti, anche di condivisione democratica con i Cittadini, in grado di ridurre il più possibile l’impatto sociale e paesaggistico, ed il consumo di suolo, per qualunque opera (anche la più piccola) si inserisca nel Paesaggio.
Il Paesaggio, per come lo intendiamo noi umani è sempre il frutto di un “contrasto equilibrato” tra ambiente naturale e/o antropizzato e spazio costruito realizzato dall’uomo. Proprio come a San Gimignano, dove alla bellezza della città murata e turrita, si antepone un territorio agricolo altrettanto bello.
Alle 16,30 abbiamo ripreso la via per ritornare verso casa, dove siamo arrivati attorno alle 20,00 dopo 356 chilometri.
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